Atteggiamento? Pochi cambi? Paolo Cozzi prova a dare una spiegazione alla sconfitta degli azzurri
Come sempre accade, una sconfitta netta e rumorosa ha scatenato il popolo dei pallavolisti che fatica a capire come sia possibile che la nostra Nazionale dopo la fantastica performance contro la Polonia si sia inviluppata nel livello di gioco fino a crollare, in maniera inattesa e fragorosa contro i francesi nella semifinale Olimpica.
Togliamo di mezzo subito le prime critiche ai nostri ragazzi… No, non si sono montati la testa, no non hanno mollato di schianto, no non pensano solo ai social. Per questo evento ci si prepara anni, ore e ore di allenamenti fisici e tecnici, estati passate in palestra a sudare mentre i pari età se ne stanno in vacanza con amici e fidanzate, perciò no statene certi, l’evento l’hanno preparato al meglio e nessuno di loro ha sottovalutato la gara.
foto Volleyball World
Si può giocare una gara perfetta e dopo pochi giorni non riuscire a ritrovare lo stesso livello di gioco?
Si assolutamente, contro la Polonia in una gara dal peso specifico minore (visto che eravamo comunque già qualificati) siamo riusciti a trovare e imporre il nostro ritmo, a partire dal servizio e dal muro. Purtroppo la pallavolo è uno sport fisico e tecnico, ma la componente mentale ha un valore pari se non superiore agli altri due aspetti e non sempre si riesce a spingere la nostra mente sul binario desiderato. E questo succede anche a campioni super affermati.
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Ma dopo la vittoria incredibile in rimonta col Giappone, come è stato possibile spegnersi cosi con i francesi? Non ha dato carica una vittoria del genere?
Tutti, al punto di Russo, abbiamo pensato che ormai le sabbie mobili erano alle spalle, che usciti da una forca caudina così stretta saremmo stati pronti a prenderci la medaglia d’oro… E forse quel pensiero è entrato nella testa dei nostri giocatori, una sorta di invincibilità inconscia che da un lato ha dato fiducia, ma dall’altro ci ha zavorrato lasciandoci in testa un ricordo di noi belli e vincenti e non una serie di allarmi che invece si sono accesi durante il match con i nipponici. E la sensazione è che in tutta la gara con i francesi noi abbiamo aspettato la svolta come nel match precedente, senza però metterci nelle reali condizioni di andarcela a prendere quella svolta.
foto Fipav/Tarantini
Immagino anche che tutti abbiano aspettato con ansia i cambi di De Giorgi, ma sono arrivati sporadici e mai definitivi; cerchiamo di capire insieme il perché.
Che ieri le nostre bande abbiano faticato più del normale è evidente, purtroppo anche a due fuoriclasse come Lavia e Michieletto possono capitare giornate no, momenti in cui cerchi di dare una mano alla squadra ma come ti muovi “fai disastri”.
Porro è stato pazzesco con il suo ingresso, lucido e aggressivo, fin troppo maturo per la sua età e per essere forse alla sua terza partita in maglia azzurra. Ma in una semifinale Olimpica difficile pensare che potesse rimanere in campo, Giannelli con lui non ha mai giocato una partita, non sa come reagisce sotto stress, dopo un errore fatto o un punto subito. Normale che dopo averlo fatto rifiatare De Giorgi tornasse a puntare su Michieletto.
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Tuttalpiù si può notare che Sbertoli gioca tutto l’anno con Lavia e Michieletto, magari lui sarebbe riuscito a rimetterli in ritmo e a farli tornare protagonisti, ma la sensazione è che il nostro capitano abbia un ruolo specifico all’interno del gruppo che va al di là della mera prestazione tecnica facendo di lui un tassello pressoché inamovibile negli schemi azzurri.
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Spiegate quindi un po’ di situazioni esterne al puro gioco, ma che condizionano il gioco stesso, poi si può discutere sul muro che ha regalato infiniti mani e fuori, su una battuta che ha funzionato col contagocce ed è risultata oltremodo fallosa, ma questi sono dettagli tecnici, che ieri vanno anche visti nell’ottica di una Francia che ha giocato una partita mostruosa, mettendo in luce una cattiveria agonistica che a noi è mancata.
In chiusura, sulla partita di ieri si possono scrivere e dire milioni di cose, tutte giuste e tutte sbagliate, nel senso che solo De Giorgi e il suo Gruppo sanno il percorso che hanno fatto per arrivare fino a qua, e solo chi vive quel gruppo nell’intimità può riuscire a dare una spiegazione alla debacle a tutto tondo e che non si fermi ai soli numeri statistici.
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Quello che possiamo sperare è che il percorso non sia franato sotto i piedi della squadra azzurra (io direi proprio di no), ma che bisogna semplicemente lasciare una strada e iniziare a seguirne un’altra, per iniziare a seguire una asticella che i nostri avversari hanno saputo alzare, e di molto.
Perciò venerdì tutti sul divano a tifare i nostri ragazzi senza se e senza ma, una medaglia olimpica è sempre qualcosa di grandioso nel cammino sportivo di un atleta e un enorme traguardo per tutto il movimento.
Di Paolo Cozzi LEGGI TUTTO