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Niente Superlicenza, Herta non può arrivare. Ora serve una riflessione

TORINO – La Formula 1 è autarchica, nel senso che vuole “pescare” i nuovi piloti dentro i propri confini: un ossimoro, sia chiaro, perché ci sono piloti di ogni nazionalità. Sarebbe più giusto dire che esiste una sorta di principio ad excludendum, che è quello che ha escluso (appunto) l’americano Colton Herta, cui la Fia non ha concesso la Superlicenza. Sia chiaro, tutto è stato fatto secondo le regole, sebbene – sempre secondo le regole – si sarebbe potuta provare una scappatoia. Ma una questione di opportunità ha fatto propendere per il no.

MECCANISMO – Nulla di imprevisto e imprevedibile, ma resta il fatto che nel meccanismo che regola la concessione delle Superlicenza (un sistema a punteggio) i campionati americani valgono troppo poco. Questo è il punto e questa è anche la questione che ha creato malumore tra i piloti americani, il sentirsi poco o non sufficientemente considerati. Il nodo esiste, inutile negarlo, a prescindere da qualsiasi considerazione sullo spessore tecnico delle gare d’Oltreoceano. La Fia sostiene che i processi legislativi sono sempre in divenire, il che è vero e innegabile, nulla è mai scritto per sempre. Nel frattempo, Herta resta negli Stati Uniti e la Red Bull (che l’avrebbe voluto per l’Alpha Tauri) seguirà altre strade, che finiranno per toccare anche l’Alpine, la Williams, Mick Schumacher e forse Giovinazzi. Ma queste sono altre storie.


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/formula-1


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