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Roland Garros: impressioni di una domenica a Parigi, tra Berrettini e Cecchinato (di Marco Mazzoni)

Arrivare a Parigi di domenica mattina è sempre un’esperienza unica. La città si sveglia sonnolenta, stenta a riprendere i suoi ritmi, ma se vai a cercare i dettagli trovi piccole meraviglie che non smettono mai di sorprendermi. Niente metro. Il tragitto verso il Bois de Boulogne non è breve, ma preferisco avvicinarmi a Roland Garros lentamente, scoprendo ogni volta vie nuove, piccoli giardini, palazzi incantevoli. Immergersi nella città e tra la sua gente, prima che nel torneo. Quel palazzo nell’11esimo ha dei murales pazzeschi, mi ricorda l’iniziativa del governo dell’area per riqualificare una delle zone meno accattivanti della città. Missione compiuta. Una sosta ad una boulangerie è obbligatoria: assaporare un croissant appena sfornato, col sorriso della giovane fornaia che ti accompagna nella complicità del momento, accende tutti i sensi della mia prima giornata parigina. Scelgo di non passare sulla Senna, non voglio incupirmi di fronte alle ferite di Notre Dame. Il tragitto adesso scorre spedito, ci siamo quasi, scorgo le storiche Serre adiacenti al Roland Garros, ormai inglobate nel caos festante del torneo. C’è da scoprire il nuovo campo Mathieu, modernissimo, appena inaugurato proprio nell’area verde. Ma sono già le 11 passate, Berrettini è già in campo. Sbrigate le formalità al desk (più macchinose del solito…), ecco che arrivo sul 7, sovrastato dalla mole imponente e sgraziata dell’enorme area lounge, spazio forse rubato al torneo ed ai campi da gioco… ma questo richiede il mercato oggi.

Il match dell’azzurro è difficile, Andujar non è più quel tennista che qua fece tremare anche Nadal, ma resta un tostissimo specialista. Seduto vicino al team dell’azzurro, è interessante seguire gli sguardi di Matteo, sia nei momenti buoni che in quelli difficili del match. C’è lotta. Il servizio di Berrettini “spacca” meno degli ultimi tornei, va e viene, le percentuali pazzesche di aprile/maggio (oltre il 70% di punti vinti con la prima, alcuni set addirittura il 100%!) sono lontanissime. Sembra aver qualche problema ad attivarsi fisicamente, subisce la palla dell’iberico, è meno preciso col dritto. “Non lo sento” dice Matteo al suo coach. È nervoso, ma lo sguardo è elettrico, sente la partita, sente (e si vede anche nello scambio) di aver margine sul rivale, ma non riesce a capitalizzare, a scappare via. Va sotto. Finalmente trova una smorzata delle sue, quindi un rovescio vincente lungo linea (ne tirerà pochi), è la scossa che lo porta fisicamente in partita nel primo set. Perde il tiebreak, il match diventa fisicamente assai duro. Matteo regge. Supera un momento difficile a metà del secondo ed inizia a spingere di più col dritto. Trova altre bellissime smorzate(era dai tempi del “mago” Santoro che non se ne vedevano tante in un match!) e molti tagli di rovescio che mettono in difficoltà lo spagnolo. Ha preso il comando del gioco, lotta e soffre su ogni palla, imponendo la sua maggior potenza. Non il miglior Berrettini, ma era importante vincere per entrare nel torneo. Bravo!

Nel corso del match, carina questa scena di vita sugli spalti. Una giovane mamma assiste alla partita di Matteo con la figlia, di 5-6 anni massimo, intenta a leggere un fumetto più che curarsi di quel che accade in campo. Gli occhi azzurrissimi della madre indicano alla piccola di seguire anche il gioco, con scarsi risultati. La signora non demorde, tra uno scherzo e qualche nota di gioco, riesce a catturare l’attenzione della figlia, che guarda qualche punto, fino a chiudere il fumetto e seguire la partita. Le spiega il gioco, qualche regola, fa notare la straordinaria velocità di battuta alla piccola Amelie, che d’incanto inizia a fare domande, guarda quella palla velocissima mentre accarezza le righe. Ora la piccola divora la partita con gli occhi, applaude quando il pubblico scatta in piedi. Abbiamo una appassionata in più, brava mamma!

Roland Garros è nuovo che convive col vecchio, è tradizione che cerca di rinnovarsi senza perdere la sua forte identità. Non sempre ci riesce, ma il fascino di questo torneo è inscalfibile. Il magnifico Campo 1 è sempre lì… ha rischiato più volte di esser demolito, ma è più tosto di tutti, resiste indomito, conservando l’acustica più speciale dell’intero mondo tennistico. Sentire i colpi da bordo campo vale il viaggio, provare per credere. Tra vecchio e nuovo, c’è enorme curiosità per scoprire il nuovo Centrale, parzialmente demolito e ricostruito per farlo più confortevole e soprattutto dotarlo di tetto retrattile (sarà pronto tra un paio d’edizioni). Mi manca terribilmente la vecchia tribuna stampa sul lato lungo, in penombra, con le figure agili degli atleti che uscivano dal buio come star in un teatro, a danzare tra righe e terra rossa. Per entrare nell’area Press del “nuovo” Chatrier bisogna salire tre piani, l’ascensore è perennemente occupato… via su di scale, Roger e Lorenzo sono già al riscaldamento pre-match. Bello scorgere il viale centrale dell’impianto dall’alto, fotografare la fiumana di gente che si sposta con il solito gioioso disordine, mentre Jasmine Paolini si allena sul campo 4 adiacente. La tribuna stampa non è affatto male, la vista resta impagabile. L’anello alto adesso è interamente collegato, circolare, con il cemento ancora fresco che aspetta di essere di nuovo lavorato e rifinito con le strutture per il tetto. Si avverte nell’aria il profumo del cemento, dello scheletro ancora incompiuto, e le sue nervature grigiastre hanno un che di vissuto ed affascinante; come le tendenze della nuova architettura civile che invita a scoprire e rivelare la struttura della casa, per dare carattere ed una sorta di tela grezza da colorare con un’arredamento sorprendente. Proprio questo mi affascina: trovare lo stadio così grezzo, non finito, colorato dallo spettacolo del pubblico, dal mutevole colore del cielo, che passa dall’azzurro al grigio, con la luce che varia continuamente e conferisce colori ogni volta diversi alla struttura stessa.E poi a dare colore ci pensa quel personaggio che armeggia una Wilson nera. Federer non gioca a tennis contro Sonego, pennella colpi degni degli impressionisti parigini. Non una giocata uguale all’altra, alcuni errori ad interrompere un flusso straordinario di tennis d’autore. Un po’ morbido il tennis coraggioso di Sonego, Federer è appena tornato a Parigi. Non vuol sfigurare, ma premiare l’enorme affetto che fin dal primo allenamento gli ha tributato il pubblico, riempiendo al sabato il Lenglen (sì!) per un semplice palleggio a basso ritmo. In questa atmosfera un po’ retrò, calza pure bene questo muovo completo dello sponsor nipponico, un color kaki moderno e classico allo stesso tempo.

Il campo si infiamma per un dritto passante in corsa di Sonego, che sotto 2-6 1-4 tenta una rimonta impossibile. Roger non ci sta, qui regala al pubblico un assolo sublime fatto di alcuni colpi bellissimi, ma arriva improvviso un doppio fallo, ed il piemontese strappa il servizio allo svizzero.

Dopo un primo set complicato, Lorenzo non sfigura affatto vs. King Roger. Soffre contro le magie di Federer, ma quando riesce ad attuare lo schema servizio più dritto aggressivo diventa pericoloso. Il suo atletismo è straordinario, come la vivacità con cui sta in campo. Sprizza energia Sonego, energia positiva, quella di chi ci crede ed in campo dà tutto se stesso. Il grande torneo a Monte Carlo non è stata roba da meteora, Lorenzo ha mezzi molto interessanti e la voglia di migliorarsi propria dei forti. Federer ha giocato un po’ col freno a mano tirato, lasciando correre il braccio solo a tratti. I campi sembrano abbastanza veloci, farà divertire il pubblico ma onestamente non penso possa essere da corsa per il titolo.

Con il pubblico che saluta convinto il bel terzo set di Sonego, è tempo di correre al nuovo campo Mathieu, il Ceck è al quinto set vs. Mahut. Correndo (letteralmente) verso il campo, attraverso la spettacolare area verde dell’antico orto botanico delle Serre, con la sagoma a vetri del campo che spunta dietro agli alberi. Spettacolare. Domani approfondirò la conoscenza dell’area. Il campo è davvero ben progettato, il pubblico vicinissimo al campo, e la copertura di vetro del lato lungo conferisce un’acustica particolare, con un effetto scenico amplificato. Il pubblico poi è in fiamme, l’eroe di tante battaglie Davis Mahut ha portato al quinto Cecchinato, rimontando due set. Entro sul 2-1, accanto trova posto Marion Bartoli, di nuovo “paffutella”, in un incantevole abito fucsia che le dona moltissimo. Sorride, assiste al match del connazionale con partecipazione, scrive pure qualche appunto sul cellulare. La partita diventa battaglia, pugna vera. Cecchinato forse soffre il pubblico così caldo e così avverso, ma soprattutto il tennis estremamente aggressivo di Nicolas, in totale anticipo ed attacco pur di scappare dal palleggio in topspin del siciliano. Non serve bene Ceck, si fa aggredire, ma regge. Spreca una bella occasione nella stretta finale, e va a servire sotto 4-5. Mahut tira fuori dalle corde tre risposte bloccate in assoluto anticipo da doppista, e disegna il campo. Tre sciabolate che gli valgono il match. Crolla a terra, va al suo angolo e porta in campo il figlioletto, nel tripudio generale. Un finale di match commovente per il pubblico parigino, con Marco che esce mestamente dal campo, e dal torneo. A chiusura, è stato interessante ascoltare le parole di Lorenzo Sonego in conferenza stampa. Pacato, sorridente, è consapevole di aver fatto un splendida figura dopo l’inizio difficile. “Giocare contro Federer? Quando l’ho saputo ero contento, era uno dei miei sogni. Non mi tremavano le gambe all’ingresso, ero consapevole di poter fare una buona partita. La cosa più importante? L’atteggiamento, giocare il mio tennis senza mollare, cercando di sfruttare l’occasione quando sarebbe arrivata. Dovevo variare molto il servizio, cercare di rispondere non lontano dalla riga di fondo, “evitare” il mio schema preferito dritto vs. dritto perché non avevo chance contro Roger. Bellissimo il centrale, non mi aspettavo che lui partisse così forte, ma del resto dopo una assenza di qualche anno da Parigi logico che volesse far bene. A volte ti chiedi come diavolo riesce a far quelle giocate, difficilissime, facendole sembrare la cosa più banale del mondo… che talento”. Bravo Lorenzo, con questo atteggiamento, lucidità di analisi e potenziale fisico, ti rivedremo molte volte in questi palcoscenici, e non solo a commentare sconfitte al primo turno.

Il cielo su Parigi è diventato completamente grigio, il sole della mattina non c’è più. Gli ultimi match stanno terminando, molti spettatori iniziano a lasciare Roland Garros. I ragazzi che distribuiscono il programma del giorno sono seduti a parlare tra di loro, stanchi ma sorridenti. È solo la prima giornata di gioco, ma abbiamo già assaporato grandi quantità di bel tennis, argomenti stuzzicanti e magia. Del resto, this is Roland Garros, baby.

Da Parigi,

Marco Mazzoni

@marcomazz


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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