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    Pogacar, il record al Tour de France 2024 a Plateau de Beille spiegato bene

    1998: Pantani in maglia gialla bissava il giro della rosa, celebrato come mito e con simil doppietta raggiungeva Coppi, Merckx, Indurain, Anquetil, Hinault e Roche. 1998 è l’anno del Panta ma è anche l’anno di nascita di Tadej Pogacar. Sembra un gioco del destino perché i tempi record da battere (Plateau de Beille) sono proprio quelli del Pirata e Tadej, Taddeo, Pogi, Ciuffettino o semplicemente fenomeno, lo frantuma, lo liofilizza, lo annienta: 39 e 42 contro 43 e 12. Disumano o inumano, mostruoso. Fino a dopo il traguardo sì, perché le braccia le alza al cielo solo dopo l’ultima botta, colpo di reni, quasi a voler suggellare il suo primo posto, il suo record, il suo primato giallo, il suo impero pirenaico del momento. Prevedibile e di enorme modernità. È il modo di correre attuale che ti stravolge. Pantani 1998-Pogacar 2024, 26 anni di cambiamento radicale che determinano i tempi e tempistiche, a questo devi aggiungere il tipo di tattica che si è sviluppato subito sulla salita finale. Innanzitutto, parliamo di fuoriclasse. In questo Tour sono 3: Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel, i primi due con due squadre fortissime, micidiali. Ritmo impressionante all’attacco degli ultimi 15 chilometri in salita, soprattutto in considerazione che erano già passate 4 montagne di prima categoria, insomma una passeggiata di salute. La corsa la fa la Visma di Vingegaard, il danese sta bene e deve recuperare sulla maglia gialla e questa è la tappa giusta. Per Pogacar è la situazione perfetta, lui si mette dietro Vingegaard con qualche scudiero e attende, rilassato e neppure preoccupato. Rispetto alle tappe precedenti è assai più concentrato e sente la corsa come non mai. Prestissimo il gruppo dei migliori è ridotto al lumicino, sono in pochi. Ai -10 km l’ultimo vagone della Visma si fa da parte e il capitano si muove aumentando il ritmo con la speranza di stroncare l’avversario. Non si volta, testa bassa e gambe che frullano veloci. Dietro, sembra senza far fatica, l’ombra gialla dello sloveno. Ecco la prima analisi, i tempi e la velocità espressa prima dalla squadra e poi da Vingegaard sono stratosferici e tutto è partito assai presto. Evenepoel è già dietro e va su del suo passo, gli altri di classifica dispersi. Vingegaard continua senza scattare, allenta la tensione dei reni, della schiena, alzandosi qualche volta sui pedali. La sua faccia è una maschera, fa fatica, e le braccia che attanagliano il manubrio, inquadrate da vicino, sono sudatissime. Fila via e i tempi di salita sono da record totale. I raffronti sono imparagonabili, anche l’asfalto è migliorato più fluido e le ruote scorrono quasi senza resistenza, piccole variazioni di percorso agevolano i miglioramenti. Una sola volta si gira il danese, una sola ma quel volto, quello sguardo al suo avversario dietro di lui è una radiografia precisa dello stato fisico del momento. È un attimo e Pogacar scatta, uno scatto in faccia a chi aveva dettato ritmo e esaurito la squadra. Quindi, nonostante gli sforzi, Pogacar si è risparmiato nella prima parte, tirava la Visma, ed anche dal nono al quinto chilometro stando alle spalle e coprendosi dall’aria aperta da Vingegaard. Guadagna subito metri preziosi per l’agilità messa nelle pedalate, rapporti non durissimi e più gambe che girano, oltre al colpo psicologico a chi doveva fare sfracelli. Vola “Pogastar” senza problemi fino a sotto il traguardo tagliato come detto.

    Confronti difficili da fare: il ciclismo è cambiato
    Record e distacchi notevoli a tutti, nessun escluso, un Tour quasi messo in cassaforte. All’arrivo è una mesta processione tanto da far aumentare anche il tempo massimo per non cancellare la buona parte dei corridori, l’ultimo Demare (un vincitore di Milano- Sanremo) arriva ad un’ora. Sbriciola il record ma, come detto, è stata il tipo di corsa che ha permesso in primis di poterlo sbriciolare, poi consideriamo tutta la tecnologia espressa sulla bicicletta, dalla posizione, messa in sella, al cambio elettronico più rapido nei passaggi, ampia scelta di rapporti tanto da decidere fino all’ultimo anche con un cambio di bici, materiali di enorme leggerezza e addomesticabilità, ti alzi sui pedali e la bici ti segue come una frustata dandoti maggiore elasticità. I nuovi disegni e la ricerca della aerodinamicità permettono ampie differenze. Una ricerca continua. Froome verso il 2010 dava frullate e aveva cambiato il modo di pedalare ora la frullata è più regolare e si lavoro molto sul ritmo e meno sulla forza e i corridori seguono come la bibbia i dettami dei watt, la potenza e le istruzioni dei loro preparatori. Come anche la nutrizione e la perdita di peso per aumentare la leggerezza sui pedali e diminuire lo sforzo, Pogacar è altro un metro e 77 e pesa dopo due settimane di Tour circa 64 chili. Copertoni più scorrevoli e più larghi danno maggiore scorrevolezza in salita e sicurezza in discesa. Da non tralasciare l’abbigliamento studiato nei minimi dettagli per dare quasi una seconda pelle, più leggera della prima. Tutto è cambiato da quel 1998 di Pantani, era rimasto questo record come ve ne sono altri su altre cime ma prima di tutto è la tattica fatta dai campioni e poi tutto il resto. Sono confronti inconfrontabili, la modernità e la ricerca di ogni minimo dettagli permettono il radicale cambiamento non tanto verso il record ma verso chi deve staccare l’altro per poter vincere, come in salita o come in volata. Pogacar ha vinto 14 volte al Tour e 80 volte in carriera,  2 Tour e un Giro come corse a tappe e ora potrebbe entrare nel ristretto, lotto dei fenomeni dove l’ultimo è stato Pantani: Giro-Tour. Pantani certamente è il riferimento anche per i campioni attuali come Nibali lo è per l’ultima vittoria di tappa italiana alla Grande Boucle, 27 luglio 2019, 100 tappe fa, tanto tempo fa, troppo tempo che un italiano non passa primo sotto il traguardo del Tour. Ci consoliamo con le vittorie e i record altrui. Peccato.  LEGGI TUTTO

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    Tour de France, Vingegaard: “Vittoria ancora possibile. Pogacar può avere giornata no”

    Jonas Vingegaard non perde le speranze per il successo finale al Tour, nonostante i 3’09” di ritardo dalla maglia gialla Pogacar “Penso che la vittoria sia ancora possibile. Non mi arrenderò senza combattere, ho vinto il Tour de France due volte e non mi accontenterò del secondo posto. Darò il massimo”. Parlando con i media nel giorno di riposo a Gruissan, Vingegaard assicura di non aver “perso la fiducia, assolutamente, non crollo mai mentalmente. Pogacar sembra molto forte ma negli ultimi due anni abbiamo visto che può anche avere una giornata storta. Può succedere di nuovo nella terza settimana”. “Non è nemmeno che sia molto davanti a me – sottolinea il due volte vincitore della Grande Boucle -. Se riesco a migliorare un po’, saremo pari. Sono davvero orgoglioso di quello che sto facendo in questo Tour, soprattutto dopo i tre mesi che ho vissuto, con infortuni così gravi e 12 giorni di ricovero. Tadej è solo più forte, per ora”. LEGGI TUTTO

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    Tour de France, la 16^ tappa da Gruissan a Nimes: percorso e altimetria

    Da Firenze a Nizza, passando per Bologna, Torino, il Galibier, il Massiccio Centrale, i Pirenei, Monte-Carlo e Cime de la Bonnette. È il percorso del Tour de France 2024, giunto alla 111esima edizione, che partirà sabato dall’Italia. Di seguito tutte le tappe e le altimetrie fino alla crono decisiva da Monte-Carlo e Nizza. Il Tour in diretta su Eurosport, canali 210 e 211 della piattaforma Sky
    TOUR DE FRANCE, LA 13^ TAPPA IN DIRETTA

    1^ TAPPA – SABATO 29 GIUGNO

    FIRENZE >RIMINI (206 km)

    2^TAPPA – DOMENICA 30 GIUGNO

    CESENATICO >BOLOGNA (200 km)

    3^TAPPA – LUNEDI’ 1 LUGLIO

    PIACENZA >TORINO (229 km) LEGGI TUTTO

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    Tour de France 2024: oggi riposo, domani si riparte. Pogacar sempre più vicino al trionfo

    Si è conclusa la seconda settimana del Tour de France 2024: lunedì giorno di riposo prima delle ultime sei tappe. Le due frazioni sui Pirenei hanno sancito lo strapotere di Tadej Pogacar che è sempre più vicino a coronare il sogno di una storica doppietta Giro-Tour che manca dal 1998, quando a realizzarla fu Marco Pantani. E intanto lo sloveno batte proprio un record del Pirata sulla salita di Plateau de Beille
    LE CLASSIFICHE DEL TOUR 2024

    “Le Tour, c’est moi!”: non lo ha detto ma lo ha dimostrato con i fatti, Tadej Pogacar. L’uno-due sui Pirenei, tappe che dopo il colpo di Vingegaard sul Massiccio Centrale potevano dare l’idea di rappresentare un grattacapo per lo sloveno, si sono invece rivelate un inesorabile colpo da ko nei confronti degli avversari, uno destro-sinistro da cui è difficile rialzarsi. Nel giorno della festa nazionale francese, quel 14 luglio in cui si celebra la presa della Bastiglia, la fine della monarchia e dell’Ancien Régime, Pogacar compie a Plateau de Beille la sua personale rivoluzione, battendo Vingegaard sul suo terreno e sconfiggendo anche quel caldo che gli ha sempre dato fastidio, avversario pericoloso quanto quelli sui pedali. Al tempo stesso la sua azione quasi irreale, spettacolare, sbalorditiva (ha polverizzato il record di Marco Pantani di ascesa sulla salita pirenaica, e si avvicina a compiere la doppietta Giro-Tour che manca proprio dal 1998, quando a realizzarla fu il Pirata) è stata una dichiarazione di presa del potere sulla Grande Boucle. Il giallo della sua maglia rifletteva la luce accecante delle montagne, e di fatto si auto incoronava, chilometro dopo chilometro, “Re Sole” di questo Tour de France e forse anche qualcosa di più, stiamo parlando di un posto nella storia del ciclismo, e dello sport in generale, di cui si parlerà nel futuro. I Pirenei, ci ha insegnato Gianni Mura, sono noti anche per la particolare velenosità delle vipere che li abitano. Sono inesorabili e cattivi, disegnano le gerarchie senza appello

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    Il giorno di riposo, poi sei tappe fino a Nizza
    Dopo i giorni del giudizio, ora l’ultimo lunedì di riposo dopo tante fatiche. Momento per ricaricare le batterie, polmoni e muscoli, in attesa delle ultime sei tappe. Le ultime tre in particolare separano Pogacar dall’ufficialità del trionfo. Due tappe di salite e la crono finale. Le prime due, con arrivo venerdì a Isola 2000 e sabato sul Col de la Couillole, possono essere l’ultima, e un po’ disperata, occasione di attaccare la maglia gialla. La cronometro di Nizza, se i distacchi resteranno questi, sarà a quel punto poco più di una passerella. I margini (decisamente notevoli) in classifica generale sono più che tranquillizzanti per gli uomini della UAE, ancor di più lo è lo stato di forma dello sloveno che demoralizza qualsiasi ipotesi di “ribellione” all’inevitabile. Ma nessuna corsa presenta insidie come il Tour de France. Lo sloveno lo sa e siamo sicuri che non ha alcuna intenzione di cedere lo scettro. Il suo strapotere è rinchiuso in una scena ripresa sulla salita di Plateau de Beille: mentre Vingegaard è al massimo dello sforzo, Pogacar si alza e pedala senza mani aprendo una bottiglietta d’acqua. Sì, per quanto visto finora… “Le Tour, c’est moi!”.

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    Il “Re pescatore” abdica ma con tanto onore
    Il bilancio di queste prime due settimane ribadisce i valori in campo e anzi li rafforza nelle differenze. Dopo Pogacar, in versione marziano a pedali, c’è Vingegaard. Lo avevano accusato di essere troppo attendista, di non attaccare, e in particolare Evenepoel di non avere le “palle” (parole testuali del belga). Il danese sabato ha dovuto subire ancora una volta il lavoro e la strategia perfetta della UAE di Pogacar, ma nella tappa di Plateau de Beille ha fatto tutto quello che doveva, non gli si può rimproverare niente. Ritmo forsennato della sua Visma, Jorgenson eroico a segnare un ritmo infernale nella prima parte di salita. Poi il “Re pescatore” ha attaccato, con coraggio, ma si è dovuto arrendere allo strapotere della maglia gialla. Ha abdicato al trono, ma con onore, meritandosi gli applausi che si merita chi comunque ci ha provato. Al terzo posto si conferma Remco Evenepoel. Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: dietro i fenomeni dei grandi giri è quello che continua ad avere la gamba migliore, questo suo primo Tour è più che positivo e in chiave futura il belga passato dal calcio alle due ruote potrà firmare pagine non secondarie alla Grande Boucle. Ha già vinto la cronometro in questa edizione e si candida a fare il bis a Nizza. Menzione speciale per Giulio Ciccone. L’italiano dopo il terribile weekend conferma l’ottava posizione in classifica generale. Il suo Tour costante, senza squilli ma solido e intelligente, prosegue in attesa che i fuoriclasse concedano una striminzita occasione di vittoria di tappa agli scalatori primi tra gli umani. La settimana appena passata ci lascia invece il ritiro, amaro, l’ennesimo alla Grande Boucle, di Primoz Roglic. Serve scomodare un mito del Tour, Jacques Goddet, che nel 1947 disse a René Vietto: “Ce l’hai nel sangue questa gara, eppure anche stavolta la carogna si rifiuta”. Sì, il Tour può essere crudele.

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    Girmay verso la storia e un doveroso ricordo
    Non c’è solo Pogacar a scrivere la storia in questo Tour de France. C’è anche l’epopea di Girmay: tre vittorie di tappa per l’eritreo e una maglia verde della classifica a punti sempre più vicina. Ad Asmara, capitale del suo paese, festeggiano i suoi trionfi con i caroselli che di solito vengono riservati a imprese calcistiche. Il corridore della Intermarché è già un simbolo del suo popolo e lo sta diventando anche di un continente che nel ciclismo comincia ad affacciarsi. Abbiamo già vissuto ingressi di nazioni e luoghi nel mondo delle due ruote: americani, inglesi, australiani, poi l’ascesa del ciclismo latinoamericano-andino. Ora potrebbe essere il turno anche dell’Africa, benvenuta. La Grande Boucle saluta questo weekend pazzesco, epico e spettacolare, da martedì si torna a fare sul serio. Ultime sei tappe e chilometri per tentare imprese, per conquistare vittorie e lasciare un segno. Ma prima di salutare i Pirenei, il tempo di un ricordo. Domenica la carovana ha percorso il il Col du Portet-d’Aspet. Era il 18 luglio 1995 e nella discesa del Colle Fabio Casartelli cadde perdendo la vita su quelle strade di Francia. Era stato medaglia d’oro all’Olimpiade di Barcellona nel 1992. C’è una stele che lo ricorda e non abbiamo il dovere di conservarne la memoria. Di un ragