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    Il team Djokovic cambia ancora: via il preparatore fisico Panichi

    Gebhard Phil-Gritsch in una foto d’archivio con Novak

    In attesa di ritrovarlo in campo agli Internazionali d’Italia, al via tra 1o giorni, dalla Serbia si parla di nuovo avvicendamento nel team di Novak Djokovic. Secondo quanto riporta il media nazionale Sportklub, il n.1 del mondo avrebbe interrotto la collaborazione con il preparatore fisico Marco Panichi, tornando insieme a Gebhard Phil-Gritsch, con il quale aveva lavorato dal 2009 fino all’infortunio al gomito sofferto nella seconda parte del 2016, interrompendo il rapporto all’avvio del 2017.
    L’austriaco, oggi 67enne, dovrebbe rientrare in pianta stabile con Djokovic a partite da Roma. Phil-Gritsch ha una ricca esperienza nel tennis, ha lavorato anche nelle squadre nazionali dell’Indonesia e delle Filippine e nel mondo del tennis è stato a fianco di Thomas Muster. Si legge sul sito serbo che Phil-Gritsch “è considerato una delle persone chiave che hanno contribuito all’approccio olistico di Djokovic agli sport professionistici”.
    Panichi aveva iniziato la propria collaborazione con Djokovic nel 2019, ottenendo grandi successi insieme anche a Goran Ivanisevic.
    Visto questo nuovo cambiamento, e la storica vicinanza di Phil-Gritsch con Marian Vajda, in Serbia c’è chi ipotizza anche un ritorno del primo coach di Novak. Tuttavia in un’intervista di alcune settimane fa lo slovacco aveva smentito quest’ipotesi, affermando di sentire Djokovic assai di rado.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Djokovic rilancia: “Ho ancora il fuoco dentro, la stagione è lunga”

    Il serbo alla cerimonia Laureus di Madrid

    Novak Djokovic si dice fiducioso per il resto della sua stagione, ancora molto lunga, forte di un fuoco dentro tutt’altro che spento. Il n.1 del mondo sta vivendo il suo peggior inizio stagionale da molti anni a questa parte, senza la sua “classica” vittoria agli Australian Open e con qualche sconfitta sorprendente, come quella patita da Nardi a Indian Wells. Parlando alla CNN a latere dei Laureus Award – dove ha ricevuto il premio di sportivo del 2023 – il serbo afferma di credere assolutamente nelle sue possibilità di vincere qualcosa di importante nel 2024, magari partendo dalla difesa della coppa dei Moschettieri di Roland Garros.
    “Roland Garros? Sono campione in carica, sto lavorando per questo”, afferma Nole parlando con la leggenda della NFL Tom Brady. “Quando si parla di Slam, non pretendi altro che la vittoria. Questa è la mentalità. Quest’anno è un po’ diverso, ma va bene. Sento ancora energia dentro, il fuoco non si è spento, voglio fare ancora molto in questo sport, mi godo il brivido della competizione e vedo quanto lontano posso arrivare. Siamo appena al quarto mese della stagione. L’anno del tennis è molto lungo, ci sono ancora tre Slam, le Olimpiadi e tanti altri tornei. Quindi mi preparo e cerco di vincere di più”.
    Così sente la sfida con la nuova generazione, che con Alcaraz e Sinner ha dimostrato di aver un livello adeguato a batterlo: “Mi piace competere con generazioni diverse. Ci sono i giovani che stanno emergendo – Alcaraz, Sinner – sono tutti incredibilmente affamati, in forma e veloci, ma uso la mia adattabilità per adeguare la mia tattica e il mio gioco a loro e capire cosa serve per rimanere al top e competere con questi ragazzi e provare a vincere più titoli”.
    Il 2024 non è partito bene: “Non è stato l’inizio che ho avuto per gran parte della mia carriera. Sono stato davvero benedetto ad iniziare la maggior parte delle stagioni negli ultimi 20 anni della mia carriera con una vittoria in Australia. Ovviamente quando inizi l’anno con una vittoria in un torneo del Grande Slam hai il vento in poppa e dà il tono per il resto della stagione.”
    Djokovic ha confermato la propria presenza al Masters 1000 di Roma del mese prossimo per testare la sua condizione in vista di Roland Garros. Con il suo 37esimo compleanno ormai alle porte, il serbo resta fiducioso: “Sento l’importanza di ricordare sempre a me stesso di vivere nel presente, ricordare da dove vieni, il viaggio, il percorso, anche le persone che ti circondano. Ho molte persone intorno a me, oltre alla mia famiglia. C’è una grande squadra che mi aiuta a dare il meglio. Persone che mi aiutano a preparare la prossima sfida”.
    Parole ferme, che sembrano confermare la sua voglia di giocare e vincere ancora. Lo ritroveremo al Foro Italico, sarà l’ultimo banco di prova prima di Parigi, dove dovrà difendere il titolo 2023. Contro Sinner, Alcaraz, Medvedev e altri forti competitor, servirà una versione di Novak migliore rispetto a quella vista finora nel 2024.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Preoccupazione in Serbia per il futuro di Djokovic: ha “mollato la presa”?

    Novak Djokovic (foto Getty Images)

    La decisione di Novak Djokovic di non partecipare al Masters 1000 di Madrid ha diviso l’opinione pubblica in Serbia. Da un lato la constatazione che il n.1 del mondo non ama particolarmente il torneo spagnolo, l’ha disertato già altre volte, considerando le sue condizioni – in altura – troppo diverse da quelle di Parigi, dove nel 2024 si concentrano i suoi obiettivi: la difesa del trono di Roland Garros e il torneo Olimpico, l’unico vero vuoto rimasto nella sua incredibile carriera. Dall’altro lato alcuni dei commentatori più noti del paese dei Balcani sottolineano come la scarsa continuità di gioco non aiuterà il campione a ritrovare il suo miglior tennis. L’esempio è arrivato a Monte Carlo: dopo aver saltato Miami ed essersi allenato a casa sua sul rosso che conosce meglio, Novak ha giocato un tennis molto lontano dai giorni migliori, finendo battuto per la prima volta da Ruud, tennista che in carriera non l’aveva mai impensierito severamente.
    Sul media Sport Klub, il più seguito in Serbia, si è aperto un dibattito sulla situazione attuale di Djokovic. Mettendo sul tavolo tutti gli elementi, si ipotizzano scenari tutt’altro che rosei. Nel 2024 non ha ancora vinto un torneo; è arrivata l’improvvisa separazione da Goran Ivanisevic, personaggio di grande carattere e non sempre in linea col pensiero del suo assistito, ma indubbiamente grande professionista, decisivo nel miglioramento del servizio di Nole e grande motivatore; a questo, la scelta – vedremo se temporanea – di non ingaggiare un vero allenatore, affidandosi all’amico Zimonjic, che oggettivamente sembra più uno sparring che un’ipotesi di vero coach. Secondo alcuni osservatori, su Nova k ha pesato terribilmente la sconfitta patita da Sinner in Coppa Davis a Malaga: era il suo grande obiettivo di fine 2024, oltre alla delusione l’aver finito molto tardi l’annata l’ha portato a ritardare la ripresa della preparazione, con il risultato di essersi presentato in Australia con una forma deficitaria, un torneo non brillante terminato in semifinale ancora sotto i colpi poderosi di Jannik.
    In pratica in Serbia molti pensano che Novak abbia perso motivazione, quel fuoco sacro che nonostante l’età ormai avanzata gli permetteva di allenarsi meglio di tutti e far valere la propria immensa classe contro le nuove leve. Tutti a Belgrado si aspettavano un avvio di 2024 simile a suo post Wimbledon 2023: dopo la dura sconfitta patita da Alcaraz, Novak su spettacolare per come si riprese, alzò il livello e con grandissima grinta e classe dominò l’estate USA, vincendo a Cincinnati e US Open. Stavolta la “risposta” in campo di Djokovic all’avvento di Sinner è stata flebile e perdente.
    Djokovic ha sempre detto di voler continuare a giocare per scrivere nuovi record, non parlando mai di ritiro e anzi prendendo ad esempio campioni come gli statunitensi LeBron James o Tom Brady, due icone dello sport USA che hanno dominato ben oltre i 35 anni d’età. Tuttavia molti in Serbia hanno tirato fuori dal cassetto una frase sibillina pronunciata qualche tempo da Djokovic, nella quale affermava “tutto può cambiare repentinamente, dipende da come sta il mio corpo. Ammetto che a volte recuperare la fatica all’interno di un grande torneo non è più come anni fa, a volte hai dolore è non è facile ripresentarsi in campo al massimo. Sarà il mio corpo a indicare quando è il momento di smettere”. Giustificando il suo momento attuale, tra il non scegliere un nuovo coach e saltare alcuni tornei, Djokovic ha parlato del bisogno di stare di più in famiglia, e fanno notare in patria come nei suoi canali social ultimamente dominano le attività con i due figli e la moglie, o eventi ai quali prende parte, piuttosto che allenamenti o tornei.
    In Serbia non si parla d’altro. Siamo alle supposizioni, ovviamente, ma considerato tutti questi elementi c’è la sensazione che dopo quasi 20 anni di carriera a grandissimo livello, scrivendo record assoluti e praticamente imbattibili, forse Djokovic per la prima volta abbia un po’ mollato la presa. Con un tennis basato su grandi colpi ma soprattutto grandissima intensità fisica e durezza mentale, un quasi 37enne Nole può giocarsela alla pari con Sinner, Alcaraz e gli altri migliori, senza spingersi al suo 100%? Roma e soprattuto Parigi ce lo diranno.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Novak Djokovic deluso dopo la sconfitta a Monte Carlo: “Il mio gioco ha avuto alti e bassi”

    Novak Djokovic classe 1987, n.1 del mondo – Foto Getty Images

    Novak Djokovic, numero uno del mondo, è stato eliminato a sorpresa in semifinale nel Masters 1000 di Monte Carlo da Casper Ruud. Il serbo, in conferenza stampa dopo la partita, ha espresso la sua delusione per la sconfitta, ma ha anche riconosciuto i meriti dell’avversario.
    “Ovviamente mi sento deluso di aver perso una partita così. È stata equilibrata. Congratulazioni a Casper, ha giocato molto bene, soprattutto all’inizio del primo e del terzo set. Ho avuto le mie opportunità, ma l’ultimo gioco non è stato giocato bene. Molti errori non forzati e lui è stato solido fino all’ultimo punto. Ha meritato sicuramente la vittoria”, ha dichiarato Djokovic davanti alla stampa a Monte Carlo.Il serbo ha ammesso che il suo gioco ha avuto alti e bassi durante il torneo: “Il lato positivo è che sono riuscito a rimontare dopo aver perso il primo set e a trovare la forza nel mio gioco, quindi porto con me cose positive da questo torneo, ma ovviamente sono deluso per la sconfitta”.
    Parlando della sua stagione fino a questo momento, Djokovic ha dichiarato: “Sono abituato a un livello molto alto in termini di aspettative sui risultati, quindi non aver vinto un titolo non è, rispetto agli ultimi 15 anni, una grande stagione in assoluto, ma sono arrivato in semifinale in Australia e qui. Ho giocato solo tre tornei quest’anno, quindi, ovviamente, è normale che ci siano stagioni in cui non inizi bene, e questa è una di quelle. Spero che i risultati qui mi aiutino a migliorare, perché ho giocato un buon tennis. Spero di poter giocare ancora meglio nei prossimi tornei”.
    Ora il serbo punta al Masters 1000 di Madrid, che si terrà tra una decina di giorni. Rispetto all’anno scorso, la sua stagione sulla terra battuta è iniziata in modo migliore, ma l’assenza di trofei inizia a farsi notare per un Djokovic che già pensa al prossimo torneo dopo aver lasciato Monte Carlo prima del previsto.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Novak Djokovic riconosce il talento di Lorenzo Musetti: “È molto talentuoso sia dal lato del diritto che del rovescio”

    Novak Djokovic classe 1987, n.1 del mondo – Foto Getty Images

    Novak Djokovic ha ottenuto una buona vittoria su Lorenzo Musetti negli ottavi di finale del Masters 1000 di Monte Carlo, con il punteggio di 7-5, 6-3. Il serbo ha dimostrato un gioco aggressivo, andando a rete ben 30 volte durante l’incontro, una tattica necessaria contro un giocatore come Musetti, molto abile in difesa.
    Riguardo a Musetti, Djokovic ha riconosciuto le qualità del giovane italiano, descrivendolo come un giocatore molto talentuoso e abile in difesa.“È molto veloce. È molto talentuoso sia dal lato del diritto che del rovescio. Può farti male dall’interno del campo, ma anche, come abbiamo visto in alcuni punti incredibili e passanti che ha realizzato, anche da lontano”.Djokovic ha sottolineato la necessità di essere aggressivo e solido contro un giocatore come Musetti, cercando di togliergli il tempo e di approfittare di ogni palla corta per andare a rete.Il serbo ha anche ammesso che Musetti è stato migliore per gran parte del primo set, dominando il gioco fino al momento in cui Djokovic è riuscito a cambiare l’inerzia dell’incontro. “Musetti fino al controbreak del primo set stava giocando meglio. Non mi sentivo così a mio agio nel giocare, perché ero dominato da Musetti fino a quel punto dell’incontro”, ha detto Djokovic.
    Nonostante la vittoria, Djokovic ha ammesso di aver affrontato alcune difficoltà fisiche durante la partita. “Devo dire che in alcuni momenti del gioco oggi non mi sentivo davvero bene fisicamente”, ha rivelato il campione serbo. “Ma questo fa anche parte delle prime partite sulla terra battuta. Quando giochi contro qualcuno di forte come Musetti, dove devi guadagnarti la vittoria e lavorare duramente fisicamente, è possibile che tu possa in qualche modo avere meno energie per superare quel muro”.
    Djokovic ha parlato del suo rapporto con il pubblico durante la conferenza stampa, sottolineando come cerca di trasformare le reazioni negative in qualcosa di costruttivo per lui.“Provo sempre a trasformare l’energia del pubblico, anche se negativa, in qualcosa di positivo per me. Ma non cerco problemi con nessuno, non è questo il punto. Solo quando la gente reagisce in un modo che penso di non meritare, non mi piace stare zitto. Sono cresciuto con questa mentalità: se qualcuno fa qualcosa di male contro di te, stai lì e rispondi. Parlando della partita, fino a quel punto Musetti stava dominando, dunque l’intermezzo col pubblico è arrivato al momento giusto. In qualche modo mi rilasso, ogni volta che cerco di mettermi un sorriso sul volto”.Queste dichiarazioni mostrano come Djokovic sia in grado di gestire le reazioni del pubblico, a volte ostili, e di utilizzarle a suo vantaggio, trasformandole in una fonte di motivazione e concentrazione.
    Alla domanda sul suo regime di allenamento e recupero, Djokovic ha risposto di aver dedicato più di 20 anni a prendersi cura del suo corpo e della sua mente, e che questo sta dando i suoi frutti. A quasi 37 anni, è ancora in grado di essere il numero 1 al mondo e giocare al massimo livello.“Sono 20 anni ormai che lavoro duramente sul mio fisico, su come mi nutro, su come conduco la mia vita. Non voglio rivelare dei segreti. Ma sono molto orgoglioso di quello che sono riuscito a fare della mia carriera, sempre tenendo in mente che volevo durasse il più a lungo possibile. Ho quasi 37 anni e sono numero 1 del mondo, gioco al livello più alto. È il premio per questa cura su me stesso nelle ultime due decadi. Ho sempre avuto l’idea di giocare più a lungo possibile, e non è un caso che abbia ottenuto i miei migliori risultati dopo i 30 anni”.
    Guardando al futuro, Djokovic ha dichiarato che Parigi è dove vuole raggiungere l’apice in termini di gioco e sensazioni. Per ora si sta godendo il suo tennis, con l’obiettivo di continuare a vincere giorno dopo giorno sulla terra rossa.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Novak Djokovic: ‘Non miro al numero 1, grande interesse per Wimbledon e Olimpiadi”

    Novak Djokovic classe 1987, n.1 del mondo – Foto Getty Images

    Novak Djokovic ha affermato in varie occasioni di non essere più troppo interessato a rimanere il numero 1 della classifica ATP e che le sue decisioni in termini di calendario non saranno condizionate da questo. Lo ha ribadito in modo evidente in alcune dichiarazioni a Sky Sports, dove parla di Jannik Sinner. “È solo questione di tempo che diventi il numero 1 del mondo. Quest’anno il ranking non è il mio obiettivo. La mia priorità è dare il meglio di me stesso tra Roland Garros e gli US Open, con un grande interesse per Wimbledon e i Giochi Olimpici.”
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Novak Djokovic a Monte-Carlo: “Sinner il migliore, Nadal nella storia, Olimpiadi un obiettivo. Collaborazione con il coach Nenad Zimonjic”

    Novak Djokovic classe 1987, n.1 del mondo – Foto Getty Images

    Novak Djokovic, apparentemente tranquillo e con voce calma, si presenta a Monte-Carlo con l’obiettivo di ritrovare la luce in un percorso che negli ultimi mesi è sembrato più oscuro e tortuoso che mai, anche a causa delle sconfitte inflitte dagli italiani Luca Nardi e Jannik Sinner.
    Parlando proprio di Sinner, Djokovic non ha dubbi: “In questo momento è il migliore giocatore al mondo per distacco, senza alcun dubbio. Nel 2024 ha perso un solo match e ha mostrato miglioramenti straordinari in ogni settore”. Il serbo riconosce i progressi dell’altoatesino, sottolineando come negli ultimi 6 mesi sia diventato più concreto, commettendo meno errori.Djokovic si sofferma anche sulla separazione dal coach Goran Ivanisevic, confermando che il rapporto professionale aveva raggiunto il limite: “Abbiamo dato il massimo insieme, lui è diventato uno dei coach più vincenti della storia del tennis, siamo rimasti amici e abbiamo una grande stima l’uno dell’altro, ma il rapporto di lavoro doveva terminare qui”.
    Un pensiero va anche a Rafael Nadal, assente per infortunio in quella che potrebbe essere la sua ultima stagione nel circuito: “Dispiace vedere che non riesca a rientrare […] Dispiace perché Rafa ha fatto la storia del tennis. […] Come fan del tennis, mi auguro che possa a tornare a giocare almeno al Roland Garros”.
    Djokovic guarda anche alle Olimpiadi, definendole un obiettivo importante: “In passato non sono mai riuscito ad arrivare al risultato che avrei voluto, anche perché le mie condizioni generali non me lo hanno permesso”. Il serbo identifica il periodo dal Roland Garros agli US Open come fondamentale, con Parigi che potrà aiutare a trovare fiducia in vista del torneo olimpico.Riguardo al torneo di Monte-Carlo, Djokovic ammette una certa pressione nel giocare in quella che considera quasi una “gara di casa”, vivendo gran parte dell’anno nel Principato. Tuttavia, nelle sue attuali condizioni, vede questo evento come un test per ricostruire il suo tennis, senza grandi aspettative.Infine, sulla collaborazione con il nuovo coach Nenad Zimonjic, Djokovic si esprime positivamente, sottolineando la lunga conoscenza e il feeling in campo e fuori, pur non essendoci al momento un impegno a lungo termine.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Ivanisevic parla della rottura con Djokovic: “Eravamo entrambi saturi, ma sarei morto per lui”

    Goran Ivanisevic

    Goran Ivanisevic è tornato a parlare dopo la clamorosa separazione dal n.1 Novak Djokovic. Il loro sodalizio pareva assai solido, nonostante qualche tensione nel corso delle partite, forte di una montagna di tornei e Slam vinti e un tennis assai migliorato nel servizio e attitudine offensiva grazie ai consigli del croato. Invece dopo Indian Wells le strade dei due slavi si sono separate, interrompendo cinque anni di grandi successi. Goran ha parlato a Tennis Majors, riportiamo alcuni estratti dell’intervista nella quale spiega i motivi che hanno portato alla rottura e come ha vissuto un lustro di tennis e di vita assai intenso.
    “È stato emozionante, un grande onore, una grande responsabilità, ne sono molto orgoglioso” afferma Ivanisevic. “È stato turbolento, non per quanto riguarda la nostra collaborazione, ma turbolento a causa di tutto quello che è successo. Scherzavamo su questo in squadra, ma ovunque siamo andati arrivava sempre qualche pasticcio e purtroppo è iniziato proprio così dal 2019: l’infortunio alla spalla agli US Open, poi tutto quello che è seguito con il coronavirus… Ma lui è un’istituzione, Novak Djokovic è il più grande tennista di tutti i tempi, anzi uno dei più grandi atleti di tutti i tempi”.
    Ecco il passaggio sui motivi della separazione tra i due: “Le persone devono semplicemente scrivere qualcosa, sfortunatamente nessuno è arrivato nemmeno vicino alla verità. Voglio dire, non c’è davvero una ragione “reale”. Uno dei motivi è proprio un senso di saturazione e fatica, sono stati davvero cinque anni difficili e intensi. Le persone dimenticano quel periodo durante il coronavirus, dimenticano che per un certo momento è stato etichettato come il più grande cattivo del pianeta a causa della vaccinazione. Non ci era permesso di entrare in questo paese, poi in quell’altro, poi viaggiamo qui… Eravamo sempre in una sorta di limbo – giocando, non giocando, di nuovo pronti, poi cambiando le restrizioni e di nuovo ci proibivano di giocare. Per non parlare dell’Australia e di tutto quel caos. Quindi sì, siamo arrivati ad un certo livello di saturazione, come mi piace dire: stanchezza materiale, così come una macchina ha bisogno di una regolare manutenzione e messa a punto, in fondo mi sono stancato di lui, lui si è stancato di me; in ogni caso non mi sentivo più di poterlo aiutare. Anche così, sommando tutto, abbiamo ottenuto grandi cose per noi stessi e per il tennis”.
    La fine del rapporto era solo una questione di tempo per Ivanisevic, i tempi erano maturi da un bel po’: “Non è accaduto davvero dopo Indian Wells, direi piuttosto dalla trasferta in USA della scorsa estate, è stato allora che ho cominciato davvero a sentire che la fine era vicina. Era solo una questione se ciò sarebbe avvenuto alla fine dell’anno, o ad un certo punto di quest’anno, e proprio ora in America è successo. Non c’è un momento giusto o sbagliato, c’è solo quel momento in cui accade, quando due persone concordano che è giunto il momento. Forse col senno di poi si potrebbe dire che sarebbe dovuto succedere alla fine dell’anno scorso, ma dopo gli US Open ho subito l’operazione al ginocchio, non sono stato lì per sei o sette settimane, non ero lì per Paris Bercy, Poi è arrivata Torino…  Tutto sommato, c’era quella stanchezza graduale che cresceva in me, in lui, ma le persone sottolineavano che la nostra relazione e la nostra comunicazione fossero particolarmente turbolente, il che semplicemente non è vero. Novak è proprio così, è stato lo stesso con Becker, e con Marian, è semplicemente così che funziona. La sua comunicazione, di cui abbiamo già parlato cento volte, in campo durante una partita è quella, tutto era permesso. La cosa non mi ha nemmeno disturbato, metà delle sue urla non riuscivo nemmeno a sentirle”.
    Goran torna sulla sconfitta contro Sinner a Melbourne, una delle più pesanti rimediate dal serbo vista la sua forza nel torneo: “Non so cosa sia successo contro Jannik in quella semifinale in Australia. Non era se stesso e quando non dai il 100% contro un giocatore come Sinner, non hai chance. Poteva finire in una batosta, ma è riuscito a vincere il terzo set. Non si è sentito del tutto bene durante il torneo, ma è così bravo che potrebbe battere giocatori importanti con una gamba sola. Tuttavia, contro Carlos, Jannik o Daniil devi essere perfetto. Poi negli Stati Uniti non è stato bravo. Anzi, contro Nardi credo che il primo set che ha giocato sia stato il peggiore che gli abbia visto in questi cinque anni insieme. Non era pronto per quella battaglia. Se arriva il Novak A è una cosa, se arriva Novak B allora abbiamo un problema”.
    Così il croato chiude l’intervista e tira un bilancio dei cinque anni insieme a Novak: “Ci siamo comunque divertiti molto in America, indipendentemente dal risultato, eravamo davvero rilassati. Alla fine, chi può biasimarlo? Novak ha vinto tutto quello che c’era da vincere nel tennis. Sono con lui negli allenamenti, trovare la motivazione ogni giorno… non è facile. Venire tutti i giorni ad allenarsi e motivarsi, è più facile per gli Slam, ma per questi Masters è difficile allenarsi con intensità ogni volta, anche per un perfezionista come lui. Richiede forza, passione, forza di volontà… Voleva qualcosa di diverso, stare di più con la famiglia. Ci siamo seduti insieme il giorno dopo per parlare e sono davvero felice di averlo fatto, dopo questi cinque anni in cui abbiamo affrontato di tutto insieme, era l’unico modo corretto per farlo. Non mandando SMS o chiamando. Ci siamo seduti bene, rilassati, abbiamo riso e parlato, e per me era importante dirgli certe cose su come mi sentivo, lui mi ha detto come si sentiva, e tutto questo è stato davvero bello. Per cinque anni sono stato accanto a lui nel bene, nel male, nel caos, in tutto. Novak, quando le telecamere sono spente, è una brava persona, ha un grande cuore. Sono sempre stato pronto a morire per lui se fosse stato necessario, combatteva contro il mondo intero. Non era facile essere il suo allenatore in quel momento, ovunque andassimo la gente ci guardava male, lo vedeva come il cattivo. Naturalmente c’erano anche persone che ci hanno dato il loro sostegno, che si sono avvicinate a noi dicendoci di tenere duro. Ma ce n’erano molti che erano molto scortesi e aggressivi”.
    Un’intervista profonda, che racconta un rapporto vissuto intensamente nel bene (le grandi vittorie) e nel male (tensioni e mille problemi). Goran ha certamente contribuito in modo decisivo agli ultimi anni di carriera di Djokovic, sul piano tecnico ma anche umano. La prossima settimana il serbo torna in campo a Monte Carlo, con Jannik Sinner già bello visibile “negli specchietti”, pronto al sorpasso. Solo il campo ci dirà come risponderà Novak.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO