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    Alla scoperta di Anna Kotikova: “Scandicci? Lavorerò duramente per ritagliarmi il mio spazio”

    ” Non piangere perché è finito, sorridi perché è successo”. Questa celebre frase di Gabriel Garcia Marquez racchiude in sé l’approccio giusto per inquadrare la fine dell’esperienza di Anna Kotikova al Volero Le Cannet. Un costante dare e avere tra le parti, che hanno regalato ai tifosi del club francese ineguagliabili emozioni e tanti momenti da incastonare nelle cornici dei propri ricordi. La 24enne schiacciatrice russa è stata, senza troppi dubbi, tra le note più liete delle ultime due stagioni delle biancoviola che, al contempo, le hanno permesso di portare avanti un percorso di crescita che – come raccontato dalla diretta interessata in esclusiva ai nostri microfoni – è stato il viatico per alzare il proprio rendimento e convincere la Savino Del Bene Scandicci a puntare su di lei.

    Anna, riavvolgiamo il nastro e partiamo dai tuoi esordi. Quali sono i primi ricordi relativi alla pallavolo?

    “La pallavolo è entrata a far parte della mia vita abbastanza presto, visto che ho iniziato a giocare quando avevo 7 anni. In alcune città russe, gli allenatori sono soliti girare nelle scuole e invitare i bambini a fare sport. E dal momento che io e mia sorella eravamo più alte rispetto alle nostre coetanee, siamo state invitate a un allenamento di pallavolo. Sono sempre stata una ragazza piuttosto attiva, e quindi questo sport ha fatto subito breccia nel mio cuore. In particolare, mi piaceva il fatto che era uno sport di squadra. Nella mia mente sono ancora impressi i ricordi delle prime trasferte e dei tornei a cui ho preso parte quando ero piccola. Inoltre, la pallavolo mi ha dato l’opportunità di entrare in contatto con altre ragazze della mia età e fare nuove amicizie. Imparare a vincere come una squadra, sfruttare i propri punti di forza e nascondere i punti deboli: una dinamica che ho trovato sempre molto affascinante e che ancora oggi rende questo sport il più interessante dal mio punto di vista“.

    Com’è stato il tuo percorso pallavolistico prima di arrivare al Volero Le Cannet?

    “La mia carriera da professionista è iniziata alla Dinamo Kazan: ho giocato per un po’ nelle giovanili, prima di ricevere la chiamata dalla prima squadra. A Kazan ho avuto l’opportunità di acquisire tanta esperienza lavorando insieme a buoni allenatori e a giocatrici di alto livello. Ho imparato molte cose, ma un conto è mostrare le proprie qualità in allenamento e un altro è farlo in partita. In quel momento della mia carriera avevo bisogno di giocare, e così ho deciso di cambiare squadra e trasferirmi alla Dinamo Krasnodar. Sono rimasta lì per una stagione e sono molto grata a questo club per avermi dato la possibilità di mettermi alla prova“.

    foto CEV

    Poi cosa ti ha spinto ad andare a giocare all’estero?

    “Quando ho ricevuto l’offerta del Volero Le Cannet, mi sono presa un po’ di tempo per pensarci e ho capito che era una proposta interessante. Il mio obiettivo era quello di lavorare con allenatori e giocatori stranieri, testando me stessa in un altro campionato. E ovviamente la possibilità di partecipare alle coppe europee, dove giocano le migliori giocatrici al mondo, era un bonus molto invitante“.

    La tua esperienza al Volero Le Cannet è terminata da poco. Come descriveresti le due stagioni che hai vissuto in Francia? Qual è stato il momento più bello?

    “Sono stati molto proficui i due anni che ho vissuto al Volero. È un club che può vantare una lunga storia e che ha il dovere di vincere. Lì ho sempre avvertito una grande fiducia nei miei confronti, e questo è importante per una giocatrice perché la motiva ancora di più. Ovviamente il momento più bello è legato alla vittoria del campionato 2022-2023. Ricorderò quella stagione straordinaria per tanto tempo“.

    Invece come valuti l’ultima annata? C’è qualcosa che avreste potuto fare meglio?

    “La stagione 2023-2024 non è stata positiva come quella prima. Certamente poteva andare meglio, considerando che il nostro obiettivo era il primo posto. Tuttavia, sono orgogliosa della mia squadra perché tutti i componenti hanno mostrato voglia di lavorare e vincere, e hanno fatto del proprio meglio. Sfortunatamente, c’è sempre un vincitore e uno sconfitto. E questa volta abbiamo perso“.

    Quali sono le cose più importanti che hai imparato giocando in Francia?

    “Ovviamente l’esperienza accumulata giocando per ottenere risultati importanti è stata la parte migliore di questa parentesi. Nel campionato francese ho trovato buone difese e molte giocatrici che amano una pallavolo veloce. Invece, quando giocavo in Russia, veniva data più enfasi alle palle alte e alla forza dei colpi. Dunque, la mia avventura in Francia è stata interessante proprio perché mi ha dato la possibilità di imparare nuove cose. Ora sono pronta a passare allo step successivo“.

    Solitamente sei un punto di riferimento in attacco per le tue squadre ed è chiaro che questo mette a dura prova il tuo fisico. Com’è il processo di recupero una volta iniziata l’off-season?

    “Il recupero è una parte estremamente importante nella vita di una giocatrice professionista. Non solo in estate, ma anche durante la stagione, quando è importante recuperare completamente tra una partita e l’altra in modo che la stanchezza non si trasformi in infortuni. Adesso invece è il momento per riposarsi un po’ e fare una buona preparazione fisica affinché il corpo sia pronto ad affrontare la nuova stagione“.

    foto CEV

    Il prossimo step della tua carriera sarà in Italia. Come hai capito che la Savino Del Bene Scandicci è il club giusto per te in questo momento?

    “Secondo molti, la Serie A1 italiana è attualmente il miglior campionato al mondo. La trovo una lega interessante con un livello altissimo di pallavolo. Naturalmente, questa è una grande opportunità per crescere. La Savino Del Bene Scandicci è un club con obiettivi importanti, giocatrici e allenatori di alto livello. Sono davvero felice di avere la possibilità di giocare lì. E farò del mio meglio per ottenere i massimi risultati“.

    Con quale mentalità ti presenti in un club così importante? Punti al posto da titolare?

    “Sono consapevole che a Scandicci non sarà facile ottenere un posto in campo. Ma certamente sono pronta a lavorare per riuscirci“.

    Hai vinto la medaglia d’oro al Campionato Europeo U19 nel 2016 e quella d’argento al Campionato del Mondo U20 nel 2017. Ti manca giocare i tornei internazionali? A tuo parere, la nuova generazione russa avrebbe potuto raggiungere grandi traguardi?

    “Certo, mi mancano le competizioni internazionali. È sempre un grande onore per un atleta rappresentare il proprio paese d’origine. In questo momento ci sono un sacco di giovani talentuose in Russia e sono sicura che potrebbero ottenere ottimi risultati. È un peccato che non ci venga data questa opportunità. Però, la federazione russa sta cercando di fare tutto il possibile per sostenere la crescita dei propri giocatori. In uno scenario del genere, nuove competizioni e partite amichevoli sono di grande aiuto“.

    Foto CEV

    Quali sono i tuoi prossimi obiettivi come pallavolista?

    “Il mio obiettivo è di giocare nei migliori club del mondo e dare un contributo importante alle vittorie. Ogni stagione, passo dopo passo, cerco di migliorare il mio livello di gioco: la pallavolo è in continua evoluzione e penso di avere ancora tanto lavoro da fare“.

    Un’ultima curiosità. Chi è Anna Kotikova fuori dal campo? Quali sono i suoi hobby preferiti?

    “Prima di tutto, vorrei dire che la pallavolo mi accompagna anche quando non sono in palestra: mi piace sia giocare sia guardare le partite, e mi capita spesso di seguire gli altri campionati. Durante la stagione si lavora tanto, e perciò preferisco un riposo passivo: guardo molti film e leggo libri. Invece, quando sono in vacanza la cosa più importante per me è la compagnia. Mi piace trascorrere il mio tempo con amici e familiari perché è difficile farlo durante la stagione sportiva“.

    Intervista di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Brie King cambia musica e nome: ora chiamatela O’Reilly

    Calma. Per alcuni è uno sforzo inutile. È perdita di tempo. Occasioni mancate. Per altri è una virtù da coltivare, che rende forti e resilienti. Un elemento essenziale e chiarificatore per prendere decisioni. La strada che conduce alla tranquillità e alla pace con se stessi, per godere a pieno delle nostre capacità. Qualità innata o conquistata nell’arco della vita, l’importante è saperla gestire. Proprio come fa Brie O’Reilly, più nota con il cognome da sposata King, palleggiatrice canadese del Sesc RJ Flamengo. Lei, che agita i cuori dei tifosi rossoneri, ma esercita e preserva la calma del golfista, fino alla fine. Perché “la calma è la virtù dei forti”, quella che rende semplici giocate difficili. Quella che permette di guidare la propria squadra senza commettere sbavature.

    Al termine della sua seconda stagione in Brasile, O’Reilly si è raccontata in esclusiva ai microfoni di Volley News.

    Foto Sesc RJ Volei Feminino

    Brie, so che all’inizio di questa intervista ci tenevi ad annunciare qualcosa ai tuoi tifosi e a tutti gli appassionati.

    “Quando ho iniziato la mia prima stagione da professionista, ero sposata e da allora sono conosciuta come Brie King. Siccome adesso non sono più sposata, ho deciso di riprendere il nome da nubile: Brie O’Reilly“.

    Si è appena conclusa la tua seconda stagione a Rio de Janeiro. Come ti trovi? Cosa ti piace di più del Brasile?

    “Mi piace tantissimo giocare in Brasile. È un’esperienza completamente diversa da quelle precedenti. Il paese ha una grandissima passione per la pallavolo, la qualità del controllo di palla e il QI pallavolistico sono mediamente molto alti, e il campionato è super competitivo. Ho la sensazione che per avere successo qui sia necessario impegnarsi sempre al 100%, e questa è una cosa grandiosa per una giocatrice“.

    Come valuti il percorso del Sesc RJ Flamengo quest’anno?

    “Abbiamo avuto una stagione molto positiva. Avevamo grandi aspettative perché quasi tutta la squadra era stata confermata; quindi, abbiamo potuto saltare il classico periodo di adattamento nei primi mesi, in cui ci si conosce e si studia il nuovo sistema di gioco. Quando mi sono unita al gruppo dopo i tornei di qualificazione alle Olimpiadi, è stato molto semplice ritrovare l’intesa e proprio per questo motivo sapevamo che sarebbe stata un’annata speciale. Alla fine, la squadra è stata protagonista di un percorso incredibile ed è riuscita ad arrivare ai Play Off come prima testa di serie. Complessivamente sono molto orgogliosa del lavoro che abbiamo svolto e dello spirito di squadra che abbiamo costruito“.

    Foto Sesc RJ Volei Feminino

    C’è qualcosa che il Sesc avrebbe potuto fare meglio? Mi riferisco soprattutto alla semifinale di Superliga contro il Praia Clube.

    “Sicuramente la nostra serie di semifinale Play Off è stata deludente. Purtroppo, proprio sul più bello, sono stata colpita dalla febbre dengue e mi hanno ricoverato in ospedale; perciò, ho dovuto saltare la prima partita contro il Praia. Sono stata autorizzata a tornare in campo solo due giorni prima di gara 2; quindi, non ero al meglio della forma. La squadra ha dato il massimo in entrambe le partite, ma è stata decisamente sfortunata a dover affrontare una situazione del genere nella settimana più importante della stagione“.

    Com’è lavorare con Bernardinho? Ti ha dato qualche consiglio particolare in queste due stagioni?

    “Lavorare con Bernardo è un sogno che è diventato realtà. È un allenatore di grande successo, ma è anche molto umile e ha un’etica del lavoro fuori dal comune. Con lui è impossibile non dare il massimo ogni giorno in allenamento perché i suoi standard sono altissimi e il suo approccio si basa su un modello di tipo top-down. Il miglior consiglio che ho ricevuto da lui è quello di essere umile e assumermi sempre le mie responsabilità. Perché è facile dare la colpa agli altri ed essere egoisti nel contesto di uno sport di squadra, ma questo non rafforza il gruppo. Bernardo mi ha trasmesso questo principio, che mi ha aiutato a crescere e diventare una giocatrice matura“.

    Quali sono le cose più importanti che hai imparato giocando all’estero? In che modo le esperienze in Germania, Francia e Brasile ti hanno plasmato come persona e come giocatrice?

    “Le mie esperienze all’estero sono state grandiose e tutte le stagioni mi hanno permesso di scoprire cose nuove su di me. Penso che, come persona, ho compreso l’importanza delle relazioni e dell’equilibrio nella vita: per gli atleti l’aspetto sportivo può diventare molto facilmente un’ossessione, ma ho imparato che la miglior versione di me stessa come giocatrice è strettamente legata alla vita collettiva e alle relazioni al di fuori della pallavolo. Dunque, per me è fondamentale avere un determinato equilibrio. L’ho trovato soprattutto frequentando la Chiesa. Invece, come giocatrice, credo che giocare all’estero ti costringa a imparare a lavorare con tutti. Soprattutto per una palleggiatrice, le differenze di lingua, cultura e personalità possono trasformarsi in ostacoli; perciò, è necessario trovare un terreno comune ed essere i più altruisti possibili per il bene della squadra. Mi piace avere l’opportunità di crescere giocando in tutto il mondo e affrontare ogni sorta di pressione e sfida“.

    Foto Sesc RJ Volei Feminino

    In campo sembri essere una palleggiatrice molto calma e tranquilla, che si distingue per la sua intelligenza intuitiva e la sua gioia di giocare a pallavolo. Sei d’accordo con questa definizione?

    “Mi piace essere descritta così. È proprio come spero di essere percepita da fuori: una giocatrice innamorata del gioco che cerca di non perdere mai la calma. In generale, vorrei essere sempre riconosciuta per il mio atteggiamento positivo, la mia gioia e il mio amore verso il prossimo. E spero che la persona che sono sia riconoscibile anche quando gioco. Penso che la gente possa farsi un’idea su chi sia la vera Brie proprio quando mi vede in campo“.

    Sarà un’estate impegnativa per la nazionale canadese. Quali sono le tue aspettative?

    “Sono entusiasta di affrontare una nuova estate in nazionale. La nostra squadra è pronta. Tutte le giocatrici sono in salute, cariche e completamente focalizzate sul nostro grande obiettivo (la qualificazione alle Olimpiadi, n.d.r.). Siamo consapevoli che non sarà semplice, ma ci stiamo preparando per farci trovare pronte. Penso che la squadra abbia fatto passi da giganti negli ultimi tempi e abbia trovato una nuova identità: dunque, siamo pronte a dare il massimo perché vogliamo andare a Parigi. Siamo convinte al 100% di essere in grado di raggiungere questo traguardo“.

    Al di fuori della pallavolo, la musica è qualcosa di molto importante nella tua vita. Da dove nasce questa passione? E cosa rappresenta per te?

    “Vengo da una famiglia numerosa in cui tutti amano la musica. Quando ero piccola, mio padre mi cantava sempre qualcosa prima di andare a letto. Di conseguenza ho iniziato a scrivere canzoni molto presto, come un modo per esprimere i miei sentimenti. Mi è sempre piaciuto raccontare storie attraverso la musica e i testi. Mi aiuta a trovare equilibrio nella vita, a connettermi con le mie emozioni e con Dio. Trovo che la musica sia qualcosa di estremamente spirituale, che mi dà la possibilità di rallentare, esprimere i miei pensieri o le mie preghiere, ed essere creativa. Se passo troppo tempo senza sedermi al pianoforte, inizio a sentire la mia testa e il mio cuore più ‘pesanti’. Ecco perché la musica è molto importante nella mia vita“.

    Nel 2021 è uscito il tuo primo disco chiamato First Things First. Di cosa parlano le tue canzoni? Hai mai scritto qualcosa sulla tua vita da atleta?

    “First Things First è stato il mio primo tentativo di registrare e pubblicare musica. È una raccolta di canzoni per lo più riguardanti esperienze di persone che fanno parte della mia vita. In generale, mi piace scrivere di storie ed esperienze umane. Proprio in quell’EP c’è una canzone intitolata Cheers, che parla della mia vita da atleta al college. Il 3 maggio uscirà il mio secondo EP, in cui racconto altre storie sulla mia vita e sulle vite delle persone che mi circondano. Il mio obiettivo con la scrittura è sempre quello di connettermi alle persone in modo profondo e cercare di dare musica e parole a qualcosa che tutti ogni tanto proviamo“.

    Ci sono dei punti di contatto tra giocare a pallavolo e scrivere canzoni?

    “Per me sono due passioni che mi portano tanta gioia: mi sento viva sia quando scrivo sia quando gioco. Penso che la combinazione di queste due cose faccia capire che persona sono. Il mio obiettivo principale con entrambe è di portare gloria a Dio. Spero fortemente che la fede e la connessione con Lui emergano dalle mie canzoni, così come dal modo in cui mi comporto quando gioco a pallavolo“.

    Foto Sesc RJ Volei Feminino

    Che ruolo ha la fede nella tua vita?

    “La fede ha sempre giocato un ruolo importante nella mia vita, soprattutto negli ultimi due anni. Ho trascorso anche un periodo dell’età adulta senza dare priorità alla mia fede e cercando di trovare la felicità in altre cose, ma questo mi lasciava una sensazione di vuoto. Un paio di anni fa ho deciso di abbandonarmi nelle mani di Dio e sperimentare totalmente la Sua grazia e il Suo amore. Il mio rapporto con Lui ha realmente migliorato la mia vita in ogni aspetto. Non è qualcosa che sento di dover esibire per guadagnare la Sua approvazione o il Suo amore, perché sono consapevole che mi amerebbe e accetterebbe anche nei miei giorni peggiori. Penso che avere questo tipo di legame con Dio abbia un’influenza su di me anche come giocatrice. Perché lo scopo della mia vita non è diventare la più forte o la più famosa, ma vivere cercando di far conoscere Dio e aiutare le altre persone a sperimentare lo stesso amore e la stessa grazia che ho ricevuto io. Penso che sia qualcosa che tutti stiano cercando nel loro profondo e sono estremamente grata che Dio abbia bussato alla porta della mia vita quando ero disperata“.

    Quando magari attraversi un momento difficile, c’è una citazione della Bibbia che ti dà forza e riporta il tuo cuore e la tua mente a Dio?

    “Ho tatuato sul braccio il Salmo 40:1-3 perché sono versetti profondamente legati alla mia vita. Parlano di come Dio mi ha ascoltato quando avevo bisogno di aiuto, mi ha raccolto da terra e ha fatto posare i miei piedi sulla roccia. E ha messo sulla mia bocca un canto affinché tutti conoscano la Sua bontà. Questa è la storia della mia vita. Ero persa, sola e insicura. E Dio mi ha dato un’identità salda. Penso che la gioia e la calma che vedi quando sono in campo arrivino proprio da qui“.

    Un’ultima curiosità. Quali sono i tuoi sogni e obiettivi per il futuro?

    “Prima di tutto mi piacerebbe aiutare il Canada a ottenere il pass per le Olimpiadi. Poi un giorno mi piacerebbe giocare in Italia. Ovviamente sono grata alle squadre e ai campionati in cui ho giocato finora, ma prima di smettere mi piacerebbe sicuramente sperimentare la Serie A italiana. In generale, desidero spingere al massimo e vedere dove riesco ad arrivare nella pallavolo. A quel punto potrò tornare a casa felice, costruire la mia famiglia e abitare in una bella fattoria (ride, n.d.r.). Questione di… equilibrio“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Chiara Scarabelli saluta la pallavolo: “La rinuncia alla Serie A? Sofferta ma necessaria”

    In un ambiente abituato fin troppo spesso a raccontare ed elevare le storie di successo, trionfi e record, appare quasi strano – e sicuramente insolito – empatizzare con chi, quel successo, l’ha solo assaggiato. Per chi era sul trampolino di lancio ed è tornato indietro. In un mondo di “invincibili”, c’è chi si è dovuto arrendere di fronte a un ostacolo troppo alto e consapevolmente ha deciso di cambiare strada. È il caso di Chiara Scarabelli, che è stata una delle promesse più interessanti della pallavolo italiana, vincendo da capitano i Campionati Europei Under 20 del 2010 e i Mondiali Under 20 dell’anno successivo.

    In quella squadra c’erano anche Caterina Bosetti, Letizia Camera, Valentina Diouf e Giulia Pisani, tutte giocatrici divenute poi protagoniste ai massimi livelli. Tuttavia, la storia della schiacciatrice piacentina classe 1993, attualmente in B1 all’Everest MioVolley Gossolengo, è andata diversamente, come ha raccontato ai microfoni di Volley NEWS.

    Foto Facebook Chiara Scarabelli

    Per cominciare, ci racconti chi è Chiara Scarabelli e cosa rappresenta per lei la pallavolo.

    “Oggi Chiara è prima di tutto una psicologa, da poco iscritta all’albo dell’Emilia-Romagna. Lo dico con grande orgoglio perché è un risultato che ho ottenuto dopo tanti anni di studio. Proprio venerdì scorso ho concluso un master all’Università Cattolica di Milano riguardante la Psicologia dello Sport. Inoltre, lavoro a scuola come insegnante di sostegno e gioco nel MioVolley da ormai 10 anni. La pallavolo è sempre stata un elemento importante nella mia vita. Quando ero piccolina, rappresentava un puro divertimento ed era un’occasione di socialità: venivo sempre descritta come una bambina molto vivace e quindi il volley mi permetteva di incanalare la mia agitazione motoria. Al tempo stesso, però, sono sempre stata una bambina rispettosa delle regole, anche grazie allo sport.

    Durante l’adolescenza, quando ho iniziato a muovere i primi passi sui campi di Serie A, la pallavolo rappresentava un’ipotesi di realizzazione della mia vita a cui ho creduto fortemente. È chiaro che, quando non si è potuta realizzare, la delusione è stata grande. In quei momenti c’era anche un po’ di rabbia nei confronti di questo sport. In realtà, poi ho capito che odiarlo non sarebbe servito a niente e così il volley è diventato una valvola di sfogo e un’occasione di ritornare a una vita sana, all’insegna dell’esercizio fisico e della socialità. Alla fine, raggiungendo diverse promozioni e arrivando a giocare in Serie B, l’impegno è cresciuto: così, ho avuto l’opportunità di tornare a vivere quelle emozioni avvincenti che avevo assaporato qualche anno prima“.

    Quali sono state le prime tappe della sua carriera pallavolistica?

    “All’inizio ero una bambina molto talentuosa. Ho iniziato a giocare nella squadra di San Nicolò, paese in provincia di Piacenza dove sono cresciuta. A un certo punto sono stata visionata da due allenatori, che mi hanno proposto di passare al Vigolzone. Si trattava di una società piccola che però vantava una squadra in Serie B2. L’anno dopo è stata addirittura promossa in B1; quindi – seppur giovanissima – ho avuto la fortuna di allenarmi con ragazze molto più grandi di me e ogni tanto essere convocata in prima squadra per completare la panchina. Successivamente ho cambiato squadra e ho scelto la Rebecchi Lupa Piacenza; l’allenatore era Enrico Mazzola, che poi ho ritrovato più tardi al MioVolley. Infine, sono andata a Rivergaro: un momento chiave del mio percorso perché ero chiamata a fare la differenza nelle categorie giovanili in cui militavo. Nel frattempo, arrivavano anche le convocazioni per le varie selezioni provinciali e regionali, con cui ho avuto il piacere di vincere un Trofeo delle Regioni. Tra le mie compagne di squadra c’erano Alessia Gennari, Elisa Lancellotti, Martina Balboni, Giulia Saguatti, giocatrici che hanno fatto parecchia strada“.

    Poi le parentesi con Club Italia e Asystel Volley Novara. Cosa si porta dietro di queste esperienze?

    “Dopo le scuole medie sono andata a giocare al Club Italia. Una decisione importante perché si trattava di lasciare casa a 13 anni, mollare la propria famiglia e gli amici, per aderire a un progetto che mi avrebbe messo a dura prova sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico. Lì ho iniziato a vedere la pallavolo come qualcosa che potesse farmi sentire realizzata nella mia vita. Successivamente è arrivata la chiamata di Novara, dove ho vissuto un’esperienza tosta ma allo stesso tempo formativa, grazie agli insegnamenti di Luciano Pedullà che mi ha aiutato a crescere in tutti i fondamentali. Complici alcuni infortuni di Paola Cardullo, ho fatto anche le mie prime presenze in Serie A e ho avuto la possibilità di giocare con grandi campionesse. In quella stessa annata ho vinto la medaglia di bronzo ai Campionati Europei Under 18. Poco dopo avrei dovuto prendere parte anche ai Mondiali, ma nel mese di aprile – proprio al rientro dalla rassegna continentale – ho subito un infortunio al ginocchio. Il primo dei tanti…“.

    Quando la sua carriera sembrava tingersi dei colori giusti, è iniziato un terribile calvario. Le va di parlarcene?

    “Dopo il primo infortunio, avevo deciso di restare a Novara con l’obiettivo di riprendermi dal punto di vista fisico. Solo che nel frattempo ci sono stati un po’ di stravolgimenti e difficoltà: erano cambiati allenatore e alcuni elementi della squadra, e soprattutto facevo fatica a recuperare. Quindi, il secondo anno all’Asystel è stato più negativo rispetto al primo. Tuttavia, sono riuscita a togliermi grandi soddisfazioni con la nazionale perché al termine della stagione ho partecipato agli Europei Under 20 grazie a un recupero lampo. In quell’occasione la fiducia di Marco Mencarelli e del suo staff nei miei confronti è stata decisiva: mi hanno aspettata e così ho potuto disputare gli Europei in Serbia da capitana e vincerli.

    Dopo l’estate del riscatto, mi sono ritrovata a Piacenza in una squadra che puntava alla salvezza. Timidamente ero riuscita a guadagnarmi un ‘mezzo’ posto da titolare, nel senso che non partivo sempre nel sestetto, ma l’allenatore Mauro Chiappafreddo aveva grande fiducia in me. Peccato che poi non sono riuscita a concludere la stagione per un nuovo infortunio. Però, ancora una volta, è arrivata la nazionale a salvarmi. Mencarelli mi ha ripreso sotto la sua ala e mi ha permesso di prepararmi al meglio per i Mondiali Under 20. È stata l’ennesima corsa contro il tempo: avevo tantissima voglia di tornare in campo e vestire la maglia azzurra. Così, sono andata in Perù per la rassegna iridata, ma proprio sul più bello ho avuto l’ennesima ricaduta. Da qui è iniziato il calvario… Sono tornata a casa e mi è stato prospettato di fare due interventi al ginocchio a distanza di pochi mesi. Di conseguenza, nella stagione successiva – che coincideva con l’anno della maturità – sono rimasta completamente ferma“.

    Cosa le hanno lasciato le esperienze e i successi con le nazionali giovanili di cui ha parlato?

    “Al di là delle vittorie, che sono sempre piacevoli da ricordare e che resteranno per sempre, mi porto dietro ricordi molto belli. In primis, il colloquio con coach Mencarelli e il suo vice Bertini prima degli Europei Under 20. Era un momento difficile in cui stavo portando avanti il mio percorso riabilitativo e iniziando a fare qualcosa di più impegnativo dal punto di vista fisico, anche se non stavo ancora lavorando con la palla. Tuttavia, loro mi hanno detto apertamente che ero un punto di riferimento per la squadra sia tecnicamente sia all’interno dello spogliatoio, e proprio per questo motivo mi avrebbero aspettato fino alla fine del ritiro e nominato capitano del gruppo. Queste parole mi hanno dato tanta forza e ho capito di essere un esempio di impegno e dedizione per la squadra.

    Un altro momento che porto nel cuore, anche se con un po’ di amaro in bocca, è legato alla prima partita del Mondiale Under 20, a cui non avevo potuto prendere parte: infatti, ero febbricitante nella stanza di un albergo di Lima in seguito a un’infezione al ginocchio. Però, dal letto avevo visto che le mie compagne si erano scritte sul braccio quello che all’epoca era il mio soprannome: ‘Diablo’. Insomma, volevano esprimere tutta la loro vicinanza e farmi capire che in quel momento stavano giocando anche per me, visto che avevo lavorato molto per arrivare fino a lì. Infine, ricordo sempre con piacere l’emozione di cantare l’inno con lo sguardo rivolto alla bandiera italiana“.

    Riprendiamo la narrazione della sua storia. Quando ha deciso di riprendere a giocare nelle categorie inferiori?

    “Dopo la stagione a Piacenza in cui sono rimasta ai box, sono passata all’Universal Volley Modena. Tuttavia, la società è fallita nel giro di pochi mesi: una situazione poco piacevole che mi ha fatto mettere da parte definitivamente il volley di Serie A. Così, sono tornata a casa, anche se la decisione non è stata compresa e condivisa fin da subito dalle persone che mi stavano vicino. Per me, invece, era la scelta migliore per il mio benessere non solo fisico ma anche psicologico. Nel frattempo, ho ripreso a studiare e ho iniziato ad allenare dando una mano alla ragazza che qualche anno prima mi aveva portato a Vigolzone: era un po’ come chiudere il cerchio.

    Dopo i primi due anni da allenatrice, piano piano mi era tornata voglia di giocare perché avevo capito che nel bene o nel male la pallavolo era parte della mia vita. Così, ho deciso di ripartire proprio da lì, in una società dove mi sentivo a mio agio e in una categoria che non imponeva carichi eccessivi. In quel momento avevo vent’anni e il gruppo con cui lavoravo era un’Under 18, che disputava anche il campionato di Prima Divisione e lottava per la promozione in Serie D. Alla fine, è stato tutto molto naturale. Da lì in poi è stata una vera e propria cavalcata perché nel giro di tre anni siamo arrivati in Serie B2. È stato bello perché vedevo che salendo di categoria aumentava l’agonismo e così piano piano ho ritrovato un po’ di fiducia“.

    Quali soddisfazioni ha raggiunto durante il suo percorso decennale con l’Everest MioVolley?

    “Questi dieci anni all’Everest sono stati un’altalena di emozioni. Dal 2014 al 2017 siamo passati dalla Prima Divisione alla B2 con una straordinaria serie di promozioni. Dopo aver confermato la categoria, quando sembrava essere giunto il momento buono per il salto in B1, è arrivato il Covid. Alla fine, siamo riuscite a centrare la promozione per il numero di punti conquistati fino allo stop del campionato, ma sicuramente non aveva il valore di una promozione conquistata sul campo. Nelle due stagioni successive abbiamo giocato in B1, anche se poi abbiamo dovuto affrontare diverse difficoltà. Infatti, la società aveva cambiato proprietà e in quel momento non era in grado di sostenere una categoria di quel tipo. Così, alla fine, siamo retrocesse in B2.

    Invece, la scorsa stagione è stata magica, visto che ci siamo riprese la B1 dominando il campionato e abbiamo vinto la Coppa Italia al Pala Dozza di Bologna. Dunque, è stato un percorso lungo e intenso. Le soddisfazioni più grandi dal punto di vista personale sono legate alla ritrovata fiducia e alla rinnovata passione per uno sport che mi aveva dato filo da torcere. Per quanto riguarda la società, c’è la soddisfazione di essere arrivate in Serie B1 partendo dalla Prima Divisione“.

    Come sta andando la stagione 2023-2024? A distanza di diversi anni, il ginocchio le dà ancora noia?

    “Quest’anno stiamo disputando un campionato di tutto rispetto perché attualmente siamo quarte nel nostro girone di B1. Dobbiamo ancora affrontare scontri diretti complicati, anche se partiamo dalla consapevolezza di aver ottenuto con ampio anticipo la salvezza aritmetica. Peccato solo per gli infortuni che hanno colpito alcune giocatrici del sestetto titolare, perché altrimenti avremmo potuto dire la nostra in ottica playoff. Fisicamente sono stata bene, ma devo dire che anche nelle scorse stagioni il ginocchio non mi ha mai dato grossi problemi. Ho solo avuto la necessità di fare un piccolo ‘intervento di restauro’ nel 2018, ma comunque era una cosa programmata al fine di gestire meglio i carichi di lavoro. Quest’anno ho avuto un piccolo problema al collo che mi ha fatto saltare qualche partita, ma si tratta di un normalissimo infortunio che può capitare nella carriera di un’atleta“.

    Ripercorrendo il suo percorso pallavolistico non viene assalita da un certo senso di amarezza? Non ha qualche rimpianto per quello che poteva essere e non è stato?

    “Anche se me lo chiedono in tanti, è una domanda che mi sono mai posta perché probabilmente mi avrebbe portato all’autodistruzione. Quando ho capito che non proseguire il percorso in Serie A era la cosa migliore per me, ho preso in mano la mia vita, le mie consapevolezze e i miei bisogni. L’ho fatto con tanta fatica perché inizialmente non era una decisione troppo condivisa dalle persone che mi stavano intorno. Però, penso che fosse la decisione giusta per il mio bene. Infatti, se avessi continuato – ammesso di riuscirci, perché reggere i ritmi della Serie A con la mia situazione fisica sarebbe stato complicato – non so se avrei guadagnato qualcosa in termini di salute.

    Quindi, è stata una decisione sofferta ma necessaria, di cui ancora oggi vado molto fiera perché, a dispetto di una società che ci impone sempre di essere invincibili e indistruttibili, sapersi fermare e pensare a quello che ognuno di noi ha bisogno davvero è una risorsa importante. Insomma, non ce ne facciamo nulla delle vittorie in bacheca, se poi stiamo male e non ci sentiamo a nostro agio. Certo, ora sto conducendo una vita molto diversa da quella che mi sarei aspettata 15 anni fa, quando ero una ragazzina che si allenava tante ore al giorno facendo rinunce e sacrifici. Però, è una vita che ho desiderato e che mi ha portato comunque a togliermi grandi soddisfazioni e ad acquisire le mie consapevolezze“.

    Quali sono i suoi sogni, obiettivi e progetti per il futuro, dentro e fuori dal campo?

    “È un periodo di grandi riflessioni per me e il tempismo della domanda è perfetto. Per quanto riguarda la pallavolo, credo di aver già detto la mia a sufficienza. Perciò, dopo questa stagione penso di poter serenamente dire ‘basta’ con il volley giocato e lasciare spazio a chi è più giovane e più sana fisicamente di me. Sono convinta della mia scelta. Ovviamente poi vorrei iniziare a esercitare da psicologa, magari rimanendo in ambito sportivo.

    Come sogno, mi piacerebbe entrare stabilmente in uno staff come Psicologa dello Sport con l’obiettivo di favorire il benessere psicologico di ragazzi che si trovano a competere ad alti livelli e che a volte non hanno gli strumenti necessari per superare certi ostacoli. Da un lato sarebbe la dimostrazione che il mio percorso formativo mi ha permesso di rientrare nel mondo dello sport sotto altre vesti; dall’altro vorrebbe dire che c’è una nuova sensibilità rispetto a una figura professionale come la mia. Per esempio, ai tempi dei miei infortuni non c’era o comunque non era parte integrante dello staff. Forse è stato anche questo il motivo per cui ho deciso di intraprendere un percorso del genere“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Sofia Valoppi: “Ogni partita con Roma è stata un’occasione per imparare”

    Una stagione di Serie A1 femminile è caratterizzata da una miriade di storie diverse contenute una dentro l’altra, come una matrioska. Giovani che fanno il salto di qualità, giocatrici che aggiungono elementi al proprio gioco, gregarie indispensabili per il rendimento della propria squadra: seguire tutti gli intrecci narrativi è un esercizio molto complicato. Ma il fatto che talvolta alcune di queste storie non riescano a finire negli highlights o nelle discussioni sui social network non significa che esse siano meno importanti. E Sofia Valoppi rappresenta questa categoria meglio di tante altre.

    Determinante sia in ricezione sia in difesa, il giovane libero (uno dei talenti scoperti dall’agenzia Gold Sport) è esploso ad alti livelli diventando implacabile in tanti piccoli dettagli che alla fine si sono rivelati decisivi per il campionato da rivelazione dell’Aeroitalia Smi Roma. Una stagione esaltante che Sofia ci racconta in esclusiva nella nostra intervista.

    Foto LVF

    È calato il sipario su una stagione molto positiva per Roma. Le va di tracciare un bilancio finale?

    “Sicuramente il bilancio finale è molto positivo. All’inizio speravamo di vivere una stagione del genere, ma allo stesso tempo sapevamo che non sarebbe stato facile. Quindi, per noi rientrare tra le migliori otto squadre della regular season e giocare i quarti di finale dei Play Off Scudetto e della Coppa Italia è stato come vincere la nostra piccola Champions League. Penso che questa stagione sia stata un successo e sono contenta di aver vissuto un’esperienza fantastica. Probabilmente non potevamo chiedere di più“.

    C’è stato un momento di svolta che vi ha dato l’opportunità di capire che i Play Off erano un traguardo possibile?

    “Non sono sicura che ci sia stato un vero e proprio momento di svolta. Però, al termine del girone di andata abbiamo capito che l’obiettivo Play Off era alla nostra portata. Così, dopo aver attraversato un periodo in cui non eravamo al meglio dal punto di vista della forma fisica, ci siamo subito riprese e alla fine abbiamo raggiunto un grande traguardo“.

    Foto LVF

    Secondo lei, qual è stata la miglior qualità di Roma?

    “Probabilmente le nostre migliori qualità sono state la resilienza e la costante voglia di metterci alla prova e fare bene contro tutti in un campionato di altissimo livello“.

    Da romana doc, che effetto le ha fatto rappresentare la squadra della sua città? E cosa ha pensato quando si è ritrovata titolare nel corso della stagione?

    “Vestire la maglia della squadra della mia città è stato emozionante, un grande onore e una responsabilità importante. Quando mi sono ritrovata a giocare da titolare, ho pensato che fosse arrivato il momento di dare il massimo perché opportunità del genere possono capitare anche solo una volta nella vita. Alla fine, mi sono divertita molto e mi sono goduta l’intera esperienza, ma allo stesso tempo ho capito che c’è ancora tanto da lavorare“.

    Roma, oltre a strappare il pass per i Play Off, ha valorizzato tutte le individualità. Ha avvertito questa sensazione? In quali aspetti pensa di essere migliorata maggiormente?

    “Sì, ho avvertito questa sensazione. Credo che tutte noi puntavano a metterci in luce e a tirare fuori il meglio di noi stesse perché giocare nel miglior campionato del mondo è inevitabilmente un’ottima vetrina. E devo dire che ho trovato molto stimolante questa dinamica. Alla fine, penso di essere migliorata sotto tutti gli aspetti: fisico, tecnico e mentale. Ogni partita è stata l’occasione per imparare cose nuove, che poi ho messo nel mio bagaglio pallavolistico“.

    Foto LVF

    Quello del libero è un ruolo particolare. Più istinto o tecnica? Quanto conta l’esperienza?

    “Penso che non sia semplice comprendere fino in fondo questo ruolo. Inevitabilmente la tecnica è una base molto importante, perché toccando pochi palloni non puoi permetterti di fare troppi errori. Però, nel mio caso, tante volte l’istinto e il carattere prevalgono sulle alcune mancanze tecniche. Ovviamente anche l’esperienza è fondamentale e me ne sono accorta proprio quest’anno: partita dopo partita avvertivo la sensazione di fare sempre meglio e giocare con più sicurezza“.

    Come vive la responsabilità di dover sbagliare poco o nulla in ricezione e in difesa?

    “Per una ragazza molto puntigliosa come me, non è facile vivere bene la responsabilità di sbagliare poco: penso che sia un aspetto correlato al carattere e alla consapevolezza delle proprie qualità. Talvolta prendersela per un errore può anche trasformarsi in uno stimolo positivo, ma in altri casi ti fa entrare in un loop mentale che rende tutto più difficile. Dunque, bisogna trovare il giusto equilibrio per gestire questa situazione. E credo che piano piano io ci stia riuscendo“.

    Foto LVF

    Quali sono i suoi sogni per il futuro?

    “Sono davvero tanti i miei sogni nel cassetto, anche se non me la sento di rivelarli tutti. Sicuramente posso dire che quest’anno se ne è realizzato uno, perché giocare da titolare in Serie A1 per la squadra della mia città è stato qualcosa di magico. Per il resto, spero di diventare qualcuno di importante nella pallavolo: questo sport mi ha dato tanto e perciò ora voglio contraccambiare“.

    Partendo da un foglio bianco, cosa inserirà nella sua off-season?

    “Prima di tutto il mare, perché ho proprio bisogno di staccare e rendermi conto di ciò che è successo quest’anno. Poi vorrei rivedere amiche e amici sparsi in tutta Italia, viaggiare il più possibile e ricaricare le batterie in vista di quello che verrà“.

    In chiusura dell’intervista, ci racconta com’è Sofia Valoppi fuori dal campo? Quali sono le sue passioni?

    “Sono una ragazza molto semplice, a cui piace fare tutto ciò che la fa stare bene, come viaggiare, andare in spiaggia e vivere momenti spensierati con gli amici. Al di fuori della pallavolo, non ho molte altre passioni, ma semplicemente amo circondarmi di persone a cui voglio bene per passare del tempo insieme a loro“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Dayana Kosareva: “Con Perugia ho imparato a giocare sotto pressione”

    Dayana Kosareva ne ha vissute diverse di carriere, in barba a qualsiasi declinazione di linearità. Ha impressionato fin da subito gli osservatori per le sue notevoli qualità tecniche e doti fisiche, entrando nel giro delle nazionali giovanili e diventando una delle promesse più interessanti del Bruel Bassano. Dopodiché ha indossato l’armatura e abbandonato il nido, accumulando esperienze, gioie e dolori che ne hanno guidato il passaggio all’età adulta, dove i sogni persistono ma l’ovatta viene poco a poco strappata dallo spessore doppio della quotidianità e di tutto ciò che essa contiene. Oggi, a ventiquattro anni, la schiacciatrice della Bartoccini Fortinfissi Perugia è una giocatrice con tanto da raccontare, analizzare e, al contempo, poter ancora desiderare.

    In un’intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS, Kosareva ha parlato del suo percorso, della stagione in Umbria e delle emozioni per la promozione in Serie A1 appena conquistata.

    Foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Per cominciare, le va di raccontarci l’annata della promozione in A1 di Perugia?

    “Questa stagione è stata intensa: iniziata lo scorso 17 agosto con il raduno, andrà avanti fino al 29 marzo, anche se abbiamo già raggiunto la promozione. Finalmente posso dire di aver capito cosa vuol dire giocare sotto pressione e scendere in campo con l’obbligo di vincere soprattutto quelle partite in cui parti favorito. È stata anche una stagione emozionante, che ci ha regalato vittorie speciali come quella contro Busto Arsizio“.

    C’è stato un momento che vi ha dato l’opportunità di capire che si poteva fare qualcosa di importante?

    “Ho capito che avremmo fatto qualcosa di importante alla prima partita di campionato. Eravamo molto emozionate per l’esordio stagionale davanti ai nostri tifosi. Una partenza con i fuochi d’artificio perché affrontavamo Brescia, una squadra che inizialmente puntava a fare bene. Pronti, via e le nostre avversarie hanno vinto i primi 2 set. A quel punto, però, abbiamo iniziato a rimboccarci le maniche e piano piano siamo riuscite a ribaltare il risultato vincendo al tie break. Lì ho capito che sarebbe stata un’annata speciale perché avevamo dimostrato di saper soffrire e reagire alle difficoltà“.

    foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Quali sono stati i punti di forza che vi hanno permesso di dominare il campionato di A2 e vincere la Coppa Italia di categoria?

    “Penso che i nostri punti di forza siano stati la costanza, la capacità di mantenere il focus sul nostro obiettivo e la voglia di vincere. Nel corso di una stagione è normale affrontare piccoli acciacchi, stanchezza o cali di forma, ma noi siamo state brave a spronarci vicendevolmente durante ogni allenamento e ogni partita, avvicinandoci all’obiettivo passo dopo passo“.

    Se ripensa alla finale di Coppa Italia con Busto Arsizio, qual è la prima immagine che le viene in mente?

    “Direi il palazzetto: immenso, rumoroso e pieno di tifosi. Mi porterò dietro quest’immagine per tanto tempo perché giocare in un’atmosfera del genere regala emozioni uniche“.

    Foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Diamo uno sguardo ai suoi numeri in campionato: 295 punti con il 42,1% di positività in attacco, il 31,4% di ricezione perfetta, 29 muri e 33 ace in 27 presenze. È soddisfatta del suo rendimento?

    “Penso che questi numeri descrivano al meglio una giocatrice di equilibrio, in grado sia di dare un contributo in seconda linea, in ricezione, in difesa e in battuta, sia di scaricare l’attaccante principale. Sicuramente sono soddisfatta del mio rendimento: per me questa stagione è un punto di partenza per puntare sempre più in alto“.

    In generale, che ambiente ha trovato a Perugia? Sul suo elevato rendimento quanto ha inciso questo fattore?

    “Mi piace molto Perugia. Innanzitutto, è una realtà perfetta per chi ama vivere immerso nella natura: c’è tanto verde intorno alla città, al punto che ti può capitare di incontrare 8 cinghiali sotto casa, come è successo a me! Anche con la società mi sono trovata benissimo. In particolare, la nostra team manager Carmen Pimentel è stata un punto di riferimento importante, dal momento che non ha mai fatto mancare il suo sostegno psicologico. Da una grande ex giocatrice come lei si impara tanto anche solo ascoltando quello che dice“.

    Foto Bartoccini Fortinfissi Perugia

    Cosa si porterà dietro di questa stagione?

    “La perseveranza, le parole preziose della nostra team manager, il calore dei tifosi e i bellissimi paesaggi perugini. Vorrei sottolineare soprattutto l’importanza dei nostri tifosi: durante l’anno non è mai mancato il loro appoggio, che per noi è una fonte inesauribile di energia“.

    Nel percorso pallavolistico di una giocatrice, i 24/25 anni sono spesso indicati come un momento importante per tracciare un primo bilancio. Com’è quello di Dayana Kosareva?

    “Sin dalle giovanili mi sono sempre impegnata per cercare di eccellere. Ho fatto una lunga gavetta e ora sono arrivata a vincere un campionato. Dunque, sono soddisfatta del mio percorso. A 24 anni mi sento ormai pronta ad affrontare un campionato di alto livello“.

    Che giocatrice sente di essere oggi? E quali obiettivi si è posta per i prossimi anni?

    “Quando ho iniziato a giocare in Serie A a 17 anni, le compagne più esperte mi hanno fatto capire cosa vuol dire mettere se stessi a disposizione del collettivo. E anche in questa stagione sono riuscita ad essere quella giocatrice di equilibrio che nei momenti di difficoltà aiuta la squadra a ritrovare compattezza. Per quanto riguarda il futuro, spero di fare sempre meglio, vincere altri campionati di Serie A2 e magari tornare a giocare in A1, dove ho potuto saggiare un livello di gioco, di velocità della palla e di fisicità che non si trova in cadetteria“.

    Foto Instagram Dayana Kosareva

    Un’ultima curiosità. Com’è nata la sua passione per i motori, e in particolare per le due ruote? Se dovesse associare un modello di moto alla Bartoccini di quest’anno, quale sceglierebbe?

    “La mia passione per i motori impressiona sempre tutti, ma è qualcosa di naturale. Da piccola ho sempre preferito giocare con le macchinine piuttosto che con bambole. Poi, a 9 anni, ho fatto il primo giro in moto e da lì ho iniziato a sognare di averne una tutta mia. E così è stato. Se dovessi associare la Bartoccini a un modello di moto? Questa domanda mi mette un po’ in difficoltà perché ce ne sarebbe più di una… Alla fine, però, direi la Dorsoduro dell’Aprilia, una moto particolare che è in grado di affrontare i terreni più ‘scomodi’ e che al momento giusto sa andare anche veloce“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Giampaolo Medei: “Dalla Polonia bisognerebbe cominciare a imparare”

    Prima Coppa europea per l’Asseco Resovia, prima CEV Cup nella storia per una squadra polacca, secondo trofeo continentale dell’anno per un paese che sogna uno storico “triplete”. La finale vinta dai biancorossi di Rzeszow contro l’SVG Luneburg ha il dolce sapore della prima volta un po’ per tutti; non per l’allenatore Giampaolo Medei, che questa competizione l’aveva già vinta nel 2017 a Tours, ma che sta comunque vivendo l’ennesima stagione di successo della sua fortunata carriera fuori dall’Italia. È il tecnico marchigiano a raccontarci, in un’intervista esclusiva, l’euforia della sua squadra e di tutto l’ambiente.

    “Per la verità non abbiamo avuto molto tempo per festeggiare – ammette Medei – perché quest’anno il calendario in Polonia è veramente crudele: giochiamo ogni 3 giorni da ottobre e siamo già partiti per una nuova trasferta, quindi ci siamo goduti la vittoria solo per un giorno. Detto questo, in Polonia il nostro successo ha avuto un’eco incredibile, un po’ perché è la nostra prima coppa e molto perché in tanti sognano l’eventuale en plein europeo: se ne parla dappertutto, c’è una grande risonanza“.

    Foto Asseco Resovia

    L’Asseco è arrivato in CEV Cup dalla Champions League, in cui aveva ottenuto 3 vittorie, e in 12 partite ha affrontato avversarie del calibro di Trento (che ha anche sconfitto a domicilio), Tours, ACH Ljubljana, Zawiercie, Fenerbahce e appunto Luneburg. Altro che “coppetta”…

    “Sì, il percorso è stato impegnativo, in particolare i quarti contro lo Zawiercie: prima di tutto perché è una squadra molto forte, che ha rifilato un doppio 3-0 a Milano, e poi perché lo abbiamo affrontato in grande emergenza. Tra dicembre e gennaio ci sono mancati Zatorski, Kochanowski, Drzyzga, e anche Cebulj stava rientrando da un infortunio. Vincere 3-0 in casa è stata un’impresa e credo proprio che quello sia stato il turno decisivo“.

    In quella gara di resistenza che è la PlusLiga, adesso l’Asseco Resovia ha la fortuna o l’abilità di presentarsi al meglio al giro decisivo.

    “Finalmente siamo al completo, e puntiamo a mantenere il quarto posto in classifica, raggiungendo il prima possibile la certezza matematica per poterci garantire una settimana piena di lavoro. I playoff quest’anno in Polonia dureranno solo 3 settimane, con gare di andata e ritorno ed eventuale Golden Set in tutti i turni: in questo senso noi possiamo dire di avere un piccolo vantaggio, perché a questa formula siamo ormai abituati! Il nostro obiettivo è vincere una medaglia: l’anno scorso ci siamo riusciti arrivando terzi e ci piacerebbe almeno ripeterci, o anche fare meglio, perché la mia squadra quando è al completo può giocarsela con tutti“.

    Foto CEV

    Da tanto tempo si parla di un campionato polacco ormai competitivo con quello italiano, e i risultati delle Coppe sembrano confermarlo. Lei cosa ne pensa e quali sono le differenze?

    “Io credo che il livello delle squadre più forti sia simile, ma che il paragone non si possa fare perché le condizioni sono molto diverse. Se nel campionato italiano aggiungessimo 4 squadre e togliessimo uno straniero dal campo, se ne potrebbe parlare… sono fattori molto condizionanti. Certo, la Polonia ha la fortuna di avere in casa una grande quantità di giocatori, di alto ma soprattutto di medio livello, cosa che non si può dire per l’Italia. Aggiungo che loro hanno guardato molto all’Italia a partire dal 2000, e da noi hanno copiato tante cose e continuano a farlo: dal punto di vista organizzativo e delle strutture, infatti, molti aspetti sono simili. Io credo che ci abbiano raggiunto e che in alcune cose siano anche avanti, e forse anche dall’Italia si farebbe meglio a guardare un po’ a quello che si fa in Polonia: è vero che la concorrenza fa bene, ma bisogna usarla come ispirazione, altrimenti non serve“.

    In che cosa ci si potrebbe ispirare alla Polonia, per esempio?

    “Sicuramente loro sono molto più avanti di noi nel seguito enorme che ha questo sport e nella visibilità mediatica. Avere tutte le partite in diretta tv aiuta immensamente ad attirare sponsor e appassionati. Del resto basta pensare che fino a vent’anni fa qui non esisteva nemmeno un campionato professionistico: avevano una grande tradizione con la nazionale, ma a livello organizzativo c’era il nulla“.

    Foto Asseco Resovia

    C’è qualche protagonista del campionato polacco che le piacerebbe vedere in Superlega?

    “Partiamo dal presupposto che non è semplice fare uscire dalla Polonia i giocatori più forti, e infatti in pochi giocano all’estero: Leon, Semeniuk, Kurek. Ormai i campionati sono vicini sia a livello tecnico che economico, e molti preferiscono rimanere. Detto questo, a me piacerebbe moltissimo vedere in Italia Tomasz Fornal, un giocatore che magari è poco conosciuto al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori: è uno schiacciatore completo in tutti i fondamentali, come ce ne sono davvero pochi, uno di quelli che in una squadra sono davvero utilissimi. Purtroppo, come dicevo prima, non verrà (ha appena rinnovato il contratto con lo Jastrzebski Wegiel, n.d.r.)!“.

    E a lei, Medei, farebbe piacere tornare?

    “Molto… diciamo che ho sentito molte voci su un mio possibile ritorno e mi piacerebbe che quelle voci si concretizzassero“.

    di Eugenio Peralta LEGGI TUTTO

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    Jordyn Poulter prepara il rientro: “Sono pronta per tornare a giocare”

    Passiamo la nostra esistenza cercando di convincerci che siamo padroni del destino, che le coincidenze, per l’appunto, siano solo coincidenze. Lo facciamo perché abbiamo bisogno di credere che se lavoriamo abbastanza duramente, se abbiamo talento e – perché no – un pizzico di fortuna, tra noi e l’obiettivo che ci siamo prefissati di raggiungere ci sia solo la strada che abbiamo scelto di percorrere. Poi, però, succedono delle cose che ci fanno dubitare di tutto questo, ci fanno pensare che ci sia un disegno di cui riusciamo appena a intravedere qualche linea, un quadro di cui percepiamo qualche pennellata ma non possiamo vederlo ed apprezzarlo pienamente.

    Probabilmente deve essere proprio questa la sensazione che inonda la mente di Jordyn Poulter quando il 3 dicembre 2022 si lesiona il legamento crociato, il legamento collaterale e il menisco del ginocchio sinistro, concludendo con ampio anticipo la sua esperienza alla Igor Gorgonzola Novara. Ma la palleggiatrice statunitense non è tipo da piangersi addosso e, come ha raccontato in esclusiva ai nostri microfoni, il ricordo dell’infortunio sta lasciando pian piano spazio al desiderio di riprendersi ciò che il destino ha procrastinato nel tempo.

    Foto Volleyball World

    Jordyn, innanzitutto, come stai? Com’è stato questo periodo senza poter giocare a pallavolo?

    “Sono contenta di dire che mi sento forte e ho tanta voglia di giocare. Negli ultimi due mesi il ginocchio è stato sottoposto a carichi di lavoro crescenti, e sta rispondendo alla grande. Non sono mai stata lontana dal campo per così tanto tempo e ho dovuto superare tante sfide durante questo periodo; però sono riuscita a trovare anche molti aspetti positivi. In generale, sono grata per ciò che il mio corpo è stato in grado di sopportare e per tutte le persone che mi hanno aiutato in ogni fase del mio recupero“.

    Affrontare una riabilitazione lunga e faticosa ti può mettere a dura prova dal punto di vista mentale. Come sei riuscita a restare positiva e ottimista in questi mesi?

    “Certamente ci sono stati momenti più difficili di altri. Non avevo mai dovuto affrontare alcuni dei ‘demoni mentali’ che ho incontrato durante questo periodo. Ad esempio, a volte mi sentivo triste e sola perché per tanti mesi mi sono allenata in palestra senza nessuna compagna di squadra. Mi è mancata quella sensazione di far parte di un gruppo che puoi provare solo quando condividi la routine quotidiana con persone che lavorano insieme a te per raggiungere un obiettivo. Allo stesso tempo, però, mi ritengo fortunata ad aver ricevuto un supporto costante, un grande sostegno morale e tanto amore da allenatori, preparatori, amici e familiari che hanno sempre creduto in me“.

    Foto LVF

    Cosa facevi per passare il tempo durante il periodo della riabilitazione?

    “Nelle prime fasi, quando potevo muovermi solo con le stampelle, non potevo fare molto: leggevo, facevo puzzle e ovviamente guardavo partite di pallavolo“.

    Il recupero dall’infortunio può dirsi completato? Quando tornerai in campo, pensi che vedremo la stessa Jordyn Poulter di prima?

    “Sono completamente pronta per giocare. Proprio settimana scorsa ho avuto la fortuna di allenarmi nella palestra del Team USA insieme a un gruppo di giocatrici del campionato collegiale. Era da più di un anno che non seguivo un programma di allenamento ‘normale’, e devo ammettere che sono rimasta soddisfatta di come mi sentivo e di come sono riuscita a integrarmi. Penso che sotto certi aspetti la nuova versione di me sia migliore di quella precedente. Ovviamente poi solo il tempo lo dirà“.

    Foto USA Volleyball

    Com’è il tuo piano di allenamenti ora? Su quali aspetti del gioco stai lavorando?

    “Adesso mi sto allenando ad Anaheim e il piano è di continuare a lavorare qui. Nel frattempo, dovrebbero arrivare anche le giocatrici che stanno terminando le loro stagioni con i club. Poi spero di avere l’opportunità di fare parte della nostra squadra nelle prime due settimane della VNL. In questi mesi ho dedicato tanto tempo sull’impostazione di gioco con ricezione negativa, sul muro in situazioni di overload, sull’espansione del mio range di azione per il gioco al centro, e ovviamente ho lavorato anche sulla difesa e sulla capacità di mettermi nelle migliori condizioni per alzare“.

    La VNL e le Olimpiadi di Parigi saranno gli impegni principali dell’estate del Team USA. Quali sono le tue aspettative?

    “Karch (Kiraly, n.d.r.) ci ha insegnato che il miglior modo per affrontare le nostre esperienze e trovare il massimo appagamento e la gioia più grande da esse è quello di non crearsi aspettative. E così sarà il mio approccio all’estate in nazionale. Spero che a Parigi la squadra riesca a mettere in mostra la sua miglior pallavolo non appena entrerà in campo per la prima partita“.

    Come descriveresti la mentalità che ha permesso agli USA di raggiungere grandi risultati in questi anni?

    “Insieme siamo le più forti, facciamo qualsiasi cosa ci venga richiesta al meglio delle nostre capacità e sosteniamoci a vicenda nella buona e nella cattiva sorte. Sono questi i cardini della mentalità che ci ha portato al successo in passato“.

    Foto Instagram USA Volleyball

    L’anno prossimo giocherai nella nuova lega professionistica statunitense di LOVB. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?

    “Proprio così! Penso che il sogno di ogni atleta sia di giocare a livello professionistico, figuriamoci poterlo fare nel proprio paese. Credo fortemente nella ‘mission’ di League One Volleyball e nelle persone che la guidano. È davvero speciale farne parte. Il motivo principale per cui ho deciso di unirmi a LOVB è quello di dare un contributo alla creazione di un nuovo campionato professionistico in America da lasciare in eredità alle future generazioni di pallavoliste“.

    Qual è il tuo ruolo come membro del “LOVB Athletes Council”?

    “Il mio ruolo è di fornire spunti e opinioni, e fare domande che possano aiutare a rendere divertente, piacevole e competitiva l’esperienza delle atlete, con l’obiettivo di migliorare questo campionato. Siamo innanzitutto persone; e poi siamo anche brave nel nostro sport: sono contenta di far parte di un’organizzazione che valorizza l’aspetto umano prima di ogni altra cosa“.

    Fin dagli Anni ’80 sono stati fatti vari tentativi per creare una lega professionistica di pallavolo negli Stati Uniti. Perché LOVB è diversa?

    “Negli ultimi cinque anni, LOVB ha lavorato per costruire una lega professionistica diversa da quelle dei tentativi falliti in precedenza. Nello specifico, abbiamo un approccio che parte dal basso: le nostre squadre verranno incorporate a club locali, così da creare comunità di persone e favorire relazioni a ogni livello. Inoltre, LOVB può contare su un gruppo formato da imprenditori che hanno avuto e tuttora hanno grande successo, e addetti ai lavori della pallavolo di esperienza e altrettanto successo“.

    In Italia hai giocato a Chieri, Busto Arsizio e Novara. Cosa ti hanno lasciato queste esperienze e in che modo ti hanno plasmato come giocatrice e come persona?

    “Mi porto dietro sfide, insegnamenti e ricordi diversi da ogni stagione che ho passato in Italia. Per esempio, a Chieri abbiamo giocato per garantire al club una buona posizione in classifica, lottando tutte le settimane per conquistare punti preziosi. Da giovane palleggiatrice che ero, ho fallito più volte ma è proprio grazie a questi errori che sono riuscita a imparare tanto. Successivamente sono andata a Busto: a metà della mia prima stagione ci era capitato di cambiare allenatore e da lì è iniziata una cavalcata fino alla semifinale di Champions League che ha sorpreso tutti. Quelle due annate mi hanno regalato anche due delle migliori amiche che avrei mai potuto desiderare, Alexa Gray e Jole Stevanovic: ora mi mancano un sacco. A Novara avrei voluto avere più tempo per integrarmi nella squadra, ma evidentemente il destino aveva altri piani. In generale, provo un grande affetto per i club in cui ho giocato nel campionato italiano, così come per tutti gli allenatori, i dirigenti e i presidenti che mi hanno scelta. Dal profondo del mio cuore, dico loro ‘grazie’“.

    In un’intervista dopo aver vinto l’oro alle Olimpiadi di Tokyo, ci avevi detto: “Penso che la parte migliore dei sogni sia che una volta realizzati se ne possano individuare di nuovi! Inseguirò il mio prossimo sogno, ma al momento non so ancora bene quale sia”. Dunque, ti chiedo: quali sono i tuoi nuovi sogni nel cassetto?

    “I miei sogni, in questo momento, sono di guadagnare un posto nel roster che parteciperà alle Olimpiadi di Parigi e di poter alzare lo sguardo durante una partita e vedere i miei genitori sugli spalti che fanno il tifo per il Team USA. Se quest’anno mi ha fatto capire qualcosa, è quanto sono grata alla pallavolo e a tutto quello che ha dato alla mia vita: è bello poter vivere il proprio sogno ogni giorno“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO

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    Romy Jatzko verso la finale di CEV: “Chieri ha tutte le carte in regola”

    A metà stagione è arrivata alla Reale Mutua Fenera Chieri ’76 per aiutare e incidere, come nel suo percorso ha avuto modo di fare praticamente ovunque. Romy Jatzko è una giocatrice ancora giovane ma con tanto da mostrare e raccontare: gli inizi a Berlino, l’apprendistato tra le “grandi” con il Vfb Suhl Lotto Thuringen e l’SSC Palmberg Schwerin, l’esperienza in Svizzera al VC Kanti Schaffhausen, la parentesi in Cina con il Sichuan e il nuovo capitolo della sua carriera in Italia. 

    Ecco la nostra intervista esclusiva alla schiacciatrice tedesca, che mercoledì sarà impegnata insieme alla sua squadra nella sfida di andata della finale di CEV Cup.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Per cominciare, presentati ai nostri lettori raccontando qualcosa di te.

    “Mi descriverei come una persona ottimista, che cerca di vedere il lato positivo di ogni cosa e ha grande fiducia nella vita: credo che tutto accada per una ragione e con un tempismo non casuale. Il volley è sempre stato il mio hobby preferito e sono contenta che ora sia diventato il mio lavoro. Oltre ad essere una pallavolista, mi dedico anche allo studio. Infatti, sono iscritta alla facoltà di Psicologia della Comunicazione: è un campo che mi interessa molto. Infine, adoro fare fotografie ed escursioni immersa nella natura“.

    Com’è nata la tua passione per la pallavolo?

    “Ho iniziato a giocare grazie a mia mamma, che è stata una pallavolista ed è arrivata a vestire la maglia della nazionale tedesca. Pure una delle mie sorelle giocava a pallavolo. Così, dopo aver provato il tennis, ho deciso di passare anch’io al volley e subito mi sono innamorata di questo sport: la sensazione di far parte di una squadra è qualcosa di straordinario“.

    Quali sono state le tappe principali della tua carriera fino a questo momento?

    “Essendo originaria di Berlino, ho iniziato a giocare in un club della mia città. Dopodiché ho deciso di frequentare una scuola sportiva, dove si praticavano vari sport, tra cui anche la pallavolo. Una tappa importante della mia crescita è stata quella allo Schwerin, che in quel momento era una squadra molto forte: al mio fianco c’erano giocatrici fantastiche. Sono rimasta lì per due stagioni e posso dire di aver imparato molto. Successivamente sono andata in Svizzera, dove ho trovato un allenatore tedesco che conoscevo (Nicki Neubauer, n.d.r.). Dopo due anni al VC Kanti Schaffhausen, ho firmato per un club francese, ma poco dopo è fallito. A quel punto ho ricevuto l’offerta del Sichuan e mi sono detta: ‘Perché no?’. Così, nella prima parte di quest’anno ho giocato in Cina“.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Parliamo della tua esperienza al Sichuan. Com’è andata? Hai raggiunto gli obiettivi che ti eri prefissata?

    “La mia esperienza in Cina è stata positiva. All’inizio ero un po’ spaventata, ma anche emozionata per quello che mi aspettava. Devo ammettere che poi tutti (club, allenatori, staff e compagne) mi hanno trattato davvero bene, sono stati gentili e hanno sempre cercato di aiutarmi, rendendo piacevole la mia permanenza in Cina. Dal punto di vista personale, credo di aver raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissata. Ho giocato buone partite, anche se a metà stagione diverse giocatrici della nostra squadra si sono ammalate e da lì è stato tutto in salita. Comunque mi sono divertita, ho imparato tante cose, e quindi sono felice di aver fatto questa esperienza“.

    Quali sono state le sfide e gli ostacoli che hai dovuto affrontare in Cina? Mi riferisco, in particolare, alla barriera linguistica, alla vita in un nuovo paese e allo stile di gioco.

    “Ho dovuto affrontare qualche ostacolo in Cina. Per esempio, la barriera linguistica: molte compagne di squadra non parlavano bene inglese. Ovviamente c’erano anche compagne che lo conoscevano. Così, nonostante avessi un traduttore, non era semplice comunicare. Un altro ostacolo era legato alla differenza di fuso orario: più di sette ore. Quando mi alzavo al mattino, nessuno della mia famiglia e dei miei amici era sveglio. Quindi, dovevo aspettare fino alle 15 prima di ricevere i primi messaggi o le prime chiamate. Invece, per quanto riguarda la visione della pallavolo, penso che non ci siano grandi differenze con l’Europa. Forse si giocava di più, ma nel complesso mi sono divertita molto“.

    E come ti sei trovata con la cucina locale?

    “Era molto difficile trovare cibo occidentale in Cina. Mangiavano un sacco di carne e alcune cose che non avevo mai visto prima. Ero disponibile a provare la cucina locale, anche se non è la mia preferita. Così, a volte, dovevo chiedere di preparare qualcosa apposta per me. Alla fine, però, mi sono abituata ed è stato tutto più semplice“.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Dopo l’esperienza nel campionato cinese, sei approdata in Italia. Quali motivi ti hanno spinto a scegliere la Reale Mutua Fenera Chieri ’76?

    “Sono davvero felice di avere l’opportunità di giocare in Italia. Tutti sanno che la Serie A1 è uno dei migliori campionati al mondo e sono orgogliosa di farne parte: qui ogni partita è impegnativa e si affrontano giocatrici molto brave. Ho scelto Chieri sia perché avevano mostrato interesse nei miei confronti sia perché avevo sempre sentito parlare bene di questo club. Anche il mio agente era convinto che fosse una grande occasione. E poi conoscevo già Camilla (Weitzel, n.d.r.), che gioca a Chieri da tre anni. Perciò, penso che sia stata una buona scelta“.

    Come ti trovi a Chieri? C’è qualche compagna di squadra che ti sta particolarmente aiutando ad ambientarti in questa nuova avventura?

    “Per me è stato abbastanza semplice integrarmi perché ho trovato persone che fin da subito sono state gentili e disponibili: mi sono sentita accolta e ormai mi sento come a casa. Ovviamente la presenza di Camilla in squadra ha reso tutto più facile perché ci conosciamo da tanto tempo e abbiamo giocato insieme nelle nazionali giovanili. Inoltre, Chieri mi piace anche come cittadina: è piccola, ma molto carina“.

    Come sta andando la vostra stagione?

    “Penso che la stagione di Chieri sia stata molto positiva fino a questo momento: arrivare in finale di CEV Cup, dopo aver giocato anche la Final Four di Coppa Italia a Trieste, è qualcosa di grandioso. Sono convinta che, pur avendo in squadra elementi importanti, non sia mai automatico raggiungere certi risultati. Questi arrivano perché tutti – giocatrici, staff e club – stanno dando il massimo. Proprio per questo motivo, non vedo l’ora di scoprire cosa ci attende in questo finale di stagione“.

    Foto Fenera Chieri ’76

    Come vedi la finale di CEV Cup contro il Viteos NUC?

    “Avendo giocato in Svizzera, conosco il Viteos NUC. È una squadra che ha fatto bene anche nelle scorse stagioni. Per loro raggiungere la finale di CEV Cup è un grande risultato, ma certamente non è casuale. La stessa cosa vale per Chieri: c’è una ragione se siamo arrivati fino a questo punto della competizione e sono convinta che abbiamo tutte le carte in regola per dimostrare la nostra forza, proprio come abbiamo fatto nei turni precedenti. C’è grande emozione e siamo pronte a dare il 100%. Senza dubbio, le sensazioni sono positive“.

    Quali sono i tuoi obiettivi pallavolistici a breve e a lungo termine?

    “Al termine della stagione in Italia, andrò in nazionale. Sono davvero entusiasta per questa opportunità e spero di vivere belle esperienze. Conosco già la maggior parte delle giocatrici, quindi penso che mi divertirò. Per quanto riguarda gli obiettivi a lungo termine, un giorno mi piacerebbe giocare in Turchia. Per me sarebbe davvero speciale giocare lì sia perché è uno dei migliori campionati al mondo sia perché renderei orgogliosa me stessa e la mia famiglia, visto che mio padre è turco e io sono per metà turca. Però, sarei molto felice anche se dovessi avere la possibilità di giocare di nuovo in Italia“.

    di Alessandro Garotta LEGGI TUTTO