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    Larizza: “La Lube deve restare lucida, non so quando ma rientrerò!”

    Il centrale biancorosso Jacopo Larizza non si dà pace per aver mancato la sfida decisiva dei Quarti di finale nei Play Off Scudetto a causa di un infortunio last minute alla caviglia. Tra i protagonisti del terzo e quarto round vinti dalla Cucine Lube Civitanova contro la Mint Vero Volley Monza grazie ai suoi ingressi a base di block e grinta, l’atleta cuciniero ha dovuto assistere dall’esterno alla sfortunata uscita di scena dei compagni senza poter dare il suo contributo alla squadra nell’ultimo confronto all’Eurosuole Forum. Occhi lucidi e tanta rabbia in corpo alla fine del match. Il centralone marchigiano, ancora alle prese con una caviglia gonfia, conta i giorni che lo separano dal rientro, ma deve pazientare. Da parte sua c’è la volontà di tornare ad aiutare il gruppo in allenamento e nelle sfide dei Play Off 5° Posto. Ospite venerdì del rotocalco 7×4 di Radio Arancia, Larizza ha risposto alle domande del conduttore Alessandro Ranieri chiarendo che i vice campioni d’Italia non tireranno i remi in barca, ma lotteranno per onorare la maglia nel rispetto dei Predators.
    Jacopo Larizza: “In Gara 5 dei Quarti contro Monza ero seduto ai margini del campo con le stampelle e una caviglia fuori uso per una brutta storta alla vigilia dell’incontro, è stata una sofferenza non aver potuto supportare i miei compagni se non con il tifo. Devo ancora smaltire l’amarezza. Ero convinto del nostro passaggio in Semifinale al termine di una splendida rimonta, ma non è andata così. Onore a Monza che ha avuto un gioco più costante nella serie. Ora dobbiamo guardare subito avanti. Ci attende un Play Off Quinto Posto complicato perché incroceremo altre squadre di valore che vogliono riscattarsi e rivali che daranno il tutto per tutto. Noi dovremo rimanere lucidi e fare del nostro meglio per arrivare fino in fondo e cercare di guadagnarci il pass per la Challenge Cup. Insieme ai miei compagni vesto la maglia di una società di eccellenza che mira sempre al massimo e dobbiamo anche rendere conto ai tifosi che hanno sempre seguito con passione, faremo del nostro meglio per non deluderli. Non so ancora quando potrò tornare in campo, ma la mia stagione non è finita qui”. LEGGI TUTTO

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    Le parole di Diamantini a due giorni dalla sfida esterna con Taranto

    Cucine Lube Civitanova a caccia di punti esterni nelle due trasferte ravvicinate di SuperLega Credem Banca. Il calendario torna a farsi fitto e impegnativo per i vice campioni d’Italia. Alla vigilia dei blitz a Taranto (domenica 11 febbraio, ore 18) e Trento (mercoledì 14 febbraio, ore 20.30) a commentare lo stato della squadra è il centrale cuciniero Enrico Diamantini, che parla di una Lube ben preparata grazie al grande lavoro svolto tra la sala pesi e il taraflex del palas.
    Enrico Diamantini:
    “Dopo un periodo in cui abbiamo lavorato molto bene in campo e in sala pesi grazie a un calendario più soft, da domenica si riprende a giocare ogni tre giorni. Abbiamo sfruttato la parentesi per prepararci al meglio visto che d’ora in avanti avremo a che fare con un tour de force. Al PalaMazzola non sarà una partita semplice perché la Gioiella Prisma Taranto sta proponendo una pallavolo migliore e noi già nel girone di andata abbiamo sudato parecchio in casa con loro. Dovremo essere impeccabili e concentrarci sui nostri meccanismi di gioco, se saremo bravi e concentrati il risultato voluto arriverà. La classifica parziale? Per me rispecchia il valore delle squadre in un torneo in cui tante avversarie sono salite di livello. Per citarne una, in queste stagioni Verona è in crescita. Mancano cinque giornate al termine della prima fase e qualche cambiamento di posizione potrebbe esserci, ma al momento la graduatoria rispecchia quanto si è visto. Noi abbiamo anche una Champions League da portare avanti e, personalmente, non provo un particolare rammarico per non aver chiuso la Pool E a punteggio pieno. Abbiamo vinto il raggruppamento facendo il nostro dovere e solo per una fatalità siamo capitati in una parte del tabellone con abbinamenti scomodi. Hanno inciso anche fattori esterni come la sconfitta di Trento nella serata finale della Fase a Gironi. Gli incastri sono particolari e non erano preventivabili. Ci tocca l’Halkbank come lo scorso anno, cercheremo la rivincita Andremo in Turchia e scenderemo in campo convinti fin dal confronto di andata”. LEGGI TUTTO

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    Personal Time, le parole di David Umek dopo la Coppa Italia

    L’eliminazione dalla Coppa Italia, per quanto possa essere dolorosa, non ha tolto certezze alla Personal Time che sta facendo un buon campionato: “Noi dobbiamo continuare a macinare il nostro gioco – dice David Umek-, in stagione siamo secondi, la squadra è unita e il gruppo è forte. Possiamo toglierci tante belle soddisfazioni in questo finale di stagione che ci attende”.
    Sul match perso mercoledì sera: “E stata una partita sofferta, tirata in tutti i set. Nel primo siamo stati molto bravi facendo una grande pallavolo, poi loro sono cresciuti e se la sono meritata la vittoria finale. Va detto che alcuni episodi hanno fatto svoltare il match verso Savigliano, è stato tiratissimo anche il tie break. Siamo un bel gruppo e volevamo vincerla, questa sconfitta non deve demoralizzarci, ora all’orizzonte ci sono obiettivi alla nostra portata e proveremo in tutte le maniere a raggiungerli”.
    Guarda intervista completa sul nostro canale youtube 
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    Dante Bottini: “Allenare i giovani oggi è difficile, ascoltano meno e quasi non pensano in campo. L’assenza di Federer sul tour è palpabile”

    Dante Bottini (foto Instagram)

    Allenare l’ultima generazione di giovani non è compito facile, perché il tennis ormai è diventato una gara a chi a tira più forte quindi si pensa poco, e pure negli allenamenti le nuove leve hanno difficoltà a prestare attenzione e ascoltare. Questo afferma il noto coach argentino Dante Bottini, 44enne formatosi alla corte di Nick Bollettieri dopo un passato modesto da giocatore, noto per aver esser stato l’allenatore storico di Kei Nishikori e quindi di Dimitrov, Jarry e del giovane cinese Juncheng Shang, rapporto quest’ultimo interrotto dopo l’ultimo US Open. Bottini è stato intervistato in Argentina dal bravo collega Sebastian Torok per La Nacion. Ha rilasciato una lunga intervista, nella quale ripercorre le tappe della sua vita sul tour, raccontando i cambiamenti vissuti negli ultimi anni e rimpiangendo l’assenza di Roger Federer sul tour e negli spogliatoi per il suo carisma e quel plus unico che dava ad ogni torneo, e che a suo dire oggi manca terribilmente.
    Bottini ricorda i suoi inizi con Bollettieri: “Ho iniziato nel 2008, proprio dalla base, con piccoli gruppi, dove non vedevo nemmeno Nick perché era con i migliori dell’accademia. Qualche mese dopo mi hanno dato gruppi di ragazze dai 9 agli 11 anni al mattino e dai 15 ai 16 anni al pomeriggio, e poi ho cominciato a provarci di più. Abbiamo avuto incontri che sono durati molte ore. Ho imparato molto. Nick era un fenomeno, vero appassionato di tennis, espansivo, estremamente esigente e ottimista. Aveva un’altissima autostima e la trasmetteva a tutti, tirava sempre dritto verso il futuro, cercando il meglio. Per tutto il tempo condivideva le storie della sua vita e motivava tutti. Avevamo incontri più volte alla settimana, in cui parlavamo di tutto quello che si faceva in accademia e lui raccontava tanti aneddoti. È stato anche piuttosto divertente lavorare con lui. Abitavo dietro l’angolo dell’accademia, alle 5 del mattino già insegnavo o ero in palestra. Lui andava forte e non si fermava mai, era il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, così fino a oltre 80 anni”. 
    Questa foto del tennis attuale tracciata dal coach albiceleste, con una discreta critica a come si è evoluto lo sport rispetto ai suoi primi anni di vita sul tour: “C’è un cambiamento totale, con Federer fuori, Nadal quasi, vedo Djokovic ancora per un paio d’anni. Ma la nuova generazione è qui, con Alcaraz, Sinner, Rune. Anche con Medvedev, Zverev e Tsitsipas. Il tennis? Oltre ad essere molto fisico, ritengo che il tennis di oggi abbia molta potenza e sia molto mentale. I nuovi giocatori difficilmente pensano a una tattica, tutto viene giocato molto velocemente, molto forte. Se prima c’era poco tempo per pensare… adesso ce n’è ancora di meno. Il secondo servizio viene servito a volte a 200 km/h, cosa impensabile fino a qualche anno fa. La potenza domina. E bene o male? Non lo so. Credo sia più difficile mettere insieme una strategia per l’allenatore, perché al tuo giocatore puoi dirgli qualcosa, ma poi cambia tutto in pochi secondi. Il giocatore ti dice: ‘Ma mi hai detto che sulla seconda di servizio mi avrebbe fatto un kick sul rovescio e invece ha tirato una bomba a 200 al T!’ Per l’allenatore oggi è molto più difficile. C’è meno attenzione. Il giocatore non ascolta molto, quindi questo rende il processo, giorno dopo giorno, più difficile. Il giocatore è quello che ti ingaggia e l’allenatore deve essere paziente e pensare: ‘Bene, lascerò andare questo, ma poi lo riprenderò poi’. Il giocatore attuale ha un deficit di attenzione. Prima ti ascoltavano di più e ti guardavano negli occhi; oggi camminano a testa bassa. Gli dici: ‘Ehi, sto parlando con te’. ‘Sì, ti ascolto’, risponde ed è lì con il telefono e forse ti ascolta ma chissà cosa gli resta in testa di quel che gli dici. È strano, la società sta cambiando tanto. E poi tutto nel tennis è un po’ estremizzato, velocità, fisico”.
