Di Redazione
Tra le disposizioni del nuovo protocollo per la ripresa delle attività della Serie A, pubblicato ieri dalla Federazione Italiana Pallavolo, ce n’è una che salta all’occhio e non ha mancato di attirare l’attenzione di diverse società della massima categoria nazionale. Si tratta del regolamento relativo agli arbitri, che a quanto si comprende dal testo del documento sono soggetti a un livello di controllo notevolmente inferiore rispetto a giocatori e staff delle singole squadre.
Questi ultimi, infatti, dovranno sottoporsi a due tamponi per il coronavirus a inizio stagione e poi reiterare il test almeno ogni 15 giorni; ai direttori di gara, invece, dopo aver superato uno screening (test sierologico e tampone) prima dell’inizio del campionato, basterà consegnare al Covid manager un’autocertificazione prima di ogni gara, dichiarando di non aver ricevuto una diagnosi di Covid-19, sintomi riferibili alla malattia o contatti con soggetti positivi. Una sostanziale differenza, anche perché il primo e il secondo arbitro sono le uniche persone che il protocollo autorizza a togliere la mascherina durante l’incontro, a parte i componenti del “gruppo squadra”.
Perché questa disparità di trattamento? Eppure gli ufficiali di gara, a differenza dei giocatori, non sono professionisti neppure “de facto”: svolgono quotidianamente altri lavori, incontrano molte persone esterne al mondo del volley e sono sulla carta più a rischio di contagio dei giocatori. Non pochi si sono posti questo interrogativo rilevando le disposizioni federali, che del resto potrebbero avere anche una motivazione economica: se infatti gli esami medici effettuati su atleti e membri degli staff societari saranno interamente a carico delle società, quelli destinati agli ufficiali di gara graveranno sul bilancio federale…