Di Redazione
Adesso Carlos De Lellis parla, e lo fa a ruota libera, ai microfoni di Matteo Marchetti per SportPiacenza. L’ex preparatore atletico della Gas Sales Bluenergy Piacenza, coinvolto nella vicenda giudiziaria relativa al caso di doping del centrale Alberto Polo, a maggio è stato assolto in via definitiva dalla Corte nazionale di appello antidoping (mentre al giocatore sono toccati 4 anni di squalifica), e ora può dire la sua sulla lunga e intricata querelle: “Mi sono sentito tradito e usato“.
“È evidente – afferma il preparatore – che a più di qualcuno faceva, e ancora oggi fa comodo scaricare l’intera responsabilità della vicenda su di me. A seguito dell’accertamento della positività dell’atleta ho subito pressioni di ogni genere e tipo affinché assumessi il ruolo di capro espiatorio. Consapevole della mia innocenza, e fiducioso che la stessa sarebbe emersa nelle competenti sedi, mi sono fermamente rifiutato. È quindi iniziato nei miei confronti un indecoroso linciaggio mediatico, in alcuni casi alimentato da calunniatori celati dietro fantomatici nickname e ‘cavalcato’ da certi giornalisti poco propensi al garantismo“.
Nell’intervista De Lellis riassume così la sentenza: “Da un lato si è riscontrata nel campione biologico dell’atleta la presenza di sostanze vietate, e dall’altro si è accertato che non sono stato io a somministrargliele, e neppure ero anche solo a conoscenza della natura illecita dei prodotti assunti dal signor Polo“. I commentatori sono però rimasti perplessi sul fatto che l’atleta abbia potuto “prescriversi” da solo i farmaci vietati: “In realtà – sostiene De Lellis – non è infrequente che l’assunzione e l’eventuale prescrizione di un prodotto avvengano in buona fede, per finalità diverse e senza la consapevolezza della sua incompatibilità con la normativa. Nonostante ciò, purtroppo, gli atleti sono comunque chiamati a rispondere della violazione, perché su di loro grava un preciso onere di verificare preventivamente la composizione di tutto quanto introducono nel proprio organismo“.
Ora il preparatore italo-argentino si augura che la battaglia giudiziaria non pregiudichi il prosieguo della sua carriera: “Voglio pensare – conclude – che tra gli addetti ai lavori e, più in generale, nell’opinione pubblica di buona fede prevalga la convinzione che una persona che ha dovuto lottare per il riconoscimento della propria estraneità ad un’infamante accusa, riuscendoci, sia in un certo senso ancora più meritevole di un’opportunità rispetto a chi non ha mai dovuto imbattersi in tali situazioni“.
(fonte: SportPiacenza.it)