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    Sofia Valoppi: “Ogni partita con Roma è stata un’occasione per imparare”

    Una stagione di Serie A1 femminile è caratterizzata da una miriade di storie diverse contenute una dentro l’altra, come una matrioska. Giovani che fanno il salto di qualità, giocatrici che aggiungono elementi al proprio gioco, gregarie indispensabili per il rendimento della propria squadra: seguire tutti gli intrecci narrativi è un esercizio molto complicato. Ma il fatto che talvolta alcune di queste storie non riescano a finire negli highlights o nelle discussioni sui social network non significa che esse siano meno importanti. E Sofia Valoppi rappresenta questa categoria meglio di tante altre.

    Determinante sia in ricezione sia in difesa, il giovane libero (uno dei talenti scoperti dall’agenzia Gold Sport) è esploso ad alti livelli diventando implacabile in tanti piccoli dettagli che alla fine si sono rivelati decisivi per il campionato da rivelazione dell’Aeroitalia Smi Roma. Una stagione esaltante che Sofia ci racconta in esclusiva nella nostra intervista.

    Foto LVF

    È calato il sipario su una stagione molto positiva per Roma. Le va di tracciare un bilancio finale?

    “Sicuramente il bilancio finale è molto positivo. All’inizio speravamo di vivere una stagione del genere, ma allo stesso tempo sapevamo che non sarebbe stato facile. Quindi, per noi rientrare tra le migliori otto squadre della regular season e giocare i quarti di finale dei Play Off Scudetto e della Coppa Italia è stato come vincere la nostra piccola Champions League. Penso che questa stagione sia stata un successo e sono contenta di aver vissuto un’esperienza fantastica. Probabilmente non potevamo chiedere di più“.

    C’è stato un momento di svolta che vi ha dato l’opportunità di capire che i Play Off erano un traguardo possibile?

    “Non sono sicura che ci sia stato un vero e proprio momento di svolta. Però, al termine del girone di andata abbiamo capito che l’obiettivo Play Off era alla nostra portata. Così, dopo aver attraversato un periodo in cui non eravamo al meglio dal punto di vista della forma fisica, ci siamo subito riprese e alla fine abbiamo raggiunto un grande traguardo“.

    Foto LVF

    Secondo lei, qual è stata la miglior qualità di Roma?

    “Probabilmente le nostre migliori qualità sono state la resilienza e la costante voglia di metterci alla prova e fare bene contro tutti in un campionato di altissimo livello“.

    Da romana doc, che effetto le ha fatto rappresentare la squadra della sua città? E cosa ha pensato quando si è ritrovata titolare nel corso della stagione?

    “Vestire la maglia della squadra della mia città è stato emozionante, un grande onore e una responsabilità importante. Quando mi sono ritrovata a giocare da titolare, ho pensato che fosse arrivato il momento di dare il massimo perché opportunità del genere possono capitare anche solo una volta nella vita. Alla fine, mi sono divertita molto e mi sono goduta l’intera esperienza, ma allo stesso tempo ho capito che c’è ancora tanto da lavorare“.

    Roma, oltre a strappare il pass per i Play Off, ha valorizzato tutte le individualità. Ha avvertito questa sensazione? In quali aspetti pensa di essere migliorata maggiormente?

    “Sì, ho avvertito questa sensazione. Credo che tutte noi puntavano a metterci in luce e a tirare fuori il meglio di noi stesse perché giocare nel miglior campionato del mondo è inevitabilmente un’ottima vetrina. E devo dire che ho trovato molto stimolante questa dinamica. Alla fine, penso di essere migliorata sotto tutti gli aspetti: fisico, tecnico e mentale. Ogni partita è stata l’occasione per imparare cose nuove, che poi ho messo nel mio bagaglio pallavolistico“.

    Foto LVF

    Quello del libero è un ruolo particolare. Più istinto o tecnica? Quanto conta l’esperienza?

    “Penso che non sia semplice comprendere fino in fondo questo ruolo. Inevitabilmente la tecnica è una base molto importante, perché toccando pochi palloni non puoi permetterti di fare troppi errori. Però, nel mio caso, tante volte l’istinto e il carattere prevalgono sulle alcune mancanze tecniche. Ovviamente anche l’esperienza è fondamentale e me ne sono accorta proprio quest’anno: partita dopo partita avvertivo la sensazione di fare sempre meglio e giocare con più sicurezza“.

    Come vive la responsabilità di dover sbagliare poco o nulla in ricezione e in difesa?

    “Per una ragazza molto puntigliosa come me, non è facile vivere bene la responsabilità di sbagliare poco: penso che sia un aspetto correlato al carattere e alla consapevolezza delle proprie qualità. Talvolta prendersela per un errore può anche trasformarsi in uno stimolo positivo, ma in altri casi ti fa entrare in un loop mentale che rende tutto più difficile. Dunque, bisogna trovare il giusto equilibrio per gestire questa situazione. E credo che piano piano io ci stia riuscendo“.

    Foto LVF

    Quali sono i suoi sogni per il futuro?

    “Sono davvero tanti i miei sogni nel cassetto, anche se non me la sento di rivelarli tutti. Sicuramente posso dire che quest’anno se ne è realizzato uno, perché giocare da titolare in Serie A1 per la squadra della mia città è stato qualcosa di magico. Per il resto, spero di diventare qualcuno di importante nella pallavolo: questo sport mi ha dato tanto e perciò ora voglio contraccambiare“.

    Partendo da un foglio bianco, cosa inserirà nella sua off-season?

    “Prima di tutto il mare, perché ho proprio bisogno di staccare e rendermi conto di ciò che è successo quest’anno. Poi vorrei rivedere amiche e amici sparsi in tutta Italia, viaggiare il più possibile e ricaricare le batterie in vista di quello che verrà“.

    In chiusura dell’intervista, ci racconta com’è Sofia Valoppi fuori dal campo? Quali sono le sue passioni?

    “Sono una ragazza molto semplice, a cui piace fare tutto ciò che la fa stare bene, come viaggiare, andare in spiaggia e vivere momenti spensierati con gli amici. Al di fuori della pallavolo, non ho molte altre passioni, ma semplicemente amo circondarmi di persone a cui voglio bene per passare del tempo insieme a loro“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Dayana Kosareva: “Con Perugia ho imparato a giocare sotto pressione”

    Dayana Kosareva ne ha vissute diverse di carriere, in barba a qualsiasi declinazione di linearità. Ha impressionato fin da subito gli osservatori per le sue notevoli qualità tecniche e doti fisiche, entrando nel giro delle nazionali giovanili e diventando una delle promesse più interessanti del Bruel Bassano. Dopodiché ha indossato l’armatura e abbandonato il nido, accumulando esperienze, gioie e dolori che ne hanno guidato il passaggio all’età adulta, dove i sogni persistono ma l’ovatta viene poco a poco strappata dallo spessore doppio della quotidianità e di tutto ciò che essa contiene. Oggi, a ventiquattro anni, la schiacciatrice della Bartoccini Fortinfissi Perugia è una giocatrice con tanto da raccontare, analizzare e, al contempo, poter ancora desiderare.

    In un’intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS, Kosareva ha parlato del suo percorso, della stagione in Umbria e delle emozioni per la promozione in Serie A1 appena conquistata.

    Foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Per cominciare, le va di raccontarci l’annata della promozione in A1 di Perugia?

    “Questa stagione è stata intensa: iniziata lo scorso 17 agosto con il raduno, andrà avanti fino al 29 marzo, anche se abbiamo già raggiunto la promozione. Finalmente posso dire di aver capito cosa vuol dire giocare sotto pressione e scendere in campo con l’obbligo di vincere soprattutto quelle partite in cui parti favorito. È stata anche una stagione emozionante, che ci ha regalato vittorie speciali come quella contro Busto Arsizio“.

    C’è stato un momento che vi ha dato l’opportunità di capire che si poteva fare qualcosa di importante?

    “Ho capito che avremmo fatto qualcosa di importante alla prima partita di campionato. Eravamo molto emozionate per l’esordio stagionale davanti ai nostri tifosi. Una partenza con i fuochi d’artificio perché affrontavamo Brescia, una squadra che inizialmente puntava a fare bene. Pronti, via e le nostre avversarie hanno vinto i primi 2 set. A quel punto, però, abbiamo iniziato a rimboccarci le maniche e piano piano siamo riuscite a ribaltare il risultato vincendo al tie break. Lì ho capito che sarebbe stata un’annata speciale perché avevamo dimostrato di saper soffrire e reagire alle difficoltà“.

    foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Quali sono stati i punti di forza che vi hanno permesso di dominare il campionato di A2 e vincere la Coppa Italia di categoria?

    “Penso che i nostri punti di forza siano stati la costanza, la capacità di mantenere il focus sul nostro obiettivo e la voglia di vincere. Nel corso di una stagione è normale affrontare piccoli acciacchi, stanchezza o cali di forma, ma noi siamo state brave a spronarci vicendevolmente durante ogni allenamento e ogni partita, avvicinandoci all’obiettivo passo dopo passo“.

    Se ripensa alla finale di Coppa Italia con Busto Arsizio, qual è la prima immagine che le viene in mente?

    “Direi il palazzetto: immenso, rumoroso e pieno di tifosi. Mi porterò dietro quest’immagine per tanto tempo perché giocare in un’atmosfera del genere regala emozioni uniche“.

    Foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Diamo uno sguardo ai suoi numeri in campionato: 295 punti con il 42,1% di positività in attacco, il 31,4% di ricezione perfetta, 29 muri e 33 ace in 27 presenze. È soddisfatta del suo rendimento?

    “Penso che questi numeri descrivano al meglio una giocatrice di equilibrio, in grado sia di dare un contributo in seconda linea, in ricezione, in difesa e in battuta, sia di scaricare l’attaccante principale. Sicuramente sono soddisfatta del mio rendimento: per me questa stagione è un punto di partenza per puntare sempre più in alto“.

    In generale, che ambiente ha trovato a Perugia? Sul suo elevato rendimento quanto ha inciso questo fattore?

    “Mi piace molto Perugia. Innanzitutto, è una realtà perfetta per chi ama vivere immerso nella natura: c’è tanto verde intorno alla città, al punto che ti può capitare di incontrare 8 cinghiali sotto casa, come è successo a me! Anche con la società mi sono trovata benissimo. In particolare, la nostra team manager Carmen Pimentel è stata un punto di riferimento importante, dal momento che non ha mai fatto mancare il suo sostegno psicologico. Da una grande ex giocatrice come lei si impara tanto anche solo ascoltando quello che dice“.

    Foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Cosa si porterà dietro di questa stagione?

    “La perseveranza, le parole preziose della nostra team manager, il calore dei tifosi e i bellissimi paesaggi perugini. Vorrei sottolineare soprattutto l’importanza dei nostri tifosi: durante l’anno non è mai mancato il loro appoggio, che per noi è una fonte inesauribile di energia“.

    Nel percorso pallavolistico di una giocatrice, i 24/25 anni sono spesso indicati come un momento importante per tracciare un primo bilancio. Com’è quello di Dayana Kosareva?

    “Sin dalle giovanili mi sono sempre impegnata per cercare di eccellere. Ho fatto una lunga gavetta e ora sono arrivata a vincere un campionato. Dunque, sono soddisfatta del mio percorso. A 24 anni mi sento ormai pronta ad affrontare un campionato di alto livello“.

    Che giocatrice sente di essere oggi? E quali obiettivi si è posta per i prossimi anni?

    “Quando ho iniziato a giocare in Serie A a 17 anni, le compagne più esperte mi hanno fatto capire cosa vuol dire mettere se stessi a disposizione del collettivo. E anche in questa stagione sono riuscita ad essere quella giocatrice di equilibrio che nei momenti di difficoltà aiuta la squadra a ritrovare compattezza. Per quanto riguarda il futuro, spero di fare sempre meglio, vincere altri campionati di Serie A2 e magari tornare a giocare in A1, dove ho potuto saggiare un livello di gioco, di velocità della palla e di fisicità che non si trova in cadetteria“.

    Foto Instagram Dayana Kosareva

    Un’ultima curiosità. Com’è nata la sua passione per i motori, e in particolare per le due ruote? Se dovesse associare un modello di moto alla Bartoccini di quest’anno, quale sceglierebbe?

    “La mia passione per i motori impressiona sempre tutti, ma è qualcosa di naturale. Da piccola ho sempre preferito giocare con le macchinine piuttosto che con bambole. Poi, a 9 anni, ho fatto il primo giro in moto e da lì ho iniziato a sognare di averne una tutta mia. E così è stato. Se dovessi associare la Bartoccini a un modello di moto? Questa domanda mi mette un po’ in difficoltà perché ce ne sarebbe più di una… Alla fine, però, direi la Dorsoduro dell’Aprilia, una moto particolare che è in grado di affrontare i terreni più ‘scomodi’ e che al momento giusto sa andare anche veloce“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Giampaolo Medei: “Dalla Polonia bisognerebbe cominciare a imparare”

    Prima Coppa europea per l’Asseco Resovia, prima CEV Cup nella storia per una squadra polacca, secondo trofeo continentale dell’anno per un paese che sogna uno storico “triplete”. La finale vinta dai biancorossi di Rzeszow contro l’SVG Luneburg ha il dolce sapore della prima volta un po’ per tutti; non per l’allenatore Giampaolo Medei, che questa competizione l’aveva già vinta nel 2017 a Tours, ma che sta comunque vivendo l’ennesima stagione di successo della sua fortunata carriera fuori dall’Italia. È il tecnico marchigiano a raccontarci, in un’intervista esclusiva, l’euforia della sua squadra e di tutto l’ambiente.

    “Per la verità non abbiamo avuto molto tempo per festeggiare – ammette Medei – perché quest’anno il calendario in Polonia è veramente crudele: giochiamo ogni 3 giorni da ottobre e siamo già partiti per una nuova trasferta, quindi ci siamo goduti la vittoria solo per un giorno. Detto questo, in Polonia il nostro successo ha avuto un’eco incredibile, un po’ perché è la nostra prima coppa e molto perché in tanti sognano l’eventuale en plein europeo: se ne parla dappertutto, c’è una grande risonanza“.

    Foto Asseco Resovia

    L’Asseco è arrivato in CEV Cup dalla Champions League, in cui aveva ottenuto 3 vittorie, e in 12 partite ha affrontato avversarie del calibro di Trento (che ha anche sconfitto a domicilio), Tours, ACH Ljubljana, Zawiercie, Fenerbahce e appunto Luneburg. Altro che “coppetta”…

    “Sì, il percorso è stato impegnativo, in particolare i quarti contro lo Zawiercie: prima di tutto perché è una squadra molto forte, che ha rifilato un doppio 3-0 a Milano, e poi perché lo abbiamo affrontato in grande emergenza. Tra dicembre e gennaio ci sono mancati Zatorski, Kochanowski, Drzyzga, e anche Cebulj stava rientrando da un infortunio. Vincere 3-0 in casa è stata un’impresa e credo proprio che quello sia stato il turno decisivo“.

    In quella gara di resistenza che è la PlusLiga, adesso l’Asseco Resovia ha la fortuna o l’abilità di presentarsi al meglio al giro decisivo.

    “Finalmente siamo al completo, e puntiamo a mantenere il quarto posto in classifica, raggiungendo il prima possibile la certezza matematica per poterci garantire una settimana piena di lavoro. I playoff quest’anno in Polonia dureranno solo 3 settimane, con gare di andata e ritorno ed eventuale Golden Set in tutti i turni: in questo senso noi possiamo dire di avere un piccolo vantaggio, perché a questa formula siamo ormai abituati! Il nostro obiettivo è vincere una medaglia: l’anno scorso ci siamo riusciti arrivando terzi e ci piacerebbe almeno ripeterci, o anche fare meglio, perché la mia squadra quando è al completo può giocarsela con tutti“.

    Foto CEV

    Da tanto tempo si parla di un campionato polacco ormai competitivo con quello italiano, e i risultati delle Coppe sembrano confermarlo. Lei cosa ne pensa e quali sono le differenze?

    “Io credo che il livello delle squadre più forti sia simile, ma che il paragone non si possa fare perché le condizioni sono molto diverse. Se nel campionato italiano aggiungessimo 4 squadre e togliessimo uno straniero dal campo, se ne potrebbe parlare… sono fattori molto condizionanti. Certo, la Polonia ha la fortuna di avere in casa una grande quantità di giocatori, di alto ma soprattutto di medio livello, cosa che non si può dire per l’Italia. Aggiungo che loro hanno guardato molto all’Italia a partire dal 2000, e da noi hanno copiato tante cose e continuano a farlo: dal punto di vista organizzativo e delle strutture, infatti, molti aspetti sono simili. Io credo che ci abbiano raggiunto e che in alcune cose siano anche avanti, e forse anche dall’Italia si farebbe meglio a guardare un po’ a quello che si fa in Polonia: è vero che la concorrenza fa bene, ma bisogna usarla come ispirazione, altrimenti non serve“.

    In che cosa ci si potrebbe ispirare alla Polonia, per esempio?

    “Sicuramente loro sono molto più avanti di noi nel seguito enorme che ha questo sport e nella visibilità mediatica. Avere tutte le partite in diretta tv aiuta immensamente ad attirare sponsor e appassionati. Del resto basta pensare che fino a vent’anni fa qui non esisteva nemmeno un campionato professionistico: avevano una grande tradizione con la nazionale, ma a livello organizzativo c’era il nulla“.

    Foto Asseco Resovia

    C’è qualche protagonista del campionato polacco che le piacerebbe vedere in Superlega?

    “Partiamo dal presupposto che non è semplice fare uscire dalla Polonia i giocatori più forti, e infatti in pochi giocano all’estero: Leon, Semeniuk, Kurek. Ormai i campionati sono vicini sia a livello tecnico che economico, e molti preferiscono rimanere. Detto questo, a me piacerebbe moltissimo vedere in Italia Tomasz Fornal, un giocatore che magari è poco conosciuto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori: è uno schiacciatore completo in tutti i fondamentali, come ce ne sono davvero pochi, uno di quelli che in una squadra sono davvero utilissimi. Purtroppo, come dicevo prima, non verrà (ha appena rinnovato il contratto con lo Jastrzebski Wegiel, n.d.r.)!“.

    E a lei, Medei, farebbe piacere tornare?

    “Molto… diciamo che ho sentito molte voci su un mio possibile ritorno e mi piacerebbe che quelle voci si concretizzassero“.

    di Eugenio Peralta LEGGI TUTTO

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    Jordyn Poulter prepara il rientro: “Sono pronta per tornare a giocare”

    Passiamo la nostra esistenza cercando di convincerci che siamo padroni del destino, che le coincidenze, per l’appunto, siano solo coincidenze. Lo facciamo perché abbiamo bisogno di credere che se lavoriamo abbastanza duramente, se abbiamo talento e – perché no – un pizzico di fortuna, tra noi e l’obiettivo che ci siamo prefissati di raggiungere ci sia solo la strada che abbiamo scelto di percorrere. Poi, però, succedono delle cose che ci fanno dubitare di tutto questo, ci fanno pensare che ci sia un disegno di cui riusciamo appena a intravedere qualche linea, un quadro di cui percepiamo qualche pennellata ma non possiamo vederlo ed apprezzarlo pienamente.

    Probabilmente deve essere proprio questa la sensazione che inonda la mente di Jordyn Poulter quando il 3 dicembre 2022 si lesiona il legamento crociato, il legamento collaterale e il menisco del ginocchio sinistro, concludendo con ampio anticipo la sua esperienza alla Igor Gorgonzola Novara. Ma la palleggiatrice statunitense non è tipo da piangersi addosso e, come ha raccontato in esclusiva ai nostri microfoni, il ricordo dell’infortunio sta lasciando pian piano spazio al desiderio di riprendersi ciò che il destino ha procrastinato nel tempo.

    Foto Volleyball World

    Jordyn, innanzitutto, come stai? Com’è stato questo periodo senza poter giocare a pallavolo?

    “Sono contenta di dire che mi sento forte e ho tanta voglia di giocare. Negli ultimi due mesi il ginocchio è stato sottoposto a carichi di lavoro crescenti, e sta rispondendo alla grande. Non sono mai stata lontana dal campo per così tanto tempo e ho dovuto superare tante sfide durante questo periodo; però sono riuscita a trovare anche molti aspetti positivi. In generale, sono grata per ciò che il mio corpo è stato in grado di sopportare e per tutte le persone che mi hanno aiutato in ogni fase del mio recupero“.

    Affrontare una riabilitazione lunga e faticosa ti può mettere a dura prova dal punto di vista mentale. Come sei riuscita a restare positiva e ottimista in questi mesi?

    “Certamente ci sono stati momenti più difficili di altri. Non avevo mai dovuto affrontare alcuni dei ‘demoni mentali’ che ho incontrato durante questo periodo. Ad esempio, a volte mi sentivo triste e sola perché per tanti mesi mi sono allenata in palestra senza nessuna compagna di squadra. Mi è mancata quella sensazione di far parte di un gruppo che puoi provare solo quando condividi la routine quotidiana con persone che lavorano insieme a te per raggiungere un obiettivo. Allo stesso tempo, però, mi ritengo fortunata ad aver ricevuto un supporto costante, un grande sostegno morale e tanto amore da allenatori, preparatori, amici e familiari che hanno sempre creduto in me“.

    Foto LVF

    Cosa facevi per passare il tempo durante il periodo della riabilitazione?

    “Nelle prime fasi, quando potevo muovermi solo con le stampelle, non potevo fare molto: leggevo, facevo puzzle e ovviamente guardavo partite di pallavolo“.

    Il recupero dall’infortunio può dirsi completato? Quando tornerai in campo, pensi che vedremo la stessa Jordyn Poulter di prima?

    “Sono completamente pronta per giocare. Proprio settimana scorsa ho avuto la fortuna di allenarmi nella palestra del Team USA insieme a un gruppo di giocatrici del campionato collegiale. Era da più di un anno che non seguivo un programma di allenamento ‘normale’, e devo ammettere che sono rimasta soddisfatta di come mi sentivo e di come sono riuscita a integrarmi. Penso che sotto certi aspetti la nuova versione di me sia migliore di quella precedente. Ovviamente poi solo il tempo lo dirà“.

    Foto USA Volleyball

    Com’è il tuo piano di allenamenti ora? Su quali aspetti del gioco stai lavorando?

    “Adesso mi sto allenando ad Anaheim e il piano è di continuare a lavorare qui. Nel frattempo, dovrebbero arrivare anche le giocatrici che stanno terminando le loro stagioni con i club. Poi spero di avere l’opportunità di fare parte della nostra squadra nelle prime due settimane della VNL. In questi mesi ho dedicato tanto tempo sull’impostazione di gioco con ricezione negativa, sul muro in situazioni di overload, sull’espansione del mio range di azione per il gioco al centro, e ovviamente ho lavorato anche sulla difesa e sulla capacità di mettermi nelle migliori condizioni per alzare“.

    La VNL e le Olimpiadi di Parigi saranno gli impegni principali dell’estate del Team USA. Quali sono le tue aspettative?

    “Karch (Kiraly, n.d.r.) ci ha insegnato che il miglior modo per affrontare le nostre esperienze e trovare il massimo appagamento e la gioia più grande da esse è quello di non crearsi aspettative. E così sarà il mio approccio all’estate in nazionale. Spero che a Parigi la squadra riesca a mettere in mostra la sua miglior pallavolo non appena entrerà in campo per la prima partita“.

    Come descriveresti la mentalità che ha permesso agli USA di raggiungere grandi risultati in questi anni?

    “Insieme siamo le più forti, facciamo qualsiasi cosa ci venga richiesta al meglio delle nostre capacità e sosteniamoci a vicenda nella buona e nella cattiva sorte. Sono questi i cardini della mentalità che ci ha portato al successo in passato“.

    Foto Instagram USA Volleyball

    L’anno prossimo giocherai nella nuova lega professionistica statunitense di LOVB. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?

    “Proprio così! Penso che il sogno di ogni atleta sia di giocare a livello professionistico, figuriamoci poterlo fare nel proprio paese. Credo fortemente nella ‘mission’ di League One Volleyball e nelle persone che la guidano. È davvero speciale farne parte. Il motivo principale per cui ho deciso di unirmi a LOVB è quello di dare un contributo alla creazione di un nuovo campionato professionistico in America da lasciare in eredità alle future generazioni di pallavoliste“.

    Qual è il tuo ruolo come membro del “LOVB Athletes Council”?

    “Il mio ruolo è di fornire spunti e opinioni, e fare domande che possano aiutare a rendere divertente, piacevole e competitiva l’esperienza delle atlete, con l’obiettivo di migliorare questo campionato. Siamo innanzitutto persone; e poi siamo anche brave nel nostro sport: sono contenta di far parte di un’organizzazione che valorizza l’aspetto umano prima di ogni altra cosa“.

    Fin dagli Anni ’80 sono stati fatti vari tentativi per creare una lega professionistica di pallavolo negli Stati Uniti. Perché LOVB è diversa?

    “Negli ultimi cinque anni, LOVB ha lavorato per costruire una lega professionistica diversa da quelle dei tentativi falliti in precedenza. Nello specifico, abbiamo un approccio che parte dal basso: le nostre squadre verranno incorporate a club locali, così da creare comunità di persone e favorire relazioni a ogni livello. Inoltre, LOVB può contare su un gruppo formato da imprenditori che hanno avuto e tuttora hanno grande successo, e addetti ai lavori della pallavolo di esperienza e altrettanto successo“.

    In Italia hai giocato a Chieri, Busto Arsizio e Novara. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze e in che modo ti hanno plasmato come giocatrice e come persona?

    “Mi porto dietro sfide, insegnamenti e ricordi diversi da ogni stagione che ho passato in Italia. Per esempio, a Chieri abbiamo giocato per garantire al club una buona posizione in classifica, lottando tutte le settimane per conquistare punti preziosi. Da giovane palleggiatrice che ero, ho fallito più volte ma è proprio grazie a questi errori che sono riuscita a imparare tanto. Successivamente sono andata a Busto: a metà della mia prima stagione ci era capitato di cambiare allenatore e da lì è iniziata una cavalcata fino alla semifinale di Champions League che ha sorpreso tutti. Quelle due annate mi hanno regalato anche due delle migliori amiche che avrei mai potuto desiderare, Alexa Gray e Jole Stevanovic: ora mi mancano un sacco. A Novara avrei voluto avere più tempo per integrarmi nella squadra, ma evidentemente il destino aveva altri piani. In generale, provo un grande affetto per i club in cui ho giocato nel campionato italiano, così come per tutti gli allenatori, i dirigenti e i presidenti che mi hanno scelta. Dal profondo del mio cuore, dico loro ‘grazie’“.

    In un’intervista dopo aver vinto l’oro alle Olimpiadi di Tokyo, ci avevi detto: “Penso che la parte migliore dei sogni sia che una volta realizzati se ne possano individuare di nuovi! Inseguirò il mio prossimo sogno, ma al momento non so ancora bene quale sia”. Dunque, ti chiedo: quali sono i tuoi nuovi sogni nel cassetto?

    “I miei sogni, in questo momento, sono di guadagnare un posto nel roster che parteciperà alle Olimpiadi di Parigi e di poter alzare lo sguardo durante una partita e vedere i miei genitori sugli spalti che fanno il tifo per il Team USA. Se quest’anno mi ha fatto capire qualcosa, è quanto sono grata alla pallavolo e a tutto quello che ha dato alla mia vita: è bello poter vivere il proprio sogno ogni giorno“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Romy Jatzko verso la finale di CEV: “Chieri ha tutte le carte in regola”

    A metà stagione è arrivata alla Reale Mutua Fenera Chieri ’76 per aiutare e incidere, come nel suo percorso ha avuto modo di fare praticamente ovunque. Romy Jatzko è una giocatrice ancora giovane ma con tanto da mostrare e raccontare: gli inizi a Berlino, l’apprendistato tra le “grandi” con il Vfb Suhl Lotto Thuringen e l’SSC Palmberg Schwerin, l’esperienza in Svizzera al VC Kanti Schaffhausen, la parentesi in Cina con il Sichuan e il nuovo capitolo della sua carriera in Italia. 

    Ecco la nostra intervista esclusiva alla schiacciatrice tedesca, che mercoledì sarà impegnata insieme alla sua squadra nella sfida di andata della finale di CEV Cup.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Per cominciare, presentati ai nostri lettori raccontando qualcosa di te.

    “Mi descriverei come una persona ottimista, che cerca di vedere il lato positivo di ogni cosa e ha grande fiducia nella vita: credo che tutto accada per una ragione e con un tempismo non casuale. Il volley è sempre stato il mio hobby preferito e sono contenta che ora sia diventato il mio lavoro. Oltre ad essere una pallavolista, mi dedico anche allo studio. Infatti, sono iscritta alla facoltà di Psicologia della Comunicazione: è un campo che mi interessa molto. Infine, adoro fare fotografie ed escursioni immersa nella natura“.

    Com’è nata la tua passione per la pallavolo?

    “Ho iniziato a giocare grazie a mia mamma, che è stata una pallavolista ed è arrivata a vestire la maglia della nazionale tedesca. Pure una delle mie sorelle giocava a pallavolo. Così, dopo aver provato il tennis, ho deciso di passare anch’io al volley e subito mi sono innamorata di questo sport: la sensazione di far parte di una squadra è qualcosa di straordinario“.

    Quali sono state le tappe principali della tua carriera fino a questo momento?

    “Essendo originaria di Berlino, ho iniziato a giocare in un club della mia città. Dopodiché ho deciso di frequentare una scuola sportiva, dove si praticavano vari sport, tra cui anche la pallavolo. Una tappa importante della mia crescita è stata quella allo Schwerin, che in quel momento era una squadra molto forte: al mio fianco c’erano giocatrici fantastiche. Sono rimasta lì per due stagioni e posso dire di aver imparato molto. Successivamente sono andata in Svizzera, dove ho trovato un allenatore tedesco che conoscevo (Nicki Neubauer, n.d.r.). Dopo due anni al VC Kanti Schaffhausen, ho firmato per un club francese, ma poco dopo è fallito. A quel punto ho ricevuto l’offerta del Sichuan e mi sono detta: ‘Perché no?’. Così, nella prima parte di quest’anno ho giocato in Cina“.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Parliamo della tua esperienza al Sichuan. Com’è andata? Hai raggiunto gli obiettivi che ti eri prefissata?

    “La mia esperienza in Cina è stata positiva. All’inizio ero un po’ spaventata, ma anche emozionata per quello che mi aspettava. Devo ammettere che poi tutti (club, allenatori, staff e compagne) mi hanno trattato davvero bene, sono stati gentili e hanno sempre cercato di aiutarmi, rendendo piacevole la mia permanenza in Cina. Dal punto di vista personale, credo di aver raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissata. Ho giocato buone partite, anche se a metà stagione diverse giocatrici della nostra squadra si sono ammalate e da lì è stato tutto in salita. Comunque mi sono divertita, ho imparato tante cose, e quindi sono felice di aver fatto questa esperienza“.

    Quali sono state le sfide e gli ostacoli che hai dovuto affrontare in Cina? Mi riferisco, in particolare, alla barriera linguistica, alla vita in un nuovo paese e allo stile di gioco.

    “Ho dovuto affrontare qualche ostacolo in Cina. Per esempio, la barriera linguistica: molte compagne di squadra non parlavano bene inglese. Ovviamente c’erano anche compagne che lo conoscevano. Così, nonostante avessi un traduttore, non era semplice comunicare. Un altro ostacolo era legato alla differenza di fuso orario: più di sette ore. Quando mi alzavo al mattino, nessuno della mia famiglia e dei miei amici era sveglio. Quindi, dovevo aspettare fino alle 15 prima di ricevere i primi messaggi o le prime chiamate. Invece, per quanto riguarda la visione della pallavolo, penso che non ci siano grandi differenze con l’Europa. Forse si giocava di più, ma nel complesso mi sono divertita molto“.

    E come ti sei trovata con la cucina locale?

    “Era molto difficile trovare cibo occidentale in Cina. Mangiavano un sacco di carne e alcune cose che non avevo mai visto prima. Ero disponibile a provare la cucina locale, anche se non è la mia preferita. Così, a volte, dovevo chiedere di preparare qualcosa apposta per me. Alla fine, però, mi sono abituata ed è stato tutto più semplice“.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Dopo l’esperienza nel campionato cinese, sei approdata in Italia. Quali motivi ti hanno spinto a scegliere la Reale Mutua Fenera Chieri ’76?

    “Sono davvero felice di avere l’opportunità di giocare in Italia. Tutti sanno che la Serie A1 è uno dei migliori campionati al mondo e sono orgogliosa di farne parte: qui ogni partita è impegnativa e si affrontano giocatrici molto brave. Ho scelto Chieri sia perché avevano mostrato interesse nei miei confronti sia perché avevo sempre sentito parlare bene di questo club. Anche il mio agente era convinto che fosse una grande occasione. E poi conoscevo già Camilla (Weitzel, n.d.r.), che gioca a Chieri da tre anni. Perciò, penso che sia stata una buona scelta“.

    Come ti trovi a Chieri? C’è qualche compagna di squadra che ti sta particolarmente aiutando ad ambientarti in questa nuova avventura?

    “Per me è stato abbastanza semplice integrarmi perché ho trovato persone che fin da subito sono state gentili e disponibili: mi sono sentita accolta e ormai mi sento come a casa. Ovviamente la presenza di Camilla in squadra ha reso tutto più facile perché ci conosciamo da tanto tempo e abbiamo giocato insieme nelle nazionali giovanili. Inoltre, Chieri mi piace anche come cittadina: è piccola, ma molto carina“.

    Come sta andando la vostra stagione?

    “Penso che la stagione di Chieri sia stata molto positiva fino a questo momento: arrivare in finale di CEV Cup, dopo aver giocato anche la Final Four di Coppa Italia a Trieste, è qualcosa di grandioso. Sono convinta che, pur avendo in squadra elementi importanti, non sia mai automatico raggiungere certi risultati. Questi arrivano perché tutti – giocatrici, staff e club – stanno dando il massimo. Proprio per questo motivo, non vedo l’ora di scoprire cosa ci attende in questo finale di stagione“.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Come vedi la finale di CEV Cup contro il Viteos NUC?

    “Avendo giocato in Svizzera, conosco il Viteos NUC. È una squadra che ha fatto bene anche nelle scorse stagioni. Per loro raggiungere la finale di CEV Cup è un grande risultato, ma certamente non è casuale. La stessa cosa vale per Chieri: c’è una ragione se siamo arrivati fino a questo punto della competizione e sono convinta che abbiamo tutte le carte in regola per dimostrare la nostra forza, proprio come abbiamo fatto nei turni precedenti. C’è grande emozione e siamo pronte a dare il 100%. Senza dubbio, le sensazioni sono positive“.

    Quali sono i tuoi obiettivi pallavolistici a breve e a lungo termine?

    “Al termine della stagione in Italia, andrò in nazionale. Sono davvero entusiasta per questa opportunità e spero di vivere belle esperienze. Conosco già la maggior parte delle giocatrici, quindi penso che mi divertirò. Per quanto riguarda gli obiettivi a lungo termine, un giorno mi piacerebbe giocare in Turchia. Per me sarebbe davvero speciale giocare lì sia perché è uno dei migliori campionati al mondo sia perché renderei orgogliosa me stessa e la mia famiglia, visto che mio padre è turco e io sono per metà turca. Però, sarei molto felice anche se dovessi avere la possibilità di giocare di nuovo in Italia“.

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    Anna Piovesan: “Preferisco la ricezione all’attacco… e mi ispiro a Gabi”

    In questi anni la Serie A2 femminile ha saputo regalare spesso e volentieri sorprese e lampi di genio, dimostrandosi una vera e propria fucina di talenti per quelle giovani promesse che hanno bisogno di “farsi le ossa” prima di esplodere nelle competizioni maggiori. Basti pensare a Ekaterina Antropova ed Elena Pietrini, due stelle della pallavolo italiana che proprio in cadetteria – rispettivamente con Sassuolo e Club Italia – hanno iniziato a mostrare il loro potenziale e che adesso stanno vivendo carriere di livello internazionale. 

    Dunque, non è un caso se anche nel campionato 2023-2024 sono tante le stelle del futuro destinate a brillare. Tra queste c’è sicuramente Anna Piovesan, schiacciatrice trevigiana classe 2004 che sta ottenendo soddisfazioni di rilievo con la maglia della Cremonaufficio Esperia Cremona. Ecco la sua intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS.

    Foto Diego Crotti

    Ci racconti chi è Anna Piovesan, cosa rappresenta per lei la pallavolo e come ha scoperto il suo talento per questo sport.

    “Chi è Anna? Bella domanda… Sicuramente una ragazza solare, che ama la vita e le novità, e che adora viaggiare e imparare cose nuove. Ad oggi, però, non so dare una risposta più precisa. Ho scoperto la pallavolo un po’ per caso all’età di 11-12 anni, quindi relativamente tardi. Da allora è stato puro amore. Più che nel talento, credo fortemente nella dedizione. Per me è stato così sin da subito. Poi è chiaro che aspetti come l’altezza possano dare una mano, ma le difficoltà durante il percorso non sono certamente minori“.

    Quali sono state le tappe più importanti del suo percorso pallavolistico?

    “Ricordo benissimo l’Europeo Under 17 nel 2020, lo stesso anno in cui sono ufficialmente andata via da casa, e l’esperienza in Serie A1 nella stagione 2021-2022 (a Chieri, n.d.r.). È stato molto emozionante mettere a segno il mio primo punto nel massimo campionato il giorno del compleanno di mia nonna. Inoltre, a livello giovanile ho vinto il Trofeo delle Province, il Trofeo delle Regioni, diversi titoli provinciali e due bronzi regionali. Una tappa che ritengo importante per la mia crescita è legata al mio primo infortunio: nulla di grave, dato che era uno stop di un mese, ma non essendomi mai fermata in precedenza sono sembrati anni“.

    Foto Davide Moroni

    Quali sono le sue principali caratteristiche come schiacciatrice? C’è una giocatrice a cui si ispira per il suo ruolo?

    “Al contrario di quanto si possa pensare, preferisco di gran lunga la seconda linea alla prima: mi piace molto dedicarmi al fondamentale della ricezione. Non ho un idolo sportivo, ma spesso mi ispiro a Gabi. Un giorno vorrei vederla giocare dal vivo, magari nel campo avversario“.

    Veniamo alla sua esperienza a Cremona. Come si trova all’Esperia e cosa le piace maggiormente di questa società?

    “Mi trovo molto bene all’Esperia. Ho instaurato un rapporto splendido con la società e mi sono affezionata a questa piazza. Mi sono sentita accolta fin da subito e ho sempre percepito un grande supporto, che non si limita solo alle parole. Qui amo sentirmi libera di scherzare e ridere con tutti quando c’è l’occasione, e mi piace la trasparenza che si cerca di avere in ogni rapporto“.

    Si aspettava un campionato così positivo dalla sua squadra? Com’è il bilancio finora?

    “Onestamente sì. Fin dalla prima partita ho creduto in questo gruppo, formato da persone intelligenti e vogliose di fare bene. È evidente che adesso stiamo attraversando un momento un po’ più difficile. Però, stiamo lavorando per trovare un nuovo equilibrio di squadra: sono molto fiduciosa da questo punto di vista“.

    Foto Tiziana Bettinelli

    Con quali propositi e ambizioni scenderete in campo nel finale di stagione?

    “Nelle ultime partite non siamo riuscite a esprimere il nostro gioco travolgente come nella prima parte di stagione. Però, nel finale di stagione vogliamo fare bene e puntiamo ai Play Off. Sappiamo che non sarà semplice, ma proveremo in ogni modo a raggiungere questo traguardo“.

    340 punti con il 36,9% di efficacia in attacco e 45 muri in 23 partite. Ma provando ad andare oltre alle statistiche, ha la percezione di essere una delle migliori bande di Serie A2?

    “Sicuramente i numeri sono importanti, ma la pallavolo è uno sport di situazione e spesso la percezione che abbiamo dal campo non è poi quella effettiva. Ho la sensazione di aver disputato un buon campionato, questo non lo nego, anche se sono consapevole di poter fare molto di più. Quindi, sono contenta ma non mi accontento!“.

    Oltre alla carriera pallavolistica, sta portando avanti anche un suo business. Di cosa si tratta e come è nata questa idea?

    “Nell’ultimo anno ho compreso tante cose sul mondo del lavoro e sull’importanza della sfera economica nella nostra vita. È vero che gli sportivi di alto livello arrivano a guadagnare ottime cifre, ma purtroppo molti di loro finiscono per sperperare i propri guadagni prima del termine della carriera. Inoltre, mi sono resa conto di non voler mettermi a fare un lavoro che non mi piace dopo aver vissuto un’intera carriera a vivere il sogno di quand’ero bambina. Perciò, ho deciso di prendere in mano la mia situazione economica. Mi sono rimboccata le maniche e oggi sto imparando a investire il denaro che guadagno, a conservarlo e a farlo crescere. Mi sto focalizzando molto su questa cosa e penso che tutti quanti dovrebbero farlo. Mi auguro che queste parole possano suonare come uno stimolo soprattutto per gli sportivi: prendetevi cura delle vostre finanze oggi perché poi potrebbe essere troppo tardi! Per esempio, io ho scelto di affidarmi a una community che, oltre a trasmettermi numerosi insegnamenti, offre grandi opportunità ed esperienze interessanti“.

    Foto Diego Crotti

    “Mi danno della testarda. In realtà, ho solo capito che vita voglio e come ottenerla”. Le va di spiegarci la sua bio di Instagram?

    “Fin da piccola mi hanno sempre detto che, quando volevo una cosa, non c’era scusa che tenesse. In qualche modo l’avrei ottenuta. Oggi è ancora così. Inoltre, nell’ultimo periodo sto diventando più consapevole su come posso realizzare concretamente i vari progetti che ho in mente. Sono grata alla pallavolo per avermi insegnato cos’è la disciplina, che è la chiave con cui sto cercando di raggiungere i miei obiettivi“.

    Ultima domanda dedicata al suo futuro: quali sono i suoi sogni nel cassetto e quali obiettivi si è posta per i prossimi anni?

    “Sogno di vestire la maglia della nazionale, di partecipare alle Olimpiadi e al maggior numero possibile di competizioni internazionali. So bene che dovrò lavorare molto per arrivare a questi traguardi, ma l’idea non mi spaventa. Ho una nota sul telefono in cui ho scritto tutti i miei obiettivi da qui ai prossimi 3, 5 e 10 anni. Non posso svelarli tutti, ma i principali sono di raggiungere una situazione economica tale da permettere ai miei genitori di non lavorare più, fondare un mio brand e girare il mondo“.

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    La Final Four vista da Rachele Sangiuliano: “Imoco ancora favorita”

    Tutto pronto al PalaTrieste per la Final Four della Coppa Italia Frecciarossa di Serie A1 femminile. Si parte sabato 17 febbraio alle 15 con la prima semifinale tra la Prosecco DOC Imoco Conegliano, detentrice del titolo, e la Reale Mutua Fenera Chieri ’76, mentre alle 18 va in scena l’incontro tra l’Allianz Vero Volley Milano e la Savino Del Bene Scandicci. Domenica alle 14.15 la finalissima (preceduta dalla finale di A2).

    Per arrivare al meglio all’appuntamento che assegna il secondo trofeo stagionale, abbiamo chiesto a Rachele Sangiuliano – ex campionessa del volley azzurro e ora “talent” di Sky Sport ed Eurosport – di dare il suo punto di vista per inquadrare al meglio questo weekend.

    Foto Federazione Italiana Pallavolo

    Innanzitutto, le chiedo un commento sui risultati dei quarti di finale. Si aspettava queste squadre a Trieste?

    “Sono le squadre che occupano le parti alte della classifica, per cui direi di sì. Il quarto di finale più incerto era Novara-Chieri, ma qualche giorno prima avevamo raccontato proprio su Sky la gara di campionato tra Chieri e Milano ed era evidente l’ottimo stato di forma della squadra di Bregoli“.

    Prima semifinale: Conegliano-Chieri. Sarà un match combattuto come quello giocato un mese fa in campionato? Quale sarà la chiave tecnico-tattica?

    “Chieri ha sempre dimostrato di essere un avversario scomodo da affrontare. Per le ragazze di Bregoli sarà importante far girare bene il cambiopalla e non calare di intensità, perché Conegliano è una squadra che concede pochissimo e che mette costantemente sotto pressione l’avversario: anche quando si trova in svantaggio mostra una tenuta mentale ed una capacità di colmare il gap che poche squadre a livello internazionale hanno“.

    foto LVF

    In questa stagione l’Imoco è imbattuta e sta confermando quella fama di cannibale che le permette di vincere ogni trofeo in Italia dal 2019. Parte con i favori dei pronostici anche questa volta? Qual è il suo punto di forza?

    “L’Imoco è ancora la squadra da battere. Una squadra che ha cambiato pochissimo, che si conosce a memoria e che ha dei punti di riferimento ormai consolidati. Ogni volta mi colpisce la sua compattezza e la sua capacità di gestione del momento, di trovare soluzioni e di mantenere alto il livello di intensità. L’unico momento in cui l’ho vista davvero in difficoltà in questi anni è stato il quarto di finale della Champions League 2022-2023 contro il Fenerbahce“.

    Ofelia Malinov ha scelto Chieri per tornare protagonista, e ci sta riuscendo partita dopo partita. Dopo un inizio un po’ altalenante, quale pensa sia stato il momento della svolta per lei e per tutta la compagine piemontese?

    “Quando lavori duramente e con determinazione, come ha fatto Lia in questi mesi per tornare al suo livello, i risultati arrivano. Sono molto contenta per lei perché so bene cosa vuol dire non riuscire ad esprimersi come si vorrebbe e quanta fatica si fa per ritrovare le sicurezze perdute. Sono momenti che affrontano tanti giocatori e non sempre si ha la fortuna di trovare club e allenatori pronti a dare fiducia e investire su un elemento in difficoltà e, soprattutto, compagni comprensivi e disposti ad aspettare“.

    Foto Gabriele Sturaro/Vero Volley

    Passiamo alla seconda semifinale: Milano-Scandicci. Chi vede favorita e perché?

    “Entrambe arrivano da un turno di campionato faticoso. La squadra che riuscirà a recuperare meglio le energie, fisiche e mentali, probabilmente accederà alla finale“.

    Com’è stato l’impatto di Paola Egonu a Milano? Come sono cambiati i rapporti di forza con le altre big dopo il suo arrivo?

    “Credo che l’impatto a livello mediatico sia stato quello che tutti ci aspettavamo. Il nostro campionato è così bello proprio perché ci sono tante giocatrici forti. Mi sembra di vedere Paola più serena e questo mi fa molto piacere per lei. Ovviamente le aspettative sono altissime… Al momento, però, Conegliano sta dimostrando di essere ancora la squadra di battere. Ma i conti si fanno alla fine!“.

    Come valuta la prima parte di stagione di Scandicci? Cosa è mancato alle toscane, soprattutto negli scontri diretti di campionato contro Conegliano e Milano?

    “È stata una prima parte di stagione in cui forse Scandicci non ha espresso la fluidità di gioco che ci si aspettava, spesso penalizzata da una ricezione altalenante che non ha consentito un gioco veloce. Però, Zhu Ting sta ritrovando la forma del finale della scorsa stagione e insieme ad Antropova sarà un bel boost per la squadra di Barbolini“.

    Quanto conta l’aspetto emotivo rispetto a quanto costruito a livello tecnico durante la stagione in una competizione come una Final Four?

    “Le emozioni sono sicuramente tante: le partite da dentro o fuori hanno un peso diverso, che deve essere gestito. E c’è chi (come Conegliano) lo sa fare molto bene. Comunque, durante una competizione come questa, la parte tecnico-tattica è la base solida da cui partire o l’appiglio a cui aggrapparsi in caso di difficoltà“.

    Per concludere, da quali giocatrici si aspetta i fuochi d’artificio sabato e domenica?

    “Inutile dire che sarà una bella sfida tra gli opposti, che avranno sulle proprie spalle le maggiori responsabilità in attacco. Sarà molto interessante anche il confronto tra le palleggiatrici: vedremo all’opera alcune tra le più forti interpreti di questo ruolo a livello internazionale“.

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    Merritt Beason, stella di Nebraska: “Bello essere parte di un’evoluzione del ruolo di opposta”

    Pur non avendo le prerogative di avanguardia dal punto di vista tecnico-tattico, il campionato NCAA femminile fornisce sempre dei buoni motivi per essere seguito. Un po’ perché è il primo banco di prova per le giocatrici del Team USA del futuro, e la loro evoluzione attira molto interesse; un po’ per la grande tradizione all’interno di ogni ateneo, con i suoi miti e le sue peculiarità; un po’ perché sì, la pallavolo non sarà al livello di quella dei campionati professionistici, ma di sicuro è intensa ed emozionante. Senza contare che l’atmosfera dentro e fuori dal campo è unica.

    Perciò, abbiamo deciso di portarvi alla scoperta di una delle grandi protagoniste della fall season 2023: l’opposta Merritt Beason, che con le Nebraska Huskers si è guadagnata la luce dei riflettori grazie a prestazioni da urlo, riconoscimenti degni di nota (All-America First Team, Region Player of the Year, All-Region Team, All-Big Ten First Team) e numeri da leader.

    Foto Nebraska Huskers

    Merritt, per cominciare raccontaci qualcosa di te e di come ti sei appassionata alla pallavolo.

    “Mi chiamo Merritt Beason e sono originaria di una piccola città dell’Alabama chiamata Gardendale. Nel sud degli Stati Uniti il football è lo sport più popolare e tutto ruota intorno ad esso. Così, arrivata in prima media, dopo aver smesso di praticare ginnastica artistica perché ero diventata troppo alta, mi sono ritrovata a scegliere quale percorso sportivo intraprendere. Ero indecisa se diventare una cheerleader o fare qualcos’altro. Nel frattempo, ero venuta a sapere che un’amica di famiglia della mia età giocava a pallavolo e aveva preso parte a qualche piccolo torneo. Ne abbiamo parlato con lei e alla fine ho deciso di iscrivermi a un campionato per ragazzine. È così che è iniziato il mio percorso pallavolistico“.

    Dagli inizi in Alabama al college. Come mai dopo due solide stagioni con le Florida Gators hai deciso di trasferirti in Nebraska? Quali erano le altre opzioni?

    “Quando ero nel cosiddetto ‘transfer portal’, le mie prime tre opzioni erano Nebraska, Wisconsin e Auburn. Ovviamente Nebraska e Wisconsin offrivano cose diverse rispetto ad Auburn, ma erano anche più distanti da casa. Trovavo interessanti tutti e tre le possibilità e penso che sarei stata felice allo stesso modo se fossi finita altrove; alla fine, però, ho scelto la University of Nebraska perché non appena sono entrata nel campus mi sono sentita a casa. Poi Lincoln mi ricorda molto Birmingham, che è la città principale più vicina a Gardendale: anche questa somiglianza mi ha fatto sentire come a casa.

    Inoltre, in precedenza ero stata in nazionale con Lexi (Rodriguez, n.d.r.) e Bekka (Allick, n.d.r.) e avevo avuto l’occasione di vedere come giocavano, come facevano squadra e quanto erano motivate; in questo modo mi ero fatta un’idea più precisa di come fosse il programma. Siccome era una decisione importante, poi ho avuto un colloquio con coach Cook e il suo staff. Quando hanno espresso chiaramente che si sarebbero presi cura di me più come persona che come atleta, ho capito che Nebraska sarebbe stata la scelta migliore“.

    Dopo aver vinto la Big Ten Conference, Nebraska si è dovuta arrendere nella finale del campionato NCAA contro le Texas Longhorns. Ci racconti com’è andata la fall season 2023?

    “Senza dubbio la stagione 2023 è stata speciale e credo che a renderla tale sia stata soprattutto la forza del gruppo. Quando 14 ragazze formano una squadra, può succedere di imbattersi in diverse problematiche, ma alla fine ognuna di noi ha sempre voluto il meglio per le persone che aveva accanto: l’altruismo è proprio la caratteristica che ha portato in alto questa squadra. Ovviamente sapevamo di essere forti, ma non avremmo mai immaginato di poter essere così brave. Dunque, per noi all’inizio è stato fondamentale incentivare la chimica del gruppo, lavorare sodo ogni giorno e coltivare il desiderio di spingerci il più lontano possibile. Una volta che la stagione è entrata nel vivo, ci siamo rese conto di essere una buona squadra, e questa cosa ci ha motivato ancora di più, alimentando la nostra curiosità riguardo al percorso che potevamo fare insieme“.

    Foto Nebraska Huskers

    In che modo la prima stagione in Nebraska ha contribuito alla tua crescita?

    “Penso che siano migliorati molti aspetti del mio gioco. Una crescita che non si limita alle abilità ma che riguarda anche la capacità di divertirsi in campo. Mai come in questa stagione in Nebraska sono riuscita a divertirmi giocando a pallavolo, e questo per me è molto significativo. Inoltre, mi hanno aiutato a crescere come persona e come leader“.

    Durante l’ultima stagione hai preso parte al “Volleyball Day”, un momento che ha scritto la storia dello sport femminile a livello mondiale: erano ben 92.003 gli spettatori presenti (battuto ogni record) alla vostra partita contro Omaha. Che esperienza è stata?

    “È stato fantastico! Sono passati più di 5 mesi e ancora faccio fatica a esprimere a parole quello che ho vissuto. Penso che sia stato speciale, quasi surreale, per noi essere protagoniste di un evento così importante per lo sport femminile. Tante ragazzine ci hanno seguito e hanno pensato: ‘Anche noi possiamo farlo; anche noi potremmo essere lì un giorno’. Un evento come il ‘Volleyball Day’ ha dunque un significato più profondo. E credo che lo sport femminile non avrebbe potuto chiedere di meglio“.

    Amie Just (giornalista del Lincoln Journal Star) ha detto di te: “È impossibile immaginare questa squadra senza Beason. Lei è il collante che tiene insieme le Huskers”. Cosa pensi di aver dato a Nebraska quest’anno?

    “Penso di aver disputato una buona stagione, ma so bene di non aver ancora espresso tutto il mio potenziale. Ne ho parlato con l’allenatore proprio in questi giorni. Ci sono diverse cose su cui voglio lavorare e tanti aspetti del mio gioco che posso migliorare. Questa off-season e il prossimo campionato saranno importanti per me, soprattutto per vedere in quali aspetti riuscirò a crescere ulteriormente e dove riuscirò ad apportare piccoli cambiamenti che possono alzare il livello del mio gioco.

    Riguardo all’ultima stagione, ho messo a disposizione della squadra il mio bagaglio di conoscenze pallavolistiche e la mia leadership, e come ho detto in precedenza mi sono focalizzata sulle relazioni. Ero consapevole che, se fossi riuscita a creare legami solidi con le compagne e capire fino in fondo coloro che stavano al mio fianco, avrei potuto tirare fuori il meglio dall’intera squadra. Ovviamente questo meccanismo vale anche nei miei confronti. Dunque, nell’ultima stagione ho cercato di capire come lavorano le mie compagne, di cosa hanno bisogno da me in determinate situazioni e come possiamo lavorare insieme. Ho rivolto il mio focus su tutte queste cose“.

    Come ti descriveresti come opposta? C’è qualche giocatrice professionista che ammiri o a cui pensi di assomigliare?

    “Quando era più piccola mio padre era solito accostarmi a Jacqueline Quade, ex schiacciatrice di Illinois. Tuttavia, colei che ammiro di più è Jordan Thompson: per me è sempre un piacere vederla giocare e rappresenta un punto di riferimento importante per chi ricopre il mio ruolo in campo. Penso che sia speciale, soprattutto a livello universitario, per un opposto saper giocare in ogni rotazione con grande versatilità. e che nella pallavolo femminile questo aspetto del gioco si stia evolvendo. Al liceo non giocavo da opposta, quindi ho dovuto trovare un modo per apprezzare questo ruolo e, una volta superata la fase di apprendistato legata al fatto di essere destrorsa, ho imparato ad amarlo. È bello essere parte di questo processo di evoluzione del ruolo di opposto“.

    Foto Nebraska Huskers

    Qual è il miglior consiglio che hai ricevuto da una leggenda del coaching NCAA come John Cook e dal suo staff (formato da Jaylen Reyes, Kelly Hunter e Jordan Larson)?

    “Sicuramente ho ricevuto un sacco di consigli e insegnamenti nell’ultima stagione, ma in generale penso che i più importanti riguardano come essere una buona compagna di squadra e una grande leader, cosa posso fare nei momenti positivi e in quelli negativi, e quali sono le piccole cose che favoriscono la crescita del team“.

    La filosofia di coach Cook può essere riassunta dall’espressione “Dream Big” (sogna in grande). Dunque, ti chiedo: quali sono i tuoi sogni per il futuro?

    “Sto ancora cercando di capire bene cosa fare. Ci sono un sacco di sogni e obiettivi diversi che sto cercando di perseguire. Il mio desiderio è di giocare da professionista. Non so ancora per quanto tempo, ma sicuramente è qualcosa a cui aspiro e non vedo l’ora di scoprire quali porte si apriranno per me da questo punto di vista. Successivamente mi piacerebbe fare qualcosa nell’ambito della pallavolo: ho già in mente qualche progetto che può aiutare questo sport a crescere nel sud degli Stati Uniti, in particolare in Alabama“.

    Quando un giorno smetterai di giocare e guarderai la tua carriera in retrospettiva, per cosa vorresti essere ricordata?

    “Non ho dubbi sulla risposta a questa domanda. Non voglio essere ricordata per i premi che ho vinto, per quanto punti ho messo a segno o cose del genere. Per me la priorità è sempre stata quella di mostrare che tipo di persona e compagna di squadra sono. Perciò, spero che il giorno in cui appenderò le ginocchiere al chiodo potrò guardarmi indietro e vedere che effettivamente sono riuscita ad avere un impatto – più o meno grande – sulle mie compagne. È per questo che vorrei essere ricordata. Ritengo che l’aspetto relazionale sia molto più importante dei premi e dei trofei vinti“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO