L’età a volte è solo un numero. Lo dimostra l’indiano Rohan Bopanna che tra pochi giorni sarà ancora una dei protagonisti alle ATP Finals in doppio (insieme all’australiano Ebden) alla veneranda età di 44 anni. Atleta naturale, il doppio si addice alla perfezione al suo tocco di palla, visione di gioco e servizio, tanto da esser diventato n.1 della specialità non a venti anni ma solo lo scorso gennaio, premio meritatissimo ad una carriera assai longeva, a suo modo unica. Gran sorriso, tanto impegno per i giovani del suo paese anche se mai sbandierato, l’indiano ha rilasciato una bella intervista al collega Varela di Clay, della quale riportiamo alcuni passaggi significativi per conoscere questo colto signore della racchetta, che non alcuna voglia di lasciare l’attività Pro.
“Sono felicissimo del mio presente. Sono diventato n.1 quest’anno, vado in giro sul tour con mia moglie e mia figlia (di 5 anni, ndr), e sono sicurissimo che oggi, a 44 anni, batterei la versione di me stesso a 22”, afferma Rohan. “Sono il CEO della mia azienda, mi alleno, gioco, viaggio, non potrei essere più felice e non vorrei essere da nessun’altra parte”.
“Il giorno della partita sono completamente pronto a giocare, non vedo l’ora. Mi piace scendere in campo, competere. Non è più una questione di soldi, è solo una questione di sensazioni, di gioia. Fai così tanti sacrifici quando sei giovane e nel tennis hai una carriera breve rispetto a lavori che puoi fare anche per 40 anni, quindi visto che gioco ancora al top, mi diverto il più possibile. Finché vinco tornei, i grandi titoli, non vedo il motivo per farmi da parte. Penso che sia una cosa meravigliosa e ispiro molte persone a casa, specialmente nella mia accademia. Quando torno e parlo con i bambini, sono così felici. È bello vedere che possono guardarmi giocare in TV e che posso condividere le mie esperienze con loro. Abbiamo appena avviato un fantastico programma in India per bambini in difficoltà”.
Con la sua fama ed esperienza, Bopanna spera di poter avviare al tennis Pro un gruppo di ragazzi disagiati che ha portato nella sua Academy e che segue personalmente: “Abbiamo scelto 25 bambini su un gruppo 300 dal nord-est dell’India, a 3000 chilometri da Bangalore. 16 ragazze e 9 ragazzi. Stiamo fornendo loro vitto, alloggio, istruzione e lezioni di tennis. Tutto! Non avevano mai visto un campo da tennis o tenuto in mano una racchetta prima. Sto restituendo un po’ di ciò che il tennis mi ha dato. È stato davvero bello e una gioia vederli felici di giocare”.
44 anni non sono pochi, ma lui non ci pensa: “Non penso mai all’età, perché quando scendo in campo siamo tutti lì solo per giocare a tennis nello stesso torneo. Se gli altri sono più vecchi o più giovani di me, non fa differenza. Siamo entrambi lì per vincere la partita. Non importa quanti anni hai. Giocare per sempre? Beh… non posso dire per quanto giocherò ancora, ma finché mi diverto con la competizione e i viaggi perché no? E la mia famiglia è qui che mi segue nei grandi tornei. Non avrei mai pensato che mia figlia mi avrebbe visto giocare dal vivo. Se mi fossi fermato a 35 anni, questo non sarebbe successo. Lei avrebbe detto, oh, mio padre giocava a tennis. Oggi può dire che suo padre è un tennista”.
Nel 2019 c’è stato un momento nel quale ha pensato, per l’unica volta al ritiro: “Fu nel 2019 perché non avevo più cartilagini nelle ginocchia. Avevo molto dolore! Volevo smettere alla fine di quell’anno. Durante la pandemia, in realtà, ho scoperto l’Iyengar Yoga. E questo ha cambiato tutto il mio percorso. Prendevo quasi due, tre antidolorifici al giorno perché le mie ginocchia mi torturavano. Non potendo giocare a tennis a causa dei lockdown, ho iniziato a fare queste sessioni di yoga quattro volte a settimana, sessioni da 90 minuti. E ha davvero rafforzato molti dei miei muscoli e tutto il resto. E sono passato da due, tre antidolorifici al giorno a nessun antidolorifico. Dal dolore a nessun dolore. Giocare col dolore è dura, diventa qualcosa da gestire ogni singolo giorno. Non vuoi svegliarti e avere dolore… Invece grazie all’Iyengar Yoga e l’aiuto di un bravo fisioterapista sono riuscito a fare un importante rafforzamento. È stato incredibile”.
Fanno notare a Bopanna che l’India non più nel calendario ATP. “È triste, perché sono cresciuto guardando i migliori giocatori venire in India. Mi dispiace che abbiamo perso quell’ATP 250. In un modo o nell’altro, è un’opportunità per i giovani di guardare giocatori locali e internazionali. Guardare qualsiasi sport dal vivo, penso sia vera ispirazione. Ci sono così tante persone che sfortunatamente non possono viaggiare. Spero che torni presto, ma non so quanto tempo ci vorrà prima che torni di nuovo un torneo”.
“Se potessi cambiare una cosa nel tennis, direi senza dubbio di tornare al normale terzo set per i doppi. Niente super tiebreak! Penso che sia più divertente, come nei Grand Slam”.
“Cosa amo e odio dell’India? Amo di sicuro l’ospitalità, quando qualcuno arriva nel mio Paese non può dimenticare come è accolto, la nostra cultura si basa sull’accoglienza. Odio il traffico, ci sono troppe auto da tutte le parti, passi sempre ore e ore in fila, questo è terribile!”.
Marco Mazzoni