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    Hewitt critica il formato della Davis: “È stupido, ringrazio i miei ragazzi per l’impegno”

    Lleyton Hewitt, capitano del team australiano

    Lleyton Hewitt continua la sua “crociata” contro l’attuale status quo della Davis Cup, che a suo dire ha un formato “stupito” e non favorisce l’impegno e presenza dei giocatori. Già in passato, dalla rivoluzione targata Haggerty-Pique, l’ex campione australiano non ha lesinato critiche al nuovo formato della Davis; dopo il passaggio del turno del suo team che sarà di nuovo in gara a Malaga a novembre per la final 8, ecco che Hewitt ha ringraziato i suoi atleti per l’impegno, ma anche sottolineato storture e difficoltà dell’evento.
    “Abbiamo avuto questa settimana alcuni ragazzi piuttosto malconci”, afferma Hewitt. “Sarebbe stato molto facile per alcuni di loro non presentarsi affatto, ma sono venuti e hanno indossato il ‘Green and Gold’ (i colori australiani, ndr), e hanno fatto assolutamente tutto ciò che ho chiesto loro. Sono super orgoglioso di loro”.
    Hewitt sottolinea come i migliori atleti del mondo sono costretti a scegliere tra rappresentare il loro paese in Davis, in un momento della stagione molto critico subito dopo US Open, o prendersi il tempo necessario per il riposo dopo aver giocato per un titolo importante.
    “Cercare di chiedere ai giocatori di giocare il secondo giorno dopo la fine di uno Slam non è facile”, continua Hewitt. “Questa è la parte stupida di questo formato, non credete? Potrei continuare a dirlo all’infinito. Nel vecchio formato (solo weekend), almeno avevi tempo fino a venerdì prima di dover giocare. Ora giocare martedì è ridicolo. È sbagliato. Ma il formato è quello che è”.
    Mario Cecchi LEGGI TUTTO

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    Hewitt: “Il tennis maschile australiano è in crescita, e abbiamo ancora margine per migliorare”

    Lleyton Hewitt

    10 australiani nella top100 ATP, non accadeva dal 1982. Ha di che essere soddisfatto il capitano di Davis dei “canguri”, Lleyton Hewitt, analizzando il buon momento complessivo del tennis nazionale. Oltre a Alex De Minuar, n.10 al mondo questa settimana e protagonista del miglior momento in carriera, il tennis down under può contare anche sul nuovo campione Masters 1000 Popyrin, finalmente esploso per il potenziale al quale era atteso in patria da tempo, ma anche la solidità di Jordan Thompson, e altri 7 tennisti piazzati dal n.65 al mondo di Hijikata al n.96 di Adam Walton. La qualità media degli australiani è confermata anche dal tabellone di US Open, dove sono ben 12 nel main draw, con il derby tra Purcell e Vekic. De Minaur purtroppo non arriva a Flushing Meadows nella miglior forma, ma “Demon” ha cuore e gambe per sorprendere sempre.
    “So che De Minuar sta lavorando molto bene per esser pronto per US Open, non sarà al 100% ma credo che possa essere competitivo” dichiara Hewitt da New York al media australiano 9 sport. “Ha disperatamente rincorso le Olimpiadi in singolare, ma non ce l’ha fatta. C’è stata sicuramente frustrazione nelle ultime quattro o cinque settimane. È un ragazzo che ha fretta, ha un’urgenza di fare bene visto il suo buonissimo anno, vuole che tutto accada ora. Penso che il suo stile di gioco si adatti davvero agli US Open. Incrociamo le dita affinché arrivi in buona forma. Se riuscirà a superare i suoi primi due turni sarà sicuramente pericoloso.”
    La novità dell’estate è certamente Popyrin, autore di una splendida corsa vincente a Montreal (dove ha sconfitto tre top10). Così Hewitt: “Era un po’ a corto di fiducia prima delle Olimpiadi. Abbiamo modificato un paio di cose nel suo gioco… e ha funzionato. Abbiamo visto davvero il suo miglior tennis da molto tempo a questa parte. Penso che la convinzione di poter competere testa a testa con alcuni dei migliori giocatori al Roland Garros per le Olimpiadi, giocando per il suo paese, gli abbia dato quella convinzione interiore che forse gli era sempre mancata”.
    “Il tennis maschile australiano è salute. Negli ultimi tre o quattro anni, abbiamo cercato di mettere in campo i ragazzi giusti nelle squadre di Coppa Davis che sono scese in campo e hanno dato il buon esempio, e questa è stata una delle ragioni principali della buona situazione attuale”, continua Hewitt. “Noi australiani siamo abituati a viaggiare molti mesi lontani da casa, ed è normale che quando siamo in trasferta facciamo gruppo tra di noi. Questo funziona, si sono tutti spinti a vicenda sul tour e molti stanno ottenendo i migliori piazzamenti in carriera, il che è fantastico, dato che ora abbiamo un top10 come Alex de Minaur. Abbiamo dei ragazzi da ammirare, hanno totale disciplina in allenamento, e vedendo i risultati di uno, gli altri traggono forza. Se lo stanno facendo loro, perché non posso andare là fuori e ottenere anche io questi risultati? Questo da grande spinta, e i risultati si vedono”.
    “Il tennis è uno sport individuale, ma in Australia abbiamo una cultura profonda nel gioco, e lo si vede in Coppa Davis, per noi è molto importante. C’è squadra, c’è amicizia, ci si allena insieme e ci si sostiene. Sono sicuro che molti di loro abbiano ancora tanto spazio per migliorare, il treno è appena partito, sono molto fiducioso” conclude Hewitt.
    Effettivamente era tempo che gli australiani non avevano un gruppo così numeroso e di buona qualità, ricordando sempre pure l’assenza di Kyrgios, il tennista oggettivamente più talentoso come tennis puro dell’ultima generazione, bloccato dagli infortuni dopo l’estate 2022, la miglior in carriera con la finale di Wimbledon e altri ottimi risultati. Non sappiamo se Nick ritornerà sul tour con continuità e ritroverà risultati, ma certamente a livello medio l’Australia ha ritrovato un team di alto livello.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Il record di Darren Cahill: ha portato al n.1 quattro diversi giocatori

