Mentre il mondo della racchetta si divide tra il prepotente ritorno di Nadal e l’ascesa inarrestabile di Sinner, zitto zitto Jakub Mensik sta impressionando sul rosso di Madrid. Nella giornata di sabato il 18enne di Prostějov con una prestazione sontuosa ha eliminato Grigor Dimitrov, vittoria in tre set mostrando un campionario di qualità e potenza assai sottostimato. Non è affatto un successo banale, passato fin troppo in secondo piano a livello mediatico globale. Dimitrov infatti sta vivendo una sorta di seconda giovinezza: da mesi gioca un tennis favoloso, davvero incisivo e potente come in poche fasi delle sua lunga carriera gli è capitato. Lo dimostra il suo ritorno in top10 e la finale nel recente torneo di Miami, dove si è sbarazzato di clienti tosti come Hurkacz, Alcaraz e Zverev prima di esser domato dai super poteri del Sinner targato 2024.
Mensik ha sconfitto Dimitrov mostrando in campo un tennis terribilmente potente e solido, ma anche profondo per soluzioni. Nel primo set è stato quasi ingiocabile nei suoi turni di servizio: sostenuto da una pallata veloce e precisa, si è preso il campo chiudendo gli scambi in tre mosse. Molte sue accelerazioni di rovescio hanno lasciato il bulgaro – in eccellente condizione fisica – letteralmente di sasso. Col diritto può spaccare la palla, ma il colpo è un filo meno flessibile e sensibile, a volte gli scappa un po’. La sua impostazione tecnica è pulita, classico figlio dell’eccezionale scuola ceca, il suo fisico statuario gli consente di spingere con enorme potenza e coprire il campo con buona efficacia. Spicca per gli appoggi, un equilibrio dinamico davvero formidabile, come del resto quasi tutti i giocatori del suo paese, “cugini” di Berdych e soci. Quando hai un gran fisico ed una buona predisposizione al tennis, se nasci in Repubblica Ceca sotto i loro sapienti tecnici, diventi un tennista di qualità, non c’è altra soluzione.
La vittoria di Mensik è assai significativa: è la seconda ottenuta nell’anno contro un top10, risultato notevolissimo per un classe 2005, che lo pone tra i più forti a livello di precocità. Ma è la prospettiva ad intrigare. Jakub è ancora assai acerbo ma è già 69 del mondo (65 nella classifica Live) con margini di crescita enormi. Con l’esperienza riuscirà a migliorare la gestione di alcune fasi di gioco – quando non gli entra la prima di servizio tende un po’ ad affrettare i tempi dell’attacco – e il suo tennis sembra buono per tutte le stagioni, in particolare le superfici dure dove può trovare appoggi perfetti e scatenare grandissima velocità appoggiandosi benissimo con i piedi a terra. Inoltre nel ritmo si esalta, e quando trova il timing perfetto per l’impatto ha mano e potrebbe colpire la monetina dall’altra parte del campo.
L’aspetto che più mi ha impressionato nella vittoria di ieri vs. Dimitrov è stata la sua abilità nel gestire le variazioni del bulgaro. Grigor non disdegna affatto la terra battuta, ama tagliare la palla, variare angoli e ritmi con rotazioni diverse. Visto che Mensik a tratti l’ha preso “a pallate”, Dimitrov c’ha provato, ingarbugliando schemi di gioco per spezzare il dominio e sicurezza nella spinta del giovane rivale. C’è riuscito, mettendo in lotta (e vincendo) il secondo set dopo esser stato dominato nel primo set. La reazione di Mensik al secondo set perso e al cambio di rotta del match è stata favolosa. Non si è scomposto, ma è stato lucidissimo: per ritrovare il miglior feeling all’impatto ha leggermente arretrato la sua posizione di sparo per ritrovare più tempo per tirare forte e riprendere il comando del gioco. Appena c’è riuscito, via un passo più vicino alla riga di fondo a comandare lo scambio a grande velocità. È andato sotto, è stato lucido, ha alzato il livello e ha vinto. Roba da grande giocatore. Riprendere una partita che ti era scivolata dalle mani contro un tennista così esperto e in forma come Dimitrov è stata una vera impresa.
“Sono senza parole” ha detto Mensik dopo il successo, uno dei migliori in carriera. È stato lui a lasciare senza parole chi l’osservava… Il ragazzo ha davvero grandi qualità. Save the name…
Marco Mazzoni