«Di che cosa?».
Di tre cose, in verità: dell’operato della Lega, dei criteri di distribuzione dei contributi pubblici alle federazioni, della copertura mediatica del suo sport. Due mesi dopo, va meglio?
«Sono sufficientemente intelligente da correggermi, se necessario. Per quanto riguarda la Lega, Umberto Gandini ha organizzato a Torino una finale di Coppa Italia straordinaria, forse la migliore che abbia mai visto: sono arrivati gli spettatori, gli sponsor, il ritorno d’immagine. Gli faccio i complimenti. Mi ha fatto ricredere sulla Lega. Terza questione, la visibilità. Lo sport deve comunicare e su questo aspetto stiamo investendo, partendo dal presupposto che siamo solo ai primi passi e il bello per il basket deve ancora venire».
Ha saltato la questione dei contributi.
«No, l’ho lasciata per ultima. Dei contributi mi sono lamentato e mi lamento. I criteri, gli algoritmi come dicono a Sport e Salute, devono cambiare. Per ora c’è solo l’insoddisfazione di Petrucci, e guarda un po’ su 46 federazioni più della metà la pensa allo stesso modo, però tutti mandano avanti me. Se si proseguirà così, oltre a parlare metteremo in atto misure più concrete. Tutte quelle che la legge ci consente».
Su 295 milioni ve ne sono toccati una decina.
«Siamo noni in classifica e non è possibile, con la popolarità del basket e con tutte le tasse che versiamo. Da federazione professionistica prendiamo meno di altre che professionistiche non sono. So che adesso ci saranno nuove nomine ai vertici. Vediamo che cosa accadrà».
Il calcio con Lotito ha portato una bella quinta colonna in parlamento.
«Galliani, Carnevali e Lotito sono i migliori dirigenti che abbia il calcio. Lotito in particolare possiede l’esperienza giusta per spingere provvedimenti che aiutano il calcio. Ma aiutano anche il basket e gli altri sport».
Aleggia sempre questo paragone con la pallavolo.
«Mi offendo quando me lo propongono. Non invidio nessuno perché l’invidioso è un perdente e io non sono un perdente. Complimenti alla pallavolo per i successi. Comunque sono certo che gli algoritmi verranno cambiati e smetteranno di essere segreti quanto la profezia di Fatima».
Come vanno i rapporti con il nuovo ministro?
«Conosco Andrea Abodi da tanti anni. Io ero presidente del Coni, lui era nel consiglio e si preparava su tutto, io volevo andare avanti con l’ordine del giorno e gli dicevo: se non sei d’accordo, astieniti. E lui: astenermi? No, io voto contro. L’ho sempre apprezzato e come ministro dello sport è una scelta felice. Ci siamo incontrati una settimana fa. Abbiamo chiesto per Roma l’organizzazione del torneo preolimpico di basket 3×3. Vogliamo allestirlo al Foro Italico il prossimo anno e lui si è impegnato ad aiutarci sul piano economico».
Lei crede molto nel 3×3.
«Siamo in tanti a crederci. È lo sport che nasce dal basso, come quando mettevamo le borse per fare le porte in piazza o come in America quando i ragazzini si radunano sotto un canestro. Abbiamo un organizzatore tra i migliori, Master Group Sport. I giovani sono interessati. Faremo diverse tappe in Italia. È come con il padel: non si può combattere il futuro».
Intanto il basket classico va per la sua strada, e con Gianmarco Pozzecco sembra una strada asfaltata.
«Pensavo fosse il ct ideale. Lo sta dimostrando. Soprattutto per l’entusiasmo che ha portato. Vado in giro con lui e mi rendo conto che nessun altro allenatore italiano gode della sua popolarità. Una federazione deve perseguire sia il risultato sportivo sia la crescita dell’immagine. Del secondo punto abbiamo detto. Per quanto riguarda il primo, sin qui direi bene: siamo al Mondiale, abbiamo battuto la Spagna dopo otto anni. È significativo il fatto che Pozzecco sia stato richiesto da club stranieri importanti».
Lo vede più come un personaggio, un gestore di personaggi o semplicemente un bravo tecnico?
«Vorrei che si guardasse con attenzione agli allenamenti che dirige. Nel basket come nel calcio ci sono tecnici convinti di essere professori. Pozzecco è un allenatore bravo, concreto. Si fa ascoltare e sa quando piazzare una frase che distende l’atmosfera. Non voglio fenomeni, i fenomeni mi fanno paura».
Vi aiuta la crescita di una generazione che sembra di ottimo livello.
«Questi giovani che abbiamo visto contro la Spagna sono potenziali elementi da NBA. Non è che in America ci siano solo mostri. Ma poi sta cambiando l’atteggiamento dei giocatori nei confronti della Nazionale. Lo leggo nei messaggi che mi arrivano dai convocati, carichi di eccitazione. NIente più bocche storte e questo è merito anche di Pozzecco. Andiamo avanti senza esaltarci. Il basket è difficile, il terzo sport più seguito al mondo dopo il calcio e il cricket che fa storia a sé per via dell’India. Nessuno si aspettava l’Argentina fuori del Mondiale».
Da noi il basket riscopre le grandi piazze tradizionali, come Milano e Bologna, che però continuano a stentare in Europa. È un problema ?
«Lo è, e abbiamo un punto da chiarire con l’Eurolega, che ormai costituisce una realtà consolidata. Ci sono troppe partite. E giocatori stressati. Un aspetto che il nuovo presidente Dejan Bodiroga, di cui ho grande stima, dovrà prendere in considerazione. Resta il fatto che il campionato italiano è interessante. Le società semmai incontreranno di certo difficoltà per via della nuova disciplina del lavoro sportivo. Provvedimento giusto, forse però non si è valutato abbastanza l’impatto economico. Ma noi rispettiamo la legge. Come per il vincolo, che stiamo abolendo».
A proposito di leggi. Le hanno tolto la possibilità di candidarsi per un quarto mandato.
«Il limite dei tre mandati è giustissimo. Sarebbe altrettanto giusto che lo stesso principio valesse per chi lo impone. Ah, vorrei aggiungere una cosa».
Prego.
«Da presidente del Coni mi battei perché venissero riconosciute le scommesse sportive. Lo Stato era d’accordo, perché c’era il settore clandestino da sconfiggere. Fu un successo. Adesso si è tornati indietro. Invece le federazioni sportive dovebbero ricevere una percentuale dei proventi. Bisogna riaprire anche alle sponsorizzazioni da parte delle agenzie di scommesse. Credo che Abodi sia d’accordo».
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