consigliato per te

  • in

    Intervista a Ferre Reggers: “Pazzo della Superlega. Piazza? Allenatore diverso dagli altri”

    La fase di ambientamento è superata da tempo. Siamo a quella dell’esplosione, non degna di un caso, perché le carte per fare bene c’erano già tutte da tempo immemore, bensì del fenomeno. Di Ferre Reggers ne possiamo parlare in questi termini, del nuovo che avanza, dell’eccomi sono qui per diventare una stella. Al planetario della Powervolley, prima stella a destra di quel genio di Paolo Porro, Reggers è oggi uno dei tre migliori realizzatori della Superlega con oltre 300 punti all’attivo. Complice un mondo, quello di Milano, in cui Ferre rappresenta colui che dove la forza del gruppo si unisce ad un innato talento, può solo fare un gran bene.

    “In questo gruppo sto bene, ha ragione. Milano è una società che dallo scorso anno ha saputo accogliermi e offrirmi ciò che cercavo, ovvero l’esperienza nel campionato più bello del mondo. Quando si parla di squadra e di gruppo, Milano è davvero unita, è una squadra bellissima. Avevo un sogno quando ero più piccolo, ed era quello di poter venire a giocare nel vostro Paese, nel vostro campionato, che guardavo sempre alla tv. Non mi aspettavo che già a ventuno anni sarei stato a questo punto della carriera”.

    Dicono che lei sia un consumatore seriale di volley.

    “Seguo qualche altro sport, ma non appena posso, sin da ragazzino, guardo le partite alla tv. Sono così anche con il lavoro, nel senso che mi fa piacere magari avere un giorno libero, però il giorno dopo ho subito voglia di rientrare in palestra ed allenarmi”.

    Ha detto “sono pazzo del campionato italiano”.

    “(ride n.d.r.) Sì, tutta la mia vita è troppo legata alla pallavolo”.

    Powervolley squadra che vince, diverte, e si diverte. Conferma?

    “Confermo. Anche in campo hai la possibilità di lavorare con persone come Louati o come Matteo Piano, che sono in una fase di maturità pallavolistica e sono sempre un grande stimolo perché sono persone che hanno vinto tanto e da cui posso apprendere tante cose. Matteo poi lo vedete sui social, è una persona splendida, che diverte, ed è esattamente così come appare. In generale, questo è un gruppo che insieme sta sempre bene”.

    Si capisce che con Porro si è creata una grande intesa.

    “Mi ha sempre colpito molto perché ci conosciamo dal periodo della nazionale giovanile. Ha delle mani incredibili e un carattere che molti gli invidiano, nel senso che gioca e fa tutto con una grande tranquillità. Ed è capace di trasmetterla a tutto il gruppo”

    Posso chiederle, visto che la ricordo da sempre con la maglia del suo Paese a sfidare l’Italia, chi apprezza di più della nuova generazione di giocatori italiani?

    “Oltre Paolo le dico che guardo con interesse Alessandro Bovolenta, che secondo me il prossimo anno diventerà un giocatore fortissimo. E poi sono felice di avere in squadra con me Tommaso Barotto, che penso sarà uno dei futuri punti fermi della nazionale azzurra”.

    Parlando di Reggers, diamo un numero: oltre 300 punti e candidato ad essere uno dei top scorer del campionato. Quanto di questo miglioramento si deve al lavoro con Piazza?

    “Bisogna dare credito al lavoro di Piazza. Mi piace molto lavorare con lui, per alcune sue diversità rispetto agli altri tecnici. Apprezzo ad esempio che ci abbia fatto diventare una squadra che si interroga sempre. Piazza ha sempre un perché delle cose, e anche con me ha fatto un lavoro per cui ogni palla che tocco mi chiedo perché l’ho gestita in un determinato modo. Avere l’ossessione per i motivi che ti spingono in un determinato modo, ti fa sempre passare dei passi avanti secondo me”.

    Diciamo che è anche molto belga come mentalità. Cosa ha lasciato?

    “Vivo a Lovanio, una piccola cittadina universitaria vicino a Bruxelles. I miei genitori abitano ancora lì e certamente mi mancano. La farò sorridere, ho lasciato anche la frittura delle patatine perfetta, perché il cibo italiano io lo amo, ma come friggiamo noi le patatine, siamo imbattibili (ride n.d.r.)!”.

    Ha lasciato anche la nazionale che ritroverà in estate. Dov’è il Belgio del volley oggi?

    “In una fase di crescita. Personalmente mi aspetto tanto dai prossimi anni. C’è stato qualche anno di stallo e di ricambio generazionale, ma abbiamo oggi dei giocatori di grande potenziale. In più sono convinto che il lavoro con Zanini porterà dei bei frutti. Noi del nuovo corso con lui abbiamo tanto da dare e lavoriamo e lavoreremo molto affinché già ai Mondiali il Belgio possa fare qualcosa di buono”.

    Los Angeles 2028 cosa è per Ferre?

    “Un sogno. Punto”

    Lo scudetto con Milano?

    “Un sogno. Secondo me la squadra è migliorata di anno in anno. Il gioco è cambiato e anche quest’anno siamo riusciti a fare bene con le top della categoria. Dobbiamo capire in questa seconda fase quale sarà il modo migliore per esprimerci al massimo”.

