Al March Madness ci sarà sicuramente un italiano in prima fila, e con un ruolo importante per la sua squadra. Al secondo anno a Texas Tech Davide Moretti, uno che non si era accontentato di un buon probabile futuro a Treviso in A2 ed è volato in America, accelera la crescita personale che si riverbera su quella della squadra. E arriva il titolo di Conference, la Big XII e la qualificazione a The Tournement. L’intervista integrale è di Piero Guerrini su Tuttosport.
Texas Tech cresce con lei. No, è cresciuto il programma. I risultati sono frutto dell’evoluzione di un gruppo giovane, in un sistema non semplice, serviva un po’ di tempo. Ora funziona, so che i compagni hanno fiducia e io riesco a innescarli, metterli in ritmo. Dopo un anno così così a livello individuale ho continuato a lavorare tanto, ero sicuro di me stesso, volevo dimostrare di poter stare a questo livello.
Coach Beard. E’ un tecnico molto esigente, che ha grandissime aspettative e ci tiene. Ripeto è molto esigente, critica perché vuole che io tenga la squadra in mano, giochi la partita perfetta, mi chiede zero palle perse. E quando parlo di partita perfetta non è un modo di dire. L’anno scorso ho faticato un po’ a comprenderlo appieno, adesso va benissimo. E del resto sto tirando con il 50% dal campo e perdendo pochi palloni.
Basket e scuola. Direi bene. Il primo periodo è stato difficile a causa della lingua e del diverso sistema, ma mi sono adeguato e adesso procedo in Scienze Umane senza problemi. Anzi, sono entrato nella prima squadra tra gli atleti della mia conference per i voti. Mamma è molto contenta.
Cambiamenti rispetto all’Italia. Fisicamente tantissimo. L’anno scorso ho messo 9 chili di muscoli, in questa stagione non ho ancora potuto fare lavoro specifico, ma ci sarà tempo alla fine. Sono un giocatore diverso, se guardo le immagini di Treviso mi rendo conto che ero poco più che bambino. E anche in campo sono più responsabile, più lucido e attento. Adesso devo far girare la squadra. Anche quando non giocavo sono migliorato, lavorando, del resto con le strutture che ci sono qui è difficile non crescere, non migliorare.
Zion Williamson. Io penso non sia colpa dell’azienda di scarpe, che sarebbe successo comunque perché Zion è un animale. Atleticamente è diverso da tutti quelli che io abbia visto. Reattività, energia, pazzesco. E sa giocare. Ma tutta Duke fa spavento, l’abbiamo affrontata ed ha super atleti come la guardia RJ Barrett, Cameron Reddish, Tre Jones, Marques Bolden. Se volete un nome da seguire al di fuori, nel torneo, dico Ja Morant di Murray State, un talento fantastico.
Debutto nella Big 12. Ci sono altre grandi squadre, come Virginia e Gonzaga. Ma noi siamo ambiziosi, affrontiamo una partita alla volta qui a Kansas City e poi allo stesso modo nel torneo.