Di Redazione
“La Fipav dovrebbe farsi un grande esame di coscienza“. Sono le parole con cui si conclude la lettera che una giocatrice bresciana di Serie C, che preferisce rimanere anonima e si firma “un’ (ex) affezionata“, ha scritto al Giornale di Brescia per chiedere lo stop immediato dei campionati minori, quelli giudicati “di interesse nazionale” e che quindi hanno ripreso l’attività all’inizio del 2021 (la stessa Serie C, ma anche Under 19, 17, 15 e 13).
La giocatrice denuncia nella sua lettera quella che definisce una situazione inaccettabile: “In un momento storico così difficile e drammatico per tutto il mondo, in cui l’Italia stessa per l’ennesima volta sfiora picchi di contagi e di morti ogni giorno (…), la nostra Federazione decide che noi possiamo continuare. La Fipav permette a un campionato non professionistico come il nostro di svolgersi tranquillamente; fin dall’inizio se n’è bellamente lavata le mani, lasciando a ciascuna società la ‘libertà’ di gestire come meglio crede l’emergenza, nascondendosi dietro a qualche piccola norma comportamentale, senza nemmeno prendersi l’impegno di controllare quanto queste norme siano efficaci o addirittura se vengano o meno rispettate“.
“La verità – continua la pallavolista – è che queste ‘norme’, anche quando vengono rispettate, non possono essere sufficienti per garantire la tutela della nostra salute. Non c’è obbligatorietà di tamponi sistematici né per gli allenamenti né tantomeno per le partite di campionato. Le società sportive da sole non possono coprire i costi dei tamponi e di fronte alla richiesta delle giocatrici ho sentito personalmente risposte come: ‘Meglio non sapere, meno tamponi facciamo meno positive/i troviamo’. Noi atlete non siamo tutelate, non siamo trattate da professioniste/i ma ci viene chiesto di esserlo nei fatti“.
“Trovo sia un’assurdità – prosegue la lettera – in un momento come questo, di piena emergenza, dare un’importanza tale allo sport non professionistico. Per quanto possa essere bello, emozionante e sicuramente una valvola di sfogo difficile da rimpiazzare, non ha senso farlo ora e a queste condizioni. Lo dico a malincuore ma stiamo davvero giocando con il fuoco. Mettiamo a rischio noi stesse e soprattutto le nostre famiglie che nel loro piccolo stanno da tempo facendo il possibile per sfuggire a questo maledetto virus“.
“Quando ho fatto presente questo – conclude la ragazza – mi è stato risposto che sono libera di stare a casa; ancora una volta una lavata di mani bella e buona. Come posso sentirmi libera? Che rispetto stanno dimostrando a noi atlete/i? Il problema non è nella scelta della singola giocatrice, ma è purtroppo nelle scelte della Federazione, che dovrebbe preoccuparsi della tutela degli atleti prima di qualsiasi altra cosa; prima degli stessi interessi economici o dei soldi investiti per garantirsi una promozione“.