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    Dalla gavetta all’azzurro: il sogno olimpico di Simone Di Tommaso

    Di Roberto Zucca Quando si parla di “merito” nello sport non si può non pensare alla storia di Simone Di Tommaso. Una gavetta iniziata da molti anni, dopo una bellissima carriera nel mondo della pallavolo, lo ha portato a scegliere di portare avanti la sua seconda anima, il Beach Volley, prima come formatore di talenti, sia nel femminile sia nel maschile, e poi, da pochi mesi, come allenatore della coppia azzurra formata da Paolo Nicolai e Samuele Cottafava nella loro seconda vita e seconda carriera. “Ho fatto il percorso canonico. Se mi avesse chiesto tempo fa di scegliere tra la pallavolo e il Beach Volley non avrei saputo cosa decidere. Poi, una volta appese le ginocchiere al chiodo, ho scelto di proseguire una naturale carriera a Pescara, con il mare, la sabbia, e con il beach volley. Seguire Paolo e Samuele è un’opportunità. Una bellissima opportunità che ho scelto di cogliere in un momento molto particolare della carriera, mia e loro“. Foto Instagram Simone Di Tommaso Ricorda la telefonata nella quale le si chiedeva di diventare l’allenatore di una coppia olimpica? “Sì, ricordo di aver chiesto subito quanto margine di manovra avrei avuto sul poter scegliere delle persone che mi avevano accompagnato in questi anni, e la libertà di poter portare al mio fianco Mattia Matricardo e Mariano Costa ha fatto sì che accettassi subito. Credo che in progetti del genere le persone facciano la differenza, e soprattutto che lavorare con persone affini ai propri metodi e al proprio pensiero sia fondamentale per la buona riuscita“. Gli obiettivi di questo team possiamo dichiararli? “Sicuramente entrare nei primi sedici del ranking quest’anno e giocarci gli Elite 16. Questo per ciò che riguarda il 2022. Dal prossimo anno, quando si potranno iniziare a maturare i punti utili in chiave Parigi 2024, ovviamente l’obiettivo è proseguire in quel cammino che può portare alla qualificazione olimpica”. Foto Instagram Simone Di Tommaso Cosa è per lei Parigi 2024? “Credo che nella vita di uno sportivo esistano delle fiaccole. Per tutti, non solo per me. Ecco, quel faro, quella fiaccola olimpica per me è il livello massimo da provare a raggiungere. L’opportunità di disputare un’Olimpiade con questi ragazzi è un’occasione che vogliamo tutti cercare di centrare“. La sede della coppia si sposta a Pescara. “A casa. Quando ci siamo parlati con Paolo e poi con Samuele, abbiamo parlato della voglia di lavorare in un contesto stimolante e sereno. In questo ambito abbiamo una bellissima struttura, quella della Sir Deco Beach Volley School, e un contesto che regala la possibilità di lavorare in un ambiente raccolto“. Siete cinque lavoratori. Parola corretta? “Il denominatore comune sta proprio nel fatto che siamo cinque persone che sono abituate a lavorare. Siamo poco avvezzi a riempire la nostra attività di altre cose. Siamo persone che vivono a testa bassa tutti i giorni, focalizzati e concentrati all’obiettivo. Forse è la nostra migliore caratteristica. È un’atmosfera che si vive dal primo giorno. La concentrazione è massima. L’entusiasmo e la voglia di fare si respira durante tutta l’attività“. Foto Instagram Simone Di Tommaso Lei negli anni ha lanciato moltissimi giocatori nel mondo del beach. A chi è più legato? “A tutti. Nomino Ceccoli, Cappio, Di Silvestre, Vitelli, Sette. Amici, ma in realtà dei fratelli, così come Gili e Costantini e Michieletto-Lantignotti nel femminile. A Pescara si è creata una comunità di persone che è cresciuta assieme, ha saputo comprendersi, ha saputo anche lavorare sulle diversità, facendole diventare affinità. L’affetto che mi lega a persone come loro è unico. Siamo stati e siamo una famiglia“. Del percorso di Marco Vitelli è orgoglioso? “Assolutamente sì. Ma parlando di pallavolo lo sono molto anche di Cappio, Sette, Di Silvestre che sono diventati degli ottimi elementi per la serie A2. Sono persone che si meritano ciò che hanno perché hanno lottato molto per averlo. Le occasioni sono arrivate, ma sono state cercate e volute con molto sacrificio“. LEGGI TUTTO

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    Simone Parodi: “Ho pensato di smettere, ma la salvezza mi ha dato nuove energie”

    Di Roberto Zucca Forse quella che è appena passata è stata non tanto la stagione più difficile della sua carriera, ma quella del giro di boa. Complessa, iniziata troppo tardi rispetto ai suoi ritmi. Tuttavia, Simone Parodi ne è uscito ancora una volta vincente con la Emma Villas Aubay Siena, con in tasca una salvezza che, a qualche giornata dalla fine del torneo, sembrava irraggiungibile: “È stata una stagione complessa, è vero. È partito tutto dal mercato, in cui all’inizio, ho vagato per Cisterna, poi la parentesi di qualche giorno in Francia, fino all’approdo di Siena. È stato strano all’inizio, non ero abituato. Ma come me, tutta la squadra ha risentito di una stagione in cui il problema non è stato individuato. Ci siamo spenti, e poi improvvisamente riaccesi. Fino ad una salvezza per la quale ho cercato di lottare con tutto me stesso fino alla fine“. Sono stagioni da dentro o fuori. “Sì. Ammetto per la prima volta nella mia carriera di aver pensato di smettere. Non era una questione solo fisica, ma anche una condizione psicologica. Sono abituato a chiedere 100 a Simone Parodi e ad ottenere 120. Non sono l’atleta che non dà tutto sé stesso. Sono così da sempre“. Foto Lega Pallavolo Serie A E ora? “La salvezza mi ha dato una nuova energia. Credo di essere uscito da questa stagione con maggiori consapevolezze sul presente e sul futuro. Ho ancora voglia di esserci. Nell’ultima partita ho pianto, sono crollato. Le lacrime sono una cosa che non mi appartengono nella vita in generale. Ma ero così contento, così felice del traguardo raggiunto che emotivamente ho spinto fino alle lacrime. C’era tutta la stagione dentro quel finale. Forse anche di più. Ma mi lasci dire una cosa“. Prego. “Ho trovato un gruppo bellissimo qui a Siena. Abbiamo vissuto al nostro Casale, la residenza in cui abitano molti di noi, e si è creato un rapporto quotidiano che mi ha ricordato i bei tempi del passato. Il presidente ha saputo mettersi a disposizione, comprendere la situazione. C’è stato un momento in cui ho capito quanto uomini come lui investono in questo sport e quanto credono nelle squadre che allestiscono. Anche con Paolo (Montagnani, n.d.r.) mi sono trovato bene. È un anno che porterò nel cuore“. Foto Lega Pallavolo Serie A Siena è una squadra che negli anni ha cambiato molto. “Sì, credo si voglia andare su una strada diversa. Ossia mantenere l’ossatura di questa stagione e ripartire da alcune conferme. Io, nel mio piccolo, penso che i risultati vadano costruiti anche sulle buone cose fatte nelle stagioni precedenti“. È un invito a chiederle di restare? “(ride, n.d.r.) No, intendevo dire che sicuramente la base della fiducia è fondamentale. Cambiare tutto spesso è più un rischio che un’opportunità. Certo, se mi arrivasse una proposta per un bel progetto, considererei l’opzione di restare ancora a Siena. Anche se è aprile, è troppo presto in questo senso per pensare alla prossima stagione“. Foto Emma Villas Aubay Siena Cosa la aspetta? “Un po’ di vacanza, ma riprenderò subito ad allenarmi, perché voglio arrivare carico alla prossima stagione“. Quindi ha scacciato via la possibilità di smettere? “Assolutamente“. LEGGI TUTTO

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    Matteo Coggiola: “Fa male vedere Roma senza impianti sportivi”

    Di Roberto Zucca La SMI Roma Volley è balzata all’onore della cronaca qualche sera fa, durante la messa in onda della trasmissione Le Iene. Si parlava tristemente della condizione degli impianti sportivi romani, vittime dell’incuria e dell’abbandono (si veda il caso del PalaTiziano, inagibile ormai da anni), nonostante in città ci siano società coraggiose, che si spostano in tutta l’Urbe e spesso anche fuori città per coltivare la passione propria e dei propri atleti. Matteo Coggiola, centrale della SMI Roma Volley, è uno degli intervistati che nel servizio di Filippo Roma ha raccontato questa ormai famigerata situazione: “Noi stiamo giocando a Fonte Meravigliosa, un impianto bello ma credo non omologato per una serie superiore alla B. Ho visto anche io il servizio, e vedere come lo sport a Roma venga maltrattato in questo modo da moltissimi anni fa male. Mi creda, le società che lavorano con passione, come la nostra, sono tante. Non ci meritiamo una situazione simile“. Secondo lei servizi come quello delle “Iene” servono allo sport? “Potrebbero. Ovviamente la speranza è che queste immagini arrivino a chi a Roma si occupa di sport a livello politico. Un messaggio del genere non può assolutamente passare. Non si possono avere così pochi impianti funzionanti in una città come Roma“. Tra le altre cose, la SMI Roma Volley è attualmente in testa alla classifica. “Abbiamo strappato matematicamente il pass per i playoff promozione dopo aver lottato con altre quattro o cinque compagini. La stagione sta andando molto bene e siamo soddisfatti del lavoro fatto. La voglia di giocarci la vittoria in campionato è tanta“. E poi? “Mi chiede se Roma andrà in A3? Non mi so spingere così avanti…“. Sulla questione palazzetto? “Si spera che il PalaTiziano possa tornare molto presto ad essere agibile, ad esempio. È una struttura bellissima, in cui ha militato per tantissimi anni la M.Roma. Sarebbe bello poter disputare un campionato in un impianto del genere“. Coggiola, lei si vede in A3? “Pensiamo a finire il campionato. Poi capiamo quali saranno le intenzioni della società. A 25 anni mi piacerebbe molto, ovviamente, ritornare in Serie A3“. Lo scorso anno ha completato gli studi alla Luiss. Con quale obiettivo? “Mi sono laureato in marketing. Attualmente lavoro nel mondo del marketing sportivo, dove mi piacerebbe più avanti potermi costruire una carriera“. LEGGI TUTTO

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    Marco Vitelli: “Ringrazio Cuttini, ha tirato fuori il meglio di me”

    Di Roberto Zucca Ad uscire da Padova, non solo in una condizione di salvato e non sommerso, ma con la certezza di chi partendo da una battaglia ha vinto su tutta la linea, è sicuramente Marco Vitelli. Quando la storia di Marco ha incrociato quella della Kioene, infatti, la sua carriera necessitava sia di una spinta propulsiva propria, sia di un club che donasse nuova linfa ad un ragazzo che alla Superlega chiedeva una buona occasione. Puntualmente sfruttata: “Voglio ringraziare Cuttini, per questo. Perché ha voluto, fortemente, un ragazzo come me, che veniva da stagioni altalenanti, e su di me ha scommesso. È una persona che ha lavorato per tirare fuori il meglio da me e dalla squadra“. foto Pallavolo Padova Siete salvi, Vitelli. “Sì. Ci siamo riusciti all’ultima giornata e non è stato facile. Ci abbiamo creduto, e abbiamo piano piano preso dei punticini che ci hanno permesso nella seconda parte di campionato di giocarcela“. Davvero Padova puntava solo alla salvezza? “Era l’obiettivo dichiarato. La squadra aveva qualche elemento che aveva già maturato esperienze in Superlega, ma anche tanti ragazzi che si affacciavano in Superlega. Si può sempre fare qualcosa di più, ma con il livello di quest’anno era difficile poter puntare a qualcosa di più che non fosse la salvezza“. Quando andava meglio, a cosa era dovuto? “All’entusiasmo dell’inizio. Alla pressione per la fine che ancora non si sentiva, né per noi, né per gli altri. Quando ci siamo trovati davanti squadre più navigate, alcune volte siamo riusciti ad imporci, altre volte abbiamo fatto più fatica. Davanti ad alcune squadre costruite per chiedere qualcosa in più a questo campionato, nella seconda parte, non siamo riusciti ad esprimerci al meglio. Forse è mancata una maggior esperienza rispetto a chi ci si ritrovava davanti“. Molta gioia all’ultima giornata, o sbaglio? “Abbiamo fatto festa perché ci siamo tolti un bel peso! Non posso dire che non abbiamo sofferto nelle ultime settimane, ma ci portiamo a casa un annata in cui si è creato un bellissimo gruppo, in cui tra di noi sono nati bei rapporti. Io a Padova sono stato davvero bene“. Mi parli di uno di questi rapporti. “A parte quelli che ho avuto modo di condividere su Instagram e a cui forse lei si riferisce, è nata una bellissima amicizia con Alberto Polo. Una persona che ha saputo starmi accanto e darmi dei consigli preziosi“. Posso chiederle cosa ha fatto lei per contraccambiare Polo? “Sinceramente, nella situazione in cui si è trovato, Alberto non ha certo bisogno dei miei consigli, né credo ci sia qualcuno che possa darglieli. Dal canto mio, ho cercato di stargli vicino come farebbe un amico, e di trascorrere del tempo assieme, cercando di trovare qualche argomento per evadere da quei pensieri. Credo di aver toccato l’argomento una volta. E penso che gli amici debbano fare questo“. foto Kioene Padova Non posso non chiederle se questo è il suo ultimo anno a Padova. “Adesso sarò ancora un mese qui a Padova per gli allenamenti. Poi andrò a casa a Pescara e farò qualche partita a beach. Poi spero arrivi la convocazione per la nazionale e la VNL. Non mi faccia parlare del mercato, è troppo presto“. Mi è chiaro. In bocca al lupo per la prossima stagione, Vitelli. “Grazie mille. E grazie a Padova per la possibilità che mi ha offerto in questi anni. Sono cose che non si dimenticano“. LEGGI TUTTO

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    La doppia vita di Andrea Coali: ricercatore universitario e pallavolista in Serie A

    Di Roberto Zucca Quando si parla di dottorandi e addottoramenti nel mondo della pallavolo, l’immagine del passato che viene alla mente è quella tra genio e follia di Leo Morsut, il grande pallavolista dell’Itas Trentino che all’apice della carriera lasciò tutto per amore dello studio e della ricerca universitaria. Tanti anni dopo siamo ancora a Trento, ma solo nelle origini, e non si parla di una storia di scarpette che si stanno per appendere al chiodo, ma della scelta di un presente in cui portare coraggiosamente avanti due carriere, quella di ricercatore universitario e di pallavolista “professionista”. Quella di Andrea Coali è una bellissima testimonianza, di sport e ricerca, che dalla Bocconi di Milano si irradia fino al Volley 2001 Garlasco, in Serie A3: “Sto per conseguire il dottorato in Management all’Università Bocconi di Milano. Alla Bocconi tengo due corsi di Business Analytics e Innovation Management. È il mio ultimo anno di dottorato. Poi forse ci sarà l’estero perché, purtroppo, in Italia la carriera universitaria è un grosso punto interrogativo“. Foto Roberto Peli L’eccezionalità del portare avanti due carriere così impegnative rende la sua storia unica. “La ringrazio, ma non è questione di eccezionalità, bensì di organizzazione. Effettivamente l’impegno della A3, ossia di cinque giornate in cui l’università è alternata al volley, è sfidante. Ma gli orari serali degli allenamenti, dopo una giornata trascorsa in Bocconi, mi consentono di conciliare tutto. Certo, sto meditando rispetto a ciò che sarà la mia carriera dopo la fine del dottorato. Ma devo ancora capire come muovermi“. La sua carriera è molto curiosa. L’avevo lasciata a Verona circa otto anni fa. “Poi ci sono stati anni di serie B, un anno di serie C, la serie A in Svezia quando mi trovavo lì per il mio anno di ricerca all’estero e uno scudetto in Lussemburgo quando ero un consulente alla Banca Europea degli Investimenti prima del dottorato. Successivamente sono tornato a Garlasco, e dalla B lo scorso anno ci siamo ritrovati in A3. Ho messo subito le cose in chiaro, dicendo che l’università avrebbe avuto un impegno totalizzante, che mi avrebbe portato anche all’estero per delle settimane, ma la società ha accettato questo mio impegno e, tra l’altro, vista la pandemia, le assenze per motivi accademici sono state evitate“. E con Garlasco state per raggiungere una storica salvezza. “Ce la meritiamo. Spero arrivi perché è frutto di un bell’impegno da parte di tutti. Siamo stati una scommessa, fatta da tante provenienze, tante storie diverse e tante vite differenti. All’inesperienza di molti di noi nelle serie maggiori abbiamo compensato un po’ con l’entusiasmo e un po’ con l’incoscienza“. Foto Roberto Peli I suoi precedenti illustri la portano a Trento, Altotevere e Verona. “A Trento sono stati gli anni della formazione, poi sono arrivate le stagioni di San Giustino e Verona. È servito tutto. Anche per capire dove volevo stare“. Cioè? “Ho capito subito che volevo essere altro oltre la pallavolo. Questo sport per me è sicuramente un grande antistress, dalle pressioni del lavoro e dalla vita in generale. È passione, è entusiasmo, ma ho capito da giovane che non sarebbe potuto essere l’unica strada da percorrere. Ero molto diverso dalle persone con cui mi ritrovavo a condividere il campo. Quelli con cui ho condiviso maggiormente una casa, o un’amicizia, poi hanno fatto delle scelte simili alla mia, ossia non dedicare l’intera vita solo al volley“. Era un pesce fuor d’acqua? “No, non direi. Però magari, quando arrivava il momento della Playstation, io avevo altro a cui pensare. Non è un giudizio di superiorità, ma una considerazione sul fatto che ho trovato forse anche in altri gruppi di persone ciò che mi faceva sentire più a mio agio“. Foto Roberto Peli Mi dica quali sono i suoi amici nel volley. “Ricordo con affetto Andrea Cesarini con cui ho condiviso la casa a San Giustino, o Alessandro Blasi, il palleggiatore di Verona, o Marco Lo Bianco, sempre a San Giustino, che ha scelto di lasciare per dedicarsi agli studi“. Pistola alla tempia. Garlasco sale in A2. Coali cosa fa? “Non saliremo, o almeno penso che statisticamente non ci sia alcuna possibilità. Detto questo, se accadesse, sarei sicuramente ad un bivio. Ma le dico che per esperienza, a 30 anni, mi sono reso conto che forse il massimo del mio gioco e del mio potenziale posso esprimerlo nella categoria attuale“. La vedremo ancora in qualche campionato estero? Magari in qualche League Americana? “Se dovessero chiamarmi dagli Stati Uniti per insegnare sarei felicissimo, ma punto più all’Europa, ad esempio l’Olanda o la Spagna, perché alla fine sarei a qualche ora da Trento. Arrivarci da Milano o da Amsterdam o Barcellona sarebbe più o meno la stessa cosa“. A cosa si deve rinunciare per una carriera come la sua? “Agli amici dell’infanzia che non ho tanta occasione di vedere. Per il resto, cerco sempre di organizzare una vita in cui lo spazio per la mia ragazza e per la mia famiglia non manca mai. Non sono uno di quelli che manda mail alle 7 del mattino pur di guadagnare tempo sulla vita. Penso si possa fare tutto nei limiti della giornata lavorativa“. Un supereroe. “(ride, n.d.r.) No, solo un sano work-life balance“. LEGGI TUTTO

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    Giancarlo Rau, dalle Ande al Salento: “Voglio una vita tranquilla ed equilibrata”

    Di Roberto Zucca La storia di Giancarlo Rau parte da molto lontano. Da un viaggio di andata per Santiago del Cile, partendo da Modena, quando Giancarlo aveva tre anni, al suo ritorno, sempre nella città emiliana, quando Rau Marsanich – questo il suo nome completo – era poco più che diciassettenne. Il suo amore per l’Italia è incondizionato, tanto che nel nostro paese decide di restarci a vita disputando anche diversi campionati di Serie A2 e A3: quello attuale, con la maglia dell’Aurispa Libellula Lecce è il sesto in carriera. “Se mi chiede come mi sento, le direi che mi sento molto più italiano, perché ci ho passato la maggior parte della mia vita. In Cile ho lasciato tanti amici, tante persone a cui voglio bene, ma sono cresciuto in Italia e da Modena in poi ho viaggiato tanto, sempre in Italia, per giocare a pallavolo“. Pensa mai a dove vorrebbe fermarsi? “Lo stiamo decidendo con Daniela, la mia fidanzata, con cui stiamo assieme da dieci anni. Lei è una santa, perché soprattutto negli ultimi anni mi ha seguito sempre e io cerco nel mio piccolo di trascorrere l’estate vicino a dove lavora lei per la stagione balneare, ovvero a Capri. Daniela è pugliese, sicuramente la Puglia è un posto bellissimo in cui vivrei“. Foto Lega Pallavolo Serie A In cui attualmente gioca, ed è capitano. “A Tricase si vive proprio bene e con l’Aurispa sono già alla seconda stagione. È una società che si è davvero impegnata per allestire anche il roster di questa stagione, tanto che mi piacerebbe potesse centrare l’obiettivo della promozione in A2“. Lecce è una montagna russa. Sale a un livello altissimo e poi ogni tanto scende dove nessuno si aspetta. “Alti e bassi, è vero. Forse l’uscita dalla Coppa Italia in qualche modo ci ha dato una botta tale che abbiamo maturato la consapevolezza che vogliamo restare in alto, vincere, riuscire a conquistare questo traguardo. Non è semplice, siamo tutti distanti di poche lunghezze. Se poi ci si mette di mezzo il Covid la cosa si fa anche più complessa. Ecco, questo può in qualche modo rendere difficile la costanza di rendimento“. Chi sta meglio attualmente? “Beh, le direi che Palmi secondo me sta bene in questo momento e anche Casarano, ad esempio. In generale c’è molto equilibrio. Tra qualche settimana si aprirà la seconda fase e chi avrà la tempra per resistere più degli altri sarà la squadra che centrerà la promozione“. Foto Lega Pallavolo Serie A Fantastichiamo un po’. Lecce centra la promozione, capitan Rau firma il rinnovo? “Assolutamente sì. Sarebbe bellissimo per due ragioni: poter giocare in A2 il prossimo e farlo in una squadra, in una società e in una città che mi è entrata nel cuore“. Dopo tantissima gavetta. Le chiedo come mai così tanta gavetta, ad esempio in B1. “Ho centrato due promozioni, con Bastia Umbra e con Molfetta, dalla B1 alla serie A2. Poi, in entrambi i casi, non ho trovato l’accordo per restare a disputare la Serie A. Devo dirle che mi è dispiaciuto; infatti dopo l’anno di Modena, in cui da giovanissimo giocavo nelle giovanili e mi allenavo con la prima squadra, in A2 ci sono arrivato tardi, a Civita Castellana“. Modena è casa. “È il luogo in cui sono nato e cresciuto e dove ho esordito pallavolisticamente in Italia. Ho iniziato presto in Cile, ero davvero piccolo e sono arrivato a giocare anche con la nazionale cilena, arrivando a sfidare atleti del calibro di Ricardo e Giba, una cosa che ancora oggi mi emoziona“. Cosa le resta della città? “La mia famiglia, che in Emilia ha anche un’attività legata al mondo degli eventi e dello spettacolo, con la quale collaboro quando posso in estate. Per il resto tantissimi amici anche lì. Mi rendo conto, parlandone con lei, di quanti posti meravigliosi l’Italia mi abbia fatto visitare e di quante persone importanti io abbia incontrato“. C’è un’immagine di lei su Instagram. Seduto, al sole di Tricase, in una piazza deserta con la Gazzetta tra le mani. La felicità è quella? “Be’, è un’immagine della vita che vorrei avere. Una città luminosa, un luogo tranquillo, una vita equilibrata, e poco frenetica“. LEGGI TUTTO

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    Leonardo Colli, bandiera di Santa Croce: “Lascerei solo per la Superlega”

    Di Roberto Zucca Di fedeltà, di attaccamento alla maglia, nel mondo dello sport se ne parla sempre troppo poco. Nel caso di Leonardo Colli, non si possono utilizzare parole migliori per spiegare le sue sette stagioni con la maglia della Kemas Lamipel Santa Croce, una squadra dalla grandissima tradizione pallavolistica, in cui lo stesso Leonardo è praticamente cresciuto e sbocciato: “Abito a mezz’ora da Santa Croce e pallavolisticamente parlando sono cresciuto in questa società, che ha saputo sempre soddisfare ogni richiesta, e mi ha sempre dato ciò che cercavo dalla pallavolo. È una società storica, che meriterebbe il salto in Superlega per la tradizione, il lavoro fatto e l’affetto che questa città ha nei confronti del volley“. Le carte per sbancare quest’anno ci sono tutte. “Ma è un anno molto difficile, dove non puoi permetterti nemmeno per una domenica la benché minima distrazione. Ogni partita è determinante. Noi siamo riusciti a mettere in ordine quei piccoli problemi che ci attanagliavano ad inizio stagione, e prima del passo falso di Ortona avevamo totalizzato nove successi consecutivi. Una bella soddisfazione“. Foto Lega Pallavolo Serie A Qual è il valore aggiunto di questa squadra? “A Santa Croce il collettivo ha sempre avuto grande importanza. Quest’anno ognuno ha saputo mettere da parte il proprio individualismo, e siamo riusciti ad esprimerci molto meglio come squadra. Ci siamo guardati in faccia, ci siamo confrontati, parlati e tutto poi è andato per il verso giusto“. Dovere di capitano, per lei. “Anche io ho lavorato sul maggior senso di responsabilità. La società e l’allenatore hanno voluto affidarmi questo ruolo di capitano e per fare sì che tutto andasse per il verso giusto ho lavorato sull’ascolto, sulla relazione con tutti i componenti della squadra. Siamo persone e personalità completamente diverse, quindi ci sono modi di porsi e parole diverse per ognuno e con ognuno“. Foto Lega Pallavolo Serie A Play Off. Da chi si dovrà guardare Santa Croce? “Da tutti, onestamente. Da Bergamo che ha Padura Diaz e Larizza con cui ho giocato proprio qui a Santa Croce, a Reggio Emilia che come abbiamo visto si è aggiudicata la Coppa, a Cuneo. Ma potrei fare davvero tantissimi nomi“. Lei finora ha disputato un campionato da protagonista. “Per me è un anno importante, non è il primo, forse anche qualche anno fa lo è stato, ma quest’anno ho un ruolo più pieno, più importante. Sarebbe bellissimo concluderlo magari col pensiero di dover ripartire da una serie superiore il prossimo anno“. foto Kemas Lamipel Santa Croce Mai tentato dal lasciare Santa Croce gli scorsi anni? “No, anche se le offerte ci sono state. Mi trovo molto bene qui. La mia famiglia è accanto a me, studio a Pisa, Santa Croce è una bel posto in cui crescere pallavolisticamente. Avevo tutto, non aveva avuto senso cambiare. Certo, nei prossimi anni mi piacerebbe provare un anno in Superlega, quindi naturalmente spero di arrivarci con Santa Croce, ma se così non fosse penserei di lasciare solo per provare la sensazione di dovermi giocare il massimo campionato, qualora me lo offrissero“. Nel frattempo sta completando gli studi. Per fare cosa? “Studio Strategia, Management e Controllo all’Università di Pisa. Per ora senza un’idea chiara di ciò che mi piacerebbe fare. Ho sicuramente un’aspirazione: un giorno mi piacerebbe essere Amministratore Delegato di una grande realtà“. LEGGI TUTTO

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    Matteo Bortolozzo, emozioni da MVP: “La Coppa Italia, un momento stupendo”

    Di Roberto Zucca Le storie come quella di Matteo Bortolozzo sono ciò che più si spera di ottenere da un momento vincente come la conquista di una Coppa Italia, per ragioni che la nostra penna scava, più che scrivere, all’interno della vicenda personale del giocatore. Sabato 5 marzo Matteo ha conquistato la prima Del Monte Coppa Italia di Serie A3 insieme alla Tinet Prata, dopo aver avuto la meglio sull’attuale capolista Grottazzolina. Non solo, ma da quella partita il centrale è uscito con il premio per il miglior giocatore: “Non sono ancora capace, dopo giorni, di pensare a quei momenti senza emozionarmi. È stato un momento stupendo, che ho condiviso con un gruppo di ragazzi speciali, che assieme a me hanno cercato, voluto e lottato per conquistare quel titolo“. Foto Lega Pallavolo Serie A Festeggiato con i “passerotti”, i tifosi di Prata. “A Bologna erano 350. È una città che ti vuole bene, che si muove per te, che ti segue, che ti fa sentire importante ogni gara. Era un dovere per noi cercare di fare del nostro meglio per regalare quel trofeo ad una tifoseria così. E a una società come Prata“. Che ha creduto in lei. “Decisamente. Da due anni crede in me, ma soprattutto quest’anno ho sentito la loro volontà forte, decisa, di avermi ancora dentro questo progetto. È stato importante, e mi ha dato la spinta per decidere di continuare a credere in questo sogno“. Foto Lega Pallavolo Serie A Mi dica chi non ha creduto in lei, invece. “Non ho mai parlato di una vicenda che mi ha toccato diversi anni fa e lo dico a lei per la prima volta. Durante il mio secondo anno in A2, a Città di Castello, a metà stagione sono stato ceduto ad Isernia. Non c’era più fiducia in me, nel mio lavoro. È stato un salto nel vuoto terribile, perché per la prima volta non avevo più la fiducia di una società. Mi sono rimboccato le maniche, ho finito la stagione lì e poi sono ripartito da Sant’Antioco, dalla Sardegna in B“. Sardegna “refugio peccatorum”? “Sardegna è famiglia. Un periodo bellissimo, con una società che mi ha aiutato a ricominciare, e col tempo, a ritrovare le mie certezze. Con quelle certezze ho risalito la china, e sono arrivato fino alla Superlega, a Ravenna“. Foto Lega Pallavolo Serie A Molti di quei compagni di squadra, parlo di Lavia e Cavuto, le hanno regalato parole molto belle dopo la conquista della Coppa. “Il bene e l’affetto che nutrono per me è ampiamente ricambiato. Hanno fatto parte di un bellissimo anno, che è quello trascorso a Ravenna, e vederli adesso vestire quella maglia di Trento, e mietere uno dopo l’altro tanti successi, mi riempie di grande orgoglio“. E ora? In A3 si ha più paura di sedersi dopo un trofeo o si fa più paura a chi adesso vi ritrova in cima? “Torno in palestra con la volontà di guardare negli occhi quei ragazzi e di chiedere di proseguire, per fare sì che i nostri momenti magici non si fermino solo alla Coppa Italia. È un periodo di entusiasmo, in cui bisogna tenere la barra dritta e non mollare“. Ph.-Franco-Moret Mi dica, quando si gira verso la panchina, cosa prova a trovare Dante Bonifante e Samuele Papi come allenatori. “Eh, provo a spiegarglielo. Dante è un allenatore davvero in gamba, e lo è stato anche come giocatore. È una persona che ha vinto tanto e che ogni giorno cerca di trasmetterti qualcosa con l’umiltà che lo contraddistingue. Prima della finale ci ha aiutato a rilassarci e ad entrare in campo con la consapevolezza di ciò che era il nostro obiettivo. Non dimentichiamo che lui ha vissuto prima di noi certi momenti. Papi è Papi, è stato mio compagno alla Sisley Treviso quando ho militato lì nelle giovanili e in prima squadra. La sua eccezionalità è nel saper stare un passo indietro. È lì per te, ma non te la fa mai pesare. È un bel sodalizio“. Vada come vada, chiude un biennio importante. Nel 2022 la Coppa, nel 2021 ha conseguito la laurea. “In Scienze motorie. Cerco di destreggiarmi tra l’impegno della pallavolo e l’impegno del lavoro in una palestra che ho messo su con il mio socio Mauro. Non è semplice, anche perché in A3 ci si allena esattamente come nelle categorie superiori. Su questo ringrazio sempre la società che ha un’attenzione anche verso la nostra vita extrapallavolistica“. LEGGI TUTTO