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    US Open 2023: sarà poker di novità o il “Djoker” si prenderà la rivincita?

    L’Arthur Ashe Stadium a New York

    US Open è spesso in controtendenza. Meglio, innova e crea nuove tendenze. Lo Slam della “Grande Mela” è storicamente quello diverso, quello che porta novità, in campo, nelle regole, nel contesto. Quest’anno si festeggiano i 50 anni dell’uguaglianza di Prize Money tra uomini e donne, qua introdotto mezzo secolo fa, mentre altrove l’idea stessa era qualcosa di inconcepibile ai quei tempi. A Flushing entrò in scena il tiebreak (1970) e mille altre novità che hanno impattato profondamente il gioco. Ma anche a livello di risultati US Open è molto spesso lo Slam che rompe gli schemi, quello che porta nuovi vincitori, quello più difficile da conquistare per chi ha dominato l’annata con la fatica nelle gambe e condizioni durissime, mutevoli, generalmente le più rapide della stagione.
    Se nelle donne il recente passato è stato un continuo “lancio in società” di nuove campionesse Major (per non tornare troppo indietro, Pennetta, Osaka, Stephens, Andreescu, Raducanu), è nel maschile che la tendenza si è rafforzata nelle ultime tre edizioni: Thiem 2020 (in finale su Zverev, alla sua prima apparizione in uno Slam), Medvedev 2021, Alcaraz 2022, tutti al primo Slam vinto in carriera. E nel recente passato, pure Cilic (2014) e Del Potro (2009) al proprio primo e unico Slam, con Murray che nel 2012 si prese finalmente la rivincita dopo varie sconfitte in altri major. Federer ha dominato gli anni 2000, ma non ha più vinto dal 2008, e per Djokovic è lo Slam nel quale ha dovuto buttar giù i bocconi più amari, dalla terribile delusione del 2021 in giù.
    Aria fresca a New York, e non solo per gli uragani caraibici che negli ultimi anni diventano sempre più spesso spettatori non esattamente graditi… Sarà confermata la tendenza alla novità anche nel 2023, per un poker di nuovi campioni Slam? Noi ce lo auguriamo fortemente, visto che Jannik Sinner è uno dei possibili outsider di lusso e candidati a far saltare il banco, vincendo il primo Slam in carriera. Però oltre ai vari Rune, Ruud, Tsitsipas, Rublev, o anche Zverev per citarne uno già piuttosto esperto ma ancora senza un Major in bacheca, c’è un super campione inserito nella posizione n.128 del tabellone, a caccia di grandi rivincite in questo torneo: Novak Djokovic. È sempre difficile fare un pronostico prima di uno Slam, ancor più in uno così capace di rompere gli schemi e portare novità come US Open, ma guardando il tabellone appena sorteggiato, il serbo sembra nettamente il favorito, con una discreta autostrada fino alle fasi decisive. 
    Novak infatti ha evitato praticamente tutti i giocatori davvero pericolosi, andando a pescare anche come teste di serie nella sua zona quelle che vengono da periodi tutt’altro che positivi, con azioni pericolosamente in ribasso. Nei quarti ha beccato Tsitsipas, in una fase a dir poco difficile della sua annata con gravi problemi tecnici che lo affliggono da diversi mesi, quindi c’è Auger-Aliassime che è sicuramente la delusione del 2023 dopo una seconda parte di 2022 favolosa, o Fritz, altro che in estate ha davvero deluso. La prima testa di serie che Djokovic potrebbe incontrare è Djere, ottimo giocatore ma che per il serbo dovrebbe essere niente più di un buon allenamento agonistico. Altre mine vaganti poche, l’unica Francisco Cerundolo, uno che tira forte e sa giocare sul cemento, ma vittima ancora di troppi altri e bassi per essere considerato davvero pericoloso. In semifinale Ruud o Rune, e qua potrebbero arrivare i primi grattacapi, ma il giovane danese viene da problemi alla schiena, quindi la sua forma è tutta da verificare, e Ruud è sempre stato severamente “abbattuto” da Novak. Il 23 volte campione Slam non gioca nel torneo dalla terribile finale persa contro Medvedev, quella che gli è costata il Grande Slam. Tutto lascia pensare che vorrà prendersi una grande rivincita, su tutto e tutti, e la durezza con la quale ha lottato fino all’ultima stilla di energia a Cincinnati fa capire quanto sia motivato a pronto alla pugna. 
    Dall’altro lato, Alcaraz campione in carica è ovviamente il favorito. Ripetersi non è mai facile, ma Carlos è campione vero, quindi ce lo aspettiamo bello pimpante e pronto a giocarsi con grandi colpi e sorriso ogni match. Per lui un discreto sorteggio nei primi turni, poi dagli ottavi le cose inizieranno a farsi più complesse. Norrie non è al massimo quest’estate, ma è un grandissimo fighter e se arriverà a sfidare lo spagnolo potrebbe metterlo in difficoltà, come ha dimostrato nella finale vinta a Rio lo scorso febbraio. Nei quarti potrebbe trovare Zverev, o Sinner. Qua è logico riavvolgere il nastro a 12 mesi fa, quando Jannik e Carlos hanno dato vita a 5 ore di tennis clamoroso, il match dell’anno, con l’azzurro a Match Point al servizio, purtroppo non trasformato. Sliding Doors si direbbe, con Tiafoe e Ruud come successivi avversari, magari sarebbe stato proprio Jannik a diventare il terzo nuovo vincitore Slam consecutivo nel torneo… Non ce l’ha fatta. Potrebbe farcela quest’anno? Di sicuro l’azzurro ha vissuto un 2023 molto solido. Pochissime battute d’arresto impreviste, le due peggiori sconfitte certamente quella a Roland Garros e la scorsa settimana a Cincinnati, dove però veniva da il primo 1000 vinto in carriera. Quest’anno Sinner e Alcaraz si sono affrontati proprio sul cemento in America nel Sunshine Double, una vittoria a testa (totale 3 pari). C’è poco da girarci intorno: TUTTO il mondo del tennis fa il tifo perché si possa di nuovo assistere a questa sfida. Chi potrebbe vincerla? Troppo presto per dirlo, vediamo come entreranno nel torneo, avremo tempo – nel caso – per riparlarne.
    Nel secondo settore del tabellone, Medvedev è il favorito per arrivare in semifinale. Questo è il suo torneo, dove ha mediamente giocato meglio. La sua strada ha qualche insidia, Coric o De Minaur, ma soprattutto nei quarti troverà uno di quelli tosti: Hurkacz, Khachanov, Rublev o magari Berrettini, inserito proprio nello slot di Andrey. Un ottimo Daniil potrebbe spazzare via tutti, ma non è affatto piaciuto come abbia perso i suoi ultimi due match nei 1000 nord americani. Si è gustato da solo, affettando malamente i tempi di gioco e incartandosi nelle fasi decisive, un passo indietro al suo 2022, nel quale era caduto esattamente in questo vortice. Il suo inizio di 2023 è stato clamoroso dopo un brutto Australian Open, ha pure vinto a Roma e fatto semifinale a Wimbledon. Medvedev è il terzo vero favorito, dietro a Djokovic e Alcaraz, ma dovrà essere bravo a gestire meglio l’ansia della partita, in questo duro torneo nessuno farà sconti.
    Capitolo azzurri. In attesa delle qualificazioni, in tabellone ne abbiamo 4 nella parte alta, 2 in quella bassa. Sinner è testa di serie n.6 e ovviamente il più atteso. Esordio contro un tennista pericoloso come Hanfmann, meglio così, almeno dovrà subito entrare in clima torneo e alzare il livello. Se vuoi vincere uno Slam, è importante partire forte e non perdere energie fisiche e mentali per strada. Spesso un paio di turni fin troppo “comodi” illudono sulla propria condizione e al primo avversario tosto sei in grave difficoltà. Al secondo turno potrebbe esserci derby con Sonego, che attende un qualificato. Certo “Sonny” non ha proprio un bel rapporto con la dea bendata quest’anno negli Slam…
    Arnaldi ha un primo turno molto interessante contro l’australiano Kubler, uno che gioca davvero bene a tennis ma che mille problemi hanno penalizzato in carriera. Dovrà essere molto aggressivo il ligure, servire bene e prendere la partita di petto, per l’altro può nasconderti la palla se è in giornata. In caso di vittoria, secondo turno duro contro Griekspoor o Fils. “Arna” dovrà tenere un bel livello… Esordio non malvagio per Berrettini, contro il francese Humbert. Gioca bene il mancino di Metz, ma l’intensità del suo tennis è spesso altalenante e la sua risposta non sempre continua. Se Matteo servirà come a Wimbledon, sarà un match alla portata e il secondo turno (Schwartzman o Rinderknech) potrebbe esser ancor più giocabile. Tempesta sicura al terzo turno, contro Rublev, Monfils o Ruusuvuori ci sarà in ogni caso da correre e lottare.
    Cecchinato ha pescato il russo Safiullin, dipenderà molto da Roman: se è in giornata e sente la palla, sul cemento potrebbe essere un avversario molto complicato, ma al contrario se sarà in una delle sue giornate abuliche, il siciliano potrebbe anche fare il colpaccio (e lo sarebbe visto che in questo torneo di fortuna il “Ceck” ne avuta finora pochissima). Resta Lorenzo Musetti, testa di serie n.18, che esordirà contro un qualificato, e poi eventualmente troverà Barrere o un altro proveniente dal tabellone cadetto. Dipende tutto da “Muso”: in quest’estate ha alternato ottimo tennis, intensità e propensione offensiva, a momenti auto distruttivi di rara cupezza… Per far bene in uno Slam duro come US Open serve la massima concentrazione e forza, autostima e convinzione di vincere. Una bella passata con la spugna alla brutta sconfitta contro Medvedev a Cincinnati e ripartire, sentendo la palla e attaccando. La speranza è che Lorenzo possa essere la sorpresa in casa Italia di questo torneo. Buon US Open a tutti!
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    I 10 vincitori più giovani agli US Open

    Pete Sampras a US Open 1990

    Con le qualificazioni già in corso, il count down per gli US Open, quarto Slam stagionale, è già scattato. Cresce l’attesa per l’edizione di quest’anno, sia per i tennisti azzurri che per i grandi del panorama internazionale. Jannik Sinner nel 2022 si è fermato nei quarti di finale, al termine di una partita clamorosa (la più bella della stagione) nella quale non è riuscito a trasformare un match point contro il futuro campione Carlos Alcaraz. Se avesse trovato un vincente in quel momento, chissà… Oltre alla curiosità di ritrovare Matteo Berrettini nel torneo dove segnò il suo primo exploit Slam, e osservare le prestazioni degli altri italiani, c’è grandissima attesa per i due tennisti più caldi dell’anno, recenti finalisti a Cincinnati: Novak Djokovic e Carlos Alcaraz. Dopo quella bellissima di Wimbledon, molti si aspettano (o sperano) di poter assistere ad un nuovo capitolo di questa rivalità. Alcaraz sarà chiamato a difendere il titolo conquistato a Flushing Meadows lo scorso anno, suo primo Major in carriera, grazie al quale ha stabilito anche il record assoluto di n.1 ATP più giovane. Tuttavia per pochi giorni non è stato il campione di US Open più precoce. Approfittiamo dell’avvicinamento al torneo della “Grande Mela” per andare a scoprire i 10 vincitori più giovani a New York.

    1. Pete Sampras – 1990 – 19 anni e 15 giorni
    Pete Sampras vinse a New York il primo dei suoi 14 Slam, appena dopo aver compiuto 19 anni, sconfiggendo in finale Andre Agassi (6-4 6-3 6-2). Il successo del campione californiano arrivò a sorpresa, perché nella super covata di talenti a stelle e strisce di quell’epoca era più atteso un successo di Agassi, che invece arriverà solo a Wimbledon 1992, e anche dopo il primo Slam di Jim Courier. Sampras ha tenuto il record di più Slam vinti nell’era Open fino al 2009, quando Roger Federer toccò quota 15 a Wimbledon. Fu una cavalcata impressionante quella di Sampras a US Open 1990: della dodicesima testa di serie, Pete sconfisse Ivan Lendl nei quarti di finale, John McEnroe in semifinale e Agassi in finale, con un servizio mai così efficacia. Il marchio di fabbrica di una carriera straordinaria.

    2. Carlos Alcaraz – 2022 – 19 anni, tre mesi e 24 giorni
    Che Alcaraz fosse un predestinato era chiaro già da tempo, ma in pochi pensavano che il suo primo Slam sarebbe arrivato sul cemento. Sensazione questa fin troppo figlia di quella assonanza con Nadal che, in realtà, non ci azzecca più di tanto. Proprio a New York “Carlito” si rivelò al mondo con una bella cavalcata nell’edizione precedente (2021). Il fantastico 2022 di Alcaraz è culminato con il suo primo Slam a US Open, grazie alla soffertissima vittoria su Sinner nei quarti e quindi con la finale vinta su Casper Ruud (6-4 2-6 7-6(1) 6-3 lo score). Un titolo che gli regalò anche la prima posizione del ranking mondiale e il record di tennista più giovane a sedersi sul trono del tennis maschile. Netta la sensazione che quello 2022 sia solo il suo primo titolo a New York.

    3. Lleyton Hewitt – 2001 – 20 anni, sei mesi e tre giorni
    Questi “maledetti giovani…” Forse questo avrà pensato Pete Sampras dopo esser stato di nuovo nettamente sconfitto nella finale di US Open, dopo la batosta rimediata nel 2000 dall’altrettanto giovane Marat Safin. Lleyton Hewitt nel 2001 rimandò il quinto titolo nel torneo di casa per Pete Sampras, successo che arrivò nell’anno successivo. Hewitt sconfisse Sampras per 7-6(4) 6-1 6-1 in quello che fu il suo primo titolo Slam. “Rusty” è l’ultimo australiano ad aver vinto uno Slam (Wimbledon 2002).

    4. John McEnroe – 1979 – 20 anni, sei mesi e 12 giorni
    Un giovane e riccioluto John McEnroe alzò nella sua amatissima città il primo Slam in carriera, lanciandosi nell’Olimpo della disciplina. Con questo successo sorpassò il connazionale (e mai amico) Jimmy Connors in cima alla lista come il più giovane vincitore agli US Open, battendo in finale Vitas Gerulaitis (7-5 6-3 6-3 lo score). L’americano duellerà contro Borg in iconiche partite e vincerà altri sei tornei del Grande Slam in carriera, dominando la stagione 1984. Poi, la luce si spense.

    5. Marat Safin – 2000 – 20 anni, sette mesi e un giorno
    Nuovo secolo, nuovi campioni. Marat Safin impressionò il mondo della racchetta disputando un grande torneo e soprattutto brutalizzando in finale il super campione a stelle strisce Pete Sampras, battuto per 6-4 6-3 6-3. Il punteggio non rende l’idea di quanto il servizio di Sampras – forse il singolo colpo più forte della storia del gioco – sia stato disinnescato dalla risposta del russo. Marat alzò il suo primo Slam in carriera, diventato il secondo russo a vincere un Major dopo Yevgeny Kafelnikov. Peccato che il moscovita non riuscì esattamente a sfruttare a pieno il suo grande talento negli anni seguenti.

    6. Juan Martin Del Potro – 2009 – 20 anni, 11 mesi e otto giorni
    Quella 2009 fu un’edizione passata davvero alla storia, per molti motivi. Roger Federer puntava al record del sesto titolo consecutivo agli US Open, ma in finale si è imbattuto nell’argentino Juan Martin del Potro, che aveva estromesso Nadal in semifinale. Federer scese in campo mostrando la sua enorme classe, stava letteralmente volando, annichilendo un giovane argentino alla sua prima finale Slam. Avanti di un set e di un break, forse Roger per la prima volta in carriera peccò di superbia, o almeno, cercò una serie di colpi fin troppo spettacolari e difficili, provocando una reazione mentale di DelPo. L’argentino si scrollò di dosso ogni pressione, forse perché pensava di non poter rimontare, e iniziò a colpire diritti di una violenza inaudita. Le sue palle non uscivano più, rimontò Roger e vinse una finale ancora ben impressa nella memoria degli appassionati. JMDP trionfò per 3-6 7-6 (5) 4-6 7-6 (4) 6-2, in quello che purtroppo resterà il suo unico Major in carriera. Infortuni e peripezie continue l’hanno bloccato all’infinito. È stato l’unico Grande Slam che i Big Four (Federer, Nadal, Djokovic e Murray) non sono riusciti a vincere tra gli Australian Open del 2005 e gli Australian Open del 2014. Quando si dice “compiere un’impresa”….

    7. Andy Roddick – 2003 – 20 anni, 11 mesi e 26 giorni
    Quell’anno il tennis stava svoltando, Andy Roddick fu scaltro e rapido a vincere il suo primo e unico titolo del Grande Slam, battendo Juan Carlos Ferrero 6-3 7-6 (2) 6-3, appena prima della definitiva esplosione di Roger Federer, che da gennaio 2004 dominò il tennis per alcune stagioni. Andy rimane l’ultimo americano ad aver alzato la coppa di uno Slam. Se nessun connazionale farà il miracolo al prossimo US Open, saranno passati 20 anni senza vincitori Slam a stelle e strisce. Impossibile a quell’epoca immaginare una situazione del genere.

    8. Boris Becker – 1989 – 21 anni, nove mesi e 6 giorni
    Il nome di Boris Becker resterà per sempre legato a Wimbledon, dove nel 1985 il tedesco alzò il suo primo Slam a soli 17 anni, sette mesi e due giorni, restando tutt’ora il più giovane campione major di sempre. Tuttavia il tedesco è stato anche un giovane vincitore a New York nell”89, quando sconfisse in finale Ivan Lendl per  7-6(2) 1-6 6-3 7-6 (4). Becker resta l’ultimo tedesco ad aver vinto il titolo degli US Open (Stich si arrese ad Agassi in finale nel ’94, Zverev a Thiem nel 2020).

    9. Jimmy Connors – 1974 – 21 anni, 11 mesi e 26 giorni
    Quando quasi 50 anni fa Jimmy Connors sconfisse l’australiano Ken Rosewall nella finale degli US Open del 1974, divenne il giocatore più giovane a vincere il titolo a New York. Connors impiegò poco più di un’ora per battere l’ormai anziano Rosewall con il punteggio più severo mai visto nella finale del torneo: 6-1 6-0 6-1. Fu un’annata straordinaria per “Jimbo”, con i successi anche a Wimbledon e Australian Open.

    10. Roger Federer – 2004 – 23 anni e 22 giorni
    Grandissimo campione, ma non così precoce rispetto a diversi suoi colleghi. Nel 2004 Roger Federer due mesi dopo aver vinto il secondo titolo a Wimbledon, alzò il suo primo trofeo agli US Open, dominando Lleyton Hewitt in finale (6-0 7-6(3) 6-0 il netto score). È stato il primo di cinque titoli consecutivi per Federer a New York, imbattuto nel quarto Major stagionale fino al 14 settembre 2009, quando fu sorpreso dalla potenza di Juan Martin del Potro.

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    Il 2023 di Tsitsipas, senza vittorie su top10

    Stefanos Tsitsipas

    Stefanos Tsitsipas è uscito mestamente di scena negli ottavi del 1000 di Cincinnati, battuto in modo secco da Hubert Hurkacz. Perdere dal polacco sul veloce ci sta, quando il buon “Hubi” prende ritmo col servizio ed è poco falloso col diritto, è un avversario molto pericoloso. Il greco viene dal recente successo al 250 di Los Cabos, suo primo trofeo in stagione. Si pensava che una volta sbloccato, potesse fare molto bene nei due Masters 1000 nord americani, invece è incappato in una sconfitta sorprendente in Canada, battuto dal redivivo Monfils, e quindi un terzo turno a Cincy. Insomma, non proprio risultati da n.4 del mondo. 
    Criticare il 2023 di Tsitsipas, finalista agli Australian Open e a Barcellona, semifinalista a Roma e quarti a Roland Garros, potrebbe apparire ingeneroso. Tuttavia approfondendo i risultati della sua annata, è corretto esprimere alcune valutazioni. Nel 2021 e 2022 aveva vinto a Monte Carlo, due 1000, e ha disputato anche la finale a Roland Garros, a Roma, e lo scorso anno anche a Cincinnati. Quest’anno ha disputato un’annata discretamente solida, ma spicca un dato terribilmente negativo: non è ancora riuscito a sconfiggere un top10. Dato piuttosto grave, perché indica una netta difficoltà nel superare i migliori che, evidentemente, hanno capito assai bene come metterlo in crisi in campo.
    A Melbourne lo scorso gennaio, nel miglior torneo stagionale, il giocatore con classifica più alta battuto da Tsitsipas nella sua strada verso la finale è stato Jannik Sinner, allora n.16 al mondo, seguito da Karen Khachanov in semifinale (20). A Barcellona ha sconfitto altri due top20, De Minaur (19) e Musetti (2o), prima di cedere nettamente ad Alcaraz in finale. Altri due successi su top20 a Roma: di nuovo Musetti (19) e quindi Coric (16). Il film si è ripetuto a Los Cabos, con vittorie su Coric e De Minaur, altri due top20. Sipario. Un po’ poco per un giocatore così forte, ex n.3 ATP e potenzialmente numero uno, posizione che avrebbe potuto raggiungere nel recente passato se si fossero verificati alcuni incastri in un paio di settimane. L’ultimo top10 battuto dal greco è Medvedev, alle Finals 2022 di Torino, mentre in un torneo senza Round Robin è stato Rublev ad Astana, lo scorso ottobre.
    Stefanos ha ripreso a lavorare con Mark Philippoussis, “panchinando” papà Apostolos per provare nuove vie. È evidente che il suo tennis sia fermo da troppo tempo e lui ne sia ormai più che consapevole. Intanto la prossima settimana scivolerà al n.7, con la perdita dei punti pesanti della finale a Cincinnati, passato sia da Sinner che Rune, oltre che Ruud. Senza un salto in avanti, delle novità concrete che possano di nuovo alzare l’asticella del suo gioco, la strada per il greco sembra piuttosto in salita. A lui rilanciare, e sorprenderci.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Max Purcell, l’underdog che non ti aspetti (oggi sfida Alcaraz a Cincinnati)

    Max Purcell (foto Getty Images)

    Crederci sempre, focalizzando finalmente l’attenzione al 100% sulla carriera, con meno party e zero nottate perse in compagnia dello smartphone. Crederci, anche quando ti dicono che resterai nel limbo, un bel “doppista” semmai. Del resto, con quel gioco discretamente retrò, un po’ leggero e con quei tagli continui anche sul diritto, in un mondo di power-tennis dove pensi di andare… Non ci gira più intorno Max Purcell, quel limbo se l’è scrollato di dosso. Ora l’australiano ci crede eccome, con obiettivi sempre più alti e ambiziosi, perché ha capito che la sua diversità è un punto di forza, e che di qualità ne ha molte più di quelle che tanti gli hanno mai riconosciuto. Il 25enne di Sydney è certamente uno dei personaggi del Masters 1000 di Cincinnati, sbarcato per la prima volta in carriera nei quarti di finale di un torneo così importante in singolare, pronto a sfidare sua maestà Carlos Alcaraz nel pomeriggio degli States. Ma questo splendido e meritato risultato non è un exploit isolato, figlio della classica settimana in cui sportivamente cammini sulle acque e tutto ti riesce. Tutt’altro. Purcell sta vivendo un 2023 clamoroso, passato assolutamente sotto traccia, ma continuando così l’australiano già si candida a premio come giocatore rivelazione della stagione e/o più migliorato.
    Purcell è da anni un buon doppista sul tour, e ancora continua la sua carriera affiancato spesso ai connazionali Jordan Thompson o Marc Polemans (quest’anno ha vinto il 250 di Houston proprio con Thompson), ma nel 2023 è letteralmente esploso in singolare, passando in classifica dal n.220 all’attuale n.70, ma è già sicuro anche in caso di sconfitta contro Alcaraz di attestarsi al n.47, per la prima volta tra i migliori 50 al mondo. Una scalata splendida, iniziata dopo aver passato le “quali” agli Australian Open (nelle quale ha estromesso Cecchinato e Arnaldi), con una decisione importante già maturata nella off-season 2022: punterò sui Challenger in India e mi darò qualche mese per spingere a tutta in singolare, e vediamo come andrà. Beh… è andata oltre le più rosee aspettative! Tre tornei giocati, tre titoli consecutivi a Chennai, Bengaluru (battendo tra gli altri Nardi) e Pune, dove in finale si è ripetuto battendo di nuovo Nardi. Un filotto splendido, ottenuto giocando alla grande, dominando il campo a furia di attacchi, serve and volley, tagli continui anche col back di diritto che hanno mandato completamente fuori ritmo gli avversari. Il suo marchio di fabbrica quello di non darti punti di riferimento, pochissimo ritmo, attaccare all’improvviso. Con questa fantastica tripletta è entrato nella top100 al n,99, e non si è fermato lì. Ha raggiunto la semifinale al Challenger di Las Franqueses de Valles e quindi finale a Lille, con un altro best ranking di n.86. Prima di sbarcare a Roland Garros, altre due finali CH, in Corea.
    Col suo gioco così offensivo, ci si aspettava qualcosa in più sull’erba, ma è stato subito battuto al 250 di Maiorca (da Feliciano Lopez, all’ultimo ballo in carriera) e poi ai Wimbledon ha pescato male, Rublev al primo turno. Quindi è volato negli Stati Uniti, per entrare sul tour maggiore con forza. Difficile l’avvio, out subito a Newport, Atlanta e Washington, con qualche commento che già lo bollava come tennista “da Challenger”. Li ha zittiti subito con la doppietta dei 1000 nord americani. Ha passato le quali a Toronto, battendo l’idolo di casa Auger-Aliassime e lottando tre set contro Murray, fino al miglior torneo della sua vita a Cincy, dove ha passato le quali e quindi ha sconfitto Harris, Ruud (testa di serie n.5, miglior scalpo in carriera) e ieri Wawrinka. Non vittorie di “Pirro”, ha giocato assai bene Purcell, se l’è davvero meritate.

    Maxing out @MaxPurcell98 at #CincyTennis:
    Reaches maiden Masters QF in second Masters appearance ✅
    Earns maiden Top-10 win over No.7 Ruud ✅
    Next: Alcaraz or Paul! pic.twitter.com/NIA1ntNbdQ
    — Tennis TV (@TennisTV) August 17, 2023

    Max è un tennista ancora poco conosciuto al grande pubblico, ma è anche un tizio divertente da vedere in campo, perché è diverso dal classico picchiatore col diritto, modello predominante sul tour. Dotato di un ottimo fisico, compatto ed esplosivo, riesce a coprire molto bene il campo, e con l’esperienza maturata in doppio ha nel servizio e nella risposta una base molto solida da cui impostare il suo gioco. Rivali molto potenti e che impongono un gran ritmo riescono a sbaragliarlo, ma Purcell ha nel cilindro l’antidoto ideale se non riesci a farlo correre in difesa facendogli perdere campo. Si chiama variazione, intelligenza tattica e visione del momento. Con i suoi tagli “sgonfia” le palle degli avversari, li porta a colpire senza ritmo e spesso da posizioni strane, angolate in avanti, forzandoli a chiudere o venire a rete. Inoltre quel back di diritto che spesso usa non te l’aspetti proprio e se non sei veloce nell’aggredirlo diventa poi difficile da tirare su e rigiocare profondo, ed ecco che il “canguro” fa un passo avanti e via spara un’accelerazione improvvisa o ti viene a rete, dove riesce a chiudere con ottima sicurezza. Insomma, è una discreta gatta da pelare…
    Purcell è la dimostrazione che al piano di sotto di talento ce n’è davvero tanto. La differenza viene da piccole grandi cose, come la testa, il focus, crederci e lavorare con obiettivi ambiziosi per spingerti oltre quelli che pensi – erroneamente – siano i tuoi limiti. L’ha descritto molto bene in un’intervista rilasciata al sito ATP qualche mese fa, dopo l’esplosione nei Challenger, nel quale si racconta e spiega come sia riuscito a fare il salto di qualità.
    “Come sono riuscito a vincere 15 match di fila nei Challenger? Ho scelto di smettere con le distrazioni fuori dal campo”, spiega Purcell. “Soprattutto in quelle settimane in India, volevo stare il più lontano possibile dal mio telefono. Volevo assicurarmi di avere più tempo tranquillo e assicurarmi solo di non portare nient’altro in campo durante le mie partite. Nessuna emozione extra o qualcosa del genere. Volevo solo essere il più calmo possibile e concentrarmi sulla mia missione, giocare al massimo in campo. Direi che ha funzionato davvero bene, e non voglio più cadere negli errori del passato. Anche quando stavo cercando di ridurre i tempi in cui mi distraevo l’anno scorso, mi ritrovavo comunque a parlare con gli amici su FaceTime, mi consumava la giornata e consumava energia perché passavo troppo lì incollato. Se dovevo uscire a cena con più tennisti, di nuovo era la stessa cosa. Ho cercato di limitare le distrazioni il più possibile, mi dicevo ‘Ora basta, stacca il telefono, resta in camera e rilassati che domani c’è una partita, c’è da lavorare”. 
    Nel 2022 Murray aveva fatto complimenti pubblici a Purcell per il suo modo di giocare così particolare. Max ringrazia e va avanti: “Murray è stato molto gentile, ma in effetti non vedo nessuno colpire i dritti tagliati come faccio io”, continua Purcell. “Non penso che ci sia una sola persona che gioca come me, quindi penso che sia piuttosto unico e questo può diventare un punto di forza perché non sei abituato ad affrontare uno come me. Sono cresciuto a Sydney, avevamo molti campi in erba sintetica, quindi ho usato molto lo slice quando ero giovane. Sapevo di poter sempre colpire con il diritto slice, ma gli allenatori mi dicevano continuamente che non era efficace. L’anno scorso sono stato senza allenatore per un po’, quindi ero tipo ‘Fanculo’, non mi interessa cosa pensano gli allenatori… inizierò a farlo. Ci ho creduto davvero e l’ho usato ottenendo buoni risultati. Quindi, perché snaturare il mio modo di essere?”.
    Quindi d’ora in poi, solo singolare? No, ma lo schedule non sarà facile, è un’altra sfida. “L’anno scorso mi sono bruciato… Non posso combinare totalmente due programmi separati, singolo e doppio. Nel 2022 ho partecipato a un torneo per sette mesi e mezzo, ogni singola settimana. A ripensarci sento ancora quella fatica nelle gambe e nella testa. Sicuramente negli Slam e magari qualche 1000 farò ancora singolo e doppio, ma vediamo, le cose cambiano rapidamente”. 
    Già, in meno di 8 mesi Purcell è passato dall’essere uno dei tanti che sgomitano a top50. Quanto conta nel tennis la testa, il focus, gli obiettivi.
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    Medvedev a 360°: “Le palle quest’anno sono lente in ogni torneo. Il segreto di Alcaraz? Può farti il punto da ogni posizione”

    Daniil Medvedev

    Daniiel Medvedev è sbarcato a Toronto carico di grandi aspettative. Dopo il suo ottimo Wimbledon (mai era giunto in semifinale nel più storico degli Slam, con modesti risultati su erba), inizia adesso la parte di stagione a lui più congeniale, dove ha spiccato il volo nel 2019 e dove ha alzato il suo unico Slam in carriera, a US Open, interrompendo ad un passo il clamoroso sogno “Grande Slam” di Djokovic nel 2021. Lui è consapevole di dover “monetizzare” le prossime settimane con il suo miglior tennis, e per questo ha scelto come compagno di allenamenti per presentarsi al massimo all’Open del Canada proprio il n.1 Alcaraz. Ne ha parlato nella press conference pre torneo, nella quale ha spaziato anche su altri temi. A suo dire per esempio, quest’anno le palle sono lente in ogni evento, un netto peggioramento della velocità rispetto alla scorsa edizione.
    “Non so se sono solo io a percepirlo, e non credo, ma ho notato dall’inizio dell’anno che le palle sono più lente in tutti i tornei che giochiamo, e qui succede la stessa cosa” commenta il russo. “La palla diventa rapidamente grande e pesante. Non è qualcosa che mi avvantaggia, ma devi adattarti e, fortunatamente, il campo invece è veloce e quello sì penso che si adatti bene al mio stile di gioco”.
    “Sono molto felice che questa fase della stagione sia arrivata. Finalmente posso giocare su quella che è la mia superficie preferita e dove il mio tennis scorre facilmente. Inoltre, mi sento davvero bene fisicamente e su questi campi il mio corpo non soffre quanto sulla terra battuta o sull’erba. Questo non significa che devo vincere ogni partita, tutt’altro. Sono consapevole che sono gara bravi giocatori in grado di battermi, ma certo anche del livello di gioco che posso raggiungere in questo periodo dell’anno. Adoro questo torneo, ma ovviamente sento una certa pressione a sentirmi candidato alla vittoria perché il fatto di aver ottenuto ottimi risultati in questi eventi mi spinge a dover sfruttare quest’opportunità. Non conta quel che ho fatto finora, 1uesto è un nuovo inizio, tutto può cambiare velocemente e devo essere pronto ad affrontare ogni situazione”.
    Ecco il suo pensiero su Alcaraz: “È stato molto interessante potermi allenare con lui, spero che potremo farlo anche più avanti, vorrebbe dire che sono ancora in corsa nel torneo! Cosa mi impressiona del suo gioco? La potenza dei suoi colpi, senza dubbio. Ogni volta che tira una palla, può essere un vincente. Sono abituato a difendere e neutralizzare gli attacchi dei miei avversari, rimettere loro una palla molto incisiva, inchiodarli in un lungo scambio per poi cambiare passo. Ma lui è diverso, può colpire un vincente da qualsiasi posizione e questo è il suo segreto, quel che lo distingue. Sono convinto che se facessimo il test per misurare l’uno il colpo più potente dell’altro, il suo sarebbe di circa 25 km/h più veloce del mio”.
    Carlos e Daniil sono le prime due teste di serie del torneo canadese, quindi un loro scontro potrebbe avvenire solo in finale. Sarebbe una finale da sogno, ma i potenziali avversari sono molti. E agguerriti.
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    Alcaraz “Re Mida” anche sui social: più 700mila follower Instagram il giorno della vittoria a Wimbledon. E i guadagni volano

    Carlos Alcaraz (foto Getty Images)

    “Re Mida” del tennis, tutto quel che tocca diventa oro. Così Lorenzo Musetti aveva definito Carlos Alcaraz nell’intervista che abbiamo riportato ieri. C’è assolutamente del vero in questa simpatica considerazione del nostro azzurro. Gli incredibili successi ottenuti dal più giovane n.1 ATP della storia fruttano enorme popolarità e, di conseguenza, enormi guadagni. Sponsor ovviamente, ma anche attraverso i social network. Ormai i social non sono più solo un mezzo per stare in contatto con i fans, ma anche fondamentale veicolo di promozione della propria immagine e di prodotti, con un valore economico tutt’altro che irrilevante. Basta un semplice dato dei giorni scorsi per fare due conti.
    Alcaraz con il suo trionfo a Wimbledon ha registrato un aumento straordinario dei follower su Instagram: ha guadagnato poco più di 700.000 nuovi follower in un solo giorno, quello della finale, ulteriore soddisfazione dopo aver vinto il primo titolo ai Championships sconfiggendo Djokovic in una finale che resterà agli annali come una delle più interessanti e storicamente significative. Prima della finale, Alcaraz aveva 2,8 milioni di follower sul più popolare dei social network; il giorno successivo, lunedì 17 luglio, è passato a 3,5 milioni di follower. Oggi il conto complessivo dei suoi seguaci è 3,9 milioni.
    Tutto questo ha un potenziale economico non indifferente: secondo le stime di esperti di social media britannici, il valore della sua presenza su Instagram può fruttargli un potenziale di guadagno di 42.600 dollari per post Instagram sponsorizzato, 21.300 $ per ogni storia Instagram e 55.300 $ per ogni “reel” Instagram. In pratica, ogni suo “reel” Instagram vale quanto sbarcare nei quarti di finale dell’ATP 500 di Washington in corso questa settimana (51.055 $, per l’esattezza, l’assegno per arriva tra i migliori otto del torneo). Niente male…
    Dopo la vittoria a Wimbledon, Alcaraz ha accumulato un Prize money complessivo in carriera di 19.644.057 dollari, con 7.814.414 dollari solo in questa prima parte del 2023. Se non è Re Mida lui…
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    Tsitsipas: “Cambierei una vittoria Slam col diventare n.1 in classifica”

    Stefanos Tsitsipas a Los Cabos (foto El Universal)

    Stefanos Tsitsipas è la stella dell’ATP 250 di Los Cabos, torneo vinto in passato dal nostro Fabio Fognini e disputato in una località magica della Baja California. Il greco, attualmente n.5 al mondo, ha debuttato sul sintetico messicano battendo Isner, ed è adesso atteso nei quarti di finale da sfida interessante contro il cileno Jarry, tennista in grande ripresa quest’anno dopo molti problemi avuti in passato. Sarà il match di cartello, in prime time della serata in Messico. A latere del torneo, Stefanos è stato protagonista di varie iniziative promozionali dell’evento, e anche qualche intervista. Al quotidiano El Universal, ha parlato su alcuni temi di attualità, rivelando che la sua priorità, o meglio il suo vero obiettivo, è diventare n.1 al mondo, ancor più del vincere un torneo dello Slam.
    “Il mio obiettivo? Vincere un torneo dello Slam lo è assolutamente”, confessa Stefanos, “ma… alla fine, sai… lo scambierei senza indugio per essere il numero uno. È sicuramente qualcosa di speciale, è il segno che hai raggiunto il massimo nella tua carriera e mi piace quando riesci a massimizzare tutto quel che hai fatto negli anni. Così un giorno potrei dire con orgoglio ai miei nipotini di esser stato il migliore in quel che facevo”.
    Per arrivarci, è indispensabile giocare al meglio. Per questo Tstisipas pensa di voler spingere ancor più sul proprio gioco offensivo: “Mi sono impegnato molto nel mio gioco offensivo, perché il mio stile si basa su questo e sull’essere aggressivo. Inoltre, il mio servizio è una delle mie armi principali e sto lavorando sulla mia flessibilità per arrivare a colpire più risposte possibili in campo e di buona qualità“. In effetti, come abbiamo riportato nell’articolo di ieri, in risposta i numeri del greco non sono assolutamente al livello delle sue altre fasi di gioco, situazione che paga soprattutto contro i migliori.
    Per arrivare in vetta, servono anche i punti degli ATP 250: “Voglio scrivere il mio piccolo pezzo di storia su questo campo. È sicuramente un’ottima location per il tennis, il posto è bellissimo e il torneo funziona. Penso che la scelta di portare un evento in questa stagione dell’anno sia un’ottima idea” conclude Stefanos.
    Finora Tstistipas ha toccato come miglior ranking la terza posizione, il 9 agosto 2021, ma più volte è stato anche in lizza per issarsi in vetta alla classifica se avesse vinto uno Slam e con risultati non eccellenti dei rivali (Djokovic, Alcaraz) nel corso del torneo, situazione che non si è poi verificata.
    Tsitsipas è tornato ad allenarsi con Philippoussis dopo l’improvviso addio appena prima di Roland Garros. Dopo aver parlato apertamente della difficoltà nell’avere due coach (papà e l’australiano) e quindi dover mediare con idee non sempre univoche su come lavorare e comportarsi in campo, adesso Stefanos pare averci ripensato, forse anche dopo la sequela di risultati dell’ultimo periodo assolutamente al di sotto delle sue aspettative e potenziale. Dopo la finale agli Australian Open di gennaio infatti si pensava che “Stef” fosse pronto per vincere molti tornei, incluso i 1000 sul veloce e magari lo Slam che ancora gli manca. Purtroppo per lui la stagione su erba da poco conclusa è stata assai deludente (due sconfitte al primo turno, una al secondo e solo gli ottavi a Wimbledon, conquistati soffrendo terribilmente in ogni match); ma anche sull’amata terra rossa, nonostante risultati complessivamente buoni, non ha vinto tornei e soprattutto in tutto il 2023 non è ancora riuscito a battere un top10 (ha perso 2 volte contro Alcaraz, poi da Medvedev, Fritz e Djokovic a Melbourne). Numeri che evidenziano la necessità di un cambio di passo, di un salto di qualità, visto che i migliori hanno capito come metterlo in crisi, e ci riescono. Serve una contromossa, Stef…
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    Shelton, ostacoli e tensioni

    Ben Shelton (foto Getty Images)

    Chi si aspettava che Bel Shelton, dopo lo splendido Australian Open disputato a gennaio, fosse il vero “crack” pronto ad esplodere e travolgere di fisicità e prepotenza i piani alti del tour non aveva fatto i conti con l’aspetto più duro della crescita tennistica: quello che potremo chiamare “effetto scala”. Eccetto rarissimi casi, e proprio per questo epocali, arrivare tra i grandi della disciplina con un decollo rapidissimo in linea retta, senza cadute o momenti di incertezza, è quasi impossibile. Ancor più nel tennis del 2023, nel quale la componente agonistica e mentale è estremizzata da una competizione mediamente feroce.
    Torniamo ai fatti. Ben Shelton da diversi mesi fa notizia non per quel sorriso travolgente o schemi offensivi a tratti brutali per forza e velocità, ma per le sconfitte. Il 20enne di Atlanta infatti dopo lo straordinario AO23, suo primo torneo disputato al di fuori degli amati States, non ha confermato la stessa qualità e forza in campo, incappando in molte sconfitte e poche vittorie importanti. Da febbraio, non ha più vinto a livello ATP due partite di fila, deludendo soprattutto su erba e sintetico, le superfici dove per caratteristiche tecniche dovrebbe eccellere. Il miglior “scalpo” ottenuto da febbraio è quello di J.J. Wolf al Queen’s, poi diverse sconfitte contro avversari di buon livello, ma che teoricamente sembravano battibili.
    L’aspetto più interessante che accomuna la maggior parte delle sue battute d’arresto – e che spiega a che punto della sua formazione sia – è l’incapacità di gestire la pressione del momento con una trama di gioco solida, non estemporanea o aggrappata a soluzioni a rischio troppo elevato, e quindi percentualmente perdente. L’esempio perfetto viene dalla sconfitta patita ieri al 500 di Washington, per mano del giovane cinese Jungchen Shang. Il giovanissimo asiatico trapiantato in Florida era in un’ottima giornata, sentiva bene la palla, serviva bene ed era piuttosto continuo; Shelton alternava fiammate micidiali e momenti di pausa. Terzo set, regge l’equilibrio, entrambi servono bene. Ben si ritrova a servire sul 4-3 per Shang. 30-15. Forza malamente un diritto, su di una seconda di servizio. 30 pari. Tensione massima. Shelton accelera la operazioni, troppo. Dopo aver tirato lunga di 30 cm buoni la prima di servizio, gioca subito la seconda, un gran kick, ma la palla non è in campo. Un doppio fallo mortale, che consegna al rivale la chance di andare a servire per il match. Ben torna al servizio, da sinistra, il suo angolo. Cerca una botta esterna, ma non entra di nuovo. La seconda stavolta è ben piazzata, può colpire da una posizione di vantaggio ma colpo successivo è largo, e non di poco. Un attacco tatticamente senza senso, che è sembrato più una fuga che un’aggressione a provocare un colpo difficile del rivale. Break, e addio partita. Non è la prima volta che Shelton lotta ma finisce per gestire male fasi del genere. E Sheng l’aveva affrontato la scorsa settimana ad Atlanta, quindi sapeva più o meno cosa aspettarsi.
    È questo un aspetto su cui il nuovo coach, papà Brian, dovrà lavorare tanto e bene. Soprattutto perché nel formidabile Australian Open giocato da Ben, primo Slam in carriera, e anche durante l’estate-autunno dell’anno scorso nei Challenger in America, Ben brillava proprio per la freddezza e sfrontatezza con la quale affrontava i momenti delicati. Proprio lì l’osservatore attento pensava “occhio, questo ragazzo ha qualcosa…”, perché giocarsi di petto, di forza, di cattiveria agonistica e aggressività ogni fase delicata è propria del campione, di quello che nella difficoltà moltiplica la forza fisica e mentale. Questo sembrava il vero “winner” di Shelton, non il servizio o altro. Da qualche tempo invece questa qualità straordinaria di affrontare i momenti clou sembra un po’ offuscata.
    Che succede quindi? Semplicemente Shelton sta affrontando e vivendo situazioni per lui nuove. Aspettative, degli altri e da se stesso. La necessità di vincere per salire ancora. Il dover affrontare avversari che ora ti conoscono e voglio battere uno dei possibile campioni del futuro. Una tensione diversa da quando giocava solo col sorriso e quella spacconeria giocosa che aveva fatto innamorare molti del suo gioco fisico, offensivo, a tratti spettacolare.
    Niente è perduto, anzi. È un passaggio obbligato. Solo pochi predestinati sono riusciti a saltare a piè pari queste situazioni, arrivando in un amen al banchetto dei migliori. Per gli altri giovani forti ma non così baciati dagli Dei, beh, sudore e lacrime dopo sconfitte che si potevano evitare.
    Nel frattempo, Shelton può apprendere dai suoi errori. Può accumulare dentro di sé momenti e situazioni che mille e più volte si ritroverà a gestire. Rivedere le partite, rivivere questi sentimenti, paure e tensioni, per incanalare nuove risorse in un gioco sì offensivo ma un filo meno spericolato. Meglio se abbinando varie migliorie tecniche, come il controllo col diritto in accelerazione, la risposta bloccata, uno slice di rovescio decisivo a portarlo verso rete. La crescita nel tennis è un processo a scale, e non tutti i gradini hanno la stessa altezza. Anche Ben avrà il suo bel da fare… ma la sensazione è che, mangiando polvere e riflettendo in modo positivo su correttivi e migliorie, arriverà.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO