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    Sanzione a Perez: non è il quanto, ma il come che non va bene

    TORINO – Ma alla fine, ragionando a freddo, la punizione inflitta domenica scorsa a Sergio Perez si può considerare giusta o sbagliata, adatta o inadeguata? Non semplice dare giudizi imparziali, ma i 5 secondi che la Fia ha inflitto al messicano per aver infranto la regola secondo cui bisogna tenere una determinata distanza dalla safety car, sono più o meno quel che tutti si aspettavano. Li avevano considerati anche in Ferrari e in Red Bull. Caso mai si può discutere sul fatto che Perez abbia commesso la stessa infrazione per due volte e, nel primo caso, sia stato solo ammonito. Ma effettivamente, come scrivono i giudici di gara, le circostanze generiche c’erano (ovvero, la scivolosità della pista era obbiettivamente difficile da gestire).
    TRE ORE – Quel che non è accettabile è che ci siano volute tre ore (un tempo infinito) quando l’infrazione era evidente a tutti e la possibile sanzione più o meno altrettanto chiara. Tra l’altro, nemmeno mancavano i precedenti ai quali richiamarsi per mantenere una certa uniformità di giudizio. Aspettare la fine, convocare piloti e rappresentanti delle squadre in direzione gara è stato un inutile formalismo da azzeccagarbugli. A parte sottolineare l’inefficienza della Fia, bisogna dire che la mancanza maggiore è stata non riuscire a decidere con la gara ancora in corso, in modo da comunicare ai piloti che cosa sarebbe accaduto. Più giusto per chi era davanti (Perez, appunto) e per chi stava inseguendo (in questo caso Leclerc). E molto più giusto per gli spettatori, che avevano (e hanno in ogni momento) il diritto di sapere che cosa sta accadendo. Non che i due piloti avrebbero potuto fare qualcosa di molto diverso da quello che hanno fatto (ovvero spingere al massimo sino che ne hanno avuto la possibilità). Ma almeno l’avrebbero fatto all’interno di una situazione chiara, anche (e soprattutto) dal punto di vista psicologico. Invece è stata apposta, anziché una medaglia sul petto, un’altra inutile macchia sull’intera Formula 1. LEGGI TUTTO

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    La Fia e i tempi biblici, una zavorra per la Formula 1

    TORINO – No, la Formula 1 non può avere tempi biblici. È una contraddizione in termini, lo sport che vive sulla velocità – in linea teorica (ma anche pratica) lo sport più veloce tra quelli automobilistici – non può essere così drammaticamente lento nel prendere decisioni. Per decidere se Perez abbia o non abbia infranto la regola delle “dieci macchine dietro Safety Car” ci vuole una sorta di camera di consiglio che un tribunale ordinario riserverebbe a reati di gravità indicibile. E ancora (sempre la Fia) non ha detto se qualche squadra abbia effettivamente infranto le regole sul budget cap del 2021. Del 2021. Siamo nel 2022, quasi alla fine.
    LA SUCCESSIONE – Certo, la Fia è stata retta da tanto tempo (forse troppo) da Jean Todt, molto preoccupato del suo ruolo di promotore della sicurezza stradale presso l’Onu. Causa giustissima e nobile, sia chiaro. Ma forse ci voleva un po’ più di attenzione alla parte sportiva. Il caso Masi, in fondo, nasce dal fatto che la scomparsa improvvisa di Charlie Whiting (nel 2019) abbia dimostrato che non c’era una linea di successione. Si è andati avanti sino a fine 2021, poi è scoppiato il bubbone (leggasi Abu Dhabi, gara finale). E la ferita non è ancora rimarginata.
    ORGANIZZAZIONE – L’attuale presidente, Ben Sulayem, intende dare una sterzata in seno alla Fia, ma un conto è dire e altro conto è fare. Nel frattempo la Formula 1 – intesa come la parte che non fa capo all’autorità sportiva – sta vivendo una fase di crescita ed espansione senza precedenti. Per ripetere il concetto iniziale: chi gestisce lo sport della velocità è un organizzazione essa stessa velocissima. La Fia non tiene il passo. E questa è una grave zavorra. A meno che non ci sia dia una bella svegliata. LEGGI TUTTO

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    Niente Superlicenza, Herta non può arrivare. Ora serve una riflessione

    TORINO – La Formula 1 è autarchica, nel senso che vuole “pescare” i nuovi piloti dentro i propri confini: un ossimoro, sia chiaro, perché ci sono piloti di ogni nazionalità. Sarebbe più giusto dire che esiste una sorta di principio ad excludendum, che è quello che ha escluso (appunto) l’americano Colton Herta, cui la Fia non ha concesso la Superlicenza. Sia chiaro, tutto è stato fatto secondo le regole, sebbene – sempre secondo le regole – si sarebbe potuta provare una scappatoia. Ma una questione di opportunità ha fatto propendere per il no.
    MECCANISMO – Nulla di imprevisto e imprevedibile, ma resta il fatto che nel meccanismo che regola la concessione delle Superlicenza (un sistema a punteggio) i campionati americani valgono troppo poco. Questo è il punto e questa è anche la questione che ha creato malumore tra i piloti americani, il sentirsi poco o non sufficientemente considerati. Il nodo esiste, inutile negarlo, a prescindere da qualsiasi considerazione sullo spessore tecnico delle gare d’Oltreoceano. La Fia sostiene che i processi legislativi sono sempre in divenire, il che è vero e innegabile, nulla è mai scritto per sempre. Nel frattempo, Herta resta negli Stati Uniti e la Red Bull (che l’avrebbe voluto per l’Alpha Tauri) seguirà altre strade, che finiranno per toccare anche l’Alpine, la Williams, Mick Schumacher e forse Giovinazzi. Ma queste sono altre storie. LEGGI TUTTO

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    F1, Natalie Robyn è il primo CEO in assoluto della FIA

    ROMA – La FIA ha nominato per la prima volta nella sua storia un amministratore delegato. Sarà Natalie Robyn, già dirigente di Volvo, Nissan e DaimlerChrysler, a ricoprire questo ruolo inedito. La nomina non ha però effetto immediato, ma entrerà in vigore nel “prossimo futuro”, con Robyn che si andrà ad occupare delle performance finanziarie della Federazione internazionale. L’obiettivo, si legge sulla nota ufficiale, è “aumentare e diversificare” i propri ricavi nei prossimi anni.
    FIA in trasformazione
    Il presidente della FIA, Mohammed Ben Sulayem, ha affermato: “La nomina di Natalie Robyn come nostro primo CEO in assoluto rappresenta un momento di trasformazione per la nostra Federazione. La sua vasta esperienza e leadership saranno cruciali per migliorare le nostre finanze, governance e operazioni. Ha una comprovata esperienza nel fornire diversificazione e crescita, oltre a presentare capacità di leadership esecutiva che saranno una risorsa estremamente preziosa per la FIA e i nostri membri”. Queste invece le parole di Natalie Robyn ha aggiunto: “Sono lieta di essere nominata il primo CEO in assoluto della FIA in un momento così importante ed emozionante per la Federazione”. “Non vedo l’ora di lavorare con i membri, il gruppo dirigente senior e il Presidente per fornire la loro visione di riforma e crescita con il coinvolgimento di tutto il personale”, ha poi concluso la CEO. LEGGI TUTTO

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    F1, la FIA nomina il suo primo CEO: è Natalie Robyn

    ROMA – Per la prima volta nella sua storia, la FIA ha nominato un amministratore delegato. Sarà Natalie Robyn, già dirigente di Volvo, Nissan e DaimlerChrysler. La nomina non ha effetto immediato, ma entrerà in vigore nel “prossimo futuro”, con Robyn che si andrà ad occupare delle performance finanziarie della Federazione internazionale. L’obiettivo, si legge sulla nota ufficiale, è “aumentare e diversificare” i propri ricavi nei prossimi anni.
    Le parole di Ben Sulayem
    Il presidente della FIA, Mohammed Ben Sulayem, ha affermato: “La nomina di Natalie Robyn come nostro primo CEO in assoluto rappresenta un momento di trasformazione per la nostra Federazione. La sua vasta esperienza e leadership saranno cruciali per migliorare le nostre finanze, governance e operazioni. Ha una comprovata esperienza nel fornire diversificazione e crescita, oltre a presentare capacità di leadership esecutiva che saranno una risorsa estremamente preziosa per la FIA e i nostri membri”. Queste invece le parole di Natalie Robyn ha aggiunto: “Sono lieta di essere nominata il primo CEO in assoluto della FIA in un momento così importante ed emozionante per la Federazione. Non vedo l’ora di lavorare con i membri, il gruppo dirigente senior e il Presidente per fornire la loro visione di riforma e crescita con il coinvolgimento di tutto il personale”. LEGGI TUTTO

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    F1, Monza non avrebbe meritato un finale anestetizzato

    MONZA – Quel che stupisce e lascia l’amaro in bocca, ripensando al finale “addormentato” del GP di Monza, è che la Fia ha passato tutto l’inverno a riflettere sugli errori di Abu Dhabi. E con essa anche tutti gli altri soggetti del “sistema Formula 1”, tutti a chiedersi come evitare che situazioni critiche (ma non imprevedibili) vengano governate male, nei modi e nei tempi. Poi, alla prima occasione in cui bisogna collaudare le nuove procedure, ecco il naufragio. Intendiamoci: la Red Bull ha una tale vantaggio che Max Verstappen ha meritato comunque di vincere e avrebbe vinto in ogni caso, con Safety Car o senza. Ma perché privare il pubblico pagante (pagante tanto, perché i biglietti sono costosi) di un finale combattuto? La battaglia in pista la vogliono i tifosi, ma anche i piloti e le squadre, la vogliono gli organizzatori del Mondiale (Liberty Media) e gli organizzatori locali (in questo caso, principalmente si parla di Aci nazionale). Perché è stata evitata?

    TRATTORE – In questi casi, in genere, la Fia parla di sicurezza. Un tema giusto, la sicurezza va perseguita sempre e comunque. Ma un trattore in pista per togliere un’auto ferma, sia pure con la gara neutralizzata, non è granché sicuro, diciamolo. Meglio una bandiera rossa, allora. Oppure, banalmente e semplicemente (ma quant’è difficile a volte fare le scelte più facili…), darsi una bella svegliata, nel senso di velocizzare le procedure. Ma è andata così e sinceramente, dopo tre giorni di spettacolo e una straordinaria pole di Leclerc al sabato, Monza non avrebbe meritato un finale così. LEGGI TUTTO

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    Gp Italia, la replica della Fia: “La priorità è la sicurezza”

    MONZA – Tra i protagonisti del Gran Premio d’Italia, sedicesimo appuntamento del mondiale di F1, spicca sicuramente la Fia. La gara si è infatti conclusa sotto regime di Safety Car in seguito alle decisioni prese dopo che Daniel Ricciardo aveva parcheggiato la sua McLaren a bordo pista. Tra ritardi, decisioni controverse e svariati errori, alla fine il pubblico di Monza è stato privato di una conclusione regolare ed ha assistito il trionfo di Verstappen davanti a Leclerc senza che quest’ultimo potesse far nulla. Ciò ha ovviamente sollevato molte critiche, che la Fia ha subito allontanato.
    La Fia contro le critiche
    Attraverso un portavoce, la Fia ha spiegato: “La gara si è conclusa sotto Safety Car, come previsto dalle procedure concordate tra Fia e tutti i team per due motivi: innanzitutto, la nostra priorità è che l’operazione di recupero si svolga in totale sicurezza; inoltre, l’incidente non era sufficientemente significativo da richiedere la bandiera rossa. La durata della Safety Car non c’entra nulla con la procedura. Sono stati fatti tutti gli sforzi possibili per riprendere la gara, ma i commissari non sono riusciti a spingere la vettura nella strada di fuga” si legge ancora. LEGGI TUTTO

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    Gp Italia, la Fia spiega: “Ecco perché la gara si è conclusa sotto Safety Car”

    MONZA – In seguito alle polemiche sollevate dal finale del Gran Premio d’Italia, sedicesimo appuntamento del mondiale di F1, la Fia ha fornito la sua versione attraverso un portavoce. In particolare, è stata criticata la gestione della Safety Car, entrata in pista a pochi giri dalla fine per il problema alla McLaren di Daniel Ricciardo, parcheggiata in pista. Le operazioni di rimozione della monoposto sono infatti andate per le lunghe e la gara si è concluso in maniera “anormale”, ovvero sotto il regime di Safety Car.
    La risposta della Fia
    “La gara si è conclusa sotto Safety Car, come previsto dalle procedure concordate tra Fia e tutti i team per due motivi: innanzitutto, la nostra priorità è che l’operazione di recupero si svolga in totale sicurezza; inoltre, l’incidente non era sufficientemente significativo da richiedere la bandiera rossa. La durata della Safety Car non c’entra nulla con la procedura” spiega la Fia. Infine, il portavoce ha spiegato: “Sono stati fatti tutti gli sforzi possibili per riprendere la gara, ma i commissari non sono riusciti a spingere la vettura nella strada di fuga”. LEGGI TUTTO