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    Il miglior servizio dell’era moderna

    Nick Kyrgios

    Stilare classifiche dei migliori giocatori, colpi, ecc è sempre una tentazione irresistibile, anche per giocatori, coach e addetti ai lavori. Negli ultimi tempi il dibattito sul migliore di sempre è animatissimo, visto che Djokovic e Nadal dopo aver superato e staccato Roger Federer (primo tennista a toccare 20 Slam) stanno battagliando per terminare la propria carriera davanti a tutti per numero di Majors.
    Stavolta sui social si è animato un piccolo dibattito su di un colpo in particolare: il servizio. La battuta è diventata sempre più decisiva nel tennis moderno, colpo con il quale puoi ottenere non solo un punto diretto ma indirizzare i propri game, mettendo grande pressione all’avversario. Ormai senza una prima e seconda palla di qualità, non è possibile competere ad altissimo livello.
    Il “sasso” è stato lanciato dal loquace coach francese Patrick Mouratoglou, che interpellato su quale sia il miglior servizio dell’epoca moderna ha compilato la propria personale top5. Questa la sua lista:
    1° Nick Kyrgios
    2° John Isner
    3° Andy Roddick
    4° Ivo Karlovic 
    5° Pete Sampras

    Molti sono i “big server” assenti, Goran Ivanisevic per esempio, ma anche Boris Becker e Roger Federer non figurano tra i suoi migliori. Per questo, Brad Gilbert (oggi analista per ESPN dopo esser stato a lungo coach di vari giocatori tra cui Andre Agassi) ha formulato una sua classifica, dividendo – a nostro avviso giustamente – i suoi migliori in decadi differenti, visto che sono cambiati non solo i tempi ma anche i materiali. Ecco i top3 al servizio di Gilbert:
    80s – 90s:
    1° Pete Sampras
    2° Boris Becker
    3° Goran Ivanisevic

    2000
    1° Roger Federer
    2° Andy Roddick
    3° Ivo Karlovic

    2010-2020
    1° John Isner
    2° Nick Kyrgios
    3° Roger Federer

    Altri servizi da menzionare:
    1° Richard Krajicek
    2° Milos Raonic
    3° Wayne Arthurs
    4° Mark Philippoussis
    5° Greg Rusedski

    È un tema molto interessante, e sul quale ovviamente non è possibile trovare un accordo assoluto su quale sia il migliore. È da valutare il colpo in sé? O forse è più giusto premiare l’impatto del servizio sul gioco, risultati e carriera del giocatore? Se si parla del colpo singolo, allora si dovrebbero prendere in considerazione soprattutto i numeri, come Ace, percentuali varie. In questo caso i record pazzeschi di Isner, Karlovic e Ivanisevic sono assolutamente inarrivabili. Tuttavia vedendo l’impatto sul gioco, allora le cose cambiano e big servers come Kyrgios, Sampras e Federer entrano di diritto nel dibattito.
    Personalmente, se devo esprimere un parere, ritengo che il servizio vada valutato non solo per l’efficacia del colpo astratto dal gioco quanto per l’impatto che ha sul rendimento del tennista, cioè quanta parte della prestazione e delle vittorie sono venute dalla qualità della battuta. Non è determinante avere un servizio da Ace in serie se poi nei momenti decisivi questo fa cilecca e non ti porta punti quando davvero contano (penso per esempio alle fasi decisive della finale ’92 di Wimbledon, con Ivanisevic che nei game chiave non trova mai l’Ace, ma gli esempi potrebbero essere molti, come i tanti tiebreak persi in carriera da Isner e Karlovic nonostante la loro battuta). Per questo, credo che il miglior servizio dell’epoca moderna, e singolo colpo più decisivo in assoluto, sia quello di Pete Sampras. Nessun giocatore dagli anni ’80 ad oggi ha avuto una battuta capace di spostare così tanto gli equilibri a suo favore, una sentenza nei momenti chiave del match. Quando “Pistol” prendeva ritmo e metteva la testa avanti, era finita. Chiedere ad Andre Agassi, quello che ha avuto la miglior risposta…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    La diversità dei tennisti USA. Gilbert: “I nuovi giovani sono tutti diversi. Finalmente…”

    Sebastian Korda a Melbourne (foto Getty Images)

    La novità più interessante degli ultimi Australian Open è stata certamente il ritorno del tennis a stelle strisce. Alla fine il titolo è andato al più forte, Novak Djokovic, ma è indubbio che gli statunitensi dopo anni di vacche magrissime sono tornati protagonisti. Tommy Paul è giunto in semifinale, due giovani come Korda e il sorprendente Shelton nei quarti. Nonostante il deludente torneo di Taylor Fritz, considerato da molti alla vigilia uno dei possibili “underdog”, i tennisti americani hanno confermato la crescita generale del loro movimento che, anche a livello di quantità, è tornato ad essere importante. Nel ranking ATP di questa settimana infatti c’è un top10 (Fritz), altri due top20 (Tiafoe e Paul) e in totale ben 10 nei primi 50. Ancor più interessante il dato se rapportato all’età dei top50: eccetto il super veterano Isner (37 anni), gli altri sono tutti al massimo 25enni. 
    Oltre all’ottimo numero di giocatori a stelle e strisce nei piani alti della classifica, quello che è interessante sottolineare è la diversità degli stessi giocatori. Tutti tennisti piuttosto offensivi, dotati di un tennis aggressivo alla ricerca del punto vincente, ma con caratteristiche tecniche e peculiarità assai diversificate. Si va infatti dal gioco a tutto campo di Fritz a quello più estemporaneo di Tiafoe, continuando con la progressione di Paul, pulizia d’impatto ed eleganti geometrie di Korda, la continue variazioni “sotto ritmo” di Brooksby, la potenza dirompente di Shelton, la fantasia di Wolf, il super servizio di Opelka, la capacità difensiva e pressing di Nakashima. C’è davvero un po’ di tutto e questo non è affatto scontato per il tennis USA. Uno dei principali “problemi” che ha afflitto le ultime generazioni di giocatori statunitensi è stato proprio la mancanza di diversità, l’aver perseguito un solo modello di gioco: gran fisico, servizio potente e diritto pesante su palla alta. Stop. Un idealtipo che ha certamente funzionato qualche lustro addietro, quando il tennis si stava spostando verso un gioco sempre più aggressivo e di pressione da fondo campo, ma non più sufficiente dal nuovo millennio, quando i migliori giocatori al mondo sono diventati via via sempre più completi, rapidi, flessibili e pronti a passare da difesa ad attacco con un bagaglio tecnico mediamente piuttosto evoluto. Non è un caso da molti anni il tennis di vertice è Europa-centrico: tennisti cresciuti con scuole più reattive al cambiamento, con l’ausilio del tennis sul “rosso” che permette da giovanissimi di affinare meglio la tecnica dovendo affrontare situazioni di gioco meno uguali rispetto ai campi rapidi; con maestri e accademie che hanno maggiormente assecondato le peculiarità di ogni ragazzo, invece di forzarne la direzione tecnica verso un solo modello. Tutti tendono all’efficacia più che alla fantasia, ma lasciando comunque spazio alla differenziazione. Del resto, è la differenza e l’unicità che creano un crack. Un vantaggio competitivo.
    Proprio questo ha parlato Brad Gilbert, ex top10 poi coach e oggi stimato analista di tennistv. Il californiano ha confermato le parole di Shelton in merito alla sua capacità di giocare molto bene anche su terra battuta, e che mediamente i giovani tennisti statunitensi arrivati nei piani alti del ranking hanno un tennis più completo, moderno e soprattutto vario tra di loro.
    “Dopo molti anni, credo che nel 2023 e da qua in avanti potremo (tennis statunitense) fare bene anche in Europa in primavera sulla terra battuta. Prendiamo per esempio Ben: con quel servizio esplosivo, la sua forza nelle gambe e il suo movimento eccellente da fondo campo, Shelton potrebbe essere molto interessante sulla terra battuta”. afferma Gilbert.
    “Sono sicuro di una cosa, e non da oggi: i tennisti americani non sarebbero tornati ai vertici della disciplina finché non fossero diventati abbastanza bravi sulla terra battuta. Non è un discorso di vincere i tornei lì, ma per la qualità del gioco espresso. Troppi dei nostri ragazzi erano solo un servizio e un dritto. Da anni questo non basta più. Ora molti dei nostri ragazzi sono più atletici, quindi possono fare più cose. La cosa bella dei giocatori USA attuali è che giocano tutti in modo diverso. Non sono lo stesso tipo di giocatore, ed è interessante osservarli”.
    “Abbiamo avuto un lungo periodo in cui i nostri ragazzi hanno saltato quasi del tutto la stagione sulla terra battuta”, conclude Brad. “Diversi anni fa avevi forse uno o due ragazzi nei tabelloni dei maggiori tornei in Europa, erano exploit isolati. Credo che nessuno di loro si sentirà solo quest’anno, avrà altri connazionali in gara”.
    Un punto di vista interessante che conferma in pieno la nostra visione. Il tennis si è spostato sempre più verso atleti migliori, con poche debolezze importanti e capaci di rendere lungo tutto l’arco dell’anno. Per tornare ai vertici, anche il “gigante” USA ha dovuto rimboccarsi le maniche e studiare il lavoro fatto (bene) in Spagna, Italia, Francia, nelle migliori accademie e centri di allenamento di alto livello europei. Vedremo se in questa nuova generazione a stelle e strisce ci sarà finalmente un campione Slam, manca da venti anni (Andy Roddick – US Open 2003). Oltre a Fritz, è molto probabile che già alla fine di questa stagione altri tennisti statunitensi siano in top10 o a ridosso, e soprattutto protagonisti nei massimi appuntamenti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Brad Gilbert apre il dibattito sul coach in campo

    Non sembra molto lontano il momento in cui un allenatore entrerà in campo e darà consigli al tennista senza essere sanzionato anche nel circuito maschile. Nonostante il dibattito sia aperto e ci siano voci a favore del sì e del no, Brad Gilbert ha parlato di questo tema in maniera favorevole. “Gli spettatori avrebbero diritto […] LEGGI TUTTO

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    Le settimane da n.1 di Novak Djokovic congelate. Per Brad Gilbert è sbagliato non contarle ““So che ai fan di Federer non piacerà quello che sto per dire, ma penso che le settimane di Djokovic dovrebbero contare”

    È uno dei grandi temi del momento (tralasciando l’epidemia mondiale di coronavirus): con le classifiche mondiali congelate, anche le settimane di Novak Djokovic ai vertici della classifica mondiale sono state interrotte, almeno fino a comunicazioni diverse.Il serbo, 32 anni, aveva completato 282 settimane al primo posto nella classifica ATP e ora è a sole quattro […] LEGGI TUTTO