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Ciclismo, il giorno in cui non partì il Tour

In un presente distopico e soprattutto se mai si fosse presentato al mondo il Covid-19, oggi la Promenade des Anglais di Nizza sarebbe la strada più affollata e gialla del mondo. Oggi sarebbe dovuto partire il Tour de France, anticipato di una settimana rispetto al solito perché seguito, dopo la sua conclusione, dall’Olimpiade di Tokyo. Non sarà così. Non ci saranno né Tour, né Giochi. Non subito. Il Tour partirà il 29 agosto (chiusura il 20 settembre). Per Tokyo si dovrà aspettare altri 13 mesi.
 
Il Tour post-CovidNon si era mai visto il Tour a settembre. Né si è mai visto un Giro a ottobre. Tutto sembrerà nuovo e inedito. Soprattutto ai corridori, costretti a rimodellare preparazione e obiettivi. Resta fedele al suo programma originale Peter Sagan, che rinuncerà alle Classiche del nord per il Giro. Nibali andrà in ritiro al Passo San Pellegrino a metà luglio in vista della Corsa rosa. Bardet, invece, inizialmente segnato per il Giro, sceglierà il Tour. Ma che Tour sarà? I protocolli approvati dall’Uci prevedono essenzialmente la creazione di “bolle no-Covid” grazie a tamponi e test sierologici ripetuti nel tempo e a ridosso delle gare. Nei giorni scorsi Christian Prudhomme, il direttore del Tour, ha aggiunto alcuni dettagli: «Non ci saranno baci sul podio e abbracci, e cercheremo di limitare il più possibile gli assembramenti in partenza e sulle salite». La consegna e la vestizione delle maglie sarà self-service. Il pubblico potrà raggiungere le grandi salite solo a piedi o in bicicletta. La carovana pubblicitaria sarà ridotta del 60%. Le squadre occuperanno lo stesso piano di un hotel, camere singole. Gli hotel dei team saranno di fatto requisiti dal Tour. La gestione degli eventuali positivi sarà a carico del medico di squadra e di un Covid manager, unico per tutta la durata della gara, stabilito dall’organizzazione. Se sarà sufficiente o se si dovrà assistere a qualcosa di simile a quanto accaduto a febbraio durante lo Uae Tour, si vedrà.
 
Che Tour saràLa Boucle, al contrario del Giro, non ha subito variazioni rispetto al suo percorso originario. Si partirà da Nizza, già montagna nella seconda tappa, primo arrivo in salita già alla quarta (Orcières-Merlette), Pirenei già nel primo fine settimana, Alpi durissime (l’inedito Col de la Loze, con punte al 20%), e l’unica crono a La Planche des Belles Filles (36 km con arrivo all’insù). Per scalatori, possibilmente francesi, nelle intenzioni degli organizzatori: Pinot, Bardet, Barguil, Martin, in ordine di possibilità.
 
Che Ineos saràIn realtà il centro di gravità permanente del Tour resterà la Ineos, con i suoi fenomeni pronti a farsi però la guerra. Egan Bernal, il campione uscente, posta quasi ogni giorno allenamento mostruosi. Come gli altri sudamericani, però, il colombiano rientrerà in Europa con un volo charter Bogotà-Madrid il 18 luglio. Geraint Thomas, in giallo a Parigi nel 2018, lavora al bis personale. La dirigenza del team ha scelto la strada del «doppio leader, più un altro corridore da proteggere». In questa ottica, quale sia il ruolo di Chris Froome è tutto da capire. Anche perché il campione di quattro Tour tra il 2013 e il 2017, reduce dal gravissimo infortunio di un anno fa, non dà garanzie di tenuta sulle tre settimane e inoltre è ormai in uscita: il suo contratto in scadenza a fine 2020 verrà rilevato dalla Israel Start-up Nation, la squadra del magnate canadese Sylvan Adams pronta a mettere sul piatto quindici milioni in tre anni per Froome. Ed è ancora possibile che Chris accetti il clamoroso passaggio a metà stagione, dopo il 1° agosto. A quel punto la battaglia sarà totale. Ma anche un Froome al via in maglia Ineos contro i suoi stessi compagni è il possibile ingrediente di un ricetta gustosissima.Ciclismo


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/sport/rss2.0.xml


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