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    I 60 anni del volo di Yuri Gagarin, cosmonauta e… pallavolista

    Di Redazione Il 12 aprile del 1961, esattamente 60 anni fa, Yuri Gagarin fu il primo uomo nella storia a volare nello spazio a bordo della navicella Vostok 1. Non tutti sanno però che il pilota sovietico, oltre che un “cosmonauta” (come si diceva all’epoca), era anche un grande appassionato di pallavolo: non solo da semplice spettatore ma anche da giocatore. Lo ha ricordato oggi la CEV con una selezione delle numerose foto che lo immortalano su un campo o con un pallone da volley in mano. Foto CEV Gagarin, malgrado la sua statura non certo colossale (era alto appena 1,57), amava cimentarsi sottorete, spesso in compagnia del collega German Titov, che fu il suo successore a bordo della Vostok 2 e il più giovane astronauta di sempre. A questo proposito l’aneddoto più significativo è quello raccontato dal capitano dell’URSS di allora, Yuri Chesnokov: mentre era in corso un collegiale della nazionale sulla costa del Mar Nero, Chesnokov notò tra il pubblico Gagarin, che era in vacanza da quelle parti e non aveva voluto perdere l’occasione di assistere agli allenamenti. Il giocatore chiese all’astronauta di poter fare una foto insieme e Gagarin rispose: “Solo se in cambio mi farete l’autografo!“. Foto CEV (fonte: Cev.eu) LEGGI TUTTO

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    Vyacheslav Zaytsev parla del figlio Ivan: “Speravo che continuasse a palleggiare…”

    Foto Instagram Ivan Zaytsev

    Di Redazione
    Il portale BO Sport ha pubblicato una lunga e bellissima intervista a Vyacheslav Zaytsev (qui l’originale in russo), leggenda del volley sovietico negli anni Settanta e Ottanta e padre di Ivan Zaytsev. Tantissimi i temi trattati, dai ricordi dei tempi dell’URSS al trasferimento in Italia, fino al giudizio sui palleggiatori moderni. Naturalmente si è parlato anche dello “Zar”, quest’anno impegnato nel Kuzbass Kemerovo: “È bello che quest’anno sia in Russia, l’ho già visto diverse volte e cercherò di andare a Kemerovo più spesso, finché la salute me lo permette. Penso che andrò sicuramente ad assistere alle sue partite nei play off“.
    Papà Vyacheslav rivela di non aver mai del tutto digerito il cambio di ruolo del figlio: “Già a 17 anni giocava in A1 da palleggiatore, come riserva di Paolo Tofoli. Francamente, ero contento che avesse seguito le mie orme e speravo che continuasse a farlo. Le mani di Vanja (diminutivo di Ivan, n.d.r.) erano nella posizione giusta, la sua testa lavorava correttamente, gli mancava soltanto un po’ di esperienza sul campo. Ma ha dovuto cambiare squadra e così è cambiata anche la sua posizione in campo“.
    Ivan Zaytsev è nato in un giorno particolare per Vyacheslav: “Il 2 ottobre 1988 ho provato un misto di sentimenti opposti, da un lato c’era la sconfitta nella finale delle Olimpiadi contro gli USA, dall’altro la nascita di mio figlio. Non potevo immaginare che un giorno sarebbe diventato italiano… È stata una sua scelta, l’Italia è la sua seconda patria, ma credo sia stato il carattere russo a portarlo al successo“. L’ex campionissimo sovietico rivela anche di aver affidato al figlio tutte le sue storiche medaglie d’oro: “Ho voluto dargliele in anticipo. Ha ringraziato e ha detto che avrebbe provato a recuperare lo svantaggio!“.
    Tra i tantissimi aneddoti raccontati da Zaytsev padre sono imperdibili quelli sul trasferimento a Spoleto nel 1987: “Non volevo scappare di nascosto come avevano fatto alcuni giocatori di hockey e pattinatori, era tutto ufficiale. Potevo scegliere tra Francia, Italia e Spagna, ma ho voluto andare a Spoleto perché mi interessava lavorare con Carmelo Pittera. È stata una grande esperienza, ma non ero completamente felice: mi mancava mia figlia Anna, che è rimasta con i nonni. Non hanno voluto che la portassi con me perché non volevano che nella ma testa entrassero ‘cattivi pensieri’ sul cambio di cittadinanza. Alla fine sono stato autorizzato ed è arrivata con un accompagnatore: Valeriy Lobanovskyi, lo storico CT della nazionale di calcio“.
    Anche gli aspetti economici dell’avventura italiana di Vyacheslav sono singolari: “Il contratto era stato firmato da Sovintersport, non conoscevo nemmeno l’importo, la mia firma non c’era. Ricevevo lo stipendio presso l’ambasciata a Roma, il che lasciava sconcertata la dirigenza di Spoleto: quando hanno scoperto quanto stavo guadagnando, sono rimasti molto sorpresi. Si chiedevano: a chi abbiamo pagato l’ingaggio allora? A me non arrivavano più di 800mila lire all’anno“.
    (fonte: BO Sport) LEGGI TUTTO