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    Il Mubadala World Tennis Championship ufficializza la presenza di Nadal, dal 16 al 18 dicembre

    L’annuncio della presenza di Rafa ad Abu Dhabi

    Avevamo riportato la indiscrezione un paio di giorni fa, adesso è ufficiale: Rafael Nadal tornerà in campo alla esibizione di Abu Dhabi. L’annuncio viene dai canali social della ricca esibizione Mubadala World Tennis Championship, che si terrà dal 16 al 18 dicembre, tappa di avvicinamento alla trasferta in Australia.
    Nadal ha dichiarato: “Abu Dhabi è un posto speciale per me, un posto dove sono stato molte volte e dove ho iniziato la mia stagione a più riprese. Sin dalla prima volta che sono sbarcato ad Abu Dhabi il calore dei fan è stato incredibile e sono convinto che l’atmosfera sarà fantastica, come sempre”.
    Al via dell’evento nell’Emirato sono confermati anche Dominic Thiem, Casper Ruud, Denis Shapovalov, Emma Raducanu e Belinda Bencic. Sarà interessante soprattutto rivedere in azione Rafa e Dominic, ai box da molti mesi per i noti infortuni al piede e al polso.

    HE’S BACK! @RafaelNadal our 5-time champion will play #MWTC this December 16-18.
    Get your tickets now https://t.co/eliTsZEx8j#MakeWayForTheBest pic.twitter.com/3HhJhSR8DG
    — Mubadala World Tennis Championship (@MubadalaWTC) November 4, 2021 LEGGI TUTTO

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    Nadal: “Adoravo le sfide tra Agassi e Sampras, talento e tattica erano più importanti in campo di quanto non lo siano ora”

    Rafa Nadal, 20 titoli Slam

    Rafa Nadal racconta al magazine giapponese Sport quanto abbia amato le leggendarie sfide tra Agassi e Sampras, decisive per farlo diventare il campione capace di vincere 20 Slam. A suo dire, il tennis mostrato in quell’epoca è stato il più interessante, perché fondato su di un mix di talento e tattica, senza l’esasperazione della velocità attuale. Rafa rimpiange il tennis di quell’epoca, quello che lui stesso praticava all’inizio della sua carriera. Ecco il passaggio dell’intervista in cui racconta questo concetto.
    “Sono stato influenzato dal tennis mio attuale allenatore Carlos Moya, per me è sempre stato un idolo, un punto di riferimento. Tornando indietro nella storia, mi piace il gioco di Ilie Nastase. Ma quando ero bambino, ero un grande fan di Pete Sampras e Andre Agassi, adoravo guardare le partite tra loro”, afferma Rafa.
    “Ho imparato uno stile di gioco aggressivo da Sampras e uno spirito combattivo da Agassi. Le partite tra loro sono state molto stimolanti in quanto sono due giocatori molto diversi. Hanno regalato momenti magici di tennis, incontri scolpiti nella storia del gioco e nella mia memoria“.
    “Vorrei che si giocasse ancora come quell’epoca. Perché? Il gioco era basato di più sulle sensazioni, sul talento, sulla tattica, c’erano più sfaccettature, ogni match era più complesso rispetto ad oggi, dove tutto è basato sulla potenza e velocità. Quello era un gioco magico. A quel tempo, il talento e la tattica erano più importanti in campo di quanto non lo siano ora. C’era un attacco e una difesa, era necessario lavorare in scambi più lunghi prima vincere il punto, oppure c’era un attacco vero, forte, diretto. Il gioco ti metteva di più alla prova, sia nella tua pazienza che nell’abilità. Il tennis attuale non ha questo. I campi in terra battuta possono ancora creare partite del genere, ma sui campi in erba o cemento è quasi impossibile. Il tennis è diventato più veloce ma più povero”.
    Considerazioni interessanti, ma anche singolari, poiché proprio Rafa è stato un mago della tattica, ma il suo ingresso nel mondo del tennis è stato una rivoluzione proprio a livello di potenza e forza. Dopo il suo avvento, il gioco è diventato ancor più intenso a livello di spinta e di capacità di resistenza. Lui parla oggi di velocità, ma ai tempi del dynamic-duo Pete-Agassi, i campi e le palle erano ancora più veloci di oggi, ma si affrontava lo scambio in modo diverso. È un discorso complesso, ma interessante.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Toni Nadal: “Il tennis si è trasformato in uno sport di velocità. Ho formato Rafa tra Connors e Vilas”

    Toni Nadal

    Toni Nadal ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni durante il podcast tennistico Tres Iguales. Lo storico coach di Rafael ha parlato dell’evoluzione del tennis negli ultimi anni, di come la disciplina sia cambiata accompagnando la crescita esponenziale sul piano atletico dei giocatori. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Questo sport è cambiato in pochi anni, è diventato un gioco di velocità, non di strategia. In poco tempo tutto si è velocizzato molto. Ripenso a quando, nei primi anni di carriera di Rafa, trovavamo giocatori che ti permettevano di giocare, che lottavano su ogni palla e pensavano come rigiocarla. Ora la strada per cercare la vittoria è colpire forte, il più forte possibile e prima dell’avversario. Credo che ora è tutto ben studiato, che i tennisti siano più forti fisicamente, ma alla fine la chiave resta il giocare bene. È fondamentale avere un’alta percentuale di prime palle di servizio, giocare con la massima velocità. Ritengo che in questo momento i giovani siano meno disposti a pensare perché si concentrano sul colpire più duro che possono, e hanno intorno a sé allenatori che si occupano della strategia”.
    Molto interessante il suo ricordo dei primissimi anni con Rafa, sul modello che aveva in testa pensando ad un futuro Pro per il nipote. “Quando Rafa era bambino, ho sempre voluto fare di lui un mix tra Vilas e Connors. Cercavo di renderlo un giocatore molto intenso, quello era l’essenziale, ma anche che avesse colpi vincenti. Ho passato molti anni a lavorare con lui sul drive di diritto, in modo che potesse trovare punti vincenti in qualsiasi contesto e da qualsiasi situazione, e la sua capacità di migliorarsi è stata decisiva, soprattutto con il rovescio incrociato”.
    “Quando Rafa ha completato il Grande Slam in carriera, a 24 anni, ho capito che avrebbe lottato per essere il migliore della storia. La sua progressione è sempre stata fortemente condizionata dall’infortunio congenito al piede, che ora sta soffrendo in particolare, motivo per cui tutto ciò che ha realizzato è straordinario. Ha sempre lottato nelle difficoltà e penso che riuscirà a superare ancora una volta questo ostacolo. Sono ottimista, la mia sensazione è che il 2022 possa essere una buona stagione per lui e che gli rimangano ancora 2 o 3 buoni anni. Ovvio col passare del tempo tutto è più complicato”.
    Toni ripercorre come affrontavano insieme i match contro Roger e Novak, sino alle sfide con i più giovani rivali. Secondo lo zio, alle nuove leve manca ancora la massima intensità e continuità. “Come affrontavamo i grandi avversari? Beh, contro Roger è sempre stato tutto più semplice perché ci siamo concentrati su di uno schema preciso, cercare di giocare più punti possibili spingendo una palla alta e forte sul rovescio di Federer. Molto più complesso stato affrontare Djokovic, nei primi anni non sapevamo leggere il suo gioco. Ricordo che agli US Open 2010 Rafa venne da me nel bel mezzo della partita e mi chiese cosa poteva fare. Gli dissi di giocare intenso e profondo al centro e di cambiare direzione solo quando aveva una posizione molto vantaggiosa. Ma dentro di me, pensavo che dovevamo solo pregare perché quel ragazzo sul cemento era migliore di Rafa. Le nuove leve? Quando giocano al loro massimo, sono al livello dei Big 3, il problema è che quando scendono un filo, il loro livello cala di più. Chi riuscirà a mantenere al massimo il proprio livello diventerà il nuovo leader”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Toni Nadal: “Rafa sta meglio, vuole rientrare in Australia”

    Toni Nadal

    Toni Nadal ha rilasciato una breve intervista al media iberico Leonoticias, parlando delle condizioni di suo nipote Rafa, dell’ascesa dirompente di Carlos Alcaraz e sul lavoro con i talenti più giovani. È sempre un parere interessante quello dello “zio” più famoso del tennis, riportiamo alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Le condizioni di Rafa? Le cose vanno meglio. Ha l’obiettivo di ricominciare dall’Australia, sono convinto che andrà bene. L’idea è di fare un grande 2022 e lui metterà tutto il suo impegno in questo, resto positivo sul suo prossimo futuro”.
    “Alcaraz è un eccellente sostituto ai tanti ottimi giocatori che abbiamo avuto negli ultimi anni in Spagna. In questo momento abbiamo qualche giocatore in meno tra i migliori, ma ci eravamo abituati fin troppo bene, era un lusso avere fino a tre tennisti nella top10”.
    La sua nuova sfida è far esplodere definitivamente il talento di Felix Auger-Aliassime. Dopo un inizio stentato, da Wimbledon in avanti sono arrivati segnali importanti. “Tutto è allenabile e quindi migliorabile. Non concepisco di fare le sempre le stesse cose come abbiamo fatto ieri, serve muoversi in avanti. Penso che sia necessario allenare di più il carattere e la volontà. Una cosa che noto in tutti i giovani della ultima generazione è la difficoltà nel prestare attenzione e a fare le cose in modo coerente. È difficile per loro accettare la difficoltà e rimanere concentrati. Quello invece è la base di partenza per crescere e migliorare”.
    Ultimo pensiero per la finalissima di Djokovic a US Open, il sogno sfumato all’ultimo tuffo per realizzare il Grande Slam. Toni non si è detto così sorpreso dall’esito finale. “Tutti si aspettavano il Grande Slam di Djokovic, gli mancava solo una vittoria, ma quando hai di fronte uno che gioca bene, che ha già fatto qua finale (vs. Rafa nel 2019, perdendo solo in 5 set, ndr) ed è il n.2 del mondo, è normale che possa vincere. Nonostante Djokovic sia un grande giocatore, ha dovuto sopportare una pressione superiore anche alle sue possibilità, tanto che è stata proprio l’aspettativa enorme alla fine a schiacciarlo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Laver Cup 2021, l’anno della verità (di Marco Mazzoni)

    Domani si alzerà il sipario sull’edizione 2021 della Laver Cup, esibizione tennistica lanciata nel 2017 dal team manageriale di Roger Federer (su idea del campione elvetico) e diventata in pochi anni un evento molto seguito a livello globale. Un piccolo caso, che si è imposto di forza (e con la forza dei dollari…), tanto da essere riconosciuta dallo stesso calendario ATP, anche se non assegna punti per il ranking.
    L’edizione che sta per scattare al TD Garden di Boston, casa dei mitici Celtics del basket NBA, sarà molto diversa dalle precedenti poiché in campo non scenderà Roger Federer, il vero “padrone di casa” e giocatore con il maggior seguito al mondo, ma nemmeno Rafael Nadal e Novak Djokovic. Nelle edizioni finora disputate non era mai accaduto. La loro sarà un’assenza enorme, pesantissima, poiché il traino dei Big 3 è stato decisivo al successo della Laver Cup, come del resto per ogni torneo in giro per il globo negli ultimi lustri. Per questo sarà molto interessante vedere il risultato del campo a livello di spettacolo e soprattutto tirare le somme alla fine del weekend, perché questa Laver Cup 2021 testerà la forza della manifestazione per il futuro.
    La sensazione è che un “Federer sano” potrebbe giocare la LC anche a 50 anni… e chissà, magari anche un Nadal ritiratosi sui lussureggianti green di golf nelle Baleari, ma se la Laver Cup vuole andare avanti, costruendo anno dopo anno una storia e credibilità duratura, deve dimostrare di essere forte, divertente ed attraente anche e soprattutto grazie alle nuove leve, ai campioni del presente.
    Quest’anno il Team Europe è composto da Medvedev, Tsitsipas, Zverev, Rublev, Berrettini e Ruud, oggettivamente il meglio possibile su piazza, esclusi i tre supercampioni. Il Team World schiera Shapovalov, Auger-Aliassime, Schwartzman, Isner, Opelka e Kyrgios. Una squadra oggettivamente più debole e forse con minore appeal, ma con due statunitensi per agevolare il pubblico di casa, “show-time” Shapo, l’emergente Felix, la sostanza di Diego e il discusso funambolo Kyrgios, che in un contesto rilassato e festaiolo come quello di una esibizione è come le olive nel Martini. Oltretutto sarà curioso un potenziale match tra Ruud e Kyrgios, visto che i due non se le sono mandate a dire via social per tutto l’anno, battibeccando a più riprese… Vedremo se i capitani Borg e McEnroe opteranno per questa partita o meno.
    Ogni anno durante la Laver Cup l’universo degli appassionati si è diviso. Una parte sostanziosa snobba l’evento, relegandolo ad una sorta di circo ricchissimo, non interessati nemmeno a vedere con sereno distacco quel che offre il campo e criticando aspramente l’enorme battage mediatico e commerciale che sostiene e promuove l’evento. L’altra parte invece si è fatta ammaliare e convincere, tra le stelle in campo, match giocati con discreto spettacolo e leggerezza, e soprattutto grazie a trovate molto interessanti e diverse da quel che si ammira durante i tornei ufficiali del tour Pro (format, colori, regia, capitani e squadre inquadrate continuamente durante i match, oltre al tipo di tennis prodotto).
    La Laver Cup è nata dal niente, ma con una idea forte, che “regge”. È nata grazie alla visione del tennista più idolatrato ed un budget faraonico, che ha permesso di organizzare una macchina quasi perfetta, il meglio su piazza, riuscendo a mettere in scena uno spettacolo notevole. Che piaccia o no, questa è la verità. È uno spettacolo tennistico, non è il tour Pro. Non c’è la rabbia e durezza di incontri infiniti con scambi all’ultima palla. Si gioca “diverso”, e questo è apprezzato da una certa fetta di pubblico che preferisce un tennis più rapido, leggero, offensivo o comunque meno feroce agonisticamente, rispetto alla media dei grandi e piccoli tornei, dove ci si “scanna” per un’ultima rincorsa o arrotata micidiale per far sbagliare l’avversario. Qua si entra sul puro gusto personale, quindi tutto è lecito e opinabile, ma è indubbio che per molti appassionati un match fatto di tocchi e palle al limite è più attraente rispetto ad una perfetta esecuzione di schemi efficaci ed efficienti, ma un po’ uguali a se stessi e soprattutto prevedibili.
    I tennisti chiaramente sono attori alla Laver Cup, giocano con un piglio ed intensità differenti. Però soprattutto nell’ultima edizione disputata, la maggior parte degli incontri sono stati assolutamente divertenti e a loro modo anche combattuti. Non col coltello tra i denti, ma quando hai di fronte uno dei tuoi principali rivali, perdere – anche senza punti in palio – non piace affatto… C’era una certa tensione, ma più sana e meno esasperata. Il pubblico l’ha percepito ed apprezzato, molto, tanto che i dati degli ascolti tv della LC19 sono stati enormi, a livello globale.
    Inoltre la regia televisiva è eccellente, l’atmosfera creata con quel campo nero è unica e affascinante. Il format dei match è ottimo, perché le partite scorrono via veloci (e tanti spettatori non restano 4 ore incollati ad una maratona…), e c’è anche l’effetto team che trascina il pubblico e gli stessi giocatori. Il ruolo dei capitani alla fine è piuttosto marginale, ma vedere Nadal e Federer che catechizzano Zverev ai cambi di campo, beh, per il pubblico vale il prezzo del biglietto.
    Ripeto: si parla di una ricca, perfetta, splendida esibizione. Il tennis è quello degli Slam, della storia, del tour. Ma c’è anche quest’offerta, interessante, molto ben confezionata, che permette di ammirare i migliori in un contesto diverso, patinato ma rilassato. Personalmente ero parecchio scettico al primissimo annuncio e prima dell’edizione 2017, quella del lancio. Anno dopo anno il format si è perfezionato e lo spettacolo è addirittura cresciuto. Il mitico doppio con la coppia Roger-Rafa resterà indimenticabile, e molte partite sono state divertimento purissimo. Niente è paragonabile alle emozioni di una finale di Wimbledon e di tanti altri tornei ufficiali, ma perché snobbare e “deridere” una Laver Cup, quando riesce a concentrare divertimento, tennis leggero e veloce, diverso e affascinante? Vedremo se i giovani, senza i Big 3 a far loro da balia, riusciranno a trasmettere al pubblico le stesse emozioni. Non resta che seguirla da domani.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Daniel Rincon (vincitore US Open 2021 junior): “Allenarsi accanto a Nadal ti fa capire cosa serve per eccellere”

    Daniel Rincon

    US Open junior 2021 ha visto il trionfo nel maschile dello spagnolo Daniel Rincon. 18enne di Avila, si allena all’Academy di Rafa Nadal a Manacor ed è molto amico di Alcaraz. Davvero un US Open in salsa iberica per i giovani emergenti. Rincon è stato intervistato dal quotidiano nazionale AS, ha raccontato i suoi primi passi nel tennis, come lavora e soprattutto il privilegio di potersi allenare alla Academy di Nadal, con il campione lì accanto come stimolo ed esempio. Secondo Dani, basta guardare l’intensità e la dedizione di Rafa per capire la sua grandezza e quel che serve per eccellere nel tennis Pro. Alcuni passaggi dell’intervista al giovane Rincon.
    “È un privilegio essere il secondo (spagnolo ad aver vinto US Open J, ndr) e spero che ce ne siano molti altri dietro di me, perché siamo un paese che di solito ha molti buoni tennisti, spero che altri ragazzi spagnoli nel prossimo futuro possano vincere a New York e altrove”.
    “Al tennis sono arrivato dopo. Quando ero molto piccolo ho iniziato col basket con mio padre, mi piaceva molto e non giocavo a tennis, ma un amico mi ha messo in un campo e mi è piaciuto davvero. Stavo combinando i due, finché non ho deciso per la racchetta quando avevo 10 anni. Mi sono innamorato di questo sport poco a poco e ora non lo cambierei per niente al mondo. Quando ho capito che potevo sfondare? All’inizio giocavo solo due o tre giorni alla settimana, un’ora. Poi sono andato a un torneo U10 in Croazia, lo Smirkva Bowl, ho raggiunto le semifinali. Non avevo mai lasciato la Spagna per giocare e in quel momento mi sono reso conto che non era affatto male, ma io non ero così forte. Mi sono detto ‘Perché non provarci?’ L’estate successiva lasciai il basket e quando avevo 12 andai a vivere a Valladolid per allenarmi tutti i giorni, decisi che la mia vita era il tennis”.
    Un passaggio decisivo alla sua crescita è stato l’approdo a Manacor, da Rafa: “Dopo aver passato un anno a Valladolid, sono andato a Barcellona per un altro, ma il centro ad alta prestazione in cui mi trovavo ha chiuso e sono tornato a casa. In quel momento mi hanno offerto di andare a Manacor e non ci ho pensato due volte! Le strutture, i professionisti… è stata un’opportunità unica e insostituibile. Avevo 16 anni, hanno gestito tutto mio padre e il mio manager, Albert Molina. La mia giornata lì? Quest’anno è cambiato tutto perché non ho più una scuola e seguo un corso universitario online (in informatica). Al mattino faccio tre ore e 45 minuti di tennis e un’ora e mezza in palestra, cambiando l’ordine ogni settimana. La giornata inizia intorno alle 08:00-08:30. Quindi il pranzo, mi riposo un po’ e verso le 15:30 torno in campo per un’altra ora e mezza. Alle 17:00 finisce l’allenamento, ma a volte ho il fisioterapista. Il resto del tempo lo passo a studiare”.
    La presenza di Rafa è la spinta a dare ogni giorno il massimo. “Quando lui è presente ci chiama per allenarsi insieme, ed è un’esperienza incredibile. Davanti a lui ti rendi conto di quanto sia grande e perché ha realizzato così tante cose. Noti qualcosa di diverso, che non vedi con altri professionisti. La qualità della palla e l’intensità che ha è diversa. Il mio stile è diverso dal suo ma cerco di imparare il massimo da lui, dalla sua voglia, mi spinge a migliorarmi ogni giorno. I valori che ha sono fondamentali per il tennis. Cosa dice Rafa in quegli allenamenti? Quello che cerca di infondere in noi è, soprattutto, la cultura allo sforzo quotidiano. Non parla di tattica. Per lui la cosa più importante è credere in se stessi e con me insiste sull’intensità delle gambe, affinché io dia il massimo. ‘Se arrivi bene sulla palla, la colpirai meglio con più forza e precisione’ mi dice sempre, è un consiglio prezioso. È gentile con noi, cerca di aiutarti personalmente, e per noi giovani è una presenza molto importante. Dà molta motivazione avere il miglior atleta spagnolo della storia lì accanto”.
    Ha un buon rapporto con Alcaraz, rivelazione dell’anno: “È un mio carissimo amico e gli sono affezionato. Sono molto contento di tutto quello che sta facendo, perché se lo merita, ha lavorato molto duramente. Posso solo congratularmi con lui e continuare ad allenarmi e migliorare per un giorno, se possibile, per arrivare dove è”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Forbes: Federer resta il “Paperone” dei tennisti, seconda Osaka

    Forbes ha pubblicato la “classica” classifica dei tennisti più pagati negli ultimi 12 mesi. Non cambiano i “Paperoni” rispetto alla precedente classifica: Roger Federer e Naomi Osaka si confermano le due racchette che hanno guadagnato di più, con un distacco notevole dal resto dei colleghi. Lo svizzero, nonostante la pochissima attività 2021 (9 vittorie e […] LEGGI TUTTO