Un rettilineo di duecento metri dopo una curva secca. Vince chi lo prende nei primi tre posti, almeno a rigor di logica. Entrano nell’ordine: Selig, Ackermann, Ewan, Viviani, con il primo che è lì solo per tirare la volata al secondo. Ackermann interpreta se stesso e parte per primo. Stavolta però gli va male: Ewan lo passa a doppia velocità e non ce n’è per nessuno. Neanche per Viviani che, secondo, conferma il suo giro maledetto. Da capire la comunicazione tra i campione d’Italia e i suoi compagni: nel momento più importante ne avrebbe due (Senechal e Sabatini), ma quasi li ignora andando a cercare la ruota di Demare…
A parte questo, l’epilogo è la conseguenza del film di tappa: la Lotto Soudal di Ewan è per distacco la squadra che lavora di più per neutralizzare gli attacchi, chiaro segnale che l’australiano aveva energie da spendere. “La determinazione della squadra è stata fondamentale per questo successo – spiega il vincitore-. Volevo essere davanti a tutti all’ultima curva ma il traguardo era ancora lontano, allora ho aspettato un attimo a ruota di Ackermann. Sentivo di star bene e sono riuscito a superarlo”.
Il giorno più lungo del Giro non è dei più piatti. Negli ultimi 100 dei 239 km ci sono una decina di ascese, tre classificate come GPM. Tre fuggitivi, due le vecchie conoscenze: Damiano Cima (Nippo-Vini Fantini-Faizé) e Marco Frapporti (Androni). Con loro Nathan Brown, che però cede sollecitamente. Massimo vantaggio sei minuti, ma poco più di venti km dall’arrivo per loro la festa è già finita.
Finale complicato, anche se le pendenze sono tutto sommato accettabili per i big: Conti si tiene senza patemi la maglia rosa, anche se l’emozione più grande probabilmente gliela dà Carlo Verdone – il suo grande idolo – che nel Processo alla tappa interviene telefonicamente per salutarlo. Sulla salita di Gabicce Monte si scatena Ciccone: si va a prendere punti ottimi per la maglia azzurra. Poi già che si trova, tira dritto, giovandosi della compagnia di Bidard e Vervaeke. Una pioggia repentina potrebbe aiutare gli attaccanti, perché prima degli ultimi tre km pianeggianti c’è una discesa dal fondo stradale non esemplare. Non a caso il gruppo aveva chiesto la neutralizzazione ai 6 km dall’arrivo: la giuria respinge.
Sono invece gli ultimi 3 km che non piacciono a Tony Gallopin, che punta l’indice sui social. “Siamo animali da circo” è il tweet del francese, che mostra le due curve secche che precedono la volata. Sfogo tutto sommato opinabile: non sempre gli organizzatori possono garantire di 2 km di rettilineo per la volata… Alla fine comunque, ripresi i tre, lo sprint fila via liscio. Or si volta pagina verso una domenica che rappresenterà un primo bivio, con l’attesissima cronometro da Riccione a San Marino. Anche nel 1979, il giorno dopo l’arrivo a Pesaro, era prevista una prova contro il tempo verso San Marino, solo che quel giorno il via era da Rimini. Vinse Giuseppe Saronni che spodestò dalla vetta Francesco Moser iniziando di fatto una delle più vivaci rilavità del ciclismo italiano. Chiedere una svolta epocale anche domani sarebbe troppo, ma di sicuro non saranno 35 km banali. E Conti avverte: “Penso che terrò la rosa anche domani dopo la cronometro”