La pandemia e la conseguente, grave, crisi economica in atto e in prospettiva, quale coda del coronavirus, ha cambiato lo scenario nel quale la Formula 1 si trova a operare. Di budget cap e redistribuzione dei proventi più equa tra piccole squadre e grandi team se ne parla da anni, un percorso che ha portato a fissare un tetto di spesa a 175 milioni di dollari dal 2021 e trattative in essere con ciascun singolo team per giungere alla firma di un nuovo impegno dopo il 2020, anno di scadenza del Patto della Concordia.
Il coronavirus ha stravolto lo scenario e ridefinito le priorità, dato una sforbiciata ulteriore al budget cap (150 milioni di dollari), anche se non viene ritenuta ancora una cifra sufficiente per garantire la sostenibilità del business dinanzi alla crisi economica. Partire dalla crisi per cambiare radicalmente la Formula 1, è quel che si invoca da più parti: dal nuovo corso che chiede il presidente Jean Todt alle richieste avanzate dalle squadre di seconda fascia.
Servirebbe intendersi, però, anche sul “cosa” la Formula 1 debba rappresentare nel futuro che vorrà scrivere dopo questa crisi. La categoria si fregia della medaglia di vertice assoluto del motorsport, massima espressione tecnologica. Non ogni aspetto può dirsi rilevante, a fronte dell’enormità di investimenti richiesti per lo sviluppo. Quella ricerca e sviluppo che, da certi punti di vista, è considerato il dna della categoria.
Il bello della F.E
Una premessa necessaria per leggere le visioni di chi suggerisce la completa riorganizzazione del business. Come Alejandro Agag, fondatore della Formula E, serie ricca di intuizioni spettacolari, un format a bassissimo costo, dallo sviluppo limitato a poche aree, su una piattaforma “monomarca”; aspetti che hanno conquistato l’attenzione di numerosi costruttori ufficiali, per la vetrina pubblicitaria sull’elettrico che offre la categoria.
Ristrutturazione F1
“Penso che questa situazione possa essere, per il motorsport in generale, un’opportunità. E, nel dettaglio per la Formula 1, un’opportunità enorme di ristrutturare l’intero modello.
Forse è un’opportunità per tutti i team di condividere i proventi sullo stesso livello. Sto sentendo anche di budget cap da 125 milioni di dollari, qualcosa del genere, perché non un tetto ai costi di 75 milioni e rendere tutto davvero profittevole per chiunque?”, commenta in un’intervista a motorsport.com.
Squilibri da correggere
Di una maggiore equità nella divisione dei premi, di una struttura di governo differente, se ne discute da tre anni, oramai. “Potrebbe essere positivo che non sia stato ancora firmato il Patto della Concordia, poiché aveva tutta una serie di cose che rappresentano una sorta di fardello per la Formula 1, certe squadre ad avere così tanto e altri così poco. Lo squilibrio è enorme, forse questo darà un’opportunità per scuotere completamente l’intero sistema.
Se la gente non capisce che il mondo sarà completamente diverso dopo il coronavirus, allora commette un grande errore. C’è un’opportunità e va colta. Noi (la Formula E; ndr) non siamo tra questi e faremo prossimamente il nostro piccolo ‘nuovo corso’”, aggiunge Agag.