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    Matteo Paris, regista con la valigia: “Mi piace incontrare culture diverse”

    Di Roberto Zucca
    Dei suoi viaggi e delle sue esperienze internazionali, Matteo Paris ne ha fatto un valore aggiunto. E in quell’essere costantemente con il trolley sempre pronto per qualcosa che non è solo pallavolo, l’esperto palleggiatore trasferitosi recentemente a Dubai ha trovato una casa, una nuova terra:
    “Ne ho trovate tante di nuove terre, ma sicuramente la mia casa ora è realmente la Grecia. Vivo nell’isola di Syros, volley permettendo, con la mia compagna Asimina e mia figlia. Ora mi trovo ad Al Ain, negli Emirati, tra qualche settimana porto a termine una bella esperienza in questo campionato“.
    Al Ain, perché questa scelta?
    “Volevo qualcosa che mi desse più tempo da poter trascorrere con la mia famiglia. Il campionato arabo è un impegno che mi porta a stare lontano dalla Grecia meno mesi rispetto agli altri tornei. Le offerte non mi mancavano, sia dalla Superlega che dalle altre serie, ma devo dire di aver fatto la scelta giusta”.
    La motivi.
    “È un campionato interessante, che cresce stagione dopo stagione. Trovo poi che più ci si allontana dal proprio paese, più si diventa esterofili. Mi piace avere a che fare con altre culture, proprio per la loro diversità. Sono arrivato qui da pochi mesi e all’inizio rimanevo sempre stupito dal fatto che ad esempio qui si blocchi la partita per effettuare la preghiera”.
    Il campionato volge quasi al termine. Che stagione è stata?
    “Discontinua dal punto di vista dei risultati. Da straniero non riesco a giocare tutte le partite per il tema della quota massima di tre da inserire a referto, ma quando sono stato chiamato a dare il mio contributo è andata molto bene. Siamo quasi matematicamente fuori dai play off, ma contiamo di poter disputare delle buone Coppe, che qui sono il fiore all’occhiello nella seconda parte della stagione”.
    Foto Instagram Matteo Paris
    La stagione finirà ad aprile. Poi? Non le piacerebbe tornare in Italia?
    “Per ora mi piacerebbe tornare a Syros, perché sono da parecchi mesi che non vedo Asimina e mia figlia. Ho delle attività imprenditoriali da gestire con la mia famiglia in Grecia e credo che dedicherò a questo la maggior parte del mio tempo nei prossimi mesi. Penso sia arrivato il tempo di pensare anche al futuro”.
    In Grecia ha giocato parecchie stagioni. Sono pochi gli italiani che in quel campionato hanno lasciato il segno.
    “Ho avuto diversi riconoscimenti come miglior giocatore. Non lo dico per vantarmi, ma perché mi ha fatto piacere ricevere queste attestazioni di stima. È un campionato in cui mi sono trovato molto bene. E spero di concludere la mia carriera proprio lì”.
    Nel campionato italiano è sempre stato considerato un giocatore amato dallo spogliatoio.
    “Ho fatto diversi anni molto belli. Non hanno contato solo i risultati ma anche le persone che ho trovato sulla mia strada. Penso alla stagione a Perugia, arrivata per caso, dove ho avuto il piacere di condividere il ruolo con il mio amico Luciano De Cecco, alle stagioni con Sabbi, Tondo e Fanuli a Piacenza, Cavaccini a Castellana, che è stato un anno intenso e importante”.
    Nella massima serie Paris ci arriva a 30 anni. La gavetta è stata importante?
    “È servita. Anche perché nessuno mi ha regalato nulla. Ogni anno facevo il mio e piano piano salivo la china, fino al 2013 quando sono arrivato a Latina e ho trovato Daniele Sottile con cui ho subito instaurato un buon rapporto. Diciamo che sono rimasto il ragazzo di Anguillara che è entrato con umiltà e rispetto a dare il suo contributo nelle squadre in cui ha militato”.
    È stata un’intervista nostalgica, Paris. Ora non mi dica che lascerà la pallavolo.
    “(ride n.d.r.) No, ancora no, se mi proponessero una nuova stagione qui negli Emirati la farei subito. Ma se mi richiamassero dalla Grecia sarei ancora più felice perché potrei stare vicino alla mia famiglia. Se così non fosse, il progetto è di fare comunque qualcosa nel mondo dello sport, magari mettere in piedi una società a Syros e proseguire in questo mondo. Mi prendo ancora un po’ di tempo per decidere!”. LEGGI TUTTO

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    Daniele Lavia: “Essere parte del futuro di Modena è una grande responsabilità”

    Di Roberto Zucca
    Sembrano passati secoli da quando, tre stagioni fa, il diciannovenne Daniele Lavia si affacciava per la prima sul palcoscenico della Superlega in quel di Ravenna. E invece, tre anni orsono, Daniele ha cominciato con determinazione e consapevolezza un percorso di formazione e affermazione che oggi lo portano ad essere considerato un elemento cardine di una delle società più ambiziose della Superlega, Modena Volley, e dagli addetti ai lavori uno dei giocatori su cui puntare per il futuro delle spedizioni tricolori:
    “Io ringrazio sempre quando si parla di strada fatta, nonostante sia solo l’inizio di un cammino. Sono contento che dietro il percorso si veda, come dice lei, il sacrificio compiuto”.
    Modena, una piazza non semplice. Esperimento riuscito?
    “È un esperimento che purtroppo non mi ha visto sempre disponibile a causa di qualche acciacco fisico, che fortunatamente è stato risolto. Tenevo e tengo molto a Modena, che è una piazza affascinante e complessa per la storia e i risultati che ha ottenuto. Ci accingiamo ad affrontare l’avventura dei play off, che ci vedranno di fronte a Civitanova, e che sicuramente non ha bisogno di presentazioni”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Arrivano da un cambio tecnico importante.
    “Sono comunque una grande squadra, che alle chiamate importanti risponde sempre presente con determinazione. Noi dal canto nostro, non siamo una squadra che si sottrae, anzi, ci metteremo tutto il nostro impegno per poter andare avanti nella corsa per lo scudetto”.
    Capitolo Lavia. Quando legge le parole piene di stima del suo presidente, si sente più lusingato o più responsabilizzato?
    “Responsabilizzato in primis perché fa parte del mio carattere. Sono uno che è abituato a mettere la faccia in tutto ciò che fa. Essere definito parte di un progetto futuro e ambizioso è importante, e sì, anche molto lusinghiero”.
    Modena Volley
    La Modena del futuro come la immagina?
    “La vorrei vivere, magari! Vedere il palazzetto vuoto mi spiace perché fa un effetto davvero strano. Mi è capitato in passato di vederlo gremito di pubblico ed è alienante ora che le partite vengono disputate con le voci dei soli giocatori. E poi è una città molto viva, interattiva. Ecco, mi piacerebbe poterla vivere presto nella sua interezza”.
    La lontananza dalla sua famiglia l’ha avvertita?
    “Sì, tanto. Non vedo mamma e papà quanto vorrei. Noi meridionali viviamo in generale molto il tema della distanza e con il Covid-19 sono mesi che i protocolli, giusti ma severi, ci permettono di vederci tanto ma solo attraverso il telefono. Il ritmo casa-palestra-casa posso però dirle che è scandito talvolta dai famosi ‘pacchi da giù’, anche perché la cucina di mia madre manca molto!” LEGGI TUTTO

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    Matej Cernic, la carriera inizia a 42 anni: “Voglio fare grandi cose a Grottaglie”

    Di Roberto Zucca
    Chi ha guardato per caso i tabellini della gara di esordio del Volley Club Grottaglie non può che aver notato il suo nome. Matej Cernic è sbarcato nella Serie C pugliese e lo ha fatto con la dignità e l’enorme passione per la disciplina che lo contraddistingue:
    “Chi mi conosce sa che difficilmente riesco a dire di no. A 42 anni ero tentato di appendere alle scarpette al chiodo ma è arrivata Grottaglie. È un progetto interessante, mi hanno chiesto di entrare nelle fila della squadra e io non ho saputo resistere”.
    Per ritirarsi, Cernic, c’è sempre tempo?
    “Ma sì, ora pensiamo a questo campionato. Mi piacerebbe molto fare grandi cose qui e spero di riuscirci nonostante l’età. L’obiettivo della B può essere assolutamente alla portata di questa squadra che ha dei giovani veramente interessanti“.
    Non mi dica che gli avversari dall’altra parte non notano la presenza di Cernic.
    “Qualcuno forse lo vede prima, o lo legge a referto. Ma niente carrambate. Guardi che, se fa un giro nei campionati regionali, qualcuno che calcava i palcoscenici della serie A o B e che ha ancora voglia di fare due schiacciate a rete lo trova sicuramente”.
    Devo fare l’avvocato del diavolo: è rimasto deluso da qualche proposta che non è arrivata?
    “Sono cose che si superano perché fa parte del gioco e delle logiche di questa disciplina. Mi aspettavo, e se ne era parlato, del fatto che avrei dovuto ricevere una chiamata da Di Pinto e Bongiovanni per andare a giocare alla Prisma Taranto. A Di Pinto sono legati gli anni di Perugia e onestamente la proposta che non è arrivata mi ha lasciato un po’ l’amaro in bocca. Volevo concludere la mia carriera in A. Ma c’è ancora tempo”.
    Non lascia quindi, è una notizia.
    “C’è tempo, ne riparliamo la prossima stagione. Lo dico sempre ai giornalisti, valuto di anno in anno. Sicuramente c’è anche il desiderio di rimanere nell’ambiente”.
    Allenatore?
    “Sì, mi piacerebbe mettere in piedi una società qui a Francavilla dove vivo con la mia famiglia. Sto cercando di informarmi e magari chissà, avvierò un progetto in questo senso”.
    Nel frattempo?
    “Le sembrerà bizzarro ma ho iniziato a lavorare nel mondo ospedaliero. Collaboro con una società che si occupa di montaggio protesi in ambito traumatologico. Sto cercando di capire se può interessarmi un ambito del genere. Magari potrebbe essere un giusto connubio con la pallavolo”. LEGGI TUTTO

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    Enrico Lazzaretto: “La mia priorità è la promozione con Porto Viro”

    Di Roberto Zucca
    Gli anni di Padova sono stati la sua vera scuola di formazione, e della quale il suo gioco si è forgiato soprattutto negli anni in cui ha diviso il campo con giocatori del calibro di Travica, Randazzo, Polo, solo per citarne alcuni. L’ora della verità è arrivata invece in questa stagione per Enrico Lazzaretto, schiacciatore della Delta Group Rico Carni Porto Viro a cui nelle ultime settimane è stata associata l’etichetta di top scorer:
    “Sono settimane decisamente buone per Porto Viro e per me. Sono contento dei risultati che sono riuscito ad ottenere e soprattutto di ciò che la squadra è riuscita ad ottenere, tra tutti il passaggio di turno della Coppa Italia”.
    In campionato è sfida aperta con Motta di Livenza.
    “Squadra che conosco bene in quanto ho militato anche tra le sue fila. Sta facendo molto bene, e adesso è distante da noi un punto. Sarà una lotta all’ultimo punto, ma a far bene con questa maglia ci teniamo tutti”.
    La promozione è un obiettivo. Lei potrebbe trovare spazio in A2?
    “Mettiamo le priorità in fila. Sicuramente l’obiettivo della promozione è una cosa alla quale teniamo tutti, società compresa. Se ci fosse spazio per me in A2, non solo, ma a Porto Viro ne sarei felice. Il percorso iniziato qui lo scorso anno vorrei concluderlo nel migliore dei modi”.
    Ufficio Stampa Delta Volley Porto Viro
    Gli anni di Padova. Le è mancata l’occasione di fare qualche passaggio in più?
    “Nell’anno in cui Gigi Randazzo aveva avuto qualche problema fisico e si era fermato qualche settimana, mi è spiaciuto non avere qualche occasione in più di scendere in campo. Ero pronto, volevo sbranarmi il campo. Però non è detto che non ci sia adesso la possibilità di avere altre occasioni importanti”.
    La gavetta fatta è stata importante. Come è arrivato alla pallavolo un colosso come lei?
    “Da adolescente ho avuto un problema per cui ho subito un’operazione, e mi era stato vietato qualsiasi sport di contatto. Col nuoto sono durato due mesi, anche se mi ha aiutato a rimettermi in piedi. Ho provato con la pallavolo, l’altezza c’era, il divertimento nei primi allenamenti pure. Non è la classica storia di innamoramento da bambino. È uno sport che ho iniziato ad apprezzare da grande”.
    Padova è arrivata subito. Poi molte parentesi in A2. Voglia di rientrare ad alti livelli?
    “Voglia di giocare ne ho sempre tanta. Sono uno di quelli per cui ogni partita è una finale di Champions. Sono competitivo, in tutto e vivo la gara come un momento importantissimo ogni domenica. Lo spirito non mi manca. Il carattere pure. La mia compagna Livia mi prende in giro perché dice che voglio vincere una partita di pallavolo al pari di una partita a carte”.
    Livia, la sua compagna. Ho visto che la stupisce ai fornelli.
    “La cucina è una passione da un po’ di anni. Le dico di più: non è escluso che quando appenderò le scarpette al chiodo magari possa aprire un locale. Ho visto quanta soddisfazione il mio amico Dragan Travica ha ricavato dai suoi progetti imprenditoriali. Anche io mi vedo in una vita simile, una volta però che tutto questo bel mondo sarà concluso. Per ora penso a Porto Viro”. LEGGI TUTTO

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    Michele Baranowicz: “Sono rimasto in piedi grazie a famiglia e amici”

    Di Roberto Zucca
    Per comprendere in fondo chi mi trovo davanti, cerco Michele Baranowicz tra le sue certezze e i suoi affetti più cari. Ci sono Tatiana, Mila, i loro amati animali. Trovo in quel contesto una sorta di mondo protetto, privato e davanti al quale il lato più inedito del palleggiatore della Gas Sales Bluenergy Piacenza viene fuori:
    “È il mondo che proteggo, del quale parlo poco perché mi piace viverlo da solo senza interferenze esterne. È il mondo nel quale mi rifugio e dal quale vengo fuori più forte, rigenerato. Non posso descrivere quanto questo mondo sia cambiato dopo l’arrivo di mia figlia Mila. Ma sicuramente posso dirle che lo ha migliorato e reso ancora più bello con la sua presenza”.
    Osservare Baranowicz in quel contesto significa venire a contatto con un Michele che pochi comprendono. Mi dica come la vedono i suoi amici, ad esempio.
    “In realtà chi mi ha vissuto al di fuori del campo sa che sono molto diverso da quello che poi si trova in campo. Dovrebbe chiedere a loro cosa vedono di quel Michele, non ne ho idea. Ma sicuramente è una persona leale e presente”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Quello che mi ha sempre colpito di lei è il suo senso di responsabilità. Ha saputo assumersene nel bene e nel male.
    “Sono un atleta che deve assumere le responsabilità per ruolo, e poi l’ho sempre fatto per carattere. Ho sofferto negli anni il giudizio di molti che non mi conoscevano e che sparavano a zero su di me e sul mio operato. Anche perché non mi sono mai nascosto dietro gli alibi e dietro gli insuccessi”.
    Ad un certo punto mi è sembrato che lei abbia imparato a non curarsi del giudizio altrui. È stato difficile?
    “Ci ho fatto un lavoro, anche grazie a mia moglie Tatiana, con cui mi sono spesso confrontato e che ha saputo restituirmi delle riflessioni corrette e senza pregiudizi. Ora vivo tutto ciò che mi accade professionalmente molto meglio”.
    Baranowicz sembra aver avuto tre vite. Come si riesce a stare in piedi?
    “Con le persone giuste. Una famiglia, alcuni amici che nel momento del bisogno mi sono stati accanto, come ad esempio quando ho vissuto le vicissitudini del cartellino e delle ingiustizie di questo mondo. E poi con il senso del dovere. Questo è il mio lavoro. Questa è l’unica cosa che mi permette di mantenere la mia famiglia. Anche questo ti tiene in piedi”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Per alcuni anni ha scelto l’estero. Come ha visto il mondo italiano da fuori?
    “Con un po’ meno di pressione, diversamente da quando giocavo in Italia. È stata un’occasione di crescita ma anche un bel sacrificio che chi mi stava vicino ha vissuto. Bello, non semplice e sicuramente un contesto sfidante”.
    Ora Piacenza. E un sesto posto in regular season.
    “Che, aggiungerei, non ci soddisfa. Sono arrivato a stagione avviata, quindi ho avuto meno tempo rispetto a un atleta che magari è presente da inizio anno e ha modo di impostare un certo tipo di gioco, di trovare le intese con i compagni durante la preparazione. Serve continuità, la cerchiamo ancora e adesso diventa cruciale nella seconda parte della stagione”.
    L’organico non vi manca. Cosa si aspetta?
    “Non faccio pronostici, ma sicuramente dobbiamo lavorare tanto per trovare le conferme che cerchiamo. Dobbiamo fare sì che in tutte le fasi di gioco e in tutti i set si possa dare il 100%, così come è successo nelle ultime settimane in alcuni momenti delle partite. Con quella continuità di gioco potremo essere in grado di toglierci delle buone soddisfazioni”. LEGGI TUTTO

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    Simone e Carolina, presto genitori: “Tutto è iniziato con uno smile…”

    Di Roberto Zucca
    Mamma e papà. Prossimamente. Basta questo post per sorprendere e commuovere i suoi tifosi che lo inondano di auguri e congratulazioni. Simone Anzani e la sua compagna Carolina Fanni saranno presto genitori e lo hanno annunciato da uno splendido mare di inverno a Civitanova Marche. Oggi, per la prima volta, parlano assieme di questa notizia che nelle ultime settimane ha riempito di gioia il mondo della pallavolo:
    “Abbiamo scoperto questa bellissima cosa a metà ottobre, il giorno del compleanno di mio papà – dice Simone – e qualche settimana dopo abbiamo fatto trovare ai miei genitori una busta con due body con le rispettive scritte ‘Nonno e Nonna, ci vediamo a maggio’. Può immaginare l’emozione anche per loro, dato che sarà la loro prima nipote”.
    Quindi è una bambina?
    “Sì, una bambina. Stiamo riflettendo sul nome e per ora quelli che ci piacciono di più sono Viola e Eva. Però diciamo che uno dei due propende per entrambi…”.
    Carolina, mi racconta come ha conosciuto Simone?
    “Giocava a Verona. Era all’ultimo anno. Io sono una fotografa freelance e mi capitava di seguire la Calzedonia. Ci conoscevamo da un po’ e capitava di vedersi in compagnia ma avevamo entrambi delle frequentazioni. Quando si è conclusa la stagione, ho capito che mi era scattato qualcosa e gli ho scritto un sms dicendo che mi mancava. Lui ha risposto con uno smile”.
    Simone, solo uno smile?
    “(ride, n.d.r.) In realtà qualche giorno dopo abbiamo iniziato a scriverci. Ed è iniziata una frequentazione circa tre anni e mezzo fa. L’anno dopo io ho firmato a Perugia. È stato quello il banco di prova e la storia è diventata qualcosa di sempre più importante”.
    Poco tempo fa mi aveva confessato che Carolina è la donna della sua vita.
    “Una donna con cui ho scelto di fare una figlia è, nella sua natura, la donna della vita. Carolina ha saputo starmi accanto e ha saputo essere una compagna, un’amica, una persona speciale. Penso che la vera prova sia stato il lockdown, quando per la prima volta dopo tanti anni ho smesso di viaggiare tanto e sono stato costretto a convivere forzatamente con una persona per 24 ore al giorno. È una prova che abbiamo ampiamente superato”.
    Nessun litigio, Carolina?
    “Sì. Solo quando giochiamo a carte. Lui è uno molto competitivo e vorrebbe vincere sempre. Odia perdere e soprattutto la fase dello sfottò che si genera dopo la sconfitta. Direi leggerezze ampiamente superabili”.
    Foto Instagram Carolina Fanni
    Cosa ha sacrificato per stare accanto a Simone?
    “Il mio lavoro, naturalmente, è stato da ripianificare. Prima vivevo a Verona e avevo i miei clienti fissi. Una volta che ho iniziato a viaggiare e a vivere in pianta stabile accanto a Simone, ho cercato delle opportunità diverse oltre ad avere dovuto ripensare alla professione a distanza. Ma è un qualcosa che ho scelto di fare molto volentieri”.
    Anzani, in quali momenti ha sentito la vicinanza di Carolina?
    “L’anno di Modena non è stato un anno semplice per me. Ho sofferto determinate dinamiche e avere accanto Carolina, che riusciva a strapparmi un sorriso o a darmi un consiglio giusto nel momento del bisogno, è stato fondamentale”.
    A Civitanova sembra stiate molto bene.
    “Si vive molto bene e personalmente ho trovato un gruppo con il quale vado molto d’accordo. Ci sono persone con le quali ci vediamo spesso fuori, penso a Balaso, Diamantini, Marchisio, Kovar con cui è nata un’amicizia anche tra Carolina e le rispettive compagne. E poi ho De Cecco che viene sempre a mangiare le zuppe a casa nostra perché dice che come le facciamo noi non le fa nessuno. Quindi è sempre il benvenuto!”. LEGGI TUTTO

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    Cico De Marchi è tornato per restare: “Voglio vincere con la maglia di Motta”

    Di Roberto Zucca
    Rileggere il suo nome nel roster di una squadra di serie A, veneta fra l’altro, rievoca una serie di stagioni in cui Francesco De Marchi allietava squadre e tifosi della regione dell’Est tanto famosa per i palcoscenici del volley. Le sue stagioni migliori le ha trascorse proprio a Padova e a Verona, fino ad arrivare agli anni trionfali a Berlino, nella spedizione Serniotti che valse ad entrambi lo scudetto. Ora De Marchi, per tutto il volley Cico, è tornato alla HRK Motta di Livenza, in A3:
    “È stata anche per me una bella sorpresa. Ormai la mia vita procedeva beatamente a Spalato con mia moglie e mia figlia, quando nel periodo natalizio siamo rientrati in Veneto anche per far stare un po’ la bimba con i nonni paterni. Io ho giocato in Croazia fino a poche settimane fa, ma la società sapeva bene che se fosse arrivata una chiamata dall’Italia avrei accettato più che volentieri”.
    Ha iniziato col botto. La HRK Motta ora si gode il primato in classifica.
    “Abbiamo vinto il derby contro Porto Viro ed è stata una bella soddisfazione. Io sto cercando di trovare il massimo della condizione, anche perché le differenze col campionato croato si vedono. Non parlo di meglio o peggio, ma come impostazione di gioco spero già nella prossima gara di poter dare il 100%”.
    Motta è una società ambiziosa. De Marchi punta alla A2?
    “Le carte in regole Motta le ha. Io sono entrato a metà campionato perché Roberto Pinali si sta riprendendo da un infortunio, ma fino a fine stagione voglio potermi giocare le mie chance, intese anche nel senso di centrare la promozione con questa squadra. Ci sono giovani interessanti in A3 e il livello del campionato è piuttosto alto, anche perché ci sono diversi giocatori che negli anni scorsi hanno militato in Superlega e in A2. Sarà un proseguimento tosto e io ce la metterò tutta”.
    Foto Ufficio Stampa HRK Motta
    Sfatiamo dei miti. Perché ad un certo punto è sparito dal campionato italiano?
    “Perché nessuno me lo proponeva più. Dopo l’anno a Berlino e un infortunio, si era diffusa la voce che fossi fisicamente fragile, e questo non era vero. Il procuratore di allora, dopo lo scudetto e l’infortunio, è come se avesse smesso di puntare su di me. Eppure i risultati e gli ingaggi non ho mai fatto fatica a trovarli. Mi sono rivolto ad un altro agente, per cui, diciamo, non risultai un buon affare. So che tanti atleti negli anni sono stati vittime di certe maldicenze, che poi partono sempre dai soliti personaggi”.
    Dissero stagioni sbagliate.
    “Le scelte sbagliate a livello di società sono capitate a chiunque. Ci vuole però un procuratore che fa in modo che una stagione sbagliata possa essere corretta. Io adesso mi gestisco da solo e sono molto felice di questo. Non sono nel giro della Superlega, ma non sono nemmeno a casa a guardare il soffitto. Non voglio risultare polemico, ma spesso i procuratori tendono a danneggiare e non a salvaguardare i propri atleti. Soprattutto quando c’è troppa scelta e le percentuali per l’ingaggio tendono ad abbassarsi”.
    Dissero infine che lei aveva un carattere difficile.
    “Niente di più falso. Ho fatto presente delle cose nella mia carriera, così come tutti i giocatori. Ci sono state delle rare volte in cui ho alzato la mano e chiesto spiegazione relativamente a false promesse o a cose che non andavano. Ma sfido chiunque ad andare a chiedere ai miei ex allenatori le mie referenze. E per me parlano tanti anni trascorsi in Superlega. Non si è mai lamentato nessuno, che io sappia. Diciamo anche che gli atleti difficili sono altri, non Cico De Marchi. Ma su alcuni si tende sempre ad andare con la carota, e mai col bastone”.
    Rimarrebbe in Italia nei prossimi anni?
    “Altroché se rimarrei. Penso di essere in grado di giocare ancora 4 o 5 stagioni a buon livello, anche perché, ci tengo a dirlo, fisicamente sto bene. Spero che con Motta possa essere una storia a lungo termine. Viceversa tornerò a Spalato e mi piacerebbe molto entrare in una società come ds, o nell’organizzazione. Mi è stato proposto, e restare all’interno di questo sport è una cosa che spero vivamente. Per ora, intanto, pensiamo a vincere con la maglia di Motta!”. LEGGI TUTTO

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    Mattia Bottolo, grinta da veterano: “Voglio arrivare lontano con Padova”

    Di Roberto Zucca
    Ventuno anni. E una grinta da fare invidia a molti suoi coetanei. Mattia Bottolo non è solo il nuovo che avanza, ma è già il nuovo che si afferma con la maglia della Kioene Padova in un panorama, quello della Superlega, nel quale emergere è un affare riservato a pochi:
    “Parlo di un bilancio personale ottimo, in quanto coach Cuttini mi ha responsabilizzato da subito e mi ha dato fiducia. Ho cercato di ripagare con la stessa moneta anche io, cercando di dare il massimo in ogni incontro. La classifica purtroppo non ripaga del tutto questo impegno, in una stagione molto difficile, molto complessa, in cui in certi incontri dobbiamo ancora trovare continuità”.
    Il suo nome però è una delle migliori novità del panorama italiano. Fenomeno non nuovo in quel di Padova.
    “Ho la fortuna di giocare in una società che dell’investimento sui giovani ha fatto il suo cavallo di battaglia. Non capita a tanti coetanei di avere queste chance, quindi le apprezzi doppiamente. È una società nella quale sono cresciuto. Vincere con la maglia Kioene ha un valore molto importante”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    Originario di Bassano. Che esordi sono stati?
    “Gli esordi di un ragazzo che gioca per inseguire il suo sogno di giocare un giorno in un palcoscenico importante come quello della Superlega. Tanti sacrifici, e qui ci tengo a ringraziare la mia famiglia che per me ne ha fatti davvero tanti sin da quando ero più giovane. E poco tempo per altro, che è una cosa normale visto l’impegno richiesto dalla pallavolo”.
    Dove vuole arrivare con Padova?
    “Lontano. Sembra banale come risposta, ma sicuramente vorrei vincere qualcosa di importante con questa maglia. Padova ha fatto tante stagioni in cui è stata una forte outsider contro molte compagini più corazzate. Sono certo che ritrovando la condizione anche noi possiamo fare la nostra parte”.
    Foto Lega Pallavolo Serie A
    La tegola dell’infortunio di Shoji come la state risolvendo?
    “Con la massima fiducia data a Leonardo Ferrato che è un giocatore, con cui ho condiviso il periodo delle giovanili e con cui personalmente ho un bellissimo rapporto. È un ragazzo che come me vuole giocarsi le sue occasioni e di cui tutti i compagni hanno tanta fiducia. Sostituire Kawika non sarà semplice perché stava facendo un ottimo campionato, ma Leonardo può assolutamente farcela”.
    Non è facile nemmeno per lei trovarsi davanti così tanta esperienza. Mi è sembrato un giocatore di metodo e carattere. Sbaglio?
    “Il carattere lo devi mettere davanti soprattutto quando ti ritrovi davanti così tanta esperienza come accade in Superlega. Per il metodo la ringrazio, anche perché cerco di fare ogni cosa secondo le regole nel gioco”. LEGGI TUTTO