Il rientro da favola con vittoria finale non c’è stato, ma poco importa. Matteo Berrettini c’è. È lì in campo a Phoenix, a rincorrere ogni palla, andando oltre la fatica di un torneo molto duro, complicato anche dal doppio turno per la maledetta pioggia. Questo è quel che importa, la presenza e la consistenza morale di un Berrettini mai domo, umile e grintoso. Questa è la vittoria più importante dopo vagonate di fiele accumulate in mesi brutti, bruttissimi, passati tra dubbi e fatica per l’ennesimo rientro dall’ennesimo infortunio.
Certo, alzare la coppa del Challenger dell’Arizona sarebbe stata l’apoteosi, inclusi un bel carico di punti nel ranking che in questo momento farebbero estremamente comodo. Del resto il nostro Matteo ci ha abituato fin troppo bene, da vera araba fenice pronta a spiccare il volo maestosa dalle sue stesse ceneri. Vedendolo sprintare e colpire la palla in settimana come non ripensare al suo rientro magico sull’erba di Stoccarda di un paio d’anni fa, dove tornò dopo qualche mese di stop e BOOM, stritolò ogni avversario andando clamorosamente a vincere quell’ATP 250, e bissando poi la settimana seguente anche nel fascinoso club della regina. Stavolta no, il finale da film hollywoodiano non c’è stato, ma pazienza. E c’è stata pure un pizzico di mala sorte in finale, perché se quel nastro beffardo sulla palla break del 5 pari del secondo non si fosse messo di traverso, magari Berrettini avrebbe trascinato la partita al terzo set, e chissà…
Non è questo il momento di andare in profondità nell’analizzare il tennis mostrato da Berrettini nella settimana. Non giocava da fine agosto 2023, era scontato che molte cose non funzionassero come nei giorni migliori. È presto anche per apprezzare novità e correttivi introdotti in questo periodo off, trascorso tra molta palestra e campo di allenamento. Lui stesso in passato ha raccontato di aver sfruttato le troppe pause dovute ai suoi mille infortuni in modo attivo e intelligente, affinando nuove soluzioni e colpi che, con il ritmo incessante dei tornei, non sarebbe riuscito a provare e poi portare in partita. Abbiamo ancora negli occhi quel clamoroso passantino di rovescio a una mano di contro balzo grazie a cui ha annullato una palla break a Borges… Beh, sarà difficile che quella possa essere una novità… È stata l’adrenalina del momento a fargli giocare un colpo estemporaneo, bizzarro per i suoi canoni e bellissimo, una sorpresa per l’avversario e tutti noi. Nella settimana di Phoenix è piaciuto il back di rovescio, già bello profondo e consistente, eccellente soluzione per riguadagnare campo quando è sbattuto a sinistra; meno la continuità del servizio (ma ottime le seconde cariche di spin) e la spinta col diritto. Proprio la sua bordata a tutta col diritto sembra la fase tecnica in cui è più indietro, rare le accelerazioni che hanno tramortito i rivali, come ai bei tempi. Arriveranno.
Arriveranno sì, ne siamo certi, se la salute atletica lo sosterrà, forse già a Miami insieme a qualche altra novità da osservare. Berrettini ha perso la finale del Challenger dell’Arizona ma ha vinto su tutta la linea per l’attitudine, la grinta, l’applicazione. Non ha mollato una palla. Ha sputato sangue in campo per reggere e restare aggrappato al punto in ogni partita. C’è riuscito a tratti, ha commesso molti errori e a livello di fluidità di movimento ancora siamo lontani dal top. La vera vittoria è rivederlo sprintare, colpire la palla con potenza e quindi rivolgersi al suo angolo o verso il cielo dopo aver strappato un punto di lotta con quello sguardo infuocato che ha fatto sognare tutti, dal Challenger di Barletta sino al Centre Court di Wimbledon, dove osano le aquile.
Matteo è tornato dopo oltre sei mesi di assenza con il fuoco dentro e una voglia di rivalsa fortissima. Ha voglia di riprendersi tutto, per l’ennesima volta. Possiamo criticarlo per mille cose, ma è incredibile la forza che dimostra nel tornare dopo l’ennesimo infortunio. È incredibile come il mondo continui a scivolargli via sotto i colpi bassi della malasorte e lui riesca ad incassare e rialzarsi, senza perdere motivazione e non crollare sotto il peso di una sfiducia che a tutti noi farebbe dire “ma chi me lo fa fare…”. Lui no, è diverso. Ce l’ha dimostrato ancora, e lo ringrazio per il suo esempio di sport e di vita.
La vita a volte ci propone difficoltà. Si aprono fasi difficili, dobbiamo essere bravi a resistere e trovare le soluzioni per superarle, chiudendo un cerchio. Lo scorso anno Berrettini proprio a Phoenix in una bruttissima partita contro Shevchenko urlò “Sono inguardabile, toglietemi dal campo”, disgustato. Ieri notte Matteo è uscito dal campo con il modesto trofeo del finalista, ma può essere assai soddisfatto di se stesso. L’augurio è che quel cerchio negativo si sia chiuso, per sempre. Bentornato Matteo.
Marco Mazzoni