    Darren Cahill, allenatore di Jannik Sinner

    Quando nel febbraio del 2022 Jannik Sinner decise clamorosamente di interrompere il suo rapporto con Riccardo Piatti fu subissato da enormi critiche. In pochi giorni il ruolo di allenatore è stato coperto da Simone Vagnozzi, quindi in giugno, per la campagna su erba, ecco il “super coach”: Darren Cahill. Ex pro di buona qualità, l’australiano è considerato unanimemente uno dei migliori allenatori al mondo. Parole pacate, grandissima visione del gioco e della professione, è soprattutto un ottimizzatore e motivatore, uno che conosce il mondo del tennis e le sue dinamiche, attento ad ogni aspetto che può fare la differenza. Il nuovo team di Jannik, per così dire “Taylor made” ha fatto decollare la sua carriera. Lunedì prossimo Sinner si siederà per la prima volta sul trono del tennis mondiale, un n.1 meritatissimo dopo mesi e mesi di grandissimo tennis e costanza di risultati. Per Cahill, Sinner sarà il quarto giocatore portato in cima alla classifica: prima del pusterese Lleyton Hewitt, Andre Agassi, Simona Halep. Quattro tennisti completamente diversi per età, paese, stile di gioco, attitudine e carattere, fatto questo che conferma quanto sia bravo Darren nel capire le problematiche dei suoi assistiti e far decollare il loro tennis sino al vertice.
    Ripercorriamo brevemente i percorsi degli altri n.1 seguiti da Cahill, tre leggende del tennis mondiale.
    Lleyton Hewitt – Cahill si è affermato come coach proprio con la partnership triennale con il suo giovanissimo connazionale, iniziata nel 1998, quando “rusty” aveva solo 17 anni. Due gambe potentissime, un rovescio fantastico e tonnellate di carattere, per un talento assai precoce già vincente sul tour maggiore da teenager. Con Cahill nel suo box, Hewitt ha alzato progressivamente il suo livello di gioco e migliorato i suoi colpi, conquistando il suo primo titolo del Grande Slam a US Open nel 2001, dove ha dominato in finale Pete Sampras (7-6(4), 6-1, 6-1 il punteggio). Nel novembre 2001, due mesi dopo il trionfo a Flushing Meadows, Hewitt è diventato il giocatore più giovane a raggiungere il numero 1 del ranking mondiale ATP all’età di 20 anni e otto mesi. Questo record è stato poi battuto da Carlos Alcaraz nel settembre del 2022. Hewitt vinse il suo decimo e ultimo titolo sotto la guida di Cahill alle ATP Finals del 2001 a Sydney, poco prima che la coppia si separasse nel dicembre 2001, al termine di una stagione in cui l’australiano finì come numero 1 del mondo.
    Andre Agassi – All’inizio del 2002, Cahill divenne l’allenatore del leggendario tennista statunitense, rimpiazzando il ruolo che fu di Brad Gilbert. Agassi era già nella fase terminale della sua carriera, ma proprio da “vecchio” era paradossalmente più preparato fisicamente, lucido dal punto di vista tattico e sempre pronto a sgambettare i più giovani rivali a furia di un pressing sempre più calcolato e razionale. Cahill fu grande motivatore per Andre, gli conferì nuovi stimoli e lo migliorò ancora dal punto di vista tattico, ottimizzando le energie e ottenendo insieme altri grandi successi. Nel 2003 Darren guidò Agassi nella vittoria del suo ottavo e ultimo titolo Major agli Australian Open, dove perse solo un set durante tutto il torneo. Il kid di Las Vegas si prese anche l’enorme soddisfazione di tornare al numero 1 del mondo nell’aprile 2003, rendendolo il giocatore più anziano in cima alla classifica ATP dell’epoca con 33 anni e 131 giorni. Il record fu poi superato da Roger Federer e quindi Novak Djokovic. Agassi è stato allenato da Cahill fino al suo ritiro nel 2006 e ha vinto nel corso della loro collaborazione ben 11 titoli. Davvero un gran finale.
    Simona Halep –  Cahill dopo l’esperienza con Agassi è passato al team Adidas, un progetto generale di supporto ai molti giovani talenti sponsorizzati dal noto brand tedesco. Dopo aver allenato giocatori come Andy Murray, Ana Ivanovic, Fernando Verdasco e Daniela Hantuchova, Cahill si è dedicato esclusivamente ad un’altra fruttuosa collaborazione con Halep, iniziata nel 2015. Con l’australiano a suo fianco, la rumena ha raggiunto una dimensione nettamente superiore: ha rafforzato in modo clamoroso i colpi d’inizio gioco e portato nel suo tennis un’attitudine assai più offensiva che l’ha issata sino alla vetta della classifica WTA nell’ottobre 2017, chiudendo l’annata e anche quella successiva da n.1. Halep ha raggiunto tre finali Major con Cahill e ha vinto il suo primo titolo del Grande Slam Roland Garros nel 2018 e quindi Wimbledon nel 2019. La partnership si è conclusa dopo sei anni alla fine del 2021.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Hewitt tuona contro i vertici dell’ITF in difesa della Davis: “Dobbiamo sbarazzarci di chi comanda”

    Lleyton Hewitt in Davis a Manchester

    “Ho detto da sempre che le due cose più belle della Coppa Davis erano i set al meglio dei cinque e il formato casa e trasferta, perché era l’apice del nostro sport. Tutto questo non c’è più, è ridicolo. Dobbiamo sbarazzarci di chi comanda”. Così ha tuonato alla stampa a Manchester Lleyton Hewitt, capitano del team australiano di Davis ed ex n.1 del mondo, da sempre paladino – fin da quando era giocatore – della più antica competizione nazionale sportiva a squadre, nata nel 1900.
    Fin dall’approvazione della tanto contestata riforma della Davis targata Kosmos-ITF, Hewitt è diventato uno dei più duri oppositori della nuova formula, tanto che subito dopo aver passato la fase a gironi in Inghilterra lo scorso weekend Lleyton è tornato con veemenza a sostenere la necessità di cancellare prima possibile lo status quo, che ritene “ridicolo”, per riavere i pilastri di un torneo a suo dire unico e amatissimo dal pubblico.
    “Giocare davanti a 500 o 1000 persone è inaccettabile, non è la stessa cosa del passato. Ma come ho sempre detto alla mia squadra, l’orgoglio che viene nel vestire la maglia “green and gold” resta immutato, quindi per noi, qualunque sia il formato, resta immutato l’impegno di andare comunque là fuori e lasciare in campo tutto quello che abbiamo per il nostro paese” continua Hewitt. “Ma sono d’accordo che questo formato sia buono? No, neanche per un minuto. Dobbiamo sbarazzarci delle persone che oggi sono al vertice… abbiamo visto cosa è successo. Questo disastro doveva durare 25 anni e si è trasformato in un disastro di quattro anni. Sono già troppi. È inaccettabile. Finché non verranno apportate modifiche, affronteremo esattamente le stesse cose ogni anno, ma non resteremo certo qua fermi ad aspettare”.
    Hewitt dichiara battaglia, ma molto dipenderà dalle elezioni del nuovo Presidente dell’ITF che si svolgeranno il prossimo 24 settembre a Cancun (Messico). Oltre all’attuale presidente Haggerty, che ha deciso di ricandidarsi, il suo principale rivale sarà Dietloff Von Armin, della federazione tedesca. Proprio il nodo-Davis potrebbe essere decisivo: l’attuale presidente ha scommesso sulla riforma della Davis come principale obiettivo del suo mandato, e tutti abbiamo visto com’è andata a finire; il tedesco al contrario si è sempre detto assai perplesso su questo tipo di rinnovamento.
    Haggerty nei giorni scorsi ha confermato che a suo dire il cambiamento è stato positivo da molti punti di vista e quindi la sua idea è di proseguire su questa strada. Pure l’attuale direttore dell’evento, Feliciano Lopez, he confermato che una novità così grossa necessita di anni per esser digerita ed assorbita da giocatori e pubblico. In realtà, proprio la scarsissima affluenza del pubblico negli incontri della fase a gironi nei quali non è presente la nazione ospitante è uno dei più visibili problemi di questa formula. Ma non è l’unico. Uno dei capisaldi della riforma doveva essere la maggior presenza dei big, attirati da match meno duri (due su tre). Lo scorso weekend nella fase a gironi l’unico top10 a giocare è stato Djokovic, una toccata e fuga di una sola partita.
    Dall’altro lato Von Armin ha criticato la situazione attuale della Davis e promesso cambiamenti, ma non ha pubblicamente proposto niente in particolare. Ci saranno sicuramente altri aspetti che peseranno tanto a livello elettorale – ITF gestisce tutto il tennis di base, giovanile, i Future e tanto altro ancora – e sicure “convenienze politiche” che potrebbero spostare voti decisivi da una delle due parti, ma è certo che la questione Davis è sul tavolo e avrà un peso non indifferente. Vedremo anche quanto peseranno le parole di Hewitt e altri duri oppositori della “nuova” Davis.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Cruz Hewitt, figlio di Lleyton, ha debuttato a 14 anni nel ITF M25 Darwin

    Cruz Hewitt (foto Jayden Sayfarth-mediamode)

    Il team australiano di Coppa Davis ha esordito ieri con una sconfitta nel duro girone di Manchester, battuto per 2-1 dai padroni di casa, ma per il capitano Lleyton Hewitt un bel sorriso è arrivato da Darwin. Nel torneo ITF Futures categoria M25 ospitato nella cittadina australiana suo figlio Cruz (14 anni) ha debuttato nel tennis Pro nel tabellone di qualificazione, riportando due vittorie. Singolare che il debutto in un evento professionistico di Cruz sia avvenuto proprio mentre papà è impegnato in Europa sulla panchina della squadra nazionale, visto che l’ex due volte campione Slam sta seguendo passo dopo passo la crescita di figlio nello sport.
    Cruz ha ottenuto la sua prima vittoria da professionista nel primo turno di qualificazioni al Darwin Tennis International, vincendo 3-6 6-4 10-5 sul 25enne Brian Tran. Subito dopo un’altra vittoria (6-3 6(4)-7 10-3) sul 21enne Jerome Iaconi al secondo turno. Due grandi battaglie, che fanno subito venire in mente lo spirito indomito e combattivo di papà, uno dei più acerrimi lottatori della sua epoca. La corsa di Cruz si è interrotta bruscamente al terzo match di “quali”, disputato oggi, battuto per 6-3 6-1 sotto i colpi potenti del 24enne Jesse Delaney.
    “Sono davvero entusiasta di aver ottenuto la mia prima vittoria, ho fatto una bella rimonta nel primo match” ha dichiarato Cruz. “È bello andare in posti diversi ed è molto divertente esser qua, sono venuto qui per mettermi alla prova a questo livello contro alcuni giocatori più esperti e vedere come vado. Oggi perderò anche la scuola, quindi è ancora meglio… Papà è lontano in Coppa Davis in questo momento, quindi non è potuto venire ma gli ho parlato al telefono ed era felice ed entusiasta per la mia vittoria” conclude il giovane Hewitt.
    Sembra che Cruz voglia provarci seriamente con la carriera tennista. Suo padre ha sempre affermato che avrebbe lasciato ampia scelta ai figli sull’eventualità di una carriera sportiva, ma nel caso li avrebbe accompagnati volentieri nel loro percorso. La stampa di Melbourne ha riportato negli scorsi mesi che la famiglia Hewitt ha scelto di spostarsi da Melbourne investendo 4 milioni di dollari per una villa a Burleigh Heads sulla Gold Coast, a due passi da uno dei migliori centri tennistici del paese, il KDV (noto in Australia come la “fabbrica dei campioni”), il tutto motivato dal voler assecondare la crescita di Cruz nel tennis.
    A detta dei coach di questa struttura e altri tecnici nazionali, Cruz è un ragazzo dall’ottimo potenziale, ‘bravo se non migliore’ del famoso papà alla stessa età. Non è la prima volta che qualcuno se ne esce con dichiarazioni del genere, ma come si dice in questi casi, se son rose…
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    I 10 vincitori più giovani agli US Open

    Pete Sampras a US Open 1990

    Con le qualificazioni già in corso, il count down per gli US Open, quarto Slam stagionale, è già scattato. Cresce l’attesa per l’edizione di quest’anno, sia per i tennisti azzurri che per i grandi del panorama internazionale. Jannik Sinner nel 2022 si è fermato nei quarti di finale, al termine di una partita clamorosa (la più bella della stagione) nella quale non è riuscito a trasformare un match point contro il futuro campione Carlos Alcaraz. Se avesse trovato un vincente in quel momento, chissà… Oltre alla curiosità di ritrovare Matteo Berrettini nel torneo dove segnò il suo primo exploit Slam, e osservare le prestazioni degli altri italiani, c’è grandissima attesa per i due tennisti più caldi dell’anno, recenti finalisti a Cincinnati: Novak Djokovic e Carlos Alcaraz. Dopo quella bellissima di Wimbledon, molti si aspettano (o sperano) di poter assistere ad un nuovo capitolo di questa rivalità. Alcaraz sarà chiamato a difendere il titolo conquistato a Flushing Meadows lo scorso anno, suo primo Major in carriera, grazie al quale ha stabilito anche il record assoluto di n.1 ATP più giovane. Tuttavia per pochi giorni non è stato il campione di US Open più precoce. Approfittiamo dell’avvicinamento al torneo della “Grande Mela” per andare a scoprire i 10 vincitori più giovani a New York.

    1. Pete Sampras – 1990 – 19 anni e 15 giorni
    Pete Sampras vinse a New York il primo dei suoi 14 Slam, appena dopo aver compiuto 19 anni, sconfiggendo in finale Andre Agassi (6-4 6-3 6-2). Il successo del campione californiano arrivò a sorpresa, perché nella super covata di talenti a stelle e strisce di quell’epoca era più atteso un successo di Agassi, che invece arriverà solo a Wimbledon 1992, e anche dopo il primo Slam di Jim Courier. Sampras ha tenuto il record di più Slam vinti nell’era Open fino al 2009, quando Roger Federer toccò quota 15 a Wimbledon. Fu una cavalcata impressionante quella di Sampras a US Open 1990: della dodicesima testa di serie, Pete sconfisse Ivan Lendl nei quarti di finale, John McEnroe in semifinale e Agassi in finale, con un servizio mai così efficacia. Il marchio di fabbrica di una carriera straordinaria.

    2. Carlos Alcaraz – 2022 – 19 anni, tre mesi e 24 giorni
    Che Alcaraz fosse un predestinato era chiaro già da tempo, ma in pochi pensavano che il suo primo Slam sarebbe arrivato sul cemento. Sensazione questa fin troppo figlia di quella assonanza con Nadal che, in realtà, non ci azzecca più di tanto. Proprio a New York “Carlito” si rivelò al mondo con una bella cavalcata nell’edizione precedente (2021). Il fantastico 2022 di Alcaraz è culminato con il suo primo Slam a US Open, grazie alla soffertissima vittoria su Sinner nei quarti e quindi con la finale vinta su Casper Ruud (6-4 2-6 7-6(1) 6-3 lo score). Un titolo che gli regalò anche la prima posizione del ranking mondiale e il record di tennista più giovane a sedersi sul trono del tennis maschile. Netta la sensazione che quello 2022 sia solo il suo primo titolo a New York.

    3. Lleyton Hewitt – 2001 – 20 anni, sei mesi e tre giorni
    Questi “maledetti giovani…” Forse questo avrà pensato Pete Sampras dopo esser stato di nuovo nettamente sconfitto nella finale di US Open, dopo la batosta rimediata nel 2000 dall’altrettanto giovane Marat Safin. Lleyton Hewitt nel 2001 rimandò il quinto titolo nel torneo di casa per Pete Sampras, successo che arrivò nell’anno successivo. Hewitt sconfisse Sampras per 7-6(4) 6-1 6-1 in quello che fu il suo primo titolo Slam. “Rusty” è l’ultimo australiano ad aver vinto uno Slam (Wimbledon 2002).

    4. John McEnroe – 1979 – 20 anni, sei mesi e 12 giorni
    Un giovane e riccioluto John McEnroe alzò nella sua amatissima città il primo Slam in carriera, lanciandosi nell’Olimpo della disciplina. Con questo successo sorpassò il connazionale (e mai amico) Jimmy Connors in cima alla lista come il più giovane vincitore agli US Open, battendo in finale Vitas Gerulaitis (7-5 6-3 6-3 lo score). L’americano duellerà contro Borg in iconiche partite e vincerà altri sei tornei del Grande Slam in carriera, dominando la stagione 1984. Poi, la luce si spense.

    5. Marat Safin – 2000 – 20 anni, sette mesi e un giorno
    Nuovo secolo, nuovi campioni. Marat Safin impressionò il mondo della racchetta disputando un grande torneo e soprattutto brutalizzando in finale il super campione a stelle strisce Pete Sampras, battuto per 6-4 6-3 6-3. Il punteggio non rende l’idea di quanto il servizio di Sampras – forse il singolo colpo più forte della storia del gioco – sia stato disinnescato dalla risposta del russo. Marat alzò il suo primo Slam in carriera, diventato il secondo russo a vincere un Major dopo Yevgeny Kafelnikov. Peccato che il moscovita non riuscì esattamente a sfruttare a pieno il suo grande talento negli anni seguenti.

    6. Juan Martin Del Potro – 2009 – 20 anni, 11 mesi e otto giorni
    Quella 2009 fu un’edizione passata davvero alla storia, per molti motivi. Roger Federer puntava al record del sesto titolo consecutivo agli US Open, ma in finale si è imbattuto nell’argentino Juan Martin del Potro, che aveva estromesso Nadal in semifinale. Federer scese in campo mostrando la sua enorme classe, stava letteralmente volando, annichilendo un giovane argentino alla sua prima finale Slam. Avanti di un set e di un break, forse Roger per la prima volta in carriera peccò di superbia, o almeno, cercò una serie di colpi fin troppo spettacolari e difficili, provocando una reazione mentale di DelPo. L’argentino si scrollò di dosso ogni pressione, forse perché pensava di non poter rimontare, e iniziò a colpire diritti di una violenza inaudita. Le sue palle non uscivano più, rimontò Roger e vinse una finale ancora ben impressa nella memoria degli appassionati. JMDP trionfò per 3-6 7-6 (5) 4-6 7-6 (4) 6-2, in quello che purtroppo resterà il suo unico Major in carriera. Infortuni e peripezie continue l’hanno bloccato all’infinito. È stato l’unico Grande Slam che i Big Four (Federer, Nadal, Djokovic e Murray) non sono riusciti a vincere tra gli Australian Open del 2005 e gli Australian Open del 2014. Quando si dice “compiere un’impresa”….

    7. Andy Roddick – 2003 – 20 anni, 11 mesi e 26 giorni
    Quell’anno il tennis stava svoltando, Andy Roddick fu scaltro e rapido a vincere il suo primo e unico titolo del Grande Slam, battendo Juan Carlos Ferrero 6-3 7-6 (2) 6-3, appena prima della definitiva esplosione di Roger Federer, che da gennaio 2004 dominò il tennis per alcune stagioni. Andy rimane l’ultimo americano ad aver alzato la coppa di uno Slam. Se nessun connazionale farà il miracolo al prossimo US Open, saranno passati 20 anni senza vincitori Slam a stelle e strisce. Impossibile a quell’epoca immaginare una situazione del genere.

    8. Boris Becker – 1989 – 21 anni, nove mesi e 6 giorni
    Il nome di Boris Becker resterà per sempre legato a Wimbledon, dove nel 1985 il tedesco alzò il suo primo Slam a soli 17 anni, sette mesi e due giorni, restando tutt’ora il più giovane campione major di sempre. Tuttavia il tedesco è stato anche un giovane vincitore a New York nell”89, quando sconfisse in finale Ivan Lendl per  7-6(2) 1-6 6-3 7-6 (4). Becker resta l’ultimo tedesco ad aver vinto il titolo degli US Open (Stich si arrese ad Agassi in finale nel ’94, Zverev a Thiem nel 2020).

    9. Jimmy Connors – 1974 – 21 anni, 11 mesi e 26 giorni
    Quando quasi 50 anni fa Jimmy Connors sconfisse l’australiano Ken Rosewall nella finale degli US Open del 1974, divenne il giocatore più giovane a vincere il titolo a New York. Connors impiegò poco più di un’ora per battere l’ormai anziano Rosewall con il punteggio più severo mai visto nella finale del torneo: 6-1 6-0 6-1. Fu un’annata straordinaria per “Jimbo”, con i successi anche a Wimbledon e Australian Open.

    10. Roger Federer – 2004 – 23 anni e 22 giorni
    Grandissimo campione, ma non così precoce rispetto a diversi suoi colleghi. Nel 2004 Roger Federer due mesi dopo aver vinto il secondo titolo a Wimbledon, alzò il suo primo trofeo agli US Open, dominando Lleyton Hewitt in finale (6-0 7-6(3) 6-0 il netto score). È stato il primo di cinque titoli consecutivi per Federer a New York, imbattuto nel quarto Major stagionale fino al 14 settembre 2009, quando fu sorpreso dalla potenza di Juan Martin del Potro.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    L’Australia fatica a convincere Kyrgios a giocare la Coppa Davis: “Non posso fare di più così” dichiara Hewitt

    Lleyton Hewitt nella foto

    L’Australia avrebbe vinto la Coppa Davis se avesse giocato Nick Kyrgios? Questa è una domanda che rimarrà sempre senza risposta, dopo che la squadra australiana ha perso la finale di Coppa Davis con il Canada per 2-0. Alla domanda se c’è la possibilità di giocare contro Kyrgios, Lleyton Hewitt è stato completamente trasparente.
    “Non lo so, dovete chiederlo a lui. Non posso provare più di così…”, ha risposto il capitano della nazionale australiana ed ex numero uno del mondo quando gli è stato chiesto se Kyrgios avrebbe potuto rappresentare la squadra nella fase a gironi delle finali di Coppa Davis del 2023.
    Anche Alex de Minaur è stato interpellato sull’argomento, anche su una possibile partecipazione alle Finals ormai concluse. “Ci ho provato ma non era destino”, ha concluso. LEGGI TUTTO

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    Hewitt durissimo sul possibile spostamento della Davis ad Abu Dhabi

    Lleyton Hewitt

    Lleyton Hewitt non le manda a dire. In pieno “rusty-style”, l’ex n.1 del mondo australiano è totalmente contrario alla ipotesi – ben accreditata – di un nuovo spostamento della fase finale della Davis ad Abu Dhabi dal 2022. Parlando alla stampa, ha dichiarato quanto segue.
    “Penso sia assurdo, ridicolo, questa non è Coppa Davis. Se andranno avanti e venderanno l’anima della Coppa Davis portandola nel Middle East per cinque anni, avranno completato l’opera e ucciso la competizione”.
    “Sono molto deluso, soprattutto per un giocatore come Alex (De Minaur): bello lo stadio, ma senza spettatori. Avrebbe meritato di giocare davanti alla sua gente. Così stanno uccidendo una competizione che aveva qualcosa di speciale”.
    L’Australia ha esordito ieri nel Gruppo D contro la Croazia, rimediando tre sconfitte. LEGGI TUTTO