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    Il caso Gioiella Prisma Taranto: anatomia di una retrocessione che poteva essere evitata

    Mai stata ultima, tranne al termine dell’ultima drammatica giornata di regular season. Retrocedere così fa malissimo, ma è quello che è accaduto alla Gioiella Prisma Taranto. Una squadra che, per come era stata costruita, avrebbe potuto tranquillamente ambire a un piazzamento da Play-Off. E invece…SQUADRA COSTRUITA BENE, MA…Quello costruito dal ds Vito Primavera era un roster che, sulla carta, mixava alla perfezione esperienza e talento. Gente dalle spalle larghe come Pippo Lanza e il libero Marco Rizzo, un palleggiatore di esperienza internazionale come Jan Zimmermann e una chioccia come Aimone Alletti da una parte. Dall’altra giovani che adesso finiranno sicuramente nel mirino di tante squadre, big comprese. Parliamo dei due centrali Wout D’Heer, un gigante a muro, e Roamy Alonso, più offensivo nell’interpretazione del ruolo. Parliamo dei due martelli Brodie Hofer, canadese classe 2000, e Tim Held, italiano classe 1998. Parliamo di un opposto come Fabrizio Gironi, anche lui del 2000, che dopo aver ben figurato lo scorso anno a Piacenza, quest’anno aveva la grande opportunità, e voglia, di consacrarsi. Tutti giovani, sì, ma comunque nel giro delle rispettive nazionali e già con diversi campionati di alto livello alle spalle.Eppure una sua identità ben precisa questa squadra forse non l’ha mai avuta, finendo col perdersi strada facendo invece che strutturarsi, costruirsi delle certezze, trovare continuità nei risultati. Ne è dimostrazione il girone di ritorno. Dopo i 10 punti conquistati in quello d’andata, nelle successive undici giornate Taranto ha fatto sua una sola vittoria, da due punti contro la Vero Volley, e appena 5 punti.

    BILANCIO SCONTRI DIRETTIAlla fine della fiera, guardando i confronti diretti con le altre squadre alla sua portata, si scopre che i rossoblu hanno raccolto 3 punti nel doppio confronto con la Yuasa Battery, 3 in quello con Monza (due tie-break, il primo vinto, il secondo perso), 1 in quello con Cisterna, 1 in quello con Modena, addirittura 0 contro Padova. Largamente insufficienti le appena 4 vittorie conquistate in tutta la stagione, ben due in meno rispetto a Monza. Sanguinose, a conti fatti, si sono rivelate le occasioni non colte già prima della sfida da ultima spiaggia contro Verona, ad esempio i due tiebreak mancati sia a Civitanova che a Modena nelle due giornate precedenti: terzo set perso contro la Lube 26-24, quarto set perso contro la Valsa Group per 25-23.

    TROPPI ALTI E BASSIPer non parlare di come la squadra di Taranto si sia accesa e spenta troppe volte, anche nel corso di una stessa partita. Alcuni esempi andando a ritroso in questo girone di ritorno. Avanti due set a uno contro Verona, invece di chiudere il conto perde il quarto a 17. A Modena perde il primo a 15 prima di iniziare a dare battaglia dal secondo set in avanti. A Civitanova vince il primo di forza (17-25), salvo poi subire pesantemente nel secondo (25-11). Contro Cisterna, in casa, lotta per quattro set, ma ancora una volta manca di killer instinct (tie-break perso 11-15). Contro Padova un match da aggredire finito invece con l’essere aggredita (25-20, 25-21, 24-26, 25-19). Contro Trento partenza a tutta birra, due set giocati alla pari, se non meglio, poi altro black-out (30-32, 25-19, 20-25, 15-25) e altra occasione persa di muovere la classifica anche con un solo punto. RICEZIONE TALLONE D’ACHILLEChe dire poi dei numeri di Taranto nel fondamentale della ricezione: prima come errori totali (176), prima per numero di ricezioni negative (907 su un totale di 1668), ultima per numero di ricezioni perfette (279 e appena il 16,7%), ultima per efficienza (0,06).

    SI SAREBBE POTUTO EVITARLO?Alla luce di tutte queste evidenze, forse l’unica colpa della società è stata quella di non fiutare il pericolo per tempo e agire di conseguenza. I 2 punti fatti da Grottazzolina nelle prime undici giornate probabilmente hanno gettato fumo negli occhi, alimentando la speranza che, male che fosse andata, alla fine a retrocedere sarebbe stata come al solito la neopromossa “sacrificale”. A ridosso del giro di boa, poi, scoprire dalla stampa che il proprio allenatore aveva già firmato per un’altra squadra per la stagione seguente forse non ha contribuito a mantenere un clima sereno, o quanto meno lo stesso focus sull’obiettivo da raggiungere.

    IN PUGLIA LA STORIA NON CAMBIACi ritroviamo così a salutare l’unica rappresentante di tutto il Sud Italia in Superlega. Purtroppo, sotto le Marche sembra proprio che la pallavolo di alto livello o la si fa in Puglia o non la si fa da nessun’altra parte. Per di più, quando la si è fatta in Puglia (Taranto, Gioia, Molfetta, Castellana Grotte) la storia e le cronache raccontano che con Vincenzo Di Pinto in panchina si sono raggiunti determinati risultati, senza Vincenzo Di Pinto in panchina se ne sono raggiunti altri.Fortunatamente, voci di corridoio di queste ore dicono che la pallavolo a Taranto questa volta non dovrebbe chiudere. La società avrebbe intenzione di giocare in A2 il prossimo anno. Una notizia che la città ionica, che ha già visto i fallimenti quest’anno del calcio e del basket, paradossalmente in prossimità dei Giochi del Mediterraneo che si disputeranno nel 2026, si augura venga confermata al più presto.

    Di Giuliano Bindoni LEGGI TUTTO

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    Superlega “Cold Case”: tutti i casi irrisolti a due giornate dal termine

    Assassinio sul Taraflex. Se questo campionato di Superlega fosse un romanzo di Agatha Christie con protagonista il celebre Poirot, forse questo sarebbe il titolo. Tra colpi di scena, presunti colpevoli e presunti innocenti, il filone narrativo è ormai giunto ai capitoli finali che ci permetteranno di scoprire chi sarà, o saranno, gli “assassini”, ma anche le loro vittime. I casi da risolvere per Poirot, all’interno della stessa storia, sono più di uno: in ordine di “suspence” potremmo dire retrocessione, griglia playoff, vincitrice della Regular Season.

    foto VolleyNews.it

    IL CRUENTO CASO RETROCESSIONEIl primo caso è di sicuro il più oscuro. La vittima designata sembrava avere già un nome e un volto, quello della Yuasa Battery Grottazzolina. Aggredita brutalmente per undici giornate (2 punti), la squadra di Ortenzi era stata data per spacciata più o meno da tutti. Qui il colpo di genio dello scrittore: finta morte cerebrale, fuga notte tempo dall’ospedale e atroce vendetta consumata inesorabilmente domenica dopo domenica per tutto il girone di ritorno (. Una resurrezione che ha del miracoloso, trattandosi di una neopromossa, e che ha completamente sparigliato le carte in coda alzando vertiginosamente la quota salvezza. Salvezza che per Grotta potrebbe arrivare addirittura in anticipo, e in casa, già il prossimo weekend contro Piacenza, mentre il nome della squadra che saluterà il massimo campionato al suo posto potremmo leggerlo, forse, solo nell’ultima pagina di questo romanzo. “Forse” perché se Taranto dovesse battere Modena da tre punti, al PalaPanini, e Monza restare a bocca asciutta contro Perugia, sarebbe quest’ultima a salutare la Superlega con matematica certezza. In caso contrario, se domenica sera tra le due squadre il divario rimanesse inferiore o uguale ai tre punti, bisognerà davvero girare quella famosa ultima pagina per scoprire chi tra Verona (avversaria di Taranto al PalaMazzola) e Cisterna (avversaria di Monza all’Opiquad Arena) sarà il killer di questo “cold case”.

    L’INTRICATO CASO DELLA GRIGLIA PLAYOFFLa soluzione del secondo caso irrisolto di questo finale di stagione riguarda la composizione della griglia Playoff. Nel recupero di giovedì 20 contro Padova, a Civitanova basterà fare un punto per essere sicura del terzo posto con due giornate d’anticipo, mentre Verona e Piacenza, attualmente appaiate a quota 36, lotteranno a distanza per accaparrarsi la quarta piazza che darà il vantaggio del fattore campo nei quarti di finale. I veneti affronteranno Padova in casa e Taranto in trasferta; gli emiliani come detto Grottazzolina in trasferta e poi Perugia in casa. Entrambe dovranno guardarsi le spalle da Milano, staccata di tre lunghezze, che giocherà a Cisterna e poi in casa contro Modena. In un complicato gioco di incastri, alcuni di questi match decideranno anche il piazzamento finale proprio della Valsa Group e dei pontini, anche loro appaiate (23 punti) e in lotta per settima e ottava piazza. I gialloblu sfideranno Taranto in casa e Piacenza in trasferta, i laziali come detto Milano in casa e poi Monza in trasferta. Se anche solo una delle due dovesse incamerare zero punti in due partite, il colpo di teatro potrebbe farlo proprio Grottazzolina, attualmente nona a -5 da entrambe. La Yuasa Battery giocherà contro Piacenza in un PalaSavelli pronto a esplodere e poi in trasferta nel fortino della Lube.

    LA SCALATA AL POTEREInfine lo scontro tra titani. Per ora solo a distanza, poi si vedrà se più avanti varrà un titolo tricolore in un duello a singolar tenzone al meglio dei cinque assalti. Complice qualche passo falso che nessuno aveva messo in conto, Perugia ha permesso a una Trento costante e determinata di soffiarle sul collo in queste giornate finali. Al momento il vantaggio dei Block Devils è di soli tre punti, ma l’Itas ha ancora una gara in meno, quella contro Cisterna, che recupererà mercoledì 19 febbraio. In caso di successo pieno sarebbe aggancio al vertice a quota 51 e con lo stesso numero di vittorie (18). Decisive per decretare la squadra prima in classifica al termine della Regular Season saranno così le ultime due sfide. Perugia troverà sulla sua strada Monza (casa) e Piacenza (trasferta); Trento affronterà Civitanova (casa) e Padova (trasferta). In caso di arrivo a pari punti sarà necessario chiamare la Scientifica, che risolverà il caso passando al microscopio prima il quoziente set e in ultima analisi quello punti.

    “Aiuto, Poirot“. Solo lui può risolvere i casi irrisolti (ancora per poco) di questo ennesimo best seller edito dal campionato di Superlega.

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    Keita illegale: mura al primo piano di un palazzo, colpisce come un pugile professionista!

    Nel weekend delle Final Four di Coppa Italia, girando per l’Unipol Arena prima delle partite, davanti a un cartellone gigantesco siamo rimasti letteralmente a bocca aperta. Roba da Sindrome di Stendhal. A grandezza naturale erano rappresentate le sagome di quattro giocatori con relative altezze: 206 cm per Keita, 211 cm per Michieletto, 204 cm per Chinenyeze, 200 cm per Giannelli. E sin qui nulla di nuovo. Alzando lo sguardo, però, abbiamo letto altri numeri: 350 cm Keita, 345 cm Michieletto, 338 cm Chinenyeze, 335 cm Giannelli. Ovvero le misure dei loro salti a muro, ovviamente a braccia distese, dunque dalla punta delle dita.

    Grazie alla collaborazione della Lega Volley, nella persona di Francesco Mazziotti, responsabile della Comunicazione, abbiamo chiesto e ottenuto quella grafica che potete ammirare qui in basso.

    foto Lega Volley

    Vi possiamo garantire che vederla a schermo è una cosa, farlo dal vivo trovandocisi sotto fa tutto un altro effetto perché, nel caso di Keita, 3 metri e mezzo d’altezza sono una misura che fa impallidire.

    Detto che la rete di pallavolo, nel maschile, è piazzata a un’altezza di 2,43 metri, capite bene che quando il numero 9 di Verona ti salta davanti a muro, tra la banda e le sue mani c’è un ostacolo alto un metro in più. Ma cosa ancor più impressionante è capire realmente di che misura stiamo parlando. Tre metri e mezzo, ad esempio, è l’altezza del balcone del primo piano di un palazzo. Dunque, se vi trovate per strada, provate ad alzare gli occhi e fare un salto, e poi pensate al fatto che lui arrivi a toccare sotto il balcone con la punta delle dita e noi altri al massimo al tasto dell’ultimo piano… del citofono.

    Non contenti, abbiamo chiesto informazioni anche sul punto più alto che Keita raggiunge con una breve rincorsa e non da fermo, ovvero quando attacca un pallone con qualche passo di rincorsa. Udite udite, la misura passa da 350 a 380 cm!!! Stiamo parlando di quasi quattro metri d’altezza, l’equivalente di un tir misurato dall’asfalto al tetto del rimorchio. Si tratta comunque di misure che vengono prese, è corretto precisarlo, utilizzando il vertec jump test. In partita magari sarà qualcosina di meno, ma tre metri e ottanta li devi comunque saltare e non è cosa banale neanche tra i giocatori professionisti (cestisti compresi). Pensate che alcuni suoi compagni di squadra, ridendo di gusto, ci hanno anche raccontato che proprio al vertec, in palestra, Keita i 380 cm “li fa tranquillamente quando non c’ha voglia” e che a muro, in realtà, arriverebbe anche ai 364 centimetri. Misura, aggiungiamo noi, che difficilmente sfiora in partita a causa di quel saltare a muro sempre tutto scomposto, ma questa è un’altra storia.

    foto Verona Volley

    Detto dell’altezza siderale da cui partono i palloni che schiaccia, notevole è anche la potenza di sparo. In questo caso abbiamo interpellato direttamente l’ufficio stampa della Rana Verona che ci ha risposto così: arriva a schiacciare a 120 km/h e a battere a 130!!!

    No, dimenticate i paragoni con auto e moto, gli esempi che vi stiamo per fare potrebbero incuriosirvi molto di più. Partiamo dalla forza che un giocatore come Keita può imprimere a un pallone schiacciandolo da tale altezza e a quelle velocità con una traiettoria inclinata di 40°/45°. Il risultato si aggira attorno ai 470 Newton, unità di misura della forza. Per darvi un’idea, un pugile professionista, con un pugno potente, può generare una forza che varia tra i 400 e i 700 Newton.

    Subito, ovviamente, il pensiero va a quei liberi e ricettori che certe bordate se le vedono arrivare addosso e, come visto fare ad esempio in diverse azioni a Fabio Balaso proprio in finale di Coppa Italia, magari le tirano pure su mettendo la palla in testa al palleggiatore… (mostri pure loro senza se e senza ma). Ebbene, detto della forza sprigionata dall’impatto con il pallone al momento della schiacciata, quella relativa all’impatto del pallone stesso a terra o sui polsi di un giocatore avversario, dunque a fine corsa, è ancora maggiore e supera i 482 Newton.

    Cosa vuol dire questo? Che un pallone che pesa 280 grammi viene percepito da chi lo riceve come un peso di 47/50 kg che gli arriva addosso alla velocità 34,5 metri al secondo. Bisogna avere davvero braccia d’acciaio, proprio come quelle di Balaso.

    La foto che lo ritrae qui in alto, per quanto non sia recentissima, ci torna utile perché mostra chiaramente la deformazione del pallone sulle sue braccia. E dire che, chi gioca lo sa bene, i palloni da pallavolo non sono certo morbidi (la pressione interna è di 0,33 bar). Se ti arrivano addosso fanno davvero male. Qualche volta lo scoprono persino i computer dei giornalisti seduti a bordo campo…

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    Danesi e Sylla sul podio olimpico: perché questa è l’immagine più forte del 2024

    Questo per noi è lo scatto dell’anno: Anna Danesi e Myriam Sylla che si scambiano le medaglie sul podio olimpico tenendo fede a una promessa fatta quando erano ancora bambine e compagne di stanza a Orago. Un’immagine che non abbiamo volutamente sporcare con loghi o scritte perché sarebbe stato un delitto. Un’opera d’arte da sindrome di Stendhal. Un gesto che simboleggia tutto: inizio e fine, gioie e sacrifici, vittorie e sconfitte, amicizia e rispetto, promesse e sogni. Manifesto dello spirito olimpico, manifesto di qualunque valore legato allo sport. Buon 2025, con l’augurio che nella vostra vita ci sia qualcuno che vi guardi così.Di Giuliano Bindoni LEGGI TUTTO

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    Velasco rinnova “anche per migliorare il movimento femminile in generale”. In che modo?

    Julio Velasco mette nel mirino un intero quadriennio olimpico. Chiamato a salvare capre e cavoli dopo la fine turbolenta dell’era Mazzanti con la Nazionale Azzurra, Velasco in pochi mesi ha salvato effettivamente capre e cavoli e li ha pure serviti su un vassoio dorato portando la pallavolo italiana lì dove nessuno era mai riuscito a portarla. Compreso lui stesso con la maschile.

    Parigi 2024 è stata una pagina storica per il nostro sport, non solo per la pallavolo nello specifico. Una impresa senza precedenti, come detto, ma anche una competizione dominata, sbranata, e poi digerita lentamente, prendendosi il giusto tempo per rivivere, ricordare, gioire, metabolizzare, riflettere.

    “Dobbiamo ancora concludere questo accordo, però sì, continueremo fino al 2028. Avevo detto dopo l’oro che avrei pensato e l’ho fatto – ha affermato Velasco a margine del “Premio Mecenate dello Sport – Varaldo Di Pietro”, durante il quale, dal palco, ha annunciato il suo rinnovo con la Federazione –. Alla fine mi sono reso conto che un anno solo è un po’ poco, mi è piaciuta molto l’esperienza con la femminile e voglio continuare”.

    foto FIPAV

    Parole importanti ma, come sottolineato dallo stesso Velasco, l’accordo deve ancora essere definito. A questo proposito alcune affermazioni non ci hanno lasciato indifferenti.

    “Voglio continuare sia per vedere se riusciamo a vincere ancora, sia per migliorare il movimento femminile in generale” ha specificato infatti Velasco, e la seconda frase richiama immediatamente un’altra pronunciata dal presidente federale Manfredi: “Con Julio siamo d’accordo quasi su tutto“.

    Quasi? Cosa resta da definire? Forse qualcosa che riguarda direttamente il modo in cui il ct vorrebbe migliorare il movimento femminile? Velasco, che sarà pure argentino ma l’italiano lo conosce molto meglio di tanti italiani e le parole non le usa mai a caso, ha usato i termini “in generale”: migliorare il movimento femminile “in generale”.

    Foto Federazione Italiana Pallavolo

    “In generale” potrebbe voler dire tante cose. In primis alzare il livello dal punto di vista tecnico, soprattutto in relazione alla tecnica individuale. Tante volte, ad esempio, velatamente o meno, lo abbiamo sentito parlare di ricezione, fondamentale sul quale nel femminile c’è molto da fare, e questo Velasco lo avrà sicuramente constatato in prima persona, ma anche nelle sue “visite” ai club prima dell’Olimpiade.

    “In generale” potrebbe voler dire anche un maggiore utilizzo in Serie A1 di giocatrici italiane “azzurrabili”, perché magari di Gaia Giovannini non ce n’è solo una ma se ne potrebbero scovare molte altre.

    “In generale” potrebbe voler dire anche che se Gaia Giovannini ha vinto un oro olimpico ritagliandosi spazi da protagonista, qualcuno in Federazione dovrà farsi qualche domanda, o fornire qualche risposta, sul perché una maglia azzurra questa ragazza non l’avesse mai indossata prima, neanche da Under, mentre al contrario molte altre le hanno indossate tutte ma in Serie A o non ci sono mai arrivate o l’hanno vista per una veloce tocca e fuga.

    foto Volleyball World

    “In generale”, insomma, potrebbe voler dire da una parte che i club dovranno strizzare un po’ di più l’occhio alla Nazionale e dall’altra che le Nazionali giovanili dovranno, magari, essere riviste, guidate da tecnici diversi, uomini scelti da Velasco, in grado di tornare a scovare nuovi giovani talenti in giro per l’Italia, allenarli diversamente e meglio rispetto a quanto fatto negli ultimi anni, accompagnarle in Serie A1 con una preparazione tecnica di livello maggiore.

    Uomini, per intenderci, alla Prandi, alla Montale, alla Di Pinto anche, capaci di cambiare la carriera a tantissimi giocatori perché alle spalle avevano una gavetta vera e lunga, una preparazione tecnica unica, rara e totale, capaci di fare i preparatori atletici, gli allenatori e pure gli psicologi, proprio come Velasco.

    “In generale” riguarderà anche il Club Italia? Difficile pensarlo oggi che da modello virtuoso è diventato solo un fardello. Economico in primis, alla Federazione costa ancora quasi un milione di euro a stagione; ma anche mal visto ormai da tante società, sempre meno propense a “prestare” le proprie giocatrici per una esperienza che aggiunge poco o nulla al loro percorso di valorizzazione. Per farla breve, i tempi in cui si scovavano le Orro e le Egonu sono lontani anni luce.

    Foto Centro Pavesi Fipav

    “In generale”, infine, potrebbe anche voler dire ripensare le leggi vigenti sul diritto di cittadinanza: “Ci vorrebbe uno Ius Tutto, non solo uno Ius Soli o uno Ius Schole o uno Ius Sport” ha tuonato Velasco sempre a margine dell’evento tenutosi presso il Salone d’Onore del Coni.

    “Io avrei potuto prendere la cittadinanza italiana in Argentina senza essere mai venuto in Italia e senza parlare in italiano, invece qui ci sono tanti ragazzi e ragazze che sono nati in Italia e non lo possono fare. Questa è una idea vecchia di Nazione, e non di Paese, che secondo me è assolutamente superata, però sono bandiere politiche che si usano invece di prendere nota della realtà. Secondo me nel mondo di oggi un ragazzo che nasce in Italia, studia in Italia, fa sport in Italia, deve essere italiano”.

    foto Fipav

    Se quest’ultimo punto crediamo, purtroppo, che neanche Julio Velasco possa farci molto, ma saremmo felici di essere smentiti. Riguardo a tutto il resto, invece, è sicuramente grande la curiosità di scoprire le sue intenzioni, le sue richieste alla Federazione, le sue idee per migliorare la pallavolo femminile.

    Di Giuliano Bindoni LEGGI TUTTO