consigliato per te

  • in

    Gilles Simon entra nello staff di Medvedev

    Gilles Simon

    Arriva dalla Francia una notizia alquanto curiosa e “stuzzicante”. L’ex top10 Gilles Simon entra nel team di Daniil Medvedev, affiancando Gilles Cervara, storico coach del russo. L’indiscrezione, anticipata da “We Love Tennis”, è confermata anche dall’autorevole quotidiano L’Equipe, secondo il quale un’ipotesi di collaborazione del nativo di Nizza con il moscovita circola da molti mesi, e ora pare si sia finalmente concretizzata.
    Ritiratosi dal tennis Pro nel novembre 2022, Simon non ha mai nascosto la propria totale ammirazione per il gioco del russo, battuto poche settimane fa da Jannik Sinner nella finale di Melbourne e scivolato al n.4 del ranking, vista la decisione di non difendere i titoli conquistati nel 2023 sia a Rotterdam che a Doha. Daniil rientra la prossima settimana a Dubai, dove già è sbarcato per allenarsi con il suo storico coach, e Simon.
    Forse la predilezione di Gilles per il gioco di Daniil deriva da un similare approccio al tennis tra i due, con il francese che era altrettanto bravo per acume tattico e visione di gioco. Simon infatti, nelle sue migliori annate, era un vero “incubo” anche per i migliori avversari, che portava sempre a giocare in posizioni scomode o solleticando i punti di relativa debolezza. Un tennis davvero cerebrale il suo, instancabile per rincorse e tenuta del campo. Non aveva minimamente il servizio e la potenza di Medvedev, ma a livello di gestione del punto e attitudine nello scambio, di punti di contatto tra i due se ne possono trovare molti. È stato per molti anni uno dei quei giocatori considerato una sorta di spartiacque: Simon non ti regalava mai niente, dovevi batterlo, e se ci riuscivi significava che avevi fatto una buonissima prestazione.
    Dopo la vittoria di Medvedev contro Zverev nella semifinale degli Australian Open, Simon ha espresso senza mezzi termini tutta la sua gioia per il successo del russo sul social X, affermando: “Ahaha non sai quanto sono felice. Daniil Medvedev sei un fottuto genio!”.
    Simon inizierà ufficialmente il suo lavoro con Medvedev dalla prossima settimana, al 500 di Dubai. A detta di Cervara, il ruolo dell’ex n.6 del mondo è ancora da definire ma in realtà molto chiaro. “Quale sarà il titolo di Gilles (Simon)? Non lo so. Consulente, co-allenatore, vice allenatore… non mi interessa per niente dare un ruolo preciso” afferma Cervara a L’Equipe. “Ciò che conterà sarà la qualità del lavoro che faremo insieme, l’armonizzazione dei nostri contributi, la buona dinamica di vita tra tutti i membri del team e ovviamente i risultati… Solo questo sarà importante”.
    Cervara rivela che i primi contatti per un possibile lavoro insieme con Simon sono avviati lo scorso autunno: “Tutto è iniziato dal giorno successivo alla finale degli US Open, ho pensato sulla mia necessità di fare meno settimane in giro, saltando alcuni tornei per motivi personali. Dopo discussioni private, l’idea di Gilles Simon è arrivata qualche settimana dopo. Lui può portarci una sua visione molto dettagliata della partita e degli avversari di Daniil, cose nuove e diverse che appartengono alla sua esperienza e alle sue qualità, e sostenere cose che sono già state fatte e dette con Daniil nei sette anni passati insieme. Ritengo sia interessante e arricchente vedere la partita dal punto di vista di un’altra persona così competente sul gioco, un altro sguardo che può aiutare” conclude Cervara.
    Una notizia inattesa, ma assai stimolante. Dopo il ritiro, molti pensavano che Simon potesse facilmente entrare nei ranghi della FFT con un ruolo da tecnico per i migliori giovani o affiancare la crescita di qualche pro nazionale. Invece eccolo riapparire sul tour in un box di grande prestigio. Dalle parole di Cervara, sembra plausibile che Simon possa viaggiare con Daniil nelle settimane “off” dello storico coach del russo, e magari insieme nei maggiori eventi. Dopo l’annuncio di ieri del ritorno di fiamma tra Rune e Mouratoglou, questa novità a livello di coach è altrettanto interessante, forse ancor più.
    Marco Mazzoni  LEGGI TUTTO

  • in

    Santopadre nuovo coach di Luca Van Assche, i due già insieme a Rotterdam

    Vincenzo Santopadre torna sul tour ATP con il giovane francese

    Vincenzo Santopadre riparte da Luca Van Assche. L’annuncio a sorpresa della nuova collaborazione per lo storico coach di Matteo Berrettini arriva dal magazine Tennis Italiano, che ha ricevuto la conferma dal coach romano, fermo dallo scorso ottobre quando arrivò la clamorosa rottura con l’ex finalista di Wimbledon. Ricordiamo che Santopadre ha cresciuto Matteo fin da ragazzo, portandolo sino alla finale di Wimbledon, alla top10 per due anni, a segnare record storici per il tennis italiano.
    Sembra che Vincenzo sia rimasto molto colpito dalle qualità del talentoso 19enne francese, uno dei giovani sui quali la FFT punta per ritrovare un gruppo di alto livello e completare il ricambio generazionale dall’epoca ricca di successi targata Tsonga, Monfils, Gasquet, Simon e via dicendo, giunta ormai agli sgoccioli. Finora Van Assche, che ricordiamo ha madre italiana, è stato seguito da Yannick Quere, uno dei molti allenatori della federazione transalpina.
    “Luca è un ottimo ragazzo, ha personalità e parla italiano, questo per me è un vantaggio”, commenta Santopadre. “Anche i genitori sono persone di notevole spessore. È una bella sfida, in un’ambiente diverso, sono contento che Luca abbia pensato a me. Perché? Conosce la mia storia, il fatto che con Matteo ho iniziato da giovane”.
    La collaborazione sta per scattare, al prossimo ATP 500 di Rotterdam: “Iniziamo a Rotterdam, lui è appena rientrato dalla Davis, lo seguirò anche a Dubai. Mi sento pronto a questa sfida” conclude Vincenzo.
    Un tennista molto interessante Van Assche, dotato di piedi velocissimi, colpi di buon anticipo con in quali può imporre un ritmo indiavolato. Manca un po’ di potenza, ma nel tennis di oggi la velocità e copertura del campo è altrettanto importante. Attualmente Luca è n.68 ATP (best n.63). Seguiremo con curiosità gli sviluppi della sua carriera. È il secondo giovane francese in pochi giorni a scegliere un allenatore italiano: è della scorsa settimana la notizia di Debru che entra nel team di Riccardo Piatti. Il successo del tennis italiano spingono molti giocatori anche verso i nostri coach.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Berrettini si separa da coach Santopadre

    Una foto dal profilo Instagram di Berrettini

    “Ero indeciso, non sapevo se scrivere qualcosa o comunicarlo e basta.”
    Così inizia il toccante messaggio diffuso su Instagram con il quale Matteo Berrettini annuncia la separazione da Vincenzo Santopadre. Il loro rapporto è stato molto più di quello tra coach e giocatore. Santopadre ha preso un Matteo bambino e l’ha portato alla finale di Wimbledon, superato mille avversità fisiche. Riportiamo il messaggio integrale scritto da Berrettini.
    “Pensavo dovesse essere una cosa solo mia e tua, invece poi ho realizzato che, si, quello che abbiamo costruito, fatto e vissuto è solamente nostro, ma è anche la testimonianza tangibile che i sogni si avverano, che il duro lavoro porta sempre a qualcosa di positivo e che nella vita, a volte, non bisogna prendersi troppo sul serio.Sono arrivato nelle tue “braccia tennistiche” non sapendo ancora cosa volessi fare della mia vita, sei riuscito a farmi sognare lontano, tenendomi però attaccato alle singole giornate che vivevamo. Ogni allenamento un mattoncino, ogni sconfitta una lezione e ogni infortunio un’opportunità per migliorare e tornare più forti.Non credo di poter riuscire a buttare giù qualcosa che possa veramente far capire quello che sento per te. La riconoscenza, l’affetto, il rispetto, l’ammirazione, la gratitudine, la gioia e tutto quello che c’è di bello nel nostro rapporto si possono raccontare solo con un abbraccio…
    Il nostro è un arrivederci professionale che probabilmente accresce ancor di più il rapporto personale. Ti ho sentito con me in ogni difficoltà affrontata negli ultimi 13 anni, e nonostante siano state tante, quando penso a noi sento solo gioia.
    Sono felice e grato alle persone che hanno reso possibile il nostro incontro, e fiero di noi per come abbiamo sfruttato questo regalo che ci è stato concesso.
    Senza di te ci sarebbe stato Matteo Berrettini, ma non ci sarebbe stato “🔨”
    Grazie vinz
    Ti voglio bene”

    Matteo aveva appena comunicato di aver deciso di chiudere qua il suo sfortunato 2023, pensando a riprendersi al 100% e ripartire nel 2024. Vedremo con chi a suo fianco. LEGGI TUTTO

  • in

    Tsitsipas si separa da Philippoussis

    Philippoussis col team Tsitsipas

    È giunta al capolinea la collaborazione tra Stefanos Tsitsipas e l’ex top10 australiano Mark Philippoussis. L’ha annunciato attraverso la “classica” foto su Instagram il due volte finalista Slam (Wimbledon 2003 e US Open 1998), con un ringraziamento per il periodo passato assieme.
    “Grazie per l’opportunità di far parte della tua squadra. È stata una grande corsa ed esperienza, sono orgoglioso di ciò che abbiamo ottenuto insieme nel breve lasso di tempo che abbiamo avuto. Ti auguro salute, felicità e successo per il tuo futuro, dentro e fuori dal campo!” scrive Mark.

    Philippoussis non era sbarcato con Stefanos nei tornei sulla terra in Europa, dopo averlo accompagnato nella doppietta USA di primavera sul cemento. Si ipotizzava che i due tornassero insieme per la stagione su erba dopo Roland Garros, invece è arrivato l’inatteso annuncio. Niente per ora è trapelato dall’entourage del greco, sconfitto in semifinale a Roma da Medvedev.
    Tsitsipas aveva scelto di affiancarsi a Philippoussis non solo per le origini greche dell’aussie, quanto per migliorare le sue qualità sulla rete, sia come esecuzioni che per timeng dell’approccio e posizione sul net. In effetti Mark è stato un grande giocatore di rete, potente, istintivo, uno che in giornata era in grado di battere tutti (ma purtroppo martoriato dagli infortuni per colpa di un fisico molto massiccio). In un’interessante intervista rilasciata lo scorso autunno, Mark aveva parlato diffusamente sul contributo che pensava di poter apportare nel tennis di Stefanos. Essendo un grande atleta, dotato di servizio e ottimo tocco, ma con un’evidente fragilità sul rovescio, spostare in avanti il baricentro del suo tennis poteva essere un’eccellente mossa tattica, ancor più in un’epoca con pochi tennisti che cercano con insistenza la rete.
    Nel 2023 Tsitsipas nonostante sia stato assai consistente (e finalista agli Australian Open, nei quali il suo gioco di rete è stato ottimo) non ha ancora vinto un torneo. Curioso che, con la stagione sull’erba assai vicina, abbia scelto di privarsi di un vero esperto del tennis sui prati. LEGGI TUTTO

  • in

    Francesco Denora confermato sulla panchina del Pool Libertas Cantù

    La stagione 2022/2023 non è ancora finita per il Pool Libertas Cantù: per la compagine canturina il futuro immediato si chiama DelMonte® Supercoppa Serie A2, quello leggermente più prossimo Play-Off Serie A2. Ma nel frattempo il Presidente Ambrogio Molteni sta già lavorando alla programmazione del prossimo campionato, il dodicesimo totale nella seconda serie nazionale, l’undicesimo consecutivo. E il primo “tassello” non poteva essere che il Coach: Francesco Denora è confermato all’ombra del campanile di San Paolo per la seconda stagione consecutiva.
    “Sono molto contento che Francesco sia con noi anche per la prossima stagione sportiva – dice il Presidente Ambrogio Molteni –. Dopo il campionato dei record che è terminato domenica, ed il secondo posto assoluto in classifica con la disputa a Pasquetta della DelMonte® Supercoppa Serie A2, non si poteva fare di meglio in una stagione da incorniciare nella nostra Storia. Se pensiamo che in Serie A2 al momento sono saltate ben 7 panchine delle 14 squadre partecipanti, vuol dire che la lotta per le prime posizioni ha già lasciato il segno, e sono veramente felice di avere sulla nostra panchina un Coach che, con il suo vice Zingoni, sta facendo un ottimo lavoro nonostante le mille difficoltà per la mancanza cronica del Parini e il girovagare in provincia per poterci allenare e giocare. Forse non ci si rende conto del miracolo che abbiamo fatto in questi 3 anni senza impianti canturini, e probabilmente ci accingiamo ad avere un altro anno da girovaghi”.
    “Sono molto contento di questa riconferma – dice il confermato coach canturino –. Ringrazio il Presidente Ambrogio Molteni per la fiducia che mi ha dato ad inizio stagione, nonostante arrivassi da una retrocessione a Mondovì, ma a questo punto penso che la scommessa sia stata vinta, e la fiducia ripagata. La scelta di proseguire insieme mi inorgoglisce: vuol dire che il mio lavoro è stato apprezzato, e si vuole dare continuità a questo progetto tecnico. Da parte mia penso che sia il giusto seguito al mio percorso di allenatore per potermi confermare a questi livelli. Ora la testa è tutta sul finale di stagione: abbiamo ancora degli obiettivi importanti da raggiungere e a cui teniamo molto, ed ogni energia è rivolta a questo”.

    LA SCHEDA
    FRANCESCO DENORA CAPORUSSO
    NATO A: Altamura (BA)
    IL: 05/01/1990
    CARRIERA:
    2015-2019: Rinascita Lagonegro (B1/A2 – 2° Allenatore)
    2019-2020: Aurispa Alessano (A3)
    2020-2021: Aurispa Libellula Lecce (A3)
    2021-2022: Synergy Mondovì (A2)
    2021-…: Pool Libertas Cantù (A2) LEGGI TUTTO

  • in

    Zverev: “Gli allenatori spagnoli hanno la miglior mentalità”

    Alexander Zverev

    Alexander Zverev è a caccia della miglior condizione dopo il lunghissimo stop patito nella seconda parte del 2022 per colpa del gravissimo infortunio alla caviglia rimediato in campo nella semifinale del Roland Garros. Era impossibile aspettarsi chissà quali prestazioni da parte del tedesco nei primi match del 2023. Sbarcato a Doha, Sasha cerca di ritrovare ritmo e sensazioni positive al Qatar ExxonMobil Open, un ATP 250 di grande qualità, con al via tennisti del calibro di Rublev, Auger-Aliassime, il fresco campione di Rotterdam Medvedev e Bautista Agut, che gioca sempre assai bene negli eventi organizzati in medio oriente nella prima parte dell’anno.
    Intervistato dalla stampa locale, Zverev si è soffermato sul discorso coach. Oltre alla presenza fissa del padre, suo primissimo allenatore, il finalista a US Open 2020 ha cambiato davvero tanti allenatori nella sua seppur giovane carriera. Alcuni, dopo la rottura del rapporto di collaborazione, sono andati giù pesanti con lui. Ivan Lendl per esempio ebbe a dire “non si può lavorare con lui”, tacciandolo di scarsa attenzione e dedizione. Altri invece ne hanno riconosciuto la voglia di lavorare e di migliorarsi, nonostante un carattere spigoloso che non sempre rende il lavoro “facile”. Per il diretto interessato, il rapporto con un coach è qualcosa di importante ma difficile da costruire. In generale, Sasha apprezza moltissimo la mentalità degli ex giocatori spagnoli diventati poi coach. Attualmente nel suo angolo siede Sergi Bruguera, ex top10, due volte campione a Parigi e poi capitano di Davis per il suo paese. Ecco le parole di Zverev sull’interessante argomento, incluso il rimpianto della rottura del rapporto con David Ferrer.
    “Perché scelgo coach spagnoli? Per la mentalità. L’ho detto più volte” afferma Zverev. “Penso che lavorare con me a volte non sia facile, perché pretendo molto e ho il mio carattere. Pretendo molto da me stesso e da chi mi sta intorno. Sono una persona estremamente dedita al lavoro, quando si tratta di tennis, quando si tratta del lato fisico, anche quando si tratta di lavorare in palestra. Per questo penso che ci debba essere una certa mentalità da parte di un allenatore per essere in grado di gestirlo. Non ho mai lavorato con un allenatore tedesco, ma so che forse per la mentalità che hanno non mi starebbe molto bene”.
    “Gli allenatori spagnoli, che sia David Ferrer, o che sia Sergi (Bruguera) adesso, mi calzano perfettamente. Ho sempre detto che mi piaceva lavorare con David. Ad essere onesti, non lo avremmo mai lasciato se non fosse stato per il Covid in quel preciso momento, perché le circostanze non erano buone per viaggiare, non poteva tornare dalla sua famiglia, si era ritirato da poco dal tennis. È stato un vero peccato, ho grande stima per lui”. Non una parola invece per Juan Carlos Ferrero, ex n.1 al mondo e suo coach in passato, oggi all’angolo di Alcaraz. Quando i due si separarono, in Spagna parlarono di una rottura piuttosto burrascosa.
    Relativamente alla sua condizione, Sasha afferma che problema alla caviglia è totalmente risolto, ora è necessario ritrovare la forma: “Ci è voluto molto tempo per tornare. In Australia ero ancora molto limitato in quello che potevo fare, non ero completamente libero dal dolore, non potevo muovermi nel modo in cui volevo. Adesso le cose stanno decisamente andando in un’altra direzione. Sto iniziando a godermi molto il mio tempo e sto anche iniziando a ritrovare la mia strada. D’ora in avanti sento di aver davvero la possibilità di vincere”.
    Probabilmente serviranno ancora diverse settimane per rivedere il miglior Zverev in campo. Il tedesco ha un tennis discretamente fisico, spinge molto e deve arrivare bene sulla palla per scaricare la grande potenza ed accelerazione dei suoi colpi. Nelle recenti sconfitte è parso in evidente ritardo di condizione ogni volta che il rivale lo spostava lateralmente, costringendolo a colpire in corsa. Anche la la sicurezza nei colpi è ancora lontana dai giorni migliori. A Doha lo attende un esordio (al 2°t) non esattamente agile: un Andy Murray irriducibile, capace di domare Sonego e lottare duramente su ogni palla. Sarà certamente un bel test per il tedesco.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Claudio Grassi: “Agnese Calzolai gioca con qualità e leggerezza. Il talento? È qualcosa che hai dentro, proprio dei giovani che danno ‘impegno gratis’”

    Agnese Calzolai e Claudio Grassi

    L’ex Pro Claudio Grassi, oggi tecnico nazionale presso il AT Bibbiena, ha vissuto un inizio 2023 intenso accompagnando la piccola e talentosa allieva Agnese Calzolai al Lemon Bowl, dove la toscana è giunta in finale nel tabellone Under 12, battuta in due set dalla favorita del seeding (e grande talento) Victoria Lanteri. Una bella esperienza per Agnese e anche per Claudio, che ci ha parlato della Calzolai e sull’insegnamento ai ragazzi più giovani e di prospettiva. Molto interessanti le parole del coach sull’importanza di insegnare la cultura del lavoro, passo decisivo per la crescita umana e sportiva.

    “Lavoro con Agnese da due mesi e mezzo, da quando mi sono spostato a Bibbiena diventando il direttore della scuola tennis” ci racconta Claudio, “non molto tempo. Quindi il merito della crescita e livello raggiunto dalla ragazza è innanzitutto frutto del suo talento e assolutamente da dividere col suo maestro storico, che la segue da sempre, Tiziano Lunghi. Abbiamo un’ottima sintonia, seguiamo insieme il progetto della Calzolai che già da tempo sta mostrando di avere le carte in regola per provare fare cose importanti. Ricordo che Agnese ha vinto nel 2019 il Lemon Bowl nella categoria Under 8. Per me invece è stata una prima volta alla manifestazione, non l’ho mai giocata nemmeno quando ero uno junior. Ne avevo sempre sentito parlare un gran bene, e devo confermare che è un bell’evento. Si vedono tanti bambini con talento e assai avanti rispetto alla loro età per come affrontano lo sport, dal riscaldamento a come parlano coi loro maestri, come preparano le partite, come fanno defaticamento… quasi fin troppo oserei dire! Agnese per ora è una ragazza che ama il tennis e vi si dedica con grande attenzione, ma affronta la sua crescita in modo più “leggero”. Le piace anche il calcio e la Fiorentina, recentemente ha provato lo sci ed è tornata entusiasta”.
    Che tipo di ragazza è, ce la puoi descrivere?“Fondamentalmente è una ragazza molto coordinata, potrebbe eccellere in qualsiasi sport visto le abilità di base che possiede. Non ha un gioco di potenza, ha molta mano e la considero – insieme ai tecnici di Formia che la seguono come ragazza di interesse nazionale – una tennista universale. A chi può assomigliare? Beh, per trovare una tennista che tutti conoscono potrei dire che ha un gioco un po’ alla Roberta Vinci, ma con qualcosa di Swiatek e perché no un po’ di Pennetta per la facilità con cui colpisce. Non è una che cerca di spaccare la palla con tutta la sua forza, tutt’altro, lei ama giocare lo slice, fare le palle corte, venire a rete, accelerare all’improvviso. Le piace tantissimo giocare gli “strettini” di tocco, ma sa anche tenere in difesa e soffrire da dietro, il tutto sempre eseguito con grande naturalezza. Questo è quel che spicca di più quando la vedi giocare, fa le cose in modo naturale, spontaneo, non c’è tensione o sforzo quando gioca. Intendiamo farla crescere così, senza specializzarla, seguendo anche le linee guida della FIT che parlano appunto di specializzazione non prima dei 17 anni”.
    Il fatto che lei guardi anche oltre al tennis e si interessi nelle cose è un fatto positivo, no?“È un fatto estremamente positivo, che condivido con lei, Tiziano e la sua famiglia. Proprio la famiglia è straordinaria (e non comune) perché asseconda i desideri della figlia, ascolta quel che lei pensa e lascia lavorare noi tecnici che stiamo guidando la sua crescita, dalla scelta dei tornei al modo e quantità di lavoro che facciamo ogni settimana. Se pensiamo che debba fermarsi per lavorare del tempo su qualche aspetto tecnico senza competere, la famiglia segue le nostre indicazioni. Agnese è ancora emotiva, un po’ chiusa, quindi con lei facciamo le cose a piccoli passi, stiamo molto attenti alla sua crescita, ma è evidente che si diverte tanto quando gioca. Si allena, si impegna, ma non la stiamo caricando di lavoro e di pressione eccessiva perché è una ragazzina che affronta le situazioni che le si presentano davanti con grande semplicità e vogliamo che continui così senza stress e ansie alla sua età”.
    Eppure sul web, soprattutto Instagram, ormai dilagano profili di ragazzini e ragazzine più piccole di lei che mostrano sessioni di allenamento, super colpi e un lavoro in campo degno di un Nadal…“È vero e ritengo che sia un’esagerazione, qualcosa che finisce per incrementare pressione e stress che, alla loro giovane età, non sono salutari. Mi piace invece vedere che quando Agnese entra in campo è felice, serena, pensa solo a giocare e divertirsi, pur con impegno e fatica. Purtroppo invece ai nostri giorni si guarda troppo a quel che si trova sui social, tutte storie straordinarie, fanno arrivare il messaggio che se non hai per le mani uno che a 16 anni è un fenomeno, un NextGen da paura, allora sei un fallito… Non è così! Quelli sono marziani, ne nasce uno ogni tanto, farlo capire a famiglia, circoli e volte anche a tecnici non è facile. Abbiamo davanti a noi dei ragazzi molto giovani, li dobbiamo crescere soprattutto come persone e se ci vai troppo pesante, rischi di far crollare tutto quel che hanno costruito. Abbiamo una responsabilità importante su di loro”.
    In molti affermano, scuola inclusa, che è sempre più difficile tenere alta l’attenzione nei ragazzi, soprattutto per colpa dell’eccesso della tecnologia, uso continuo degli smartphone, social, ecc. Visto che tu segui ragazzi di varie età, come vedi la questione, li trovi peggiorati negli ultimi anni da questo punto di vista?“È un argomento delicato. Quando sono arrivato al mio club attuale mi sono inserito in una struttura di discreta dimensione e con un buon bacino d’utenza. Da nuovo direttore, ho comunicato che ci tenevo a inserire delle piccole regole che secondo la mia esperienza prima da giocatore e poi da coach mi hanno aiutato, le reputo importanti. La prima cosa che vedi quando un ragazzo o ragazza arriva al club è che in mano non ha le scarpe, le racchette, ma il cellulare perché prima di entrare in campo o palestra è urgente mandare il messaggino, il social, la foto, ecc. A tutti coloro che hanno una buona qualità e stanno facendo un percorso di allenamento serio verso l’alto livello sto provando a far capire che quando arrivano al circolo il telefonino deve andare subito in borsa; che si deve arrivare almeno 15 minuti prima dell’inizio del lavoro, facendo il riscaldamento in autonomia seguendo i piani stabiliti; che si saluta sempre per primi il maestro, che ci si comporta all’interno della struttura con rispetto e presenza. Può sembrare una banalità, ma ti assicuro invece non lo è. Anche se solo vuoi fare dell’ottimo sport a livello regionale, devi mostrare impegno e focus, soprattutto per te stesso, perché è qualcosa che ti aiuta a crescere oltre il campo da gioco. È importante che i ragazzi capiscano la differenza tra l’apparenza e la sostanza. Quel che conta non è l’apparire, quella foto o quella giocata che mostri online, ma la sostanza, l’essere concreti e realizzare qualcosa di vero, che dura ed è tuo. Devono capire il valore del lavorare in campo con impegno e determinazione, l’andare a rincorrere una palla e salvarla anche se non conta o è fuori e ripartire subito, sono cose che dimostrano la tua voglia, l’impegno, il volerti dedicare a quel che fai, e oggettivamente è una qualità che nei ragazzi si trova di rado. Magari trovano delle scuse per non farlo… Devi fargli capire che ogni palla è un’occasione che serve a loro stessi. Quanto desiderio hai di colpire quella palla ancora una volta e farti valere? Lavorando su questi aspetti puoi cambiare la loro mentalità, si possono ottenere grandi risultati se riesci a farti ascoltare. E soprattutto, alla fine il risultato lo ottengono loro, perché sono loro che migliorano e crescono come tennisti e come persone. Chi riesce a capirlo non solo si applica di più e ottiene di più, ma si diverte di più, trova un focus superiore rispetto a prima. È bello e importante far capire che non sono gli 11 punti di fine allenamento che determinano se la sessione è andata bene o male, ma come l’hai affrontata e quanto ti sei speso: da come ti sei riscaldato a come hai seguito il programma. Noi tecnici cerchiamo di dare ai ragazzi, ma anche i ragazzi devono dare noi seguendoci e mettendoci impegno”.
    Parli di aspetti molto profondi, legati all’insegnamento e al concetto di miglioramento. Le difficoltà forse sono anche colpa della società in cui viviamo, dell’essere abituati all’avere tutto e subito, senza alcuna pazienza per completare un percorso necessario a crescere, magari sperando di diventare un ottimo giocatore?“Purtroppo il problema spesso deriva anche dai genitori, che magari a casa, al circolo col maestro sino a qualche piazzata davanti a tutti arrivano a dire ‘eh, ma io sto investendo su mio figlio…’. Ma che significa… si investe su di una casa, non su di un figlio! Reputo che a un figlio debba esser data un’opportunità di crescita, e poi se diventa un ottimo atleta abbiamo fatto centro. Ma se non lo diventa e ha fatto un percorso scegliendo le persone corrette che gli fanno capire che ci sono delle regole, dei compiti, un lavoro, un obiettivo, sicuramente col tempo e con il sacrificio qualcosa si ottiene sempre. Di sicuro da un punto di vista umano e personale, che è di pari o superiore importanza rispetto al lato sportivo”.
    Si torna al mantra di tanti coach: il talento da solo non basta“Ma alla fine, cos’è il talento? Non è solo saper giocare un diritto in scioltezza, un rovescio in salto… Il talento per me è qualcosa che hai dentro, è nella serietà di fare tutto al meglio ogni giorno, nello svolgere con costanza un’azione finché non diventa automatica con “impegno gratis”, come mi ha insegnato Sartori al corso da coach. Le sue parole mi sono restate dentro: se vedete dei ragazzi che danno impegno gratis, puntate su di loro, hanno talento”.
    In chiusura, pensi quindi che sia molto importante lavorare sulla testa dei ragazzi, fin da giovani, quanto nel gioco?“Assolutamente. L’ho visto anche nella competizione del Lemon Bowl di pochi giorni fa, con tanti ragazzi di talento ma con comportamenti esagerati o che alla lunga non fanno bene. Lavorare sul riconoscimento delle emozioni è importante, è una cosa che andremo ad affrontare anche con Agnese, insieme ad altri aspetti tecnici (il diritto per esempio). Fa bene la Federazione a puntare sulla figura del mental coach per i ragazzi che mostrano un certo talento e propensione alla crescita. Lavorare sulla testa dei giovani reputo sia fondamentale, allenare la mente è decisivo perché si tende ad essere stressati fin da piccoli, magari rincorrendo risultati o precocità”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Tursunov: “Non ho lasciato Raducanu perché Bencic era libera, c’erano ostacoli difficili da superare con Emma”

    Emma con Tursunov

    Dmitry Tursunov è stato certamente l’allenatore più impegnato e “chiacchierato” nel 2022, una stagione per lui molto positiva, trascorsa sulle montagne russe. Aveva iniziato l’anno allenando Anett Kontaveit, che ha vissuto mesi splendidi insieme al coach russo dalla fine del 2021. In estate Tursunov è passato all’angolo di Emma Raducanu, stella del tennis britannico, con la quale non ha ottenuto grandi risultati. Quindi il rapporto tra i due si è bruscamente interrotto da poco, con il coach passato immediatamente all’angolo di Belinda Bencic, attualmente a Bratislava per la preparazione per la Fed Cup. Quest’ultimo spostamento ha destato non poche critiche, soprattutto nel Regno Unito, dove la carriera e vita di Emma è costantemente sotto la lente dei tabloid, affamati di notizie e risultati. Per questo è interessante il parere di Tursunov, non solo sulle motivazioni che l’hanno spinto a mollare “quest’intrigante progetto”, come lui stesso l’ha definito, ma anche sulle prospettive della campionessa di US Open 2021. Ecco alcuni passaggi dell’intervista concessa dal russo a Tennis Majors.
    “Non l’ho fatto. Non è assolutamente vero, non ho lasciato Emma perché c’era libera Belinda, basta con questa storia” spiega Tursunov. “Mi stavo allontanando da Emma indipendentemente dal fatto che ci fosse un’altra giocatrice disponibile o meno. Non eravamo d’accordo sui termini e c’erano alcuni ostacoli (red flags, bandiere rosse li definisce letteralmente, ndr) che non potevano essere ignorati. Non stavo saltando da un giocatore all’altro, non lo farei mai”.
    “Raducanu è una ragazza assolutamente fantastica, lavora sodo e non pensa o si comporta come se fosse una superstar, se arriva questa immagine di lei è completamente errata. Ha fame di migliorare ed è ossessionata dal tennis. Penso che sia una combinazione piuttosto rara. Mi è piaciuto molto lavorare con lei e volevo davvero farlo funzionare. È stata una decisione molto difficile per me lasciare una giocatrice che mi piace e rispetto davvero”.
    Ecco la spiegazione di Tursunov, ricca di dettagli: “Secondo me, Emma è un progetto minimo di due anni e mezzo per essere sicuri di arrivare al risultato sperato. Certo, è difficile per le persone capire come sia possibile un’attesa così lunga per portarla al vertice, perché ha già vinto gli US Open. Ma, secondo me, il suo gioco è molto grezzo e penso che necessiti di molti miglioramenti. Ci vorrà del tempo, ma come ho detto a lei e praticamente a tutti i membri della sua squadra: hai grandissimo talento, ma devi avere solo una voce che ti guida, e provarci per un po’. E poi se non funziona, cancellalo dalla tua lista, ma serve un riferimento unico. Ha un enorme vantaggio: è estremamente talentosa, è molto atletica e coordinata, quindi può riuscire in tante cose che per altre giocatrici restano impossibili. Gli ingredienti sono molto buoni, ma puoi rovinare tutto se non li sai combinare. Ho sentito che sarebbe stato un progetto interessante, ma a lungo termine e, come allenatore, vuoi avere la convinzione che potrai lavorare sereno per quel periodo. Ma, nella sua situazione attuale, ogni coach o persona si sente di dover dire la sua e questo non va bene. Speravo davvero di trovare una soluzione per continuare, motivo per cui sono rimasto per alcune settimane dopo il periodo di prova. Ma alla fine, non potevamo essere d’accordo sui termini, quindi ho dovuto andarmene e Belinda non ha avuto nulla a che fare con questo”.
    Il team voleva che Tursunov restasse, ma le condizioni non erano a suo dire ottimale per lavorare: “Certo, avrei preferito restare e lavorare, ma non prendo sempre quella decisione. Con Emma, me ne sono andato, sì. Questa è stata la mia scelta. Avrei potuto restare, avrei potuto concordare su tutto ciò che il suo team ha proposto. Ma sentivo che non era la cosa giusta da fare. Per quanto sia stata difficile la decisione di andarmene ho sentito che era la decisione giusta. Emotivamente, volevo restare, ma sentivo che ci sarebbero stati problemi più avanti e volevo evitarli per la mia tranquillità“.
    Quindi il vero motivo che ha spinto il russo a mollare Emma pare sia stata la pressione del suo entourage, di chi le sta intorno (manager, familiari, forse la stessa LTA, questo non l’ha chiarito), persone capaci di “mettere bocca” nei programmi e nel lavoro, creando confusione nella giocatrice che pare ancora disposta ad ascoltare troppi pareri e non prendere una direzione univoca. È una sensazione che già diversi osservatori avevano espresso, vedendo la difficoltà nel dare una struttura al suo tennis, ancora molto acerbo seppur di grande talento, e il continuo cambio di rotta nei programmi tecnici. Una situazione che, per certi versi, si può paragonare a quella di vari giocatori giovani, ricchi di talento, ma in difficoltà nel crescere e fare importanti passi in avanti proprio perché incapaci di prendere una traiettoria di sviluppo stabile e continuativa (Shapovalov per citarne uno, totalmente fermo nel suo gioco da anni e senza un progetto tecnico convincente). Vedremo i prossimi passi di Raducanu, talento cristallino ma alle prese con scelte non facili per il proprio futuro sportivo.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO