ROMA – “Non venite sulle strade del Tour con uno spirito negativo. Io amo la Francia, amo questa corsa, che è la più bella e grande del mondo”. E’ l’ostacolo ambientale, ancora prima di quello tecnico, il pensiero fisso di Chris Froome a due giorni dal via del Tour de France numero 105. Si parte sabato dalla Vandea, si chiude il 29 luglio a Parigi. Una corsa che repubblica seguirà giorno per giorno con gli editoriali di Gianni Mura, dirette on line e commenti. Un avvicinamento frenetico, controverso quello del britannico: la delusione per la esclusione dalla Grande Boucle, quindi la mano assolutoria dell’Uci che ha posto fine a nove mesi di dubbi dopo la positività al doping nella Vuelta della scorsa stagione. Una liberazione per il già vincitore di 4 Tour che, ricordiamo, aveva strabiliato al Giro d’Italia nonostante quella spada di Damocle di correre sub judice che poteva cancellare tutte le sue imprese.
Ora quella spada potrebbe cambiare aspetto: non più una giustizia che ha fatto il suo corso, ma un pubblico come quello francese già in passato autonominatosi giudice popolare per vittorie ritenute ‘sospette’. Il culmine si raggiunse tre anni fa, quando nella tappa che arrivava a Mende uno spettatore al grido di ‘dopato’ ebbe l’idea di lanciare a Froome una busta piena di urina. Ma a parte questo caso limite, c’è stato anche un nutrito lancio di parole: Bernard Hinault, uno che in Francia conta parecchio, si è messo drasticamente a capo degli anti-Froome. Facile quindi interpretare le parole preoccupate del britannico: “Al Giro d’Italia, quando la questione relativa al salbutamolo non era ancora risolta, tutto è andato bene. Qui al Tour spero che sia la stessa cosa”. Insomma, Froome più che del pronostico favorevole ha bisogno di riassaporare in Francia quell’approvazione che si è saputa conquistare al Giro d’Italia.
Non sarà facile però. Innanzitutto perchè i francesi, a parte le considerazioni su esposte, non amano chi vince troppo (Poulidor ha più spazio nei loro cuori rispetto ad Anquetil). Inoltre il lotto degli avversari rende questo Tour una università del ciclismo ancora di più competitiva che negli anni precedenti. Una lunga lista, a iniziare da Vincenzo Nibali, l’unica soluzione di continuità alla serie di vittorie di Froome iniziate nel 2013. Il siciliano ci riprova: ha iniziato la stagione sorprendendo alla Milano-Sanremo, l’ha impostata proprio per fare il protagonista in Francia. ‘Dantesque’ fu il meraviglioso titolo de l’Equipe che celebrò la sua impresa sul pavè 4 anni or sono. E di quelle pietre sconnesse ce ne saranno tante anche quest’anno: la sede di arrivo della nona tappa del resto è Roubaix… Un mini inferno del nord lungo più di 150 km, di cui venti molto complessi che prevedono anche l’attraversamento dello storico del Mons en Pevele. Ovviamente, e fermo restando che al Tour basta un attimo di distrazione per buttare all’aria tutto, il pavé sarà solo uno dei tanti spartiacque. Basta pensare, un paio di giorni dopo, allo sterrato del Plateau des Glieres nella tappa di Grand Bornand, il ritorno ad Alpe d’Huez, una frazione pirenaica di 65 km, breve ma tremenda, con traguardo sulle rampe del Col de Portet (2215 m). Inoltre due tappe che vengono individuate come quelle verità: la Lourdes-Laruns con i passaggi su Aspin, Tourmalet e Aubisque, e la cronoscalata di Nivelle Espelette di 31 Km.
Tanta roba, come la sfida per la gialla che non può essere ristretta a Froome vs Nibali. I francesi, persa la carta Pinot – ancora non in grado di smaltire il crollo fisico e morale del Giro -, puntano su Romain Bardet, uomo peraltro già capace di agguantare un paio di volte il podio: “La cosa più importante è che il Tour cominci in un clima sereno – ha spiegato il francesino-. Froome? Sono felice per il fatto che ci sia stata una decisione, almeno sappiamo bene qual’è la situazione”. C’è poi Richie Porte: tra lui e un grande giro c’è sempre stato di mezzo qualcosa, la sicurezza mostrata in Svizzera però potrebbe essere una inversione di tendenza. Interessante il gioco di squadra che potrà proporre la Movistar: c’è Nairo Quintana con la sua preparazione a fari particolamente fiochi, e con lui l’affidabilità fatta persona in salita, Mikel Landa, e un jolly da giocare nelle situazioni più disparate come Alejandro Valverde. E poi ancora, la regolarità di Tom Dumoulin, che non si presenta certamente a fare il turista, o l’imprevedibilità di Rigoberto Uran. Insomma, una bella lista nella quale vanno inclusi anche Adam Yates, gemello di quel Simon a lungo protagonista al Giro, il costante Fuglsang, o magari Geraint Thomas, asso nella manica del team Sky nel caso Froome non dovesse sopportare la tantissima pressione.