Mentre il mondo del tennis celebra in pompa magna i 100 titoli di Roger Federer, nella notte in quel di Acapulco Nick Kyrgios chiude una settimana pazzesca vincendo l’ATP 500 messicano. Un successo improvviso, visto il lungo periodo “no” dell’australiano, ottenuto con un tennis clamoroso in un torneo assai competitivo. Sorpresa, ma fino ad un certo punto. Perché? Perché dopo averlo visto sconfiggere Rafa Nadal in quel modo, ho pensato immediatamente “O perde al turno seguente, o vince il torneo…”. Non sono stato un facile profeta, tutt’altro.
Seguo Kyrgios da sempre, croce e delizia…Una persona discutibile. Un “bullo”, troppo sopra le righe. Maleducato. Uno che deve imparare il rispetto ed a vivere. Se non fosse entrato nel mondo dello sport avrebbe difficoltà sociali…Ne sono state scritte di tutte sul suo conto, anche da parte di colleghi e compaesani che gli vogliono bene in modo disinteressato. Di sicuro la sua lingua è veloce e velenosa quanto la sua racchetta… e gli ha procurato boomerang in serie. Molto dolorosi. La sua immagine si è offuscata, di pari passo alla sua ancor giovane carriera. Arrivato ad un passo dalla top 10, considerato da molti come il prossimo “big one”, si è eclissato tra problemi fisici e troppi match buttati al vento, come se non gliene fregasse niente.“Tanto resterò nel mondo del tennis per qualche anno, guadagno bene anche così… Alla fine il tennis è un lavoro, non me ne frega niente di quel che dice la gente di me”. Una delle tante “perle” dichiarate in momenti di grigiore agonistico e altissima frustrazione.
Si è presentato nello splendido impianto di Acapulco al n.72 del ranking ATP, con nessuno o pochissimi che se lo filavano. Ormai sono i nuovi NextGen ad avergli rubato il palcoscenico: Tsitsipas appena entrato nella top10, dopo un inizio di stagione eccellente; Coric in continua crescita; Khachanov, Shapovalov e molti altri, incluso il connazionale De Minaur, uno che piace tanto down under, bel sorriso, gran lavoratore e fedele discepolo del credo di Lleyton Hewitt. Kyrgios? Sta giocando molto male, è più impegnato a litigare col mondo intero e con se stesso…
Invece, Boom! Il sorteggio lo mette sulla strada di Rafa Nadal. Uno che ha già sconfitto a Wimbledon e Cincinnati. Match serale, in Prime Time americano. Scatta qualcosa in Nick.Il talento aussie si sveglia dal suo torpore agonistico e tecnico. Il suo servizio assassino prende ritmo, e non lo molla più. Quei colpi strani, assolutamente personali, tirati senza una regola tecnica, scorrono veloci e precisi. Il suo sguardo indolente torna intenso, feroce. Azzanna la partita ed il rivale con una forza che non si vedeva da tempo. Rafa gioca di brutto, ma Nick eleva il livello, e lo tiene. Questa la novità: anche nei momenti più grigi, Nick la giocata la tira fuori sempre, diverte, fa spettacolo. Ma come un grande artista di strada, appare e scompare, entusiasma e si eclissa. Lo fa per se stesso e nessun altro. Stavolta no, è diverso. Con Nadal non c’è amicizia (e credo nemmeno stima…). Sente la sfida. Sente che di fronte ha un campione vero, e batterlo sarebbe bello, gli da adrenalina. Lo motiva e solletica per davvero.Sente il profumo del sangue. Sente che tutto il pubblico gli è contro, a tratti lo fischia… e questo gli da ancor più carica. Kyrgios annulla match point nel momento decisivo e vince. Rafa esce dal campo furibondo, nel post partita non è affatto morbido col giovane e strafottente rivale, capace di “prenderlo in giro” con un servizio da sotto ed altri atteggiamenti bulleschi… ma anche con una serie di colpi straordinari, che nemmeno un eccellente Nadal è riuscito ad arginare. Dopo la grande vittoria Kyrgios nel torneo è “il nemico”, sente questo ruolo e gli piace un sacco. Adesso è motivato, scende in campo nei match successivi con lo spirito dell’outsider contro il mondo intero, “ora vi faccio vedere io chi sono…”. Nessuno riesce più a fermarlo, non la classe di Wawrinka, gli Ace di Isner (grande match!) o la geometria (…un po’ morbida a dire il vero) di Zverev. Nick Kyrgios vince il torneo. Con un tennis bellissimo, unico, ricco di fantasia ed adrenalina. Ace e grandi servizi alternati a smorzate improvvise, dritti cross violentissimi e rovesci lungo linea tirati quasi senza apertura, di puro timing e talento. Talento sterminato. Si parla moltissimo dei giovani, delle loro qualità. L’eleganza classica di Tsitsipas, la potenza di Khachanov, la consistenza di Coric, l’esplosività di Shapovalov… si potrebbe continuare. Grandi talenti, probabilmente i futuri dominatori del tour. Ma probabilmente nessuno di questi ha le qualità pure di Kyrgios. Al massimo del livello che ognuno di loro può esprimere, nel puro picco di prestazione, Kyrgios è il più forte. Può massacrarti col servizio, diventare inattaccabile con una seconda palla “illegale”… Col dritto coglie ogni angolo, accelera a velocità folli cambiando ritmo all’improvviso, riuscendo pure a gestire i top spin più velenosi (vedi Nadal). Può correre in avanti e chiudere di volo, come spaccare lo scambio con smorzate perfette. Dove è sempre restato indietro è sul piano fisico, e ovviamente quello mentale. Nessuna intensità media, fiammate assolute e tanta, troppa cenere per aver bruciato tutto e subito. Così non vinci tornei con continuità, tanto meno Slam.
Ecco la brutta storia di un talento assoluto che rischia di restar tale. Incompiuto. Anche dopo un successo così importante come quello di Acapulco.
Che succederà da domani, da Indian Wells? Probabilmente niente. Lo scenario più plausibile è quello di un Kyrgios che tornerà ad eclissarsi. Come un Bounty Killer di un film di Sergio Leone: appare dal deserto, senza nome, col suo sguardo di ghiaccio. Uccide in duello il gangster più pericoloso, si prende la taglia e scompare nel vento. Nessuno sa da dove viene, dove andrà e quando tornerà. Il suo nome è leggenda, ma non si concede. E’ un killer solitario, chiuso nel suo mondo e deciso a non farvi entrare nessuno.
Questo è oggi Nick Kyrgios, e probabilmente così resterà. Un personaggio unico, affascinante. Preferisce tener dentro i suoi demoni anziché sfruttare questa rabbia per lottare contro i rivali sportivi. Non riesce a motivarsi se non di fronte ad una grande sfida, e vinta o persa che sia, dopo molla. Un bad boy che potrebbe regalare una ricchezza unica al mondo della racchetta, onestamente un po’ “ingessato” da grandi atleti ma poco ruvidi e troppo “politically correct”. Un po’ di pepe serve allo sport, come la varietà tecnica e follia che l’australiano incarna alla perfezione. Peccato che Kyrgios non voglia diventare un campione.
Marco Mazzoni
@marcomazz