    I tifosi e la città sembrano aver accolto bene anche questa Powervolley. Quale è il suo rapporto con Milano?

    “È una città tranquilla, nonostante tutti dicano che c’è sempre tanta gente e tanta confusione. A me piace la dimensione europea, il fatto che mi ricordi una grande città come Londra ad esempio. È piena di opportunità, di cose da fare. I tifosi sono molto simpatici e in generale abbiamo sempre una bella cornice di pubblico”.

    I derby con Monza come vengono vissuti da un belga?

    “Come un bello spettacolo che viviamo con la giusta dose di coinvolgimento e di divertimento. È molto bella la cornice che si crea. Al di fuori del campo ci conosciamo e con persone come Di Martino o Gaggini o Cachopa capita di scambiare delle battute. Credo che questo clima faccia molto bene al volley”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Jordi Ramon si racconta e carica Cisterna: “Obiettivo playoff ampiamente alla nostra portata”

    Trascorsi svariati anni da quando l’allora Telepiù trasmetteva una trasmissione seguitissima il sabato, dandoci la classifica dei cannonieri della serie A1 in cui svettava quel fenomeno di Rafa Pascual, eccoci di nuovo tornati sulla scena del crimine pallavolistica. È arrivato Jordi Ramón lorsignori, è arrivato per noi nostalgici del volley spagnoleggiante, carico di passione, sangre, e spettacolo.

    È arrivato in Italia, dopo aver circumnavigato l’Europa, vincendo prima qualcosa di importante nel suo Paese (ad esempio due titoli in Supercoppa) per avere un buon biglietto da visita e passando poi da Germania e Francia per approdare infine a Cisterna, dove al secondo anno di permanenza in Superlega, il suo nome spicca tra quelli che suscitano interesse e curiosità. Forse per quel suo modo di fare senza voler dire troppo di sé fuori dal campo, o per quel modo di fare palmesano, alla Rafa Nadal, che ci fa subito propendere per lui e per il suo avvenire.

    “Cisterna è sicuramente un club in cui mi sto trovando bene. Al secondo anno sono felice di giocare in una squadra nella quale con i compagni si è creato un bell’affiatamento. Siamo partiti con qualche difficoltà, ma un gruppo che si è amalgamato settimana dopo settimana, ci ha dato modo di affrontare la sofferenza delle prime giornate in maniera più dolce. Abbiamo cominciato a giocare un po’ meglio e le sei vittorie ottenute sono state una bella soddisfazione. Guardando la classifica posso dire che possiamo certo fare di più, ma sono felice dell’attuale posizione, anche perché abbiamo superato lo scoglio delle partite più complicate della stagione e in questa seconda parte avremo delle partite più al nostro livello”.

    Foto Lega Volley Maschile

    Dove vuole arrivare Ramón in questa stagione?

    “L’obiettivo è la salvezza matematica, ma voglio pensare che i playoff siano un traguardo ampiamente alla nostra portata e quindi lavoreremo tanto per poter entrare nelle squadre che si giocheranno la seconda parte del campionato”.

    Secondo anno a Cisterna. È arrivato dopo parecchie peregrinazioni in giro per l’Europa.

    “La Francia e la Germania sono state delle esperienze formative, ma non posso non essere felicissimo di giocare nel campionato più bello avvincente del mondo ora. Apprezzo molto anche la migliore organizzazione della società e la gestione del campionato”.

    Con l’Italia che rapporto si è creato?

    “Ottimo. In campo è una sfida continua anche perché qui ho avuto la possibilità di giocare il livello più alto mai raggiunto. Fuori dal campo amo molto soprattutto il cibo e i bellissimi posti che ci sono a pochi chilometri da Cisterna. Penso a Roma ad esempio”.

    Foto Instagram @jordi_ramon7

    Originario di Mallorca, impossibile non chiederle quanto le manchi l’Isola.

    “Tanto. È un luogo incredibile, in cui ognuno vorrebbe vivere. La mia famiglia viene appena ha qualche giorno libero, ma in generale gli amici, il tempo, la vita e l’aria che si respira mi mancano ogni giorno”.

    Lei alla pallavolo arriva tardi.

    “A 14 anni. Giocavo a calcio, ma non aspiravo a diventare un grande calciatore. Venni notato in spiaggia mentre giocavo a beach volley con gli amici e mi convinsero a trasferirmi al Palencia, che corrisponde un po’ al vostro Club Italia. La mia vita cambiò da quel momento. Trascorsi cinque anni che mi hanno formato in tutto e poi a 20 anni passai a Palma e a Teruel”.

    Dove vinse due titoli in Supercoppa e una Coppa di Spagna.

    “L’ultima stagione fu quella che ricordo con più piacere. Ho capito in quel momento che i frutti del lavoro di tanti anni cominciavano a vedersi e così iniziai ad immaginarmi al di fuori del campionato del mio Paese e sperare di poter giocare la pallavolo che ho la fortuna di fare oggi”.

    Abbiamo avuto Rafa Pascual nel nostro campionato. Quanto si sente un Pascual contemporaneo.

    “Magari! (ride n.d.r.). È stato un grande giocatore, io ancora devo crescere e devo fare esperienza. Non è possibile paragonarmi ancora a lui”.

    Foto Instagram @jordi_ramon7

    Con la nazionale però lei conferma di essere un punto fisso?

    “Mi piacerebbe poter dare alle prossime generazioni la possibilità di vedere la Spagna rappresentata alle Olimpiadi. Il movimento certamente crescerebbe. Il progetto per creare una nazionale forte nei prossimi anni spero che si concretizzi. Farebbe bene a tutti vedere una squadra competitiva sulla scena internazionale”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Simone Di Tommaso si racconta: “Voglio ambire ad arrivare al massimo”

    L’immagine che più mi piace raccontare di lui all’inizio di questa intervista è quella di una giornata parigina stranamente uggiosa. Era forse il primo o secondo turno di Nicolai-Cottafava alle Olimpiadi e la televisione ha inquadrato Simone Di Tommaso, regalandoci l’immagine di lui che ricordo anche da giocatore. Magnetico, senza quelle smanie da tecnico o giocatore fatte di esultanze esagerate e di richiami fatti più per attirare attenzione su di sé che sulla squadra. Amo la cultura del passo indietro, o come direbbero quelli più giovani del sottoscritto dell’ “anche meno”, che descrivono perfettamente ciò che Simone è stato in questi tre lunghissimi anni come tecnico della nazionale di beach volley.

    Di Tommaso è stato l’immagine del suo stesso team, il terzo componente perfetto che è andato ad affiancarsi al cospetto del giocatore più forte di sempre, Paolo, e di Samuele, che è candidato certamente a diventarlo. A cosa è destinato Simone lo chiedo invece per tutta l’intervista, un po’ perché vorrei appiccicargli addosso le mie solite etichette di uomo scaltro ricercatore di destini, un po’ perché l’amicizia che provo per lui mi porta a sognare di vederlo un giorno tornare alle giornate olimpiche uggiose, sotto un’altra veste. È giovanissimo, in un mondo di gente che sembra già vecchia al primo incarico, e a Pineto è riuscito, una volta passato dalla nazionale di beach al volley allenato, a dare una nuova impronta alla squadra che adesso risulta tra le più tignose della Serie A2.

    “Io più che dare un’impronta, ho cominciato sin dai primi giorni a lavorare sul loro potenziale, che vedevo ogni giorno, sapendo che si poteva soltanto crescere. Per alcuni è il primo anno a Pineto, per me è il primo anno da allenatore indoor, ed è naturale che ci sia stata la fase di studio e quella in cui abbiamo scelto insieme di metterci a regime”.

    Però è innegabile che lei abbia dato lo stile Ditommasiano al gruppo. Me lo provi a spiegare lei cosa significano le mie parole.

    “Lei forse si riferisce alla mia ricercata attenzione per il lavoro quotidiano. Ho grande rispetto per il lavoro di tutti e voglio che si respiri quest’aria anche nel gruppo. Abbiamo un bello spogliatoio, affiatato e ho la fortuna di lavorare con un ottimo staff. Significa semplicemente porre le basi per andare a coltivare i risultati, per lavorare sul potenziale tecnico e per ricercare quel gusto di giocare che ho sempre cercato di avere anche io come giocatore. È una squadra che sa trovare le soluzioni, che riesce ad affrontare delle situazioni difficili e a venirne fuori al meglio. Questo mi piace molto”.

    Foto Lega Pallavolo Maschile

    Debbo esprimere un giudizio: con lei Paolo Di Silvestre gioca un’altra pallavolo.

    “Lo conosco da quando era un ragazzino. Non ho mai nascosto l’emozione e la volontà di volerlo come atleta e come capitano nel gruppo che avrei allenato. Paolo è un giocatore perfettamente rappresentativo della categoria a cui appartiene e averlo è stato importante. Sta facendo bene e io sono molto felice di lui e per lui. In generale le parlerei di ogni mio atleta perché è un gruppo di ragazzi molto in gamba”.

    Pineto è passata dal lottare per la salvezza a pensare a qualcosa di più.

    “Non le nascondo che per me arrivare ai playoff è un bel banco di prova e soprattutto trovo che provare a lottare nella seconda parte di campionato sia una bella idea. Non sarà un obiettivo questo, bensì un’ambizione. Quando Pineto la scorsa primavera mi ha cercato, ho pensato che fosse un’occasione irripetibile e che avrei cercato di fare il massimo possibile per questa compagine e per questa società”.

    Che effetto le fa tornare dove ha giocato i suoi anni migliori? Penso a Ravenna, Siena, Aversa.

    “Mi emoziona sempre perché capita di ritrovare le persone con cui ho fatto una parte del mio percorso in questo mondo. Capita di ritrovare allenatori come Battocchio o Graziosi, con cui negli anni da giocatore ho avuto modo di costruire un bel rapporto”.

    Quarantadue anni, una pagina di vita chiusa, una da costruire. Possiamo dire che Di Tommaso è un allenatore ambizioso?

    “Sono giovane e voglio ambire ad arrivare al massimo”.

    Mettiamo le parole giuste. Sogna la Superlega?

    “Assolutamente sì, così come piacerebbe rientrare in un discorso legato alla nazionale azzurra”.

    Posso dirle che ha lasciato la nazionale nel momento migliore e ha cominciato la strada in indoor nel momento più propizio?

    “Si è semplicemente chiuso un ciclo. Sono stati tre anni fantastici, fatti di persone come Paolo, Samuele e tutto lo staff con cui ho lavorato, che umanamente hanno creato qualcosa di unico”.

    Foto Federazione Italiana Pallavolo

    È raro trovare un incastro di anime, di caratteri e di personalità così. Soprattutto in contesti non semplici da gestire.

    “Concordo. Ho allenato un team forte, dove ognuno di noi tre è stato indispensabile per l’altro. Per me Paolo è stato fondamentale, così come per Paolo, Samuele ha rappresentato una ventata di novità di cui aveva bisogno. La stessa cosa è stata per Cottafava, che aveva bisogno di trovare Paolo in questa avventura e per i ragazzi, che avevano necessità di idee nuove come quelle che ho proposto in questi anni”.

    La più grande soddisfazione?

    “Giocare l’Olimpiade in Europa e aver battuto i campioni olimpici”.

    Il rimpianto?

    “Aver mancato la medaglia, forse perché è mancato il riconoscimento che faceva rumore dopo essere stati per tre anni costantemente tra le migliori otto coppie del mondo e aver giocato ogni torneo Elite senza richiedere mai una wild card”.

    Non le chiedo previsioni sul futuro del beach. Mi dica almeno cosa immagina di vedere?

    “A livello femminile c’è sicuramente una Gottardi che appare una predestinata. Potrà fare grandi cose. A livello maschile, sono molto curioso di vedere Gianluca Dal Corso”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Marco Novello, Cantù ha pescato un altro bomber: “Sono felice, qui si lavora bene”

    Kristian Gamba. Matheus Motzo. Marco Novello. La classifica dei tre migliori realizzatori della Serie A2 ha una caratteristica in comune: tutti e tre giocatori hanno gravitato negli ultimi anni nell’orbita della Campi Reali Cantù. Non è un caso, laddove nelle società che come Cantù non scelgono di fare squadra con gli album di figurine e i budget da capogiro, bensì con le idee si crea il cosiddetto laboratorio di volley. Società che investono più nell’ambiente, nello spogliatoio, nella serenità e nelle squadre che si ritrovano ogni anno non tanto a lottare, verbo che a casa Campi Reali non piace, ma a giocarsi senza pressioni la serie. 

    Anche Marco Novello archivia il girone di andata con pacatezza ed apre a un girone di ritorno dove Cantù cercherà di non lasciarsi sfuggire nemmeno una sfida:

    “A Cantù sono arrivato innanzitutto per compiere la mia prima esperienza in A2. L’obiettivo era fare il salto di categoria dalla A3, traguardo a cui avevo puntato anche lo scorso anno con la Gabbiano Mantova, ma che purtroppo non ci ha visto ottenere un successo storico. Il Presidente Molteni ci ha parlato da subito della durezza del campionato di quest’anno, fatto da tante squadre ambiziose e da parecchi atleti scesi anche dalla Superlega per risalire subito nella massima serie. Vogliamo salvarci e cercheremo di arrivarci disputando un buon girone di ritorno”.

    Novello dalla A3 all’affermazione in A2. Terzo realizzatore dopo il girone di andata. Una bella soddisfazione.

    “Non posso non essere soddisfatto. Essere tra i primi tre e condividere questo risultato con giocatori come Motzo e Gamba non può che farmi piacere. Ad agosto non mi sarei mai aspettato di arrivare fino a qui. Avevo parlato col mio procuratore della possibilità di salire di categoria per iniziare a capire dove avrei potuto spingermi. La trattativa con Cantù si è conclusa subito perché tutti mi avevano parlato molto bene di questa società e di quanto si stia bene qui. Lo confermo. Ho poi cominciato a lavorare con Mattiroli e la squadra e i risultati a livello individuale, passo dopo passo, sono cominciati ad arrivare”.

    Foto Lega Volley Maschile

    Dicevamo, primi tre giocatori tutti gravitati da Cantù. Non è un caso.

    “No, intanto perché è una società che sceglie i giocatori in maniera oculata, puntando su ragazzi, parlo di Gamba o Motzo che hanno un bel potenziale e poi vengono messi nella condizione di dare il massimo. Hanno trasformato delle scommesse in scommesse vinte. Penso al percorso di Motzo che poi è andato a Civitanova ad esempio e ha fatto un bell’anno anche lì”.

    Parlando di lei, che cosa considera un supporto per esprimersi come sta facendo quest’anno? 

    “Sicuramente il clima di serenità, giocare senza pressioni eccessive e preoccupazioni aiuta molto. Era così anche a Mantova, io credo che cominciare le stagioni senza caricarsi eccessivamente di aspettative sia da considerarsi un plus. Non puoi pensare che già ad agosto si possa delineare quello che sarà un campionato lunghissimo e pieno di insidie. Devi avere anche il tempo di trovare il clima giusto, di creare le giuste alchimie, di progredire con la squadra e lo staff”.

    Lei e la Superlega. Sogno, pensiero, ambizione. Metta lei la parola corretta.

    “Un pensiero nel quale ogni tanto ci metto la testa. Da quando gioco in B mi piacerebbe anche solo per una stagione poter giocare un campionato così. Chissà se ci arriverò, il livello tecnico con gli anni si alza sempre di più. Sarebbe bello!”.

    Studia sempre Scienze Ambientali?

    “Ingegneria Gestionale. Ho cambiato per riuscire ad adattarmi agli spostamenti perché non riuscivo più a frequentare in presenza o spostarmi troppo per gli esami. Però il progetto di laurearsi resta sempre concreto”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Aimone Alletti, l’oro di Taranto: l’umanità, lo spessore, la leadership, l’amore per la famiglia

    Diciotto stagioni, ci scherziamo su. Quasi una maggiore età pallavolistica con la lettera A davanti. Ma è questo il quantitativo di annate che emergono dal curriculum di una delle certezze della Superlega, ovvero Aimone Alletti. La percentuale delle stagioni che Alletti ha trascorso in quel di Taranto, alla Gioiella Prisma, supportano la riflessione legata al fatto che la Puglia è senza dubbio la sua storia professionale più lunga, certamente quella in cui Aimone ha avuto modo di utilizzare tutto ciò che si è sedimentato in anni di grande e lungimirante formazione.

    “La carriera me la sono costruita da solo. Quando ho incominciato a sedimentare l’esperienza in serie A non avevo pretese diverse da quelle di ritagliarmi il mio spazio e avere il mio posto, senza alcuna falsa promessa da parte delle società. Non volevo nulla se non avere la possibilità di giocare e di mettermi alla prova. Anche a Taranto è successo così. È stato un arrivo molto particolare, lo ricordo come fosse ieri. Arrivavo da un piccolo problema di salute legato al cuore e il Presidente e la società furono tra i pochi a darmi quella fiducia e a presentarmi un progetto che potesse stimolarmi in un anno in cui volevo davvero rimettermi in gioco e da lì è partita un’avventura che in cinque anni mi ha sempre convinto a rinnovare l’impegno preso. Ecco perché Taranto la considero un po’ una seconda casa”.

    Foto Walter Nobile

    Ho sempre pensato che lei fosse un erede naturale di Birarelli e Tencati.

    “Beh, ricevere questo complimento non può che farmi piacere. Sono stati compagni di squadra, e di Birarelli riconosco le sue doti morali e caratteriali e mi ci rivedo abbastanza. Di Tencati le posso parlare anche dell’aspetto mentale che era in grado di fare la differenza e aver appreso tanto da loro, anche a livello umano, già appena maggiorenne è stato importante. Ma non sono i soli”.

    Vada avanti lei.

    “Mi piace ricordare anche Finazzi, con cui ho avuto piacere di lavorare a Crema, così come ho avuto la fortuna di lavorare con Vujevic a Perugia nei suoi ultimi anni di carriera. Lui era capace di fare qualcosa come la finta rincorsa della pipe e il palleggio alla sua età, che all’epoca forse vedevi fare da due o tre persone e lo faceva con una naturalezza disarmante. Posso dirle anche Kazyiski, o Papi, che adesso è il mio secondo a Taranto e mi fa sempre specie pensare a quando giocavamo dalla stessa parte del campo. Poi non posso non avere un pensiero per Cazzaniga”.

    So che anche lei, come Elia, come Rosso, è stato molto toccato dalla vicenda umana che lo ha riguardato. Perché?

    “Perché l’ho vissuto in prima persona, perché con questa persona che per anni lo ha circuito con una storia completamente fasulla, io ci ho parlato varie volte. Quando però sei così accanto ad una persona e vedi la felicità nei suoi occhi, vai al di là di ogni sospetto e lasci correre per non rovinare tutto. Una volta che la situazione è però degenerata, abbiamo capito che l’unico modo per fargli aprire gli occhi era dargli uno scossone e andare pubblicamente in fondo alla cosa. Adesso lo vedo meglio, ci siamo rivisti per un caffè perché anche lui gioca in B qui in Puglia e la situazione è migliorata parecchio”.

    Foto di Lega

    Si capisce che per lei è un anno particolare.

    “Mia figlia ha cominciato le elementari a La Spezia e quindi non ho mia moglie e le mie figlie con me. Cominciano ad essere grandi, le distanze iniziano ad essere un tema e io non posso più pensare di non dare una stabilità alla famiglia, quindi è un anno in cui inevitabilmente le riflessioni le cominci a fare. Poi è la diciottesima stagione, quindi anno di bilanci, e anno in cui ti rendi conto che contro alcuni giovanissimi non puoi pensare di esprimerti al massimo la domenica in Superlega per tutta una gara. Dall’altro lato però, quando entro in campo e sul 2-0 riusciamo a recuperare il risultato e a portare a casa un punto come contro Grottazzolina, con me in campo, allora lì mi rendo conto che esserci e affrontare l’avversario è una grande emozione e mi inorgoglisco parecchio. Oltre a divertirmi”.

    Le partite uno come Alletti le può ancora cambiare, questo lo dico io. Cosa porta dentro il campo in quei frangenti?

    “L’esperienza, il carattere che formi quando sei diciottenne, nei luoghi in cui hai imparato a vivere tante situazioni nelle quali maturi una grande consapevolezza di te e dei tuoi mezzi. Magari ti rendi conto che negli anni della maturità non apporti grossi benefici tecnici perché i nuovi che volano in confronto a te, sono fisicamente superiori, ma alle volte non serve solo quello. Metto tranquillità, forse ci sono per qualche consiglio o per dare uno stimolo in più. Mi piace pensarla così”.

    foto Lega Volley

    Facciamo anche un bilancio di questi cinque anni. Di cosa si sente più orgoglioso?

    “Di essere sceso di categoria qualche anno fa e di averci messo il cuore per costruire questa storia. Sento molta riconoscenza da parte di tutte le persone che hanno vissuto con me questa parte della carriera e di chi ha fatto parte e fa parte della società. Essere ancora qui e cercare di difendere la categoria dopo tutto questo tempo per me è stato importantissimo”.

    Lei ci crede nella salvezza?

    “Assolutamente sì, penso che lo abbiamo dimostrato anche nell’ultima gara. Siamo un gruppo affiatato di persone perbene e credo che lo meritiamo”.

    Poi cosa c’è dopo quest’anno?

    “Non sono ancora in grado di rispondere. Sento il richiamo della mia vita da papà, questo si può dire”.

    Foto Instagram Aimone Alletti

    Non ci lasci senza l’Alletti leader in campo. Questa deve essere una promessa.

    “Ci penseremo più avanti!”.

    È felice della carriera fatta?

    “Molto”.

    Che cosa è stato importante? Lei ad esempio non ha mai vinto uno scudetto. Lo vive come un minus?

    “No, perché sono state importanti le emozioni provate in alcuni anni e in alcuni momenti della mia vita pallavolistica. Posso dirle di averle provate dentro il campo. Questo è più importante di riuscire a cucirsi uno scudetto senza lottare, ad esempio. È un mio parere, ma ho sempre preferito costruire io ciò che poi ho avuto modo di provare con la pallavolo e con il mio lavoro”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Mattia Bottolo si racconta: “La scorsa stagione mi ha insegnato molto. Mi ha fortificato”

    Il periodo che ha intervallato un Natale in campo, come da tradizione, ad una celebrazione di capodanno in cui Mattia Bottolo chiude un anno sicuramente pieno di qualsiasi colore e di qualsiasi emozione, è stato il momento più propizio in cui cercare di aprire lo scrigno dei sogni, delle aspirazioni, dei traguardi e delle delusioni di uno dei giocatori più interessanti della nostra pallavolo. 

    Conobbi Bottolo nei suoi primi anni padovani, quando il suo talento esplodeva settimana dopo settimana e le sue quotazioni per il passaggio alle squadre di testa erano già molto alte. 

    Mattia mi colpì per la pacatezza con cui affrontava il momento, spinto più dall’impegno per la Padova di allora che dall’ambizione per vestire maglie che poi ha indossato comunque. Aveva le idee chiare, già appena compiuta la maggiore età, ma viveva tutto con la giusta misura e quella stessa misura lo ha portato alla Lube, nella quale dopo tre stagioni oltre ad essere un volto noto, è divenuto un punto fisso della squadra marchigiana. Questa stagione è una di quelle che definirei sperimentale, con delle bellissime novità (pensiamo solo a Boninfante), nella quale Mattia cerca di alzare l’asticella come fa ormai da anni:

    “La stagione scorsa mi ha insegnato molto. Sono anni in cui incominci a porre le fondamenta per la carriera, e proprio per questo risultano essere i momenti più complessi. In un certo senso mi ha fortificato, nell’altro ci sono i soliti alti e bassi con cui combatti ogni giorno in palestra.Io sono molto proiettivo e vedo di fronte ancora margini e per questo ho tanta voglia di migliorarmi”.

    L’evoluzione più concreta che ha compiuto in questi anni?

    “Ad esempio gestisco meglio le partite da subentrato. È capitato anche in azzurro e credo di riuscire a guidare me stesso meglio in certe fasi”.

    Si è posto dei limiti?

    “No, non sono ancora in grado di pormi dei limiti”.

    Con la Lube quest’anno dove vuole arrivare?

    “All’inizio c’erano molte incognite visti i cambiamenti attuati all’interno della squadra. Sulla carta sapevamo ci fosse la possibilità di incontrare delle difficoltà in avvio di campionato, ma credo siano state affrontate abbastanza bene. Abbiamo affrontato dei periodi altalenanti fuori casa, ma alla fine dell’andata siamo riusciti a chiudere al terzo posto. Non penso di esagerare se dico che per un risultato così all’inizio della stagione ci avremmo messo la firma”.

    Foto Lega Volley Maschile

    Certamente ciò che è venuto fuori è un gruppo affiatato. Dopo tre stagioni con chi ha legato di più?

    “Trascorsi tre anni, posso dire che ad esempio con Chinenyeze e Balaso abbiamo passato il natale assieme, ma anche con lo stesso Nikolov. In generale è vero, non è scontato che si crei un gruppo affiatato e qui lo è. Siamo un insieme di caratteri che insieme sta bene e un gruppo nel quale la fiducia si è costruita e sedimentata col tempo”.

    Parliamo proprio di lei, Balaso e Bart. Quanto è stato difficile vivere il dopo Italia-Francia di Parigi?

    “Eh, lì per lì il dispiacere per la sconfitta contro la Francia è stato tanto. Hanno fatto una partita per cui hanno meritato di andare avanti, giocando una pallavolo incredibile. A fine gara io e Fabio siamo andati a salutarlo e gli abbiamo augurato di vincere l’oro. Bart ci ha detto a sua volta che avrebbe tifato per noi contro gli Stati Uniti. L’amicizia poi cancella il rammarico del momento, anche se lo sfottò in allenamento e negli spogliatoi lo metti in conto e ci sta, anche perché è una gara sentita sempre da entrambe le parti. Credo che l’atmosfera che si respira prima di ogni confronto tra noi e la Francia è sempre particolare. La vivi di più ed è inevitabile”.

    Lei poi ha sentito il bisogno di staccare, da quello che so.

    “Sì, io e Sanguinetti siamo partiti in Giappone e mi ha fatto molto piacere che lui abbia voluto partire e stare con me qualche giorno. Poi è dovuto tornare prima in Italia e io ho proseguito da solo, ma era un viaggio che ho sentito molto e di cui avevo un gran bisogno. È stato l’anno giusto per fare un’esperienza simile”.

    Foto Instagram @mattia_bottolo

    Sentirà come molti il richiamo del campionato straniero prima o poi?

    “Per ora sono sotto contratto con la Lube e qui sto molto bene. Detto questo, tra un bel po’ di anni, lo stimolo di vedere un campionato estero come alcuni compagni stranieri lo vivono da noi potrebbe essere un pensiero che farò. Leggo che il Giappone e l’America stanno potenziando i loro campionati e provare un’esperienza del genere perché no!”.

    Chiudiamo con un buon proposito per il 2025. La laurea.

    “Mi mancano due esami più il tirocinio per concludere Biologia. Spero di finire nell’anno, anzi, ci riuscirò certamente!”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Felice Sette: “Ho puntato di più sul volley. Il beach resta un’immensa passione”

    La famigerata parola percorsi anche oggi è protagonista dei nostri corsi e ricorsi storici alla Giambattista Vico. Ma è inevitabile non creare l’abbinamento con la carriera di Felice Sette, che quest’anno dopo un biennio a Porto Viro si ritrova magicamente ad essere protagonista della MA Acqua S.Bernardo Cuneo, squadra che non si può non amare quando al suo interno trovi gente come Pinali, Cavaccini, Sottile o Volpato.

    In questi anni Sette ho assistito all’affermarsi di una dottrina Sette, per la quale Felice si è donato con passione ad uno sport come il volley che per lui era importante, ma non era il centro di tutto. Maturata questa consapevolezza è sbocciato come uno dei posti quattro più interessanti della serie A2 ed ora quasi al giro di boa del primo round della stagione, traccia un bilancio soddisfacente della sua seppur breve storia con il club piemontese:

    “Ammetto di essere stato lusingato dalle telefonate ricevute in estate. Avevo delle buone squadre alla finestra e la scelta di Cuneo è stata dettata da tanti fattori, in primis un tecnico come Battocchio che conoscevo e con cui ho lavorato molto bene. Cuneo è inoltre una piazza storica, che quest’anno vede la maschile alternarsi a un bel movimento di A1 femminile e questo porre la pallavolo al centro in una città così, inevitabilmente ti trasmette belle sensazioni. Sono passati pochi mesi dall’inizio di questa nuova storia per me, ma se devo tracciare un bilancio direi che è andata esattamente come pensavo”.

    Foto Lega Volley Maschile

    A Cuneo quest’anno non si parla di obiettivo Superlega. Non sentire questa pressione in un luogo così storico aiuta a vivere la pallavolo in maniera più serena?

    “Sicuramente la società all’inizio della stagione non ci ha caricato di pressioni, ma ci ha lasciato iniziare a lavorare con grande serenità. A noi forse questo ha dato maggiore tranquillità. Ciò detto, anche con chi si è espresso in maniera più netta, parlo delle favorite, siamo riusciti a dire la nostra e vincere”.

    Sette quindi lancia una volata classifica? 

    “(ride n.d.r.) Se noi ci crediamo e se capiamo come poter esprimere il nostro gioco migliore, riuscendo a mantenere sempre attiva l’attenzione e la concentrazione, oltre al livello di gioco, possiamo arrivare fino in fondo. Il carattere dico che Cuneo ce lo ha”.

    Arriva da due anni importanti a Porto Viro. Cosa si è portato dietro da un’esperienza così?

    “Bellissimi ricordi innanzitutto. È stata un’esperienza fatta in una città in cui si gioca e si vive benissimo la pallavolo. Porto Viro vive di quello ed è riuscita a creare un ambiente fantastico del quale mi restano anche tantissimi amici con cui mi sento quotidianamente”.

    Foto Delta Group Porto Viro

    Diciamo che è stata un’esperienza funzionale all’arrivo a Cuneo. Si riconosce sul fatto che la sua carriera sia un costante crescendo? Lei mi sembra l’uomo delle scelte giuste.

    “Sono andato in crescendo, è vero. Sono andato avanti cercando di migliorare anno dopo anno il mio rendimento e il mio approdo a Cuneo è stato fatto nel momento migliore. Mi rendo conto che quest’anno sarà un anno fondamentale per me, per tutta una serie di motivi”.

    Il suo rendimento in crescendo coincide con l’aver scelto di dare più centricità alla pallavolo rispetto al beach. È d’accordo con questa affermazione?

    “Ho puntato di più sul volley, è vero. Il beach resta un’immensa passione, ma la fiducia che mi è stata data dalle ultime società nelle quali ho militato e anche le telefonate ricevute in estate sono state un motivo in più per capire che centrarmi di più sulla pallavolo è stata un’ottima scelta”.

    Sette in Superlega. Sogno o obiettivo?

    “Penso sia il sogno di tutti i pallavolisti, e per me non è un’ossessione. Se arriverà bene, viceversa sono felice così”.

    Foto Instagram @felicesette7

    Nel mondo del beach quando tornerà la coppia Sette-Di Silvestre?

    “Il prossimo anno sicuramente. Ci piacerebbe metterci di nuovo in competizione e vorremo lavorare per fare qualcosina di più nel 2025”.

    Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO

  • in

    Nicolò Katalan: “Voglio giocare senza pormi limiti, stupendomi di quello che sarà il finale”

    Sono giorni in cui inevitabilmente penso a Trieste perché ricorre il trentennale dalla pubblicazione di Va dove ti porta il cuore di Susanna Tamaro, romanzo di formazione mio e di un’intera generazione di scrittori nati negli anni ’80, ambientato in una delle città più incantevoli e complesse del nostro Paese. Sono anche giorni in cui ogni qualvolta vedo una foto di Nicolò Katalan penso in primis alla Tamaro, che ha dei lineamenti abbastanza simili e una cadenza assolutamente identica, oltre a quella personalità triestina che porta in campo, ma non solo.Già lo scorso anno Katalan si è messo in luce per la sua naturale collocazione all’interno di un ecosistema unico fatto di pensieri profondi, riflessioni personalissime sull’approccio alla pallavolo e alla carriera e letture e ascolti musicali (suo papà è socio di un negozio di dischi) che, nonostante sia banale fare paragoni e chiedo venia per questo, mi fanno pensare a lui come il nuovo Luca Vettori:“Questo paragone mi fa sorridere. Conosco a grandi linee il personaggio di Luca e la carriera che ha fatto. Ma non so quanto risultiamo affini”.Vettori ogni tanto sembrava un uomo di un altro tempo. Anche lei mi sembra alle volte un personaggio pirandelliano. Se vogliamo, anche poco italiano.“Forse perché sono figlio di Trieste, e l’aver abitato in una città così ti colloca forse in una dimensione tra l’Italia e il crocevia di nazioni che la popolano da sempre. Prima di arrivare in serie A, poi, ho trascorso un periodo nelle giovanili e anche in B con Sloga, che è sempre una squadra triestina, ma è anche abbastanza slovena nella formazione e in altri aspetti. Avevo compagni sloveni, ma anche serbi, e questi primi approcci al volley così internazionali mi hanno lasciato questa attitudine come dice lei, poco italiana”.L’anno scorso l’uomo dei record per ciò che riguarda il muro. Quest’anno Katalan viaggia altissimo in classifica con la sua Tinet Prata.“È una bella sensazione. Oggettivamente siamo partiti senza porre limiti alla provvidenza. Non siamo stati la squadra delle dichiarazioni e non ci siamo e non ci stiamo ponendo dei confini su ciò a cui si può puntare”.Foto Franco MoretQuando ha iniziato a capire che, come si suol dire, anche Prata c’è?“Già contro Ravenna. Mi sono reso conto di quanto siamo bravi a restare attaccati al set e di quanta voglia questa squadra ha di lottare fino alla fine. Nonostante con Ravenna o con Brescia siano arrivate delle sconfitte, ci siamo portati a casa l’attitudine nel proseguire a giocare in questo modo ed è così che poi sono arrivate delle affermazioni importanti”.Avete battuto la corazzata Acicastello.“Una bella vittoria, una gara difficile in un palazzetto importante, contro una squadra davvero attrezzata per fare bene. Sono partite che in primis fanno morale e che ti rendono orgoglioso del lavoro che stai facendo”.Cinque anni alla Tinet. Si trova bene come il primo giorno?“Mi trovo benissimo come all’inizio. Quest’anno dovevamo fare i conti con i cambiamenti in squadra e nello staff e credo che siamo stati bravi in questo. C’è voluto parecchio lavoro e se vogliamo anche la voglia di conoscersi”.foto: Franco MoretMi dica il fattore distintivo che fa essere questa Prata tra le prime della classe.“Io sono un grande sostenitore dell’intensità e dell’aumento di essa nella quotidianità dell’allenamento. Mi sono fatto l’idea che il campionato sia molto equilibrato e che tu debba essere bravo a recepire gli stimoli di tutti e riproporli sotto forma di questa progressione che deve partire dall’inizio della settimana e culminare nel momento della gara”.Se continuasse così, anche se non diamo nomi alle cose in questo momento del campionato, si capisce che Katalan si aspetta un bel finale della storia.“Quello che muove il mondo è la curiosità, lo penso davvero. Lo stupore che si genera andando a scoprire dove si può arrivare nella pallavolo è un fattore importante. Voglio continuare a giocare senza pormi i limiti e stupendomi di quello che sarà il finale. La sensazione di dire la nostra è cresciuto e cresce settimana dopo settimana”.Di Roberto Zucca LEGGI TUTTO