    Un’esasperazione che porta anche tennisti di 20 anni a subire già infortuni importanti: Alcaraz, Sinner… “E Korda, Rune… Tutti hanno avuto dolore e problemi, anche se sono da poco tempo sul tour. Si gioca con una potenza tale che le richieste che i giocatori fanno al proprio fisico stanno aumentando. E il corpo non può farcela. Non si parla quasi di quest’aspetto ma invece dovrebbe essere centrale discuterne. C’è un altro problema che i giocatori invece sollevano: cambiare troppe palle. Non puoi giocare tre o più tornei di fila con palline diverse! Le marche di palle hanno modelli molto diversi e quando si gioca provoca cambiamenti nella modalità di impatto. Poi sono in generale troppo pesanti, ti fanno fare scambi più lunghi, il corpo alla fine somma tutti gli sforzi e lo senti nella spalla, nel polso, nelle gambe“.
    Per Bottini l’assenza di Federer dal tour pesante, quel che ha portato lo svizzero nel gioco resta inarrivabile: “Ho condiviso molti momenti con Rafa, Novak, splendidi atleti, ma l’assenza di Roger si fa sentire. Manca tanto. Era un giocatore diverso, con il suo arrivo al massimo livello tutto è cambiato. Non so come spiegarlo, ma i tornei erano diversi quando c’era Roger, chiunque abbia vissuto il tour con lui e dopo di lui te lo può confermare. Il tennis continua, ma quando Roger entrava nello spogliatoio era una presenza… la gente restava senza parole, lo guardava. Quel ragazzo aveva una presenza diversa. Emanava rispetto, non solo giocando a tennis, ma la cosa più importante è che era un ragazzo normale, divertente, con il senso dell’umorismo. Un fenomeno. E trasmetteva rispetto e tranquillità a tutti. Se ti allenavi con lui per la prima volta, prima e dopo ti faceva mille domande per sapere chi sei, da dove vieni, era curioso. Più volte abbiamo parlato dell’Argentina. Mi ha chiesto della religione ed era interessato a come giocano e si allenano gli argentini sulla terra battuta. Ricordo che nel lontano 1997, da junior, abbiamo condiviso un torneo, l’U18 di Prato. Io avevo 17 anni e lui 15. Gli ho mostrato il tabellone del torneo e gli ho detto che se avessi vinto lo avrei affrontato, ma ho perso. A distanza di anni si ricordò tutto quello e mi disse: ‘Ho vinto quel torneo e da lì è iniziata la mia scalata, peccato che non abbiamo giocato contro’. Pochi avrebbero ricordato e detto tutto questo”.
    Tra i giovani, è incuriosito dal potenziale di Shelton: “Ho avuto l’opportunità di affrontarlo quando allenavo Shang. Lo abbiamo battuto ad Atlanta e Washington. È pura potenza! Ha un servizio pazzesco, ma poi sembra che non pensi molto quando gioca. Colpire la palla sempre più forte, sempre più forte… questo il suo stile. Ma fa bene al tennis. Mi piace il suo atteggiamento, grida ma non per rabbia, ride, è positivo, tutti atteggiamenti che provengono dal periodo trascorso al college, dove suo padre (Bryan) era uno dei migliori allenatori. Può portare qualcosa di diverso sul tour”.
    Bottini tra i molti tennisti allenati, è rimasto molto affezionato a Dimitrov, per il suo bel tennis ma anche per il lato umano del bulgaro: “È un giocatore eccezionale, uno dei più talentuosi del circuito. Anche fisicamente è straordinario, si cura moltissimo, è una bestia. Nel tennis è uno dei grandi talenti, tira colpi che quasi nessuno fa. Il rovescio in slice è pazzesco, anche quello a una mano. È un giocatore che è un piacere guardare, uno di quelli per cui paghi un biglietto d’ingresso. Quando entra in un periodo negativo ti viene voglia di andartene perché difficilmente reagisce, questa è la sua grande debolezza. Soffre quando non sta bene emotivamente e lo trasferisce sul campo. Invece quando è felice, può fare di tutto e regalarti il ​​miglior spettacolo”.
    Un’ultima nota su come un coach deve approcciarsi a giocatori di nazioni e culture diverse. Lui ha allenato giapponesi, latini, cinesi, europei… La chiave per Dante è osservare e studiare: “Cerco di osservare molto, di rispettare i loro tempi. Devi abituarti a loro, avvicinarti. Vuoi insegnare dalla tua cultura, ma devi imparare anche dalla loro, affinché tutto sia il più piacevole e funzioni. L’obiettivo è avere la pazienza necessaria per ottenere la migliore esperienza possibile per il giocatore. Non è facile, è una bella sfida, ma mi piace davvero quello che faccio”.
    Intervista davvero interessante, nella quale Bottini anche sottolinea come il treno del tennis cinese sia partito e crede che in futuro possano nascere altri talenti ancor più interessanti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cahill racconta Sinner: “Sorride, è divertente. Lavorare con lui è esaltante, ha ampi margini di crescita. Uno Slam? Lo vincerà”

    Darren Cahill e Simone Vagnozzi (foto welovetennis)

    “Non sono sorpreso del livello raggiunto da Sinner in queste settimane. Conosco il tennis che può esprimere e quello che potremo vedere in futuro. Ha ancora ampi margini di miglioramento e, proprio per questo motivo, lavorare con Jannik è esaltante”. Così inizia la bella e interessante intervista rilasciata da Darren Cahill, coach di Jannik Sinner, al Corriere dello Sport (per i colleghi Nizegorodcew – Ercoli). L’australiano ha maturato in passato esperienze da coach molto importanti, guidando campioni come Agassi, Murray, Hewitt, Halep, e ora sta dando un contributo fondamentale alla crescita di Sinner, trascinatore dell’Italia in Davis nelle finali di Malaga, finalista alle Finals e n.4 del mondo. Cahill nell’intervista ha raccontato molti aspetti del gioco, della crescita e del lavoro con Jannik, che condivide insieme a Simone Vagnozzi, tecnico che stima in modo particolare per la conoscenza del gioco. “Affinché due allenatori lavorino bene insieme è necessario, prima di tutto, che siano disposti a collaborare, a inserire delle regole e a sostenersi a vicenda. E così è stato. Simone è la prima voce, il ‘main coach’, ed è per me un onore lavorare al suo fianco. Credo che tra 20 o 30 anni ne parleremo come di uno dei migliori coach del circuito” racconta Cahill.
    Per Darren sono pochi i giocatori così determinati all’età di Sinner: “Pensando al passato mi vengono in mente gli svedesi Borg e Wilander o alcuni australiani tra cui Cash. La pressione dei grandi palcoscenici non li schiacciava ma, anzi, li spingeva a far meglio. Ed è quello che è accaduto in Coppa Davis a Jannik, che negli ultimi tre mesi, dopo gli US Open, è maturato moltissimo sotto ogni aspetto. Comprende sempre meglio il gioco, conosce ancor di più il proprio corpo, lo ascolta. Sono apparentemente piccoli dettagli che fanno però la differenza. Il lavoro svolto con Umberto Ferrara (il preparatore atletico, ndr) negli ultimi due anni sta dando grandi frutti: Jannik è molto più forte, resistente e anche veloce”.
    “Il trionfo in Canada è stato molto importante, perché si tratta del primo ‘big tournament’, è stato un trampolino di lancio; ma oltre a quel titolo hanno inciso molto i successi su Top10 e Top5. In questo 2023 ha capito tanti aspetti del circuito ATP. Ha imparato molte lezioni. Siamo andati a scuola. Jannik ha preso spunto dalle sconfitte, dalle delusioni. Ha capito cosa migliorare e come. Negli ultimi mesi sta unendo i puntini”.
    Il 2022 è stato un anno di alti e bassi per Jannik, infortuni, qualche delusione, ma per Cahill è stato molto importante: “Il 2022 è stato un anno di insegnamenti, seppur buono sotto il profilo dei risultati. Credo che Vagnozzi sia stata per Jannik manna dal cielo, perché tecnicamente è uno dei coach più preparati che abbia mai conosciuto. Il mio compito, avendo tanta esperienza nel circuito, è stato più quello di capire quale fosse la giusta direzione da intraprendere per il team ed esser sicuro che tutti la seguissero. Alla fine della passata stagione ho anche capito quanto Jannik tenesse alla Nazionale. L’infortunio a Parigi Bercy gli aveva precluso la possibilità di giocare le finali di Coppa Davis e ci era rimasto malissimo”.
    “Piatti? Riccardo ha costruito le basi di Jannik portando avanti un lavoro incredibile. Ho però allenato tanti giocatori e a volte è bello avere a che fare con una nuova voce, opinioni diverse, un paio di nuovi occhi. Una rinnovata ispirazione e direzione. Magari fra tre anni Jannik avrà bisogno di nuovi stimoli e sceglierà un altro allenatore. Il cambiamento spesso è importante per il tennista professionista. Credo che Jannik sia destinato a grandi traguardi a prescindere dai suoi coach, è palese agli occhi di tutti”.
    Ecco dove Jannik è migliorato maggiormente per l’australiano: “Direi lo slice di rovescio, con cui ha lavorato a lungo con Simone in questi mesi. È un aspetto tecnico che gli ha permesso di sfruttare ancor di più la sua arma principale: il dritto. Uno dei fondamentali più incredibili che abbia visto in tutta la mia carriera”.
    Per Cahill c’è ancora molto lavoro per crescere: “La disponibilità al cambiamento è una dote di Sinner: se dovrà cambiare dieta, lo farà; se modificheremo la routine degli allenamenti, non avrà problemi a farlo. E questo ovviamente si rispecchierà anche nel gioco. È disposto a farlo, a superare i propri limiti, a sacrificarsi per migliorare. Lavorare con un atleta come Jannik è un privilegio. Vedrete comunque qualche novità tecnico- tattiche nei prossimi 18 mesi. Servirà tempo per assimilarle”.
    Un bel momento per Sinner, risultati e non solo: “È felice di passare del tempo con i suoi coetanei e anche con persone della mia età. Jannik è come l’acqua che scorre: è in continuo movimento e crea onde che si dipanano ovunque ci sia bisogno. È in grado di adattare la propria personalità, l’umorismo, la sua enorme competitività e di sentirsi così a proprio agio in qualsiasi ambiente. È accaduto anche a Malaga. Come? Ha assorbito l’ambiente Davis totalmente. Sembrava un veterano alla decima finale. È un grande merito di Jannik, che arriva dal profondo del suo essere” .
    La vittoria in uno Slam ormai è un obiettivo: “Sono fermamente convinto che Jannik vincerà uno Slam, questo è l’obiettivo. Non so quando, ma ne è capace. Serve resilienza, fiducia e anche un pizzico di fortuna. Le sue potenzialità non hanno limiti. Noi dobbiamo essere bravi a non mettergli pressione”
    Cahill racconta il programma di Sinner nelle prossime settimane: “Jannik si prenderà un po’ di meritato tempo libero, una dozzina di giorni, perché sono stati mesi estenuanti. Non giocherà la prima settimana di tornei in Australia. La preparazione verrà svolta in Spagna per 2/3 settimane: prima la parte fisica con Umberto Ferrara e poi quella tecnica con Simone. Giocherà un paio di match al Kooyong Classic, un’esibizione molto competitiva e utile che si svolge a Melbourne prima degli Australian Open. I Giochi Olimpici rappresentano una priorità assoluta di Jannik, che ama giocare per l’Italia. Le Olimpiadi sono già nella nostra agenda”.
    La foto di Darren di Jannik fuori dal campo: “Sorrisi, sempre sorrisi. Molto simpatico, intelligente e ancor più competitivo: il momento peggiore della sua giornata è quando perde a carte contro qualcuno di noi! A parte gli scherzi, l’energia che trasmette è coinvolgente”.
    Un ritratto di un grande campione che sta facendo sognare gli appassionati italiani e si presenterà nel 2024 come uno degli uomini da battere.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Sinner parla a TennisTv: “Sono migliorato mentalmente, dettagli che fanno la differenza”

    Jannik Sinner

    Jannik Sinner, una delle star dell’ATP 500 di Vienna appena scattato nella capitale austriaca, è stato intervistato da TennisTv nello scorso weekend. L’intervista ha spaziato dalla sua vicinanza all’Austria, essendo nato e cresciuto a una manciata di chilometri dal paese alpino, alla stagione che l’ha portato a segnare il proprio best ranking e uguagliare il primato storico mai toccato in classifica da un giocatore italiano. Occhi puntati anche su Shelton, fresco campione a Tokyo e primo avversario di Sinner all’Este Bank Open, gustosa rivincita della partita di Shanghai, vinta dal 21enne di Atlanta. Riportiamo le parole di Jannik nell’intervista.
    “È vero, sono nato e cresciuto a soli 7 chilometri dal confine con l’Austria” racconta Sinner. “Le persone che vivono nella parte più nord dell’Italia hanno una mentalità un po’ di diversa da quelle che vivono più a sud, e credo sia interessante perché in Italia c’è molta varietà, non solo dalle spiagge alle montagne, ma anche per come è la gente. Ho sciato molto, sulle Alpi tra Italia e Austria. In Sud Tirolo abbiamo delle piste e aree fantastiche. Vienna è molto vicino a casa, verrà la mia famiglia e anche alcuni amici, sento una certa familiarità quando mi trovo qua”.
    Ricordano a Jannik il suo ottimo anno, con il n.4 in classifica, la semifinale a Wimbledon, i tornei vinti (anche un Masters 1000) frutto di miglioramenti in tanti dettagli del suo tennis: “Credo che tutto il lavoro che abbiamo svolto, soprattutto nella scorsa off season, è stato davvero molto importante. Lo scorso anno è stato di apprendimento, vedere come il mio corpo reagiva in certe circostanze. Quest’anno sono stato in grado di trovare le giuste soluzioni o comunque soluzioni migliori rispetto all’anno precedente. Credo di aver ancora un certo gap, ma è stata un’ottima stagione finora e ci sono ancora importanti eventi da giocare. Sono migliorato fisicamente e anche nella parte mentale che è quella più importante, li sono migliorato, …non così tanto ma in piccoli dettagli che fanno la differenza. Sono felice oggi di ritrovarmi in questa posizione, sapendo di poter ancora limare molti dettagli. Vedremo come andrà il prossimo anno”.
    È n.4 al mondo Sinner, ha agugliato Adriano Panatta e Francesca Schiavone per miglior ranking nella storia di un giocatore italiano. Jannik è felice ma i suoi pensieri sono su se stesso e il suo futuro: “Come ho già detto, non gioco per fare la storia del tennis italiano o qualsiasi altro record storico, gioco per me stesso. E gioco anche per i miei fan perché mi danno tanto, mi spingono a dare il mio meglio e mi danno forza quando perdo. Sono felice di aver fatto qualcosa di storico e lo sono per me stesso. Sono molto contento di condividere questi successi con la mia famiglia, col mio team, i miei migliori amici e le persone che mi sono più vicine. Essere n.4 al mondo significa moltissimo per me, è un grande risultato raggiunto e da qua partiamo per andare ancora più avanti, non ho intenzione di fermarmi. Sono felice e guardo avanti con fiducia”.
    Shelton al primo turno a Vienna, subito un’importante rivincita dopo la sconfitta di Shanghai: “Ben è un tennista in fiducia, nel nostro sport è qualcosa di molto importante. È uno dei migliori NextGen in circolazione, ha un servizio incredibile e lungo l’annata è migliorato moltissimo. Sono felice di poterlo affrontare di nuovo e spero di giocare meglio della scorsa partita contro di lui. Ora ci conosciamo un po’ meglio a vicenda quindi so cosa aspettarmi. Queste sono le sfide che amo affrontare, come ogni volta che perdo contro qualcuno e non vedo l’ora di poterlo riaffrontare per trovare le soluzioni migliori per vincere. Credo che sarà di nuovo una bella partita”.
    Sinner scende in campo a Vienna con un record stagionale di 51 vittorie e 14 sconfitte. È la sua quinta presenza nel 500 della capitale austriaca. Il suo miglior risultato la semifinale del 2022 (rimontato da Tiafoe, una partita che Jannik “ricorda” molto bene…), mentre lo scorso anno si fermò nei quarti di finale battuto da Daniil Medvedev.
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    Barthelemy Chinenyeze: “Sono carico e ho tanta voglia di Lube!”

    In casa Cucine Lube Civitanova riflettori accesi sul rientro a Civitanova Marche di Barthelemy Chinenyeze, che questa mattina ha sostenuto il suo primo allenamento stagionale con la maglia biancorossa in sala pesi. Appena rientrato dopo un’estate di attività intensa con la Nazionale, chiusa dal quarto posto agli Europei della sua Francia e con il pass in tasca per Parigi 2024, Babar ha già ricaricato le pile e vuole dare tutto in casacca cuciniera, a iniziare dalla seduta tecnica odierna con il gruppo.
    Barthelemy Chinenyeze: “Sono carico al punto giusto e altrettanto contento di essere tornato all’Eurosuole Forum. Ho tanta voglia di giocare perché voglio scrollarmi di dosso la coda amara dell’Europeo. La mia Francia mirava al podio, ma ci siamo fermati a un passo dal terzo posto. Sulla sconfitta con l’Italia in Semifinale non posso dire proprio nulla perché gli azzurri hanno giocato molto bene. La svista arbitrale sull’ultimo pallone ci ha dato il colpo di grazia, ma Fabio e compagni hanno meritato. Ora, però, c’è da pensare alla Lube. Mi aspetto una seconda annata soddisfacente a Civitanova. La volontà è di vincere il più possibile perché abbiamo un team costruito per lottare su tutti i fronti e una mentalità che ci consentirà di fare molta strada. Ogni anno in SuperLega Credem Banca si alza il livello perché anche le altre squadre operano bene sul mercato. Milano viene da un torneo sorprendente e può ripetersi, ma se devo identificare una corazzata penso a Perugia, era già attrezzatissima e ha effettuato innesti mirati. Dovrei elencare numerosi Club rivali, ma preferisco pensare a noi. Lavoreremo sodo e daremo il massimo!”.

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    Nadal: “Vivo con un dolore gestibile. Non sento frustrazione per i 24 Slam di Djokovic, ho fatto tutto il possibile, lui ne avrebbe avuta perché lo vive con più intensità”

    Rafael Nadal nel corso dell’intervista

    Rafael Nadal ha rilasciato una lunga intervista al canale tv spagnolo Movistar Plus, nella quale racconta il suo presente, come convive col dolore (che a volte arriva anche solo scendendo le scale di casa e non gli dà tregua per il resto della giornata), le fasi del suo riposo e recupero e i suoi programmi. L’idea è quella di tornare in campo se il suo corpo glielo permetterà. Non ha una data certa per il ritiro, dovrebbe essere il 2024, ma si lascia la porta aperta in caso di un recupero superiore alle proprie aspettative. Anche una battuta sullo storico rivale Djokovic: per Rafa se fosse rimasto il serbo indietro nella corsa al maggior numero di Slam vinti vivrebbe la situazione con maggior frustrazione. Riportiamo diversi passaggi di questa intervista diffusa ieri sera in Spagna.
    “Mi sono operato il 2 giugno e da allora ho fatto altre cose che non avevo mai avuto la possibilità di fare. Sto cercando e riuscendo a godermi altre cose nella vita. Quando ero all’Accademia, l’ultima volta che sono apparso in pubblico ed era il giorno dell’annuncio, non sapevo che dovevo operarmi. In quel momento avevo bisogno di mettere un punto e di una pausa: anche se di mezzo c’è il titolo del Roland Garros, da Indian Wells dell’anno scorso, in cui mi sono rotto una costola giocando con Carlos, è stato un anno e mezzo difficile. Non c’è stato un momento di tranquillità. A volte i risultati mascherano la realtà della vita quotidiana”.
    “Avevo bisogno di tirare una riga e fermarmi. Prima di farlo volevo essere sicuro che fermandomi sarei riuscito a recuperare. Ho fatto un altro giro di visite mediche, analizzando tutto quello che stava succedendo allo psoas e, alla fine, ho visto che non c’era modo di recuperare. Il mio psoas era in pessimo stato, mi dissero che se non mi fossi operato non sarei guarito. Ho deciso di sottopormi ad un intervento chirurgico e da quel momento in poi sembra che l’operazione sia andata bene. Una volta operato, in un’operazione importante in cui hanno colto l’occasione per operarmi l’anca, che non stava molto bene, ho impiegato diversi mesi a riprendermi. I primi sono stati complicati, dolorosi, ma poi ho avuto la fortuna di staccare, passare del tempo con la mia famiglia, andare via da casa per 5 settimane… e mi sono divertito. Ora sono tornato al lavoro, da pochissimo tempo.”
    “Ho visto poco tennis in questo periodo. Ma non perché soffro non potendo competere. Non sono così. Sono uno che volta pagina molto velocemente, non sono uno di quelli che pensano che dovrei esserci, ecc. Questo non mi fa male: guardo gli US Open e non mi fa male lo stomaco per non essere lì. Nel mio caso, arriva un momento in cui sono in pace. È da un po’ che non riesco a stare nei posti in cui avrei voluto essere, ma lo vivo con naturalezza e accetto le cose come vengono. Guardo poco il tennis perché sento bisogno di disconnettermi. Ho visto la finale degli US Open, ho visto la finale di Wimbledon, ma guardo poco perché ho la sensazione che così non mi disconnetterei del tutto. Quando hai fatto qualcosa per tutta la vita, è difficile guardare una partita di tennis e distrarsi. Finisci per analizzare le cose come se poi dovessi giocare all’indomani e questo non ti permette di disconnetterti”.
    “Il dolore? No, non vivo senza dolore, ma con dolore controllato. Non è un dolore che rende amara la mia vita. Il mio carattere, quindi, sta bene. Sono più triste o più fregato quando provo più dolore del necessario. Ho un piede che sai sta molto male, e ci sono momenti in cui il mio piede non mi lascia vivere in pace, ci sono momenti in cui mi è difficile scendere le scale di casa. Quando succede, succede, è difficile essere molto felici”.
    “Mi piacerebbe giocare ancora, ho la speranza di tornare a giocare e di essere competitivo. La speranza non è tornare e vincere il Roland Garros o l’Australian Open, lo dico affinché la gente non si illuda, nel momento in cui mi trovo nella mia vita è qualcosa di molto lontano. Non dico impossibile, perché le cose nello sport cambiano molto velocemente, ma non sono deluso, sono pienamente consapevole delle difficoltà che devo affrontare. Ce ne sono diverse: una è insormontabile, è l’età, perché quando sei avanti con l’età è già complicato; l’altra sono i problemi fisici, che non mi permettono di allenarmi con regolarità al 100%. L’unione di queste due cose fa sembrare praticamente impossibile aspirare a certe cose. Questo mi toglie l’entusiasmo? No, perché alla fine quello che mi entusiasma è giocare ancora, sentirmi competitivo… e poi vedremo dove sarò”.
    “2024, il suo ultimo anno? Ho detto ‘forse’, sarà il mio ultimo anno. Ho detto ‘forse’: se l’avessi detto in un altro modo, non era il mio modo di esprimerlo… e lo confermo. Ci sono buone probabilità che lo sia, perché vedo come sta il mio corpo. .. ma non so come sarà il mio corpo tra tre o quattro mesi, sono sempre aperto a ciò che il futuro può portare”.
    “Ho saltato quattro anni e mezzo di tornei del Grande Slam a causa di infortuni, questa è la realtà. Ma lo sport è anche questo. Non è per questo che sono migliore di Djokovic, perché ho giocato meno. Lui ha avuto un fisico e un modo di giocare che gli ha permesso di giocare più di me. Ho fatto quello che potevo. Forse tornerò e vincerò altri tre Slam, è improbabile, davvero (ride), ma in questo senso non posso rimproverarmi niente”.
    “Il record degli Slam? Non sono frustrato per un semplice motivo: nei limiti delle mie possibilità, ho fatto di tutto per rendere le cose migliori possibili. Sì, puoi vivere frustrato con 22 Slam, per esempio Novak lo vive in modo più intenso. Per lui sarebbe stata una frustrazione maggiore non riuscirci. Forse è per questo che ce l’ha fatta”.

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    “Creo que Djokovic lo vive de una manera más intensa. Para él, hubiera sido una frustración más grande no conseguirlo”.
    #NADALenMovistarPlus, con @juanmacastano, a las 21:45 en + (dial ). pic.twitter.com/KpnRJC9ELM
    — Tenis en Movistar Plus+ (@MovistarTenis) September 18, 2023

    “Non ho mandato nessun messaggio a Djokovic: quando vinci qualcosa di così importante, per esperienza so che è meglio che passi un po’ di tempo per valutare quel messaggio. Lo farò , ma non l’ho ancora fatto. Naturalmente ho mandato messaggi a Carlos quando ha vinto o era vicino a vincere; gli altri… nel circuito non ho più tanti amici, ormai io vengo da un’altra generazione. Federer? Con lui si, ci parliamo di tanto in tanto”.
    “Futuro da allenatore? Perché no? Ma credo che difficilmente prenderà la maggior parte della mia vita futura. Magari qualche settimana con qualcuno, perché no… Vengo dal tennis, dallo sport in generale, e so che lo sport farà sempre parte della mia vita.”
    “Diventare presidente del Real Madrid? Oh… non lo so. Non è nei miei sogni, ma mi farebbe piacere. Ma prima di tutto sono abbastanza realista con me stesso, so quali sono i miei limiti e non so se ne sarei capace oppure no”.
    Una Rafael a 360°, che nonostante una serie infinita di problemi lascia intendere di crederci ancora. Mille e più volte è rinato. Stavolta la ragione lascia pensare che un suo rientro sia più che altro una bella e meritata passerella, per non esser costretto a dire “basta” come l’amico Roger, praticamente rotto. Ma parlando di lui la parola “impossibile” è un concetto molto più vago che per noi comuni mortali…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO