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    Il passo indietro di Iza Mlakar: “Diventare medico è il sogno della mia vita”

    Di Alessandro Garotta C’è chi sogna per una vita di indossare un paio di ginocchiere, allacciarsi le sneakers e volare su un taraflex di Serie A1. C’è chi, dopo averlo sognato, ci riesce. E poi, c’è chi ci riesce, sfiora il cielo con un dito e fa un passo indietro, a coltivare quell’altro sogno nel cassetto. Due passioni, un contributo fondamentale ai successi del Nova KBM Branik, un’esperienza alla Igor Gorgonzola Novara, i traguardi con la nazionale slovena, oltre ad una consistente dose di umiltà: questa è Iza Mlakar.  A quasi un anno di distanza dall’annuncio del suo addio alla pallavolo, l’ex opposto ci ha parlato della sua carriera e della vita da aspirante medico.  Iza, com’è cambiata la sua vita dopo aver appeso le ginocchiere al chiodo?  “Mi godo la vita cercando di fare tutto ciò per cui non avevo tempo quando giocavo. Mi dedico principalmente allo studio, essendo iscritta alla facoltà di Medicina, e faccio un sacco di sport: trekking, arrampicata, sci, mountain-bike (dopo ben 15 anni) e corsa. Infine, mi piace fare lunghe passeggiate con i miei due cagnolini e trascorrere tempo in famiglia o con amici, per quanto possibile durante questa pandemia“.  Quanto le manca nel percorso per diventare medico? Cosa rappresenta questo traguardo per lei?  “Mi mancano ancora due anni per conseguire la laurea. Diventare medico vuol dire raggiungere un obiettivo per cui mi sto impegnando e realizzare il grande sogno della mia vita. È un lavoro che comporta grande responsabilità e attenzione“.  Cosa le manca di più della pallavolo?  “È stato molto difficile cambiare lo stile di vita e vestire i panni di una ‘persona normale’, perché questo sport mi ha accompagnato fin da piccola, quando vedevo mio padre giocare in nazionale. In particolare, mi manca la sensazione di far parte di una squadra con cui condividere tutti quei momenti che in passato mi hanno reso felice e fatto sentire me stessa“.  Smettere a 25 anni, proprio nel punto più alto della sua carriera. Come mai?  “Stavo pensando di dire addio al volley già nel 2019, dopo aver vinto il campionato nazionale con il Nova KBM Branik, per focalizzarmi solo sullo studio, dato che Medicina è una facoltà che richiede il massimo impegno. Tuttavia, mi arrivò un’offerta da Novara appena prima dell’ultima partita delle finali e così decisi di continuare un altro anno: si stava realizzando un grande sogno pallavolistico. Infatti, fino a quella stagione, alla Igor giocava il mio idolo, Francesca Piccinini, e pensai che un’esperienza lì, per la prima volta fuori dalla Slovenia, fosse un modo per chiudere in bellezza. Quindi, è vero che ho smesso quando ero all’apice della mia carriera, e che probabilmente avrei potuto fare molto di più, ma quando mi sono trovata davanti a un bivio ho dato la precedenza allo studio, che non si poteva più conciliare con lo stile di vita che impone lo sport professionistico“.  Ripensando alla sua carriera: cosa la rende più orgogliosa? Ha qualche rimpianto?  “Sono molto orgogliosa di tutti i titoli nazionali vinti con il Branik e di aver fatto parte della nazionale slovena che per la prima volta ha partecipato al campionato europeo, dopo il secondo posto ai Mondiali under 23 di Ljubljana. Forse l’unico rimpianto è di non essere andata all’estero già nel 2017: un’esperienza di questo tipo a 22 anni sarebbe stata molto utile per la mia crescita. Allo stesso tempo, però, penso che nella vita tutto accada per una ragione“.  Quali sono le compagne e gli allenatori a cui è rimasta più legata?  “Sicuramente non dimenticherò mai quanto è stato importante per me Bruno Najdič, il mio allenatore a Maribor: quando sono arrivata lì avevo 16 anni e lui mi ha insegnato davvero tantissime cose, diventando un secondo padre. Sarò sempre legata a tutte le compagne della nazionale con cui ho condiviso molte esperienze, e sono ancora in contatto con Lana Scuka e Sara Najdič. Inoltre, è stato un grande onore lavorare con Massimo Barbolini, straordinario sia come allenatore sia come persona“.  Ci parli della sua esperienza a Novara.  “Un’esperienza incredibile. La Igor Volley è una grande famiglia, una società con un’organizzazione meravigliosa, dove mi sono trovata benissimo. Sapevo di non essere una titolare, ma ogni volta che sono entrata in campo ho dato il massimo. Alla fine, è stata una stagione positiva nonostante la chiusura anticipata a causa della pandemia. Perciò, tutto quello che posso dire è: grazie Novara. Inoltre, ho avuto l’occasione di giocare al fianco di giocatrici straordinarie come Stefana Veljkovic, Cristina Chirichella e tutte le altre compagne che seguo ancora e sono rimaste nel mio cuore“.  Ha fatto parte per alcuni anni della nazionale slovena. Cosa manca a questa selezione per colmare il gap con le big della pallavolo mondiale?  “Forse mancano giocatrici che vanno a fare esperienza all’esperienza all’estero, soprattutto nei campionati di alto livello. In generale, penso che le buone generazioni vanno e vengono: quella di cui ho fatto parte può ancora regalarsi buone soddisfazioni“.  C’è qualche talento sloveno che consiglia ai club italiani?  “Non conosco così bene le giocatrici più giovani, quindi è difficile rispondere a questa domanda. Tuttavia, sono sicura che le migliori avranno modo di mostrare le proprie qualità nelle competizioni internazionali e così verranno sicuramente notate anche in Italia“. LEGGI TUTTO