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    Mouratoglou: “Aver introdotto il coaching in questo modo non ha cambiato niente”

    Patrick Mouratoglou

    Dopo alcuni mesi di sperimentazione, iniziano i primi bilanci sulla nuova regola del coaching legale dagli spalti nel tennis maschile. Secondo il noto allenatore francese Patrick Mouratoglou, questo tipo di innovazione non ha cambiato niente nella sostanza, ha solo legalizzato una pratica che era di fatto già uso, sebbene non ufficialmente consentita. A suo dire, un sistema di coach utile sarebbe quello di dare la possibilità agli allenatori di sedersi in panchina e dare al pubblico il modo di ascoltare le loro conversazioni in diretta. Questa sarebbe realmente una rivoluzione. Ecco il pensiero di Mouratoglou sul tema.
    “L’autorizzazione del coaching così come è stata introdotta in realtà non cambia molto rispetto a quello che già stava succedendo sui campi da tennis perché il coaching viene svolto allo stesso modo di prima, niente più. Ritengo che la scelta fatta sia triste perché potrebbe essere molto interessante trasformare il coaching in qualcosa di nuovo per i fan che stanno guardando la partita in televisione. Potrebbero avere qualcosa in più se venisse concesso loro di ascoltare i dialoghi, capendo cosa stanno dicendo in campo, il perché, i litigi e forse i dissapori tra il giocatore e l’allenatore. Potresti vedere grandi discorsi come accade nella maggior parte degli sport americani e dove molte volte questa fase diventa interessante quanto il gioco in campo, ti spiega molte cose. Continuare col coaching così non è un buon modo per trattare l’allenatore”.
    “Alla fine la cosa più importante che è stata fatta consentendo il coaching è stata cancellare l’ipocrisia di non consentire questa pratica. C’erano allenatori in tutte le partite che parlavano tranquillamente avendo lingue che l’arbitro non parla, così che aveva modo di sapere se l’infrazione era stata commessa o no. Questa ipocrisia è giunta al termine e gli allenatori possono parlare, almeno questo è positivo”.
    Ecco la sua ricetta per innovare e migliorare lo status quo: “Il coaching che la WTA ha introdotto e che purtroppo è stato accantonato era fantastico. Al coach era stato permesso di andare in panchina per un minuto o un minuto e mezzo per poter parlare faccia a faccia con la sua giocatrice, con un’interazione che è stata anche registrata. Quello è stato incredibile, abbiamo vissuto tanti momenti davvero interessanti. Inoltre, questo dava merito agli allenatori, si permetteva di mostrare a tutti il lavoro che c’era dietro e le loro idee. Questo dà valore alla figura dell’allenatoree. Il sistema ideale di coaching? Molto semplice, avere gli allenatori sempre in panchina come se fossero in Coppa Davis o in Billie Jean King Cup”.
    Una posizione di rottura, che Mouratoglou ha introdotto nelle varie esibizioni che sono state svolte dall’inizio della pandemia nella sua nota accademia. Quello del coaching è tema assai dibattuto, certamente la posizione dell’allenatore francese è netta e, se mai venisse adottata, sarebbe una innovazione consistente per il tennis Pro maschile. Tuttavia sono molti anche i tennisti contrari alla presenza di un coach in campo. LEGGI TUTTO

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    Schwartzman: “Il tennis è uno sport molto solitario, il coaching può aiutare. Il migliore? Resta Federer”

    Diago Schwartzman

    Dopo un buon inizio di stagione l’argentino Diego Schwartzman è incappato in un paio di mesi brutti, scarsi risultati e poca fiducia nel suo gioco. In un’intervista rilasciata all’inizio della stagione sul cemento nord americano, Diego parla del suo momento, con interessanti riflessioni sul ruolo della nuova regola del coach – sperimentata in torneo sino a fine anno – e anche della sua ammirazione per Roger Federer. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero raccolti da ESPN.
    “Gli ultimi due mesi non sono stati buoni, soprattutto le performance”, afferma Diego, “molte volte puoi avere delle giornate non molto buone ma ti senti a tuo agio in campo, produttivo. In questi ultimi due mesi mi sono sentito un po’ più a disagio, non è una bella sensazione. Sarebbe molto più facile non dover pensare tanto a cosa fare in campo, entrare in partita e tirare a tutta diritti e rovesci, come tanti nel tennis moderno, meglio se con servizi potenti. Per me non è così, devo pensare un po’ prima della partita e nei giorni precedenti, studiare l’avversario e decidere sulla tattica, cosa farò e come giocherò. Poi molto dipende della superficie, dal luogo e dalle condizioni, devi cambiare un po’ e adattarti. Lo facevo sempre e cercavo di analizzare ogni aspetto, ma quando non ha molta fiducia in campo tutto diventa più difficile”.
    “Il coaching? È tema che vede opinioni molto diverse. A volte hai bisogno di qualcosa, il tennis è uno sport molto solitario. Alcuni sono contrari al coaching, ma mi sembra assurdo che non sia permesso. Prima che venisse introdotta la regola gli allenatori cercavano di farti un segno, sussurrare qualcosa, cercando di non farsi vedere. Ma tutti parlavano, ognuno aveva i propri metodi. Ora, quando sei dalla stessa parte del tuo allenatore, può parlarti senza problemi e credo che alla fine sia una opportunità”.
    In chiusura conferma tutta la sua stima per Federer, tennista che considera complessivamente il migliore, oltre i puri numeri. “Se si vuol guardare alla faccenda del migliore con la somma dei titoli, allora basta fare dei calcoli numerici. Per me essere il più grande implica altre cose, in campo e fuori dal campo. Per questo rimango dell’idea che il migliore sia Roger. Penso che sia quello che risveglia di più nelle persone. Il modo in cui gioca è unico, e poi per quello che è come esempio, giorno per giorno, anche nella sua vita privata. È cordiale con tutti, può parlarti in spagnolo, con un altro in italiano, con un altro in francese, è bravo in tutto quello che fa. Ha quattro figli, la mattina si allena con te e il pomeriggio si veste di tutto punto per un evento nel centro della città, sempre impeccabile. Non può essere! È diverso da tutti gli altri”. LEGGI TUTTO

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    Tsitsipas: “È ora che il coaching sia ammesso nel tennis, in ogni punto”

    Stefanos Tsitsipas è solito esprimere senza paura le proprie opinioni, spesso fuori dal coro, talvolta anche scomode. Stavolta, attraverso il social Twitter, ha parlato senza mezzi termini della questione coaching, ossia sulla regola che attualmente (anzi, da sempre) vieta nel tennis maschile di poter interagire con il proprio coach o angolo. Sappiamo come nel tennis […] LEGGI TUTTO