Di Paolo Frascarolo
E’ appena diventato Campione di Polonia con il suo Skra Belchatow, è uno dei tecnici italiani più apprezzati e stimati in tutto il mondo del volley. E’, semplicemente, Roberto Piazza. Qualcuno al PalaPanini, dove si trovava per aggiornarsi (come ama dire lui) durante gli incontri dell’Italia di Blengini, lo ha chiamato “Piatzosky”: con la sua solita schiettezza, mista a timidezza, ringrazia e risponde “sono sempre Roberto“.
Il coach di Parma è così, attraverso un umorismo sottile e molto diretto, non ha mai paura di esprimere tutte le sfumature del suo pensiero: a volte piacciono, a volte meno, ma questo è Roberto Piazza.
Ai microfoni di Volley NEWS, il tecnico di Parma ha rilasciato una lunga intervista su tantissime tematiche.
Cosa si prova ad aver vinto uno Scudetto contro altri italiani?
“Intanto è la testimonianza dell’importanza della scuola italiana: basti pensare al fatto che le 4 semifinaliste erano allenate da 4 italiani. Io contro Anastasi e Gardini contro Santilli”.
Come viene vista in Polonia questa cosa?
“Lo devi chiedere ai polacchi (ride, ndr)… La cosa che ti posso dire è che anche a Jastrzebski, quando è saltato l’attuale allenatore della nazionale australiana Lebedev, hanno preso De Giorgi, un altro italiano. Tutto ciò significa che credono nel nostro know-how.”
Noi ci siamo sentiti prima della finale: mi avevi detto che sarebbe stato molto difficile vincere.
“Quando vinci la prima partita 25-23, 25-23, 26-24 fai solo 6 punti più dell’avversario. In gara 1 siamo stati bravissimi, in gara 2 siamo partiti male: abbiamo fatto troppi errori, ma c’era tanto merito di Zaksa. Nel secondo set eravamo sotto 12-8, poi abbiamo iniziato a giocare la nostra pallavolo, siamo rimasti attaccati alla partita e abbiamo creduto nelle nostre possibilità. La seconda parte di gara l’abbiamo condotta sempre in vantaggio”.
Mi dicesti in passato “ogni mattina mi piace mettermi pressione”. Come la vivi adesso?
“La serenità arriva dal fatto di essere in pace con se stessi. Ho sempre cercato di fare il meglio che potessi. Cerco di imparare dai miei errori, e da qui deriva la mia serenità. Adesso sto già pensando all’anno prossimo: come fare la squadra, cosa fare per i giocatori rimasti, il dispiacere di non allenare più quelli che sono andati via. Il gruppo di quest’anno avrebbe potuto togliersi soddisfazioni anche l’anno prossimo, ma il mercato è il mercato”.
Cosa ne pensi di Lisinac e Bednorz, che giocheranno in Italia l’anno prossimo?
“Erano 2 dei 3 giocatori che avevo chiesto fossero confermati l’anno prossimo. Srecko Lisinac è un grandissimo attaccante e un grande battitore: ho già parlato di lui con Angelo (Lorenzetti, ndr). Ha grandi qualità, ma dovrà fare un grande salto di qualità a muro, per il campionato italiano. Credo che a Trento con Lorenzetti possa migliorare molto. Di Bednorz penso che nessuno all’inizio dell’anno lo avrebbe dato titolare, invece giorno dopo giorno si è guadagnato il posto; sono convinto che le voci di mercato lo abbiano condizionato.”
In Italia si ha generalmente poca pazienza…
“Lo dirà il campo. Quando più squadre ti mettono gli occhi addosso, uno deve prendere delle decisioni. A me sarebbe piaciuto allenarlo ancora perchè avevamo iniziato un percorso, ma va a Modena da Julio Velasco, quindi direi in mani molto buone”.
Leon, Leal, forse Simon: il campionato italiano torna protagonista. Cosa ne pensi di questa sessione di volley mercato di alto livello?
“Le prime due squadre hanno fatto dei colpi molto importanti. Il campionato italiano per me ha però perso uno dei migliori 4 attaccanti al mondo: Earvin Ngapeth. Contemporaneamente ne ha acquistati due, Leon e Leal, che insieme a Juantorena formano il quartetto di ricevitori attaccanti di primissima fascia: tre cubani e un francese. L’Italia ha 3 dei 4 più forti: questo fa capire a che livello stiano arrivando le nostre squadre”.
C’è il rischio che sia un campionato monopolizzato? Oppure regular season e playoff saranno due entità separate?
“Non ho la sfera magica, però ti posso dire che l’anno scorso Trento ad un certo punto era 11esima, poi avete visto dov’è arrivata. Le outsiders ci sono sempre. Le squadre che zoppicano e commettono errori ci saranno sempre. Quest’anno mi sembra di poter dire che Perugia e Civitanova siano obiettivamente a un livello molto alto”.
Lorenzetti, Bernardi, Medei. Quanto è importante dare continuità alla figura dell’allenatore?
“E’ difficile rispondere, proprio perchè sono allenatore. Ne dovrebbero parlare giocatori e dirigenti. Io devo riconoscere quello che è successo: Lorenzo (Bernardi, ndr) ha fatto un percorso straordinario, Angelo (Lorenzetti, ndr) per me è il miglior allenatore italiano, e sicuramente uno dei migliori al mondo, mentre Medei ha fatto benissimo anche se non ha vinto. Facciamolo dire agli altri quanto siano importanti gli allenatori”.
Quanto è importante il ritorno di Velasco in Italia?
“E’ importante per tante cose. Credo sia l’uomo giusto per Modena per tanti motivi: porta cultura, e non solo sportiva. Uno dei maestri è tornato in Italia, e questo è fondamentale. I modi di allenare sono cambiati, ma Julio ha fatto bene in tutti i posti in cui è andato; è importante ci sia la voglia di imparare ancora da persone così. La sua è una scelta di vita e professionale, come lui stesso ha detto. Rischiosa? A Modena il rischio c’è sempre, è questo il suo bello”.
L’anno scorso mi dicesti “a Modena è impossibile dire di no”. Lo pensi ancora?
“Certo, non ho segreti. A Modena non puoi dire di no”.
Che idea ti sei fatto di quello che è successo a Modena?
“Non me la sono fatta, e non me la voglio fare. Non mi riguarda, a me è spiaciuto molto vedere la reazione dei giocatori in televisione. Io ho sempre amato lavare i panni sporchi in casa mia, fuori non mi piace”.
Quanto può essere stata importante alla vigilia di un Mondiale una competizione come la Volleyball Nations League?
“La vigilia di un Mondiale è sempre particolare, devi arrivare in forma all’appuntamento più importante. I tornei precedenti sono nati per far crescere i giocatori. La World League nacque per far crescere i giocatori. Quasi tutte le squadre in VNL hanno fatto ruotare tutti i giocatori del roster, facendogli fare esperienza. Credo che la manifestazione sia molto più importante per gli allenatori, che si fanno così un’idea di come potranno affrontare il Mondiale. Ricordo la World League ’98, con Bebeto sulla panchina azzurra: l’Italia arrivò ultima in Final Four, poi a novembrel’Italia vinse il Mondiale. Tante situazioni sono figlie del percorso fatto precedentemente”.
E l’Italia di Blengini come la vedi?
“Vedo una Nazionale che ha utilizzato tanti giocatori, che può fare davvero molto bene. Vedo un’Italia pronta per giocarsi il Mondiale”.
Il fattore campo mette più pressione o è più una spinta?
“Per me il fattore campo non esiste. La pallavolo si gioca sempre nello stesso campo: 9×18. L’ultimo Mondiale è stato vinto dalla Polonia in Polonia; nel 2010 in Italia vinse il Brasile. E’ importante essere sicuri di se stessi, aver fatto un buon percorso, lavorare bene quotidianamente in palestra, e creare un bel feeling nella squadra. Poi il valore e le giocate straordinarie dei singoli atleti possono cambiarti la partita in un amen”.
Qual è il sestetto che vorrebbe allenare Roberto Piazza?
“La risposta è facilissima, perchè il sestetto che vorrei allenare non esiste. Non posso scegliere i giocatori che voglio. Un giocatore che non ho mai allenato e che mi farà molto piacere allenare l’anno prossimo è Kochanowski: un bel regalo di mercato che mi ha fatto il presidente. Per il resto, sono contento di quelli che ho allenato”.
Ti piacerebbe avere un giocatore italiano nella tua squadra?
“Perchè no, l’anno scorso ci ero molto vicino ma quando sono stato ingaggiato ho potuto decidere solo per un giocatore straniero e scelsi Ebadipour. Quest’anno, col fatto che bisogna avere 4 polacchi in squadra ho dovuto sostituire Bednorz con un altro polacco. Comunque sì, mi piacerebbe avere un italiano. Assolutamente”.
Si parla sempre molto del tema degli stranieri. Il fatto che ce ne siano così tanti porta a una mancanza di sviluppo dei giocatori italiani?
“E’ un cane che si morde la coda costantemente. Bisogna capire qual è la strada migliore per costruire i giocatori. Io partirei nell’investire maggiormente sul settore giovanile: centinaia di migliaia di euro in più. In Polonia ogni squadra ha un polacco in più nella line up. La domanda è: questo polacco vale il livello? Se lavori bene nel giovanile, lo vale, altrimenti no. Ho sentito parlare di una possibile eliminazione della categoria under 20, in cambio cosa otteniamo? Che i giocatori smettano di fare i campionati giovanili quando hanno ultimato il percorso scolastico, senza che sia conclusa la loro crescita sportiva”.
Valutazioni importanti, ma condivise da molti colleghi…
“La pallavolo, come dice Velasco, è uno sport estremamente tecnico: non potendo fermare il pallone, si ha bisogno di risposte immediate. Non è un caso che i giocatori arrivino a maturazione tra i 24 e i 27 anni, a parte rare eccezioni. Una su tutte De Cecco: proprio Velasco lo portò in Italia quando aveva 18 anni, salvo poi tornare dopo diversi anni maturato. Gli steps per la crescita vanno rispettati”.