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    Il Governo riapre le porte dei palazzetti: sulla capienza massima decidono le Regioni

    Di Redazione
    Alla fine la tanto temuta stretta sull’ingresso del pubblico agli eventi sportivi non è arrivata, anzi: rispetto alle misure precedentemente in vigore, il Governo allarga le maglie e consente l’apertura dei palazzetti agli spettatori, sia pure in numero limitato. Nel testo del nuovo DPCM contenente le misure per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, firmato ieri dal presidente del Consiglio, c’è infatti una specifica norma che permette la presenza di pubblico “con una percentuale massima di riempimento del 15% rispetto alla capienza totale e comunque non oltre il numero massimo di 200 spettatori per manifestazioni sportive in luoghi chiusi“.
    Ma, cosa ancora più importante, il decreto lascia di fatto alle Regioni la facoltà di ampliare questo numero a loro discrezione, come già fatto con le ordinanze delle scorse settimane (che restano in vigore): “Le regioni e le province autonome, in relazione all’andamento della situazione epidemiologica nei loro territori, possono stabilire, d’intesa con il Ministro della Salute, un diverso numero massimo di spettatori in considerazione delle dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi e degli impianti“. Si impone, dunque, la linea voluta dalla Conferenza delle Regioni presieduta da Stefano Bonaccini e dal ministro dello Sport Vincenzo Spadafora; la palla ora passa ai singoli consigli regionali, che già negli ultimi giorni avevano manifestato diversi orientamenti sull’argomento.
    Nulla di fatto anche sul tema dello stop agli sport di contatto: com’era facile immaginare, il decreto vieta solamente “le gare, le competizioni e tutte le attività connesse agli sport di contatto aventi carattere amatoriale“, mentre restano consentite tutte le attività di associazioni e società dilettantistiche riconosciute dal CONI, dal CIP, dalle Federazioni e dagli Enti di promozione sportiva, compresi quindi i campionati di serie e di categoria. Da rilevare, comunque, che il decreto rinvia la definizione degli “sport di contatto” (finora non determinati per legge) a un “successivo provvedimento del Ministero dello Sport“.
    (fonte: Quotidiano.net) LEGGI TUTTO

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    Verso lo stop agli sport di contatto? Il Comitato 4.0 chiede chiarimenti al Governo

    Di Redazione
    Tra le indiscrezioni riportate negli ultimi giorni dagli organi di stampa sulle prossime misure di contenimento dell’epidemia di coronavirus che verranno introdotte dal nuovo DPCM, c’è anche quella secondo cui il Governo avrebbe intenzione di imporre uno stop alla pratica “amatoriale” degli sport di contatto. Proprio sul termine “amatoriale” si è subito scatenato il dibattito tra praticanti e appassionati, nel timore (per ora non suffragato da nessuna dichiarazione ufficiale) che questa definizione possa includere tutti gli sport non professionistici, cioè tutte le discipline al di fuori del calcio e del basket maschile.
    Sul tema è intervenuto anche il Comitato 4.0, che riunisce le principali Leghe sportive italiane (compresa la Lega Pallavolo maschile e femminile), e che ha indirizzato una richiesta urgente al ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e al ministro della Salute Roberto Speranza. “La domanda – scrive il Comitato – è se esista nel provvedimento una reale, netta e chiara distinzione tra sport dilettantistico, come tutto quello non soggetto alla Legge 91, e sport amatoriale. Inteso, questo, come attività praticata da soggetti non iscritti a Società Sportive o Enti di promozione sportiva, finalizzata al raggiungimento e al mantenimento del benessere psico-fisico della persona“.
    “Ben altra cosa, quindi – sostiene l’associazione –, rispetto alla pratica di attività sportiva agonistica, sia pure in regime di dilettantismo (come tutto lo sport non soggetto alla Legge 91), ma svolta a livello continuativo, sistematicamente ed esclusivamente in forme organizzate dalle Federazioni sportive nazionali e dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI“.
    “Non è accettabile – conclude il comunicato – che la materia in questione venga trattata e comunicata con tale superficialità, nel momento in cui coinvolge decine di migliaia di tesserati che vivono di questo come unica forma di reddito. E, di conseguenza, le loro famiglie tra le quali in queste ore si è fatto largo un fortissimo senso di disagio e preoccupazione, facilmente immaginabile, a seguito di quanto veicolato dagli organi di informazione“.
    (fonte: Comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Il volley fa i conti delle perdite: Imoco -800mila euro, Lube -1 milione

    Di Redazione
    Mentre incombono, con il sensibile aumento dei contagi da Covid-19, nuove restrizioni governative che potrebbero chiudere definitivamente le porte dei palazzetti, la pallavolo fa il primo bilancio di questo inizio di stagione con pubblico ridotto o del tutto assente. E i conti sono decisamente in rosso: per l’Imoco Volley Conegliano i mancati incassi valgono almeno 800mila euro, circa un quinto del budget totale della società. Lo denuncia al Gazzettino Treviso il copresidente Pietro Maschio, che aggiunge: “Per rimanere in piedi servirebbe poter accogliere almeno il 25%-30% del nostro pubblico. Diversamente, non so cosa accadrà“.
    L’Imoco, essendo la squadra più seguita dal pubblico, è anche quella che soffre maggiormente le porte chiuse: “Tra la quota degli abbonati, quest’anno completamente assente, e gli altri spettatori, perderemmo tra 700mila e 750mila euro. Includendo anche i play off e una finale potremmo arrivare a minori incassi per 850mila euro. I numeri sono impietosi: così non si va avanti“. Anche perché l’assenza di pubblico si fa sentire anche sul fronte sponsor: “Eravamo abituati – conclude Maschio – a vedere crescere ogni anno il numero di aziende che ci sostengono. Le porte chiuse ci hanno tolto questo aumento, anzi al momento stimiamo di avere tra il 5% e il 10% di sponsor in meno. Ci stanno, ma per continuare servirebbe poter accogliere ben più di 200 o 700 persone“.
    Nel settore maschile le cose non vanno affatto meglio: Albino Massaccesi, vicepresidente della Cucine Lube Civitanova, quantifica in circa un milione le potenziali perdite della società marchigiana. “Quasi la metà della capienza del palasport – spiega al Corriere Adriatico – la vendevamo in abbonamento, per una cifra che superava il mezzo milione di euro. La quota abbonamenti, che quest’anno sarà zero, costituiva più o meno metà degli incassi totali. E le gare di cartello, durante la regular season, normalmente ci consentono di fare incassi intorno ai 40mila euro. In più dal bilancio dobbiamo scorporare l’importo dei voucher per il mancato utilizzo di parte dell’abbonamento passato“.
    “Per sostenerci – continua Massaccesi – abbiamo bisogno di ingressi più numerosi. In occasione della semifinale della Supercoppa abbiamo dimostrato che l’ingresso contingentato del pubblico non crea alcun problema, né a livello organizzativo, né di rischi sanitari“. Il problema, infatti, non è solo il crollo dei ricavi: “Al di là della perdita economica, c’è la perdita di interesse per questo sport, e per riconquistarlo ci vorrà tempo. Speriamo che presto ci venga consentito di giocare a porte aperte, seppure con ingressi limitati“.
    Nel frattempo paradossalmente, come riferisce sempre il quotidiano marchigiano, si sta provvedendo ad aumentare la capienza dell’Eurosuole Forum: il Comune ha affidato i lavori di fornitura e posa di 260 nuovi posti a sedere all’azienda Ceta spa, per una spesa totale di 60mila euro. L’intervento porterà a circa 4.400 i posti totali disponibili nell’impianto di Civitanova Marche. LEGGI TUTTO

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    I Non Plus Ultra’S di Conegliano contro le porte chiuse

    Di Redazione
    Si schierano anche i tifosi dell’Imoco Volley Conegliano contro le eventuali ulteriori limitazioni all’ingresso del pubblico nei palazzetti che potrebbero arrivare con i prossimi provvedimenti del Governo. Non Plus Ultra’S Conegliano e Gioventù Gialloblu, i due principali gruppi della tifoseria organizzata, hanno pubblicato un comunicato sui social: “Viste le probabili nuove restrizioni che si prospettano, noi tifosi vogliamo esprimere a gran voce la nostra vicinanza e sostegno a tutte le società sportive che stanno cercando di tenere vivo il proprio movimento, di qualsiasi disciplina esso sia“.
    “Ci è di difficile comprensione – prosegue il comunicato – il pensiero che 700 persone possano essere considerate un ‘pericolo’ all’interno di una struttura che può ospitarne fino a 5300, nel pieno rispetto delle regole di distanziamento sociale, sapendo, con piena consapevolezza, che il momento che stiamo attraversando è delicato e portando massimo rispetto al dolore che abbiamo vissuto e visto nel nostro Paese. Ma è proprio per questo rispetto, proprio per i valori che lo sport trasmette di lealtà,sacrificio, passione, che chiediamo che si faccia una riflessione per non far morire quanto lo sport comunica, per non far morire la speranza e non far morire i sogni dei nostri figli“.
    “Le società – concludono i supporter gialloblu – non reggeranno a lungo questa situazione ed i movimenti si spegneranno pian piano. Non sottovalutate lo sport, perché, come disse Nelson Mandela, ‘lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo che poche altre cose fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione’“.
    (fonte: Facebook NPU) LEGGI TUTTO

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    Porte chiuse: per ora decidono le Regioni. Ma il confronto resta aperto

    Foto Lega Pallavolo Serie A

    Di Redazione
    Alla fine, la tanto attesa decisione del Governo sull’ingresso degli spettatori negli impianti sportivi non è arrivata: con il decreto varato ieri, la Presidenza del Consiglio estende fino al 15 ottobre tutti i provvedimenti già in vigore (pur introducendo l’obbligo di mascherina anche all’aperto). Le porte dei palazzetti restano dunque chiuse, ma le Regioni hanno ancora la facoltà di aprirle in misura limitata come accaduto nelle scorse settimane, in assenza della temuta “stretta” a livello nazionale.
    Al momento si procede quindi a macchia di leopardo: ad esempio l’ordinanza della Lombardia, che consente l’accesso agli eventi sportivi al chiuso fino a un massimo di 700 persone, è ancora valida fino al 15 ottobre. Altre regioni, come le Marche, hanno invece scelto di osservare la disposizione governativa e vietare l’ingresso al pubblico. Il confronto tra Stato e enti locali, però, è ancora in corso: il governatore emiliano Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, chiede al Governo di aprire agli spettatori anche al chiuso fino a una capienza massima che potrebbe essere del 25% o anche inferiore (visto il parere negativo del Comitato Tecnico Scientifico).
    (fonte: La Repubblica, Ansa) LEGGI TUTTO

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    Il Club 76-Play Asti scende in piazza per il diritto alle palestre

    Di Redazione
    L’indisponibilità delle palestre per l’attività sportiva continua a fare vittime nel movimento di base: dei giorni scorsi è la notizia della chiusura della Scuola di Pallavolo Brescia, ma sono molte altre le società in difficoltà. È la traduzione in realtà, purtroppo prevedibile, di quella “profezia del meteorite” che Mauro Berruto aveva lanciato qualche tempo fa, prevedendo l’impatto catastrofico dell’emergenza sanitaria sul mondo dello sport dilettantistico.
    Il Club 76-Play Asti è uno dei sodalizi messi in ginocchio dalle difficoltà logistiche: il Comune piemontese ha concesso soltanto una struttura, il Palagerbi, ma soltanto per 9 ore settimanali, non certo sufficienti per l’attività di una società che conta oltre 300 atlete. Sono rimaste chiuse, invece, le palestre del Liceo Scientifico e del Giobert (in capo alla Provincia) e quelle comunali delle scuole Baussano e Brofferio, mentre i pochi impianti utilizzabili sono stati riservati ad altre realtà. La formazione astigiana sarà quindi impossibilitata a iscriversi ai campionati territoriali e giovanili. E le cose non vanno meglio per la prima squadra, che milita in B2 e ha dovuto rinunciare a ospitare le gare casalinghe.
    Per protestare contro questa paradossale situazione, il Club 76-Play Asti ha lanciato la campagna “Io mi alleno in piazza“: a partire da mercoledì 7 ottobre, tutti i giorni dalle 16 gli allenamenti della formazione astigiana si svolgeranno in piazza San Secondo e nelle strade e piazze del centro storico di Asti. Un’iniziativa aperta a tutti, a cui potranno aderire anche altre società sportive del territorio.
    Con questa iniziativa, spiega la società, “vogliamo evidenziare un problema più grande, che non è solo rappresentato dalla morte dei campionati e delle società sportive, ma soprattutto dall’inattività fisica a cui sono costretti milioni di giovani e di bambini, con conseguenti danni per la salute inimmaginabili, o meglio calcolabilissimi. In questo modo ci ritroveremo ad affrontare una nuova pandemia fatta di giovani depressi, obesi, pigri… E la sanità pubblica non riuscirà a sopperire a tutte le richieste di aiuto. La colpa alla fine ricadrà sui Consigli d’Istituto, ultimo anello di una catena che non riconosce l’importanza del movimento sportivo… Perché in Italia un colpevole è sempre necessario“.
    (fonte: Comunicato stampa) LEGGI TUTTO

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    Palazzetti verso una nuova chiusura? Il Governo prepara la stretta

    Di Redazione
    Mentre il mondo dello sport preme per una progressiva riapertura al pubblico degli impianti sportivi, il Governo pare andare nella direzione esattamente opposta. Secondo le indiscrezioni pubblicate da La Repubblica, lunedì il Consiglio dei ministri discuterà un provvedimento da inserire nel prossimo DPCM del 7 ottobre in cui alle Regioni verrà chiesto un passo indietro sui provvedimenti di apertura entrati in vigore nelle scorse settimane, che in alcuni casi hanno consentito l’accesso degli spettatori fino al 25% della capienza.
    La misura, che ripristinerebbe dunque le porte chiuse su tutto il territorio nazionale, dovrebbe essere illustrata al Parlamento martedì dal ministro della Salute Roberto Speranza e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il giorno successivo. Una volta entrata in vigore, per gli eventi al chiuso resterebbe soltanto la possibilità di consentire l’accesso a un massimo di 200 persone.
    (fonte: La Repubblica) LEGGI TUTTO

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    Massimo Righi contro il Cts: “Senza pubblico non si va avanti”

    Di Redazione
    La Lega Pallavolo Serie A è sul piede di guerra dopo il secco “no” del Comitato Tecnico Scientifico, che ha bocciato la proposta di riaprire al pubblico gli impianti sportivi a livello nazionale nonostante il parere favorevole del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora. Il presidente di Lega Massimo Righi, intervistato da Franco Fava per il Corriere dello Sport, non usa mezzi termini: “Gli esperti del Cts sanno poco o nulla di sport“. E ammonisce: “Senza pubblico, senza incassi e senza visibilità sarà difficile andare avanti, anche per poche settimane“.
    Al momento l’apertura dei palazzetti è affidata ai provvedimenti delle Regioni, con regole diverse a seconda delle ordinanze e dubbi da sciogliere di partita in partita: Cucine Lube Civitanova e Top Volley Cisterna, ad esempio, non sanno ancora se giocheranno a porte chiuse la prima gara casalinga. “Siamo ripartiti a scartamento ridotto – denuncia Righi – soggiogati dalle forti restrizioni nell’accesso ai palazzetti. È una situazione drammatica. È una vergogna: il Governo non prende una decisione, lasciando tutte le responsabilità ai governatori“.
    Sul Comitato Tecnico Scientifico il presidente di Lega aggiunge: “Il parametro che usano è quello del calcio. Non si rendono conto che nelle circa 40 partite giocate finora tra Supercoppa, Coppa Italia e Champions non si sono mai verificati assembramenti o situazioni a rischio, con afflussi e deflussi facili in strutture da 5.000 posti che potrebbero facilmente gestire la presenza di un 25% della loro capienza. Si pensa sempre e solo al calcio nelle ordinanze: possibile che non sentano la necessità di ascoltarci? C’è incompetenza e scarsa sensibilità, questo ci spaventa“.
    La proposta delle Leghe è ormai nota: “Accesso al 25% in impianti indoor con capienza fino a 10mila posti. Altrimenti – conclude Righi – saremo costretti a chiudere tra poche settimane. Senza gli incassi dei biglietti e degli sponsor non reggiamo. Così decine di migliaia di addetti andranno a spasso“. LEGGI TUTTO