Ci racconta come è avvenuta la chiamata da parte della Ferrari?
«Le voci che circolano in Formula 1 le colgo anche io, avevo sentito che il mio nome circolava, ma non sapevo nulla. Però un po’ mi ero abituato all’idea… Poi, mentre ero a casa e stavo bevendo un caffè, è squillato il cellulare. Ma voglio chiarire che per me l’obiettivo non è lavorare alla Ferrari, ma vincere con la Ferrari. Siamo solo all’inizio».
Cosa hanno detto i suoi figli (Vasseur ne ha quattro, ndr)?
«Il più piccolo mi ha chiesto di trovare una scuola vicino a casa. Il più grande vive già da solo. Ora sono in hotel, sceglierò la casa insieme con mia moglie nelle prossime settimane».
Sono figli ferraristi?
«In genere, quando hai dodici o tredici anni guardi più ai piloti che alle squadre. Piace Hamilton« e piace Leclerc».
Quali sono le sue prime impressioni in Ferrari?
«Sono qui da due settimane, ho parlato direttamente solo con una cinquantina di persone, mentre in Ferrari siamo oltre 1200… Per ora ho raccolto impressioni positive, c’è una grande atmosfera. Vedo che tutti vogliono vincere, sento l’entusiasmo, ho constatato che tutti cominciano a lavorare presto e finiscono tardi, altro che “italian way of life”. Colgo che tutti hanno lo stesso obiettivo».
Com’è stato il passaggio di consegne con Mattia Binotto?
«Ottimo, il suo congedo è stato un buon congedo».
L’anno scorso la Ferrari ha avuto alti e bassi, momenti esaltanti e altri meno. Ha capito che cosa non ha funzionato?
«Cercare di capire che cosa non abbia funzionato l’anno scorso è il mio primo compito e anche il più difficile, almeno adesso. Passo dopo passo posso farcela. La Ferrari è andata molto bene nella prima parte della stagione, meno nella seconda».
Allora parliamo del 2023. Cosa si aspetta, Vasseur?
«Per adesso vedo che tutti lavorano nella stessa direzione. Ho sempre sentito dire che “alla Ferrari nulla è impossibile”, anche da chi ci aveva lavorato e magari si era trasferito in una squadra diretta da me. Credo che qui si sappiano spostare le montagne. Sono rimasto molto impressionato dal vedere strumenti, sistemi e attrezzature».
Qual è stata la sua prima decisione da Team Principal della Ferrrari?
«In squadra si parla inglese, ma io vivrò in Italia, con la mia famiglia (Vasseur ha quattro figli). La mia prima decisione è stata imparare l’italiano, prendo lezioni ogni mattina alle 7. Se ce l’ho fatta con il tedesco che si parla a Zurigo, posso farcela anche con l’italiano. In fondo francese e italiano hanno molto analogie».
Oltre a questo, ha una lista di cosa da fare?
«Certo, ma non la condivido».
Come intende interpretare il suo ruolo?
«Il mio compito è mettere tutti nelle condizioni di lavorare al meglio. L’ho fatto tante volte in anni di esperienza “al muretto”. Ho imparato e spesso ho avuto successo».
Lei “riporta” a John Elkann o a Benedetto Vigna, il ceo?
«Su questo, la situazione è molto chiara. Io sono qui per aiutare tutti a dare il massimo e puntare a vincere il Mondiale. Il resto crea inutile confusione. Detto questo, la parte sportiva della Ferrari non è un’azienda autonoma, dunque io riporto completamente al ceo Vigna. Però mi fa piacere che il presidente Elkann sia molto vicino alla squadra. Perché sono stato scelto? Beh, questo non chiedetelo a me…».
Parliamo dei piloti? Armonizzare le ambizioni di Leclerc e Sainz non sarà facile…
«Anche su questo deve esserci chiarezza. La Ferrari ha i mezzi per sostenere i due piloti alla pari, chiederò a entrambi di spingere al massimo. Altri discorsi si potranno fare più avanti nella stagione. Prima guida? Noi siamo la Ferrari e la Ferrari è la vera “punta”. Vale per tutti. Ma ho potuto verificare che i rapporti tra loro due sono ottimi, migliori di quanto tutti non credano all’esterno».
Lei conosce Leclerc da tanti anni…
«Certo, me lo ricordo a dodici anni, scoprii il suo talento vedendolo correre sui kart. Dite che sarà un vantaggio? Non lo so. Dite che lui abbia sostenuto la mia candidatura? Non so nemmeno questo. Conosco anche Sainz, l’avrei voluto in Renault e anche in Sauber. Ho avuto una cena prima con uno, poi con l’altro, poi con tutti e due. Infine una lunga chiacchierata con i rispettivi manager. Tutto è chiaro. Qui conta il gruppo».
Dicono che lei gestisca la collezione di auto sportive di Carlos Tavares, il ceo Stellantis. È vero?
«Conosco Tavares dagli Anni ‘90, collaboravamo insieme nelle corse Renault. Da allora siamo sempre rimasti in contatto, uniti dalla passione per le corse. E, no, non ho niente a che fare con le sue auto da corsa».
Le rimproverano di essere troppo amico di Toto Wolff.
«Lo sono, ma lui è una persona troppo intelligente per non sapere che saremo strenui avversari».
Toto dice spesso che un pilota come Leclerc lo vorrebbe in Mercedes?
«Beh, provi a prendercelo allora».
Cosa si aspetta dalla nuova auto? Può anticipare qualcosa?
«Per adesso ho visto i dati e ho sentito le relazioni degli ingegneri. Se dicessi qualcosa, sarebbero solo pettegolezzi. Più veloce dell’anno scorso? Le prestazioni sono sempre un dato relativo. Comunque sembra essere tutto a posto, ma conosco abbastanza le corse per sapere che un conto è quel che dice il simulatore, un conto quel che dice la pista. Per fortuna si comincia presto, in Bahrain. Allora avremo un’idea chiara. Vale per noi e per i nostri avversari. Siamo qui per vincere, non ci sono alternative».
La Ferrari non ha un direttore tecnico, che le altre squadre hanno. Ne prenderete uno?
«Ho parlato con tanti ingegneri, vedo che tutti vogliamo la stessa cosa, l’organizzazione è buona, ci sono competenze trasversali. Enrico Cardile sta svolgendo un buon lavoro in questo senso, si prosegue così».
Tra i punti deboli dell’anno scorso possiamo elencare affidabilità e strategie.
«L’affidabilità è un problema che sembra risolto, ho studiato i dati. Non è un tema che riguarda solo le rotture in gara, ma anche le “rotazioni” dei motori, e al banco prova ci sono state le risposte giuste. Per quanto riguarda le strategie, voglio capire bene come si lavora, non è solo una questione di persone. Ma c’è ancora un po’ di tempo prima di dover prendere delle decisioni».
Ultimamente la Ferrari sembra avere avuto qualche incomprensione con le altre squadre e la Fia.
«Una larga parte del mio lavoro è garantire che ci siano buoni rapporti con tutti gli altri team, con la Fia, con gli organizzatori. So che dovrò dedicare molto tempo a questo. Dobbiamo avere relazioni positive con tutti e io lavorerò anche per quello».
Incombono già le scelte per il 2026.
«Da un lato dobbiamo pensare a quello, dall’altro a vincere nel 2023, 2024 e 2025. Lavorerò su due fronti. La pressione psicologica? Se non la si sa gestire, meglio cercarsi un altro lavoro. Non è che valga solo per me, vale per tutti in Formula 1 e in Ferrari».
I contratti dei piloti, di Leclerc in particolare, sono una priorità?
«No, non adesso. Bisogna concentrarsi su un buon inizio di Mondiale. Di contratti si parlerà a tempo debito».
Lei è il francese, prima di lei come Team Principal solo Jean Todt. Avverte una pressione extra? Vi siete sentiti?
«La Formula 1 è cambiata troppo, non vi farò vedere il mio whatsapp per dirvi chi mi ha fatto per primo le congratulazioni. Comunque gli ho parlato, ma sono troppo concentrato sul presente per andare a rivedere cosa è successo negli Anni ‘90. Né lui ha potuto darmi dei consigli, anche se mi ha confermato quanto siano importanti l’entusiasmo e la passione».
Un’ultima domanda: dorme bene la notte?
«Abbastanza bene, grazie. Ma le mie notti sono corte… Del resto, se giochi a tennis vuoi essere a Wimbledon. Se ti occupi di corse, vuoi essere in Ferrari. Funziona così, no?». LEGGI TUTTO