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    Archeo Tennis: 22 marzo 1973, la prima sfida Evert vs. Navratilova

    Chris Evert e Martina Navratilova

    22 marzo 1973, una data fondamentale nella storia del tennis. Esattamente 50 anni fa in quel di Akron, Stati Uniti, andò in scena la prima sfida di quella che sarebbe diventata la più grande rivalità della storia della disciplina: Evert vs. Navratilova. Nessun altro duello nel tennis femminile (e non solo) vanta altrettanti episodi e di così grande importanza storica e tecnica. Martina e Chris infatti si sono affrontate per ben 80 volte, incluse 14 finali di tornei del Grande Slam.
    Il 22 marzo di 50 anni fa, davanti a poche centinaia di tifosi nella cittadina operaia dell’Ohio, per nulla conosciuta per il tennis, la 18enne Chris Evert sconfisse negli ottavi di finale la 16enne cecoslovacca Martina Navratilova col punteggio di 7-6 (5-4) 6-3. Fu il primo episodio di una rivalità leggendaria, che ha segnato il tennis femminile in modo indelebile.
    “Non è stato notato da nessuno tranne che dalle due giocatrici la partita del primo turno ad Akron, una vittoria per 7-6 (5-4) 6-3 di Evert su una paffuta ceca di nome Martina Navratilova”, scrisse il commentatore dell’epoca Bud Collins nella suo libro ‘La storia del tennis’, “Quell’incontro iniziale è stato solo il primo passo nella brillante rivalità che in 16 anni vide ben 80 partite”.
    Le due regine del tennis, tanto forti quanto diverse sul piano tecnico, stilistico e caratteriale, hanno dato vita a una rivalità intensa, ricchissima di episodi di grande livello, dominando il tennis femminile tra anni ’70 e ’80. Sembravano create apposta per distinguersi, in tutto e per tutto, e battagliare in campo dando vita a un contrasto di stile totale e quindi uno spettacolo sublime. Precisa e geometrica dalla riga di fondo Chris, funambolica e attaccante verso la rete Martina; più fredda e calcolatrice l’americana, esuberante ma fragile la ceca. Col rovescio Chris poteva colpire una monetina dall’altro lato del campo, tanto era pulita e sicura negli impatti; con le sue volée Martina riusciva a trovare angoli straordinari, frutto di un istinto ed equilibrio senza pari. Ogni loro match è stato un campionario quasi esaustivo di quello che due donne potevano inventare, con talento e tecnica, su di un campo da tennis. In un documentario di ESPN del 201o, chiamato “Unmatched”, le due ripercorrono alcuni passi della loro storia, che le ha viste grandi avversarie ma allo stesso anche amiche sincere.
    “Il mio sogno era quello di giocare sempre con i migliori, e ho avuto modo di affrontare te (Chris, ndr) al primo turno ad Akron”, ha detto Navratilova all’amica-rivale nel documentario. “È stato come un sogno diventato realtà perché ero riuscita a misurarmi con la prossima numero 1 al mondo. Il mio obiettivo per la partita era che tu ricordassi il mio nome”. Eccome se poi se l’è ricordato…
    “Mi sentivo nervosa all’inizio della partita perché avevo sentito parlare di te”, confessa Chris a Martina. “Avevo sentito che eri pericolosa, un po’ grezza ancora come stile ma con un grande gioco al volo, un tennis offensivo e versatile nonostante la giovane età. Sapevi come colpire ogni colpo. Ti sei mossa bene, ma non così bene come in seguito, perché pesavi almeno 20 chili in più!”.
    “Ero davvero ingrassata!” conferma Martina, “Quando sono arrivata negli Stati Uniti, sono ingrassata… tipo 20 libbre in due settimane! A causa di ciò, ero così stanca”.
    “Ricordo di essermi sentita davvero minacciata dal suo gioco, e pensai ‘Ragazza, se mai si rimetti in forma, sarai pericolosa, da non sottovalutare.’”
    Evert finì per vincere quel torneo a Akron, battendo Olga Morozova 6-4 6-4 in finale. Le due si ritrovano poi a St.Petersburg, su terra battuta americana, stavolta in semifinale. La spuntò ancora Evert, con lo score di 7-5 6-3. Chris vinse le loro prime cinque sfide; Martina strappò il primo successo contro la statunitense nel 1975, nei quarti di finale del torneo di Washington, al tiebreak decisivo. Quella vittoria per Navratilova fu un vero finale thrilling: il punteggio di 3-6 6-4 7-6 (5-4) fu deciso da un singolo punto, “sudden death” sul 4-4 del tiebreak, che risultò essere quindi un match point simultaneo per entrambe le giocatrici. In seguito il formato del tiebreak venne cambiato con la classica differenza di due punti per arrivare al successo.
    Nelle 80 partite della loro straordinaria rivalità, Navratilova guida con 43 vittorie contro le 37 di Evert. La vittoria più netta di Evert su Navratilova è stata un “doppio bagel”: 6-0 6-0 nella finale di Amelia Island, in Florida, nel 1981; quelle più secche di Navratilova su Evert sono state tre per 6-2 6-0: quello della finale dei Virginia Slims Championships del 1983, poi sempre nel 1983 a New York e la finale del torneo di Amelia Island del 1984.
    Considerando tutte le finali, Navratilova ha chiuso con un bilancio a suo favore di 36 a 25. Nei tornei dello Slam, sempre Navratilova conduce per 14-8, e nelle finali dei Major Martina ha vinto 10 sfide contro le 4 di Chris. Nelle finali di altri eventi non Slam, la rivalità si è chiusa in pareggio con 19 vittorie a testa. Passando alle sfide sulla varie superfici, Evert ha vinto 11 delle 14 partite giocate sulla terra battuta, ma altrove conduce Navratilova: 9-7 sul cemento, 10-5 su erba e 21-14 su tappeto indoor.
    50 anni fa, in una cittadina dell’Ohio, si scrisse la prima pagina di uno dei veri libri d’oro del tennis.
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    Archeo Tennis: 16 marzo 2007, Roland Garros annuncia l’uguglianza nei Prize Money, seguendo gli altri Slam

    Justine Henin, campionessa a Parigi 2007

    Ultimamente il tema del “Gender Gap”, ossia la differenza di trattamento tra tennis maschile e femminile, è tornato di grande attualità. Forti le parole della n.1 del mondo Iga Swiatek e di molte altre colleghe pronunciate di recente. Inoltre proprio il prossimo agosto verrà festeggiato a New York il cinquantesimo dalla prima edizione di US Open con lo stesso Prize money tra tabellone maschile e femminile, tanto che la ricorrenza è stata scelta anche come artwork del prossimo torneo.
    Per questo nella rubrica che ripercorre alcune giornate importanti nella storia del nostro sport, è giusto ricordare quel che accadde 16 anni fa a Parigi. Christian Bimes, allora Presidente della Federazione francese tennis, proprio il 16 marzo annunciò che anche a Roland Garros i Prize money di uomini e donne sarebbero stati uguagliati. Nel mese di febbraio dello stesso anno, Wimbledon aveva fatto lo stesso annuncio, anticipando di poco la mossa della FFT. L’Open di Francia fu quindi l’ultimo Grande Slam ad arrivare alla parità nella retribuzione per tennisti e tenniste, ben 34 anni dopo l’US Open (1973). L’Australian Open invece optò per l’uguaglianza nel 2001, 28 anni dopo la USTA.
    Quando nel 1968 si passò al tennis Open e professionistico anche negli Slam, l’idea di un’equità retributiva tra uomini e donne non era nemmeno immaginabile. Non era una questione sportiva, praticamente in nessun campo del sociale le donne avevo lo stesso trattamento degli uomini, eccetto rari campi. Nel primo Wimbledon dell’Era Open, Billie Jean King trionfò portandosi a casa solo il 37,5% di quanto incassato dal vincitore del singolare maschile, Rod Laver.
    Il gap tra uomini e donne in Europa e Australia si è ridotto col passare degli anni: nel 1990, Monica Seles a Parigi alzò il trofeo guadagnando il 79% di quanto incassato da Andres Gomez, vincitore su Agassi in finale nel draw maschile. Dopo 10 anni il divario si era notevolmente ridotto, con la campionessa femminile dell’anno 2000 (Mary Pierce) che portò a casa un assegno pari al 95% di quanto aveva incassato il campione maschile (Guga Kuerten). Grandi passi in avanti, ma gli Slam europei erano ancora riluttanti a concedere la parità di retribuzione tra uomini e donne, sostenendo che gli uomini attiravano più spettatori sugli spalti e che le donne non giocassero al meglio dei cinque set. Ma ormai la corsa verso la parità era lanciata da tempo, e la pressione affinché tutti i più grandi tornei si allineassero a New York era crescente.
    Quando fu annunciata la svolta anche da parte di Parigi, così commentò Amelie Mauresmo (allora miglior tennista di Francia): “Era l’ora. È un’ottima cosa per il tennis femminile e per le donne in generale. Ho sempre creduto che lo sport dovesse riflettere la nostra società. Adottando la piena parità nei Prize money, Roland Garros ha fatto un passo avanti verso il futuro. Sono molto felice e molto orgogliosa, come francese, di questa decisione”.
    Ovviamente felice anche Billie Jean King, che tanto si è battuta nella sua vita per la parità di trattamento: “La parità dei Prize money nei quattro tornei del Grande Slam è ormai diventata un non problema e non potrei essere più felice”.
    Justine Henin vinse l’edizione 2007 di Roland Garros, sbaragliando in finale Ana Ivanovic (6-1 6-2) e diventando così la prima campionessa di Parigi a ricevere lo stesso assegno del campione maschile (Rafael Nadal).
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    Archeo Tennis: 15 ottobre 1983, Aaron Krickstein vince a 16 anni un torneo ATP, è record assoluto di precocità

    Aaron Krickstein

    15 ottobre 1983, Tel Aviv. Il torneo Open tornato sul Grand Prix dopo un anno di stop viene vinto dal formidabile teenager statunitense Aaron Krickstein, che a soli 16 anni e 73 giorni diventa il più giovane vincitore della storia in un torneo del Tour maggiore. 
    Classe 1967, Aaron Krickstein è stato uno dei primi talenti emersi della rivoluzionaria scuola di Nick Bollettieri in Florida, insieme a Jimmy Arias (classe 1964). Nel 1983, il 16enne Krickstein si impose in varie competizioni nazionali U18, quindi mosse i primi passi sui tornei del Gran Prix. C’era grande attenzione per questo ragazzo magro e veloce, capace di colpire la palla con forza e precisione, ma soprattutto un anticipo davvero straordinario per quei tempi. Il primo risultato importante lo raggiunse agli US Open, dove sconfisse l’altra stella nascente Stefan Edberg al tiebreak decisivo del quinto set, e poi l’esperto Vitas Gerulaitis (allora n.16 del mondo) rimontando due set di svantaggio. La sua corsa a NY si arrestò agli ottavi, sconfitto dal campione in carica di Roland-Garros (e numero 4 del mondo) Yannick Noah.
    Sull’onda di quell’ottimo risultato, Aaron si presentò a Tel Aviv in grande forma e già con gli occhi puntati da parte di moltissimi appassionati di tennis. Non era passato inosservato quel suo gioco “estremo” per anticipo e velocità. Si sprecavano i confronti con il rovescio in anticipo di Jimbo Connors, ma il giovane prodotto di Bollettieri sparava pallate a ritmi e potenza nettamente superiori, facendo intravedere ampi margini di miglioramento, anche se la “mano” non sembrava tra le più “morbide” e l’incedere un po’ “robotico”.
    Nel torneo israeliano Krickstein iniziò comodamente, eliminando il n. 24 del mondo Henrik Sundstrom (e testa di serie n.1) per ritiro, in vantaggio 6-3 1-0. Al turno successivo, concesse solo 7 game a Schalk Van Der Merwe, quindi nei quarti di finale fu impegnato duramente dal tennista di casa Shahar Perkiss, superato solo 7-6 al terzo set. Aaron mise in mostra una forte capacità di resistenza mentale, nonostante la giovanissima età e poca esperienza di tennis Pro. In semifinale superò con un duplice 6-4 il britannico Colin Dowdeswell (tennista giramondo, che in carriera aveva giocato anche per Svizzera e Rhodesia). Anche nella parte bassa del tabellone ci furono molte sorprese. La seconda testa di serie e favorito del pubblico Shlomo Glickstein si arrese all’esordio, per la delusione dei fan israeliani, tanto che a giocarsi il posto in finale furono due tedeschi poco conosciuti, Rolf Gehring e Christoph Zipf. Prevalse quest’ultimo, classe ’62, discreto talento e vittorioso di buoni titoli a livello junior, per poi non confermarsi ad alto livello tra i Pro.
    La finale, disputata il 15 ottobre, vedeva quindi di fronte due tennisti alla prima chance per alzare un titolo professionistico. Krickstein impose la sua maggior potenza da fondo campo e soprattutto restò più calmo e focalizzato, vincendo 7-6 6-3. Trionfò alla sesta apparizione in un evento Pro, stabilendo il record, ancora imbattuto, di giocatore più giovane a vincere un torneo dell’ATP Tour.
    Krickstein, insieme a Jimmy Arias, divenne un vero “caso” nel mondo della racchetta, sia per la ventata di innovazione del suo tennis che le astute mosse promozionali del suo coach, Nick Bollettieri. La vera generazione di fenomeni del tennis USA, plasmata dalla visione e metodi assai particolari del coach, arrivò da lì a pochi anni: Agassi, Courier, Chang (e Sampras, solo in parte formato da Nick).
    Purtroppo Aaron non riuscì a diventare quel super-campione che la precocità aveva fatto immaginare, frenato da tanti infortuni ma anche da alcune carenza tecniche che non riuscì mai a superare totalmente. Con il suo tennis di sbarramento e pressione, regalò spesso bei match contro i tanti attaccanti dell’epoca. In carriera vinse nove titoli, toccando un best ranking al n.6 nel 1990, pochi mesi dopo aver ottenuto la sua migliore prestazione in un Grande Slam, agli US Open del 1989, dove sbarcò in semifinale (sconfitto di Boris Becker). Terminò la sua carriera nel 1996.
    Krickstein resta il più giovane vincitore di un torneo ATP. Guida una ideale “top10” di precocità che vede a seguire Michael Chang (16 anni e 7 mesi – San Francisco 1988), Lleyton Hewitt (16 anni e 10 mesi – Adelaide 1998), Guillermo Perez Roldan (17 anni e 6 mesi – Monaco 1987), Boris Becker (17 anni e 6 mesi – Queen’s 1985), Andre Agassi (17 anni e 6 mesi – Itaparica 1987), Bjorn Borg (17 anni e 7 mesi – Auckland 1974), Pat Cash (17 anni e 7 mesi – Melbourne 1982), Mats Wilander (17 anni e 9 mesi – Roland Garros 1982) e Andrei Medvedev (17 anni, 9 mesi – Genova 1992).
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    Archeo-Tennis: 11 settembre 1999, Serena Williams vince il suo primo Slam

    Serena Williams, vince US Open 1999

    11 settembre, una data diventata tristemente “infausta” 20 anni fa. Impossibile togliersi dagli occhi le drammatiche immagini dell’attacco terroristico a New York. Due anni prima, nel 1999, proprio l’11 settembre inizia la corsa Slam di Serena Williams. La più giovane delle “sisters” infatti alza la coppa di US Open, sconfiggendo la n.1 del ranking WTA Martina Hingis, 6-3 7-6 lo score della finale. È il secondo boccone amarissimo da mandar giù per la svizzera in stagione, sconfitta a sorpresa in giugno nella finale di Roland Garros da Steffi Graf.
    17 anni, Serena impressiona per la potenza del suo diritto ed un servizio già notevolissimo, nonostante la giovane età. Ha soverchiato il tennis geometrico di Martina a furia di pallate violente e precise. È una svolta epocale, che letteralmente cambia il tennis femminile per sempre, tanto che si può idealmente tracciare una riga tra il “prima” delle Williams e quel che dopo è diventato il gioco rosa.
    L’edizione 1999 di US Open inizia tra le polemiche. Papà Richard Williams, il giorno del sorteggio, dichiara sprezzante “Serena e Venus si trovano ai lati opposti del tabellone, si affronteranno in finale per il titolo, e sarà solo la prima di tante volte”. Venus aggiunge pepe affermando alla stampa USA che la sua rivale per il titolo e il n.1 del ranking non è Martina Hingis, ma la sorella Serena. Stizzita, Hingis dichiara che “la famiglia Williams parla troppo, lo fanno perché sentono molta pressione. Dicono quelle cose, ora a sta loro arrivarci…”. Sul New York Times non si fa attendere la risposta di Richard: “Più pressione su Serena e Venus? Non credo, ritengo che la pressione sia quel che sto facendo su di loro da anni, lavorare duramente dalle 9 alle 17. Sono sicuro che ci saranno due Williams in finale. Quello che ha detto Martina non è uno shock. Penso che abbia il diritto di dire quello che vuole. Si, andrò a chiederle l’autografo, la amo. Se la vedete, ditele che la amo”.
    Con queste premesse, il torneo femminile avanza spedito, e come previsto da papà Richard, Venus e Serena approdano in semifinale. Nella prima semifinale, Serena sconfigge Lindsay Davenport conquistando la prima finale Slam. Qua la pressione sulla Hingis sale, per alzare la coppa di Flushing dovrà battere prima Venus, poi Serena. Martina aveva già affrontato Venus nella finale di US Open 1997, vincendo il titolo. Hingis soffre, lotta, rimonta un break nel terzo set e sconfigge la più grande delle sorelle. Dopo la finale afferma: “Sono in tre contro di me, a parole è chiaro che vinceranno sempre loro, io devo batterle in campo. I risultati e le classifiche mostrano chi è la migliore”. Altra benzina sul fuoco di una finale che si annuncia storica.
    Nonostante la vigilia “agitata”, Serena scende in campo per la prima volta in una finale Slam tutt’altro che nervosa. Serve come un treno, costringe Martina a difendersi e colpisce forte, fortissimo. Con ben 19 vincenti Serena vince il primo set 6-3. Sembra non esserci partita. Hingis però è una lottatrice, è molto lucida tatticamente e capisce che continuando a colpire la palla pulita in anticipo, oggi non avrebbe scampo contro la potenza della rivale. Inizia a giocare più “sporco”, carica il diritto con un discreto topspin e cerca traiettorie angolate, costringendo Serena a correre. Spostata dal centro del campo, dove finora aveva dominato, Williams sbaglia di più. Inizia un’altra partita, bellissima nella lotta. Serena invece di cercare la botta vincente, cerca la via della rete, sfidando il passante preciso di Martina.
    La più giovane delle sorelle Williams si porta in vantaggio anche nel secondo set e sul 5-3 ha due Championship Point in risposta. Per la prima volta nel torneo, Serena avverte il peso del momento, la pressione, il suo tennis si inceppa. Sbaglia il primo spedendo largo di metri un rovescio lungo linea, risponde a mezza rete sul secondo, contro una prima della svizzera tutt’altro che ingestibile. Martina approfitta del momento, costringe Serena a rincorrere non dandole ritmo e le strappa il game di servizio a zero. 5 pari. Iniziano lunghi scambi, ora è la svizzera a comandare, la partita sembra clamorosamente girata a favore della n.1. Serena resta aggrappata alla partita con grandissima grinta, il secondo set si decide al tiebreak, il pubblico è impazzito, l’atmosfera incredibile. In questa vera bolgia, Serena mostra quel che sarà per gran parte della sua carriera: un killer spietato nei momenti decisivi, nei tiebreak. Ritrova la prima di servizio, con coraggio da leonessa spara diritti e rovesci clamorosi, che di nuovo devastano la rivale, impotente di fronte a prime imprendibili e risposte micidiali. Chiude il match, 7-4. Vince il suo primo titolo dello Slam, a 17 anni, l’11 settembre 1999.
    Quando si pensava che Venus sarebbe stata presto la n.1 del mondo e vincitrice Slam (lo diventerà a Wimbledon 2000), è invece Serena la prima in casa Williams ad alzare la coppa di un Major, iniziando un’epopea che la porterà a diventare la tennista più forte dell’epoca attuale, con 6 titoli a US Open, 7 a Wimbledon, 3 a Roland Garros e 7 agli Australian Open. 23 Slam, ne manca 1 per eguagliare il record assoluto a 24 di Margaret Court. La chimera che la spinge a continuare, nonostante i 40 anni che compirà il prossimo 26 settembre e mille acciacchi.
    La finale di US Open 1999 terminò con un abbraccio gelido tra Martina e Serena. Durante la premiazione la svizzera aveva un sorriso di ghiaccio. Dentro di sé aveva ben chiaro che il proprio dominio era agli sgoccioli, che quel giorno il tennis femminile era cambiato per sempre. Serena e Venus portano sul tour WTA una potenza ed aggressività mai viste. Alzarono letteralmente l’asticella della competizione, costringendo tutte le rivali ad un rilancio, finendo per chiedere fin troppo ai propri fisici e dando il là ad una serie infinita di colpitrici di potenza che cercano di imitare il tennis delle “sisters”. Una evoluzione che diventa, alla lunga, una involuzione e terribile impoverimento.
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    Archeo-Tennis: 3 settembre 2006, Agassi gioca il suo ultimo match a US Open

    3 Settembre 2006. Esattamente 15 anni, sull’Arthur Ashe di Flushing Meadows, calò il sipario sulla carriera di Andre Agassi. Grandissimo e discusso campione, passato da giovane scapestrato e conflittuale a tennista sempre più moderno e vincente, sino a trasformarsi quasi in mentore e “saggio”, assai impegnato nel sociale con la sua fondazione. Si sono scritti […] LEGGI TUTTO

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    Archeo-Tennis: 22 agosto 2004, Massu vince l’oro Olimpico in singolare dopo averlo vinto in doppio

    Nicolas Massu alle Olimpiadi di Atene 2004

    22 agosto 2004, Atene. Sono in corso i Giochi della XXVIII Olimpiade, proprio in Grecia dove tutto è nato. Partecipano 201 nazioni per un totale di 10.625 atleti in gara in 28 sport diversi, 301 le competizioni. L’Italia chiuderà all’ottavo posto, con 10 ori, 11 argenti e 11 bronzi (32 medaglie). Stefano Baldini (Maratona), Andrea Benelli (Skeet), Paolo Bettini (Ciclismo su strada), Ivano Brugnetti (Marcia), Igor Cassina (Ginnastica), Marco Galiazzo (Tiro con l’arco), Aldo Montano (Scherma), Valentina Vezzali (Scherma), il Fioretto a squadre maschile ed il setterosa di pallanuoto gli Ori azzurri.
    Moltissimi i personaggi indimenticabili. Yelena Isinbayeva vince la gara del salto con l’asta, stabilendo anche il record del mondo (4,91), sarà l’unico segnato nell’atletica in tutta la kermesse. Il diciannovenne Michael Phelps esalta il mondo con ben 6 medaglie d’oro nel nuoto, ad un passo dal record assoluto di Mark Spitz. Indimenticabile il torneo di basket, con l’Argentina che supera gli USA e vince l’Oro in finale contro uno spettacolare team italiano, un argento pazzesco per i nostri.
    Anche se il nostro amato tennis non è tra gli sport più seguiti ai Giochi, l’edizione di Atene passa alla storia grazie all’impresa di Nicolas Massu e del suo Cile. Il 21 agosto Massu insieme al connazionale Fernando Gonzalez compie la prima storica impresa: i due giocano cinque set nella finale di doppio, salvando quattro match point consecutivi prima di trionfare contro i tedeschi Nicolas Kiefer e Rainer Schuettler (6-2, 4-6, 3-6, 7-6, 6-4). È il primo Oro olimpico in assoluto per il Cile ai Giochi Olimpici. Ma non finisce qua. Massu è in forma straordinaria, gioca il miglior tennis della propria carriera e si qualifica anche per la finale in singolare, in programma il 22 agosto.
    È una grande sorpresa, anche se Nicolas sta giocando dal 2003 il miglior tennis della propria carriera. In estate si è issato al n.11 del ranking mondiale, e poche settimane prima aveva vinto il torneo di Kitzbuhel (più importante del suo palmares) sconfiggendo in finale il campione di Roland Garros Gaston Gaudio. Ad aspettarlo in finale per l’Oro olimpico di singolare, lo statunitense Mardy Fish, anch’esso alla finale più importante in carriera. Due finalisti a sorpresa, per un torneo ricco di sorprese.
    I due favoriti del seeding, Federer e Roddick, vengono sconfitti nei primi turni, il torneo diventa apertissimo. Fish, in tabellone senza essere testa di serie, supera la testa di serie n. 5 Juan Carlos Ferrero nel secondo turno e gli si apre il tabellone. In semifinale supera Fernando Gonzalez (n.16), che aveva estromesso Roddick al terzo turno.
    Massu era entrato nel torneo come decima testa di serie, ma in stagione il suo rendimento sul cemento era stato orribile: otto match giocati e otto sconfitte. Nessuno si curava di lui ad Ateea, considerato un forte specialista del “rosso” e niente più. Invece Nicolas trova una forma clamorosa. All’esordio supera Gustavo Kuerten dopo una maratona durissima, quindi sorprende nei quarti di finale la serie n. 3, Carlos Moya. Facile il successo in semifinale, due set sul “bombardiere” Taylor Dent.
    Ricorda Massu su olympic.org: “Ho giocato la finale del doppio il giorno prima della finale di singolare. Poi ho dovuto fare il test antidoping a tarda notte. Quindi, ho fatto le analisi del sangue al mattino, ho dormito solo cinque ore prima della finale di singolare. Mardy Fish, il mio avversario, aspettava questa finale da due giorni. Avrei avuto un’ottima scusa in caso di sconfitta in finale, ero indubbiamente stanco e con al collo la prima medaglia d’oro nella storia per il mio paese, vinta in doppio con Fernando. Ma non mi bastava, avevo lottato tanto per arrivare fin lì, non volevo accontentarmi del secondo posto, volevo vincere”.
    La finale contro Fish è un’altra dura battaglia, lunga 5 set. Fish scende in campo molto teso, sente l’importanza dell’evento. Massu è più sciolto, vince il primo set 6-3. L’americano finalmente entra in partita col servizio, e tutto il suo tennis inizia a diventare pericoloso e preciso. Massu sembra via via sempre più stanco, Mardy si aggiudica secondo e terzo set (6-3 6-2). “Quando ho perso quel terzo set pensavo che avrei perso la partita perché non riuscivo quasi a muovermi” racconta Massu, “Ma incredibilmente ho ritrovato energia, come una seconda vita”. Massu ha ripreso nel quarto set a lottare su ogni punto, Fish è crollato nella lotta da fondo campo ed ha iniziato a sbagliare. Il match si decide al quinto set. La tensione divora entrambi i giocatori, break e contro break all’inizio del quinto, ma Massu riesce a tenere la palla in campo mentre Fish commette troppi errori gratuiti, soprattutto col diritto.
    A meno di 24 ore dall’Oro in doppio, Nicolas Massu chiude il quinto set per 6-4. In meno di 24 ore, aveva regalato al Cile le sue due prime medaglie d’oro olimpiche di sempre, diventando anche l’unico tennista nella storia capace di vincere l’Oro sia in singolare che in doppio nella stessa Olimpiade. “Davvero non so come ho fatto, sono i due giorni più belli della mia vita”, ricorda un commosso Massu. “È semplicemente troppo, due medaglie d’oro in due giorni. È incredibile per il mio paese e per me. Indimenticabile”.
    La storia delle Olimpiadi è fatta soprattutto dalle impresa e medaglie di altre discipline, che trovano nei Giochi la loro massima espressione. Ma per una volta ,il 22 agosto 2004, anche il tennis ha scritto una pagina davvero Storica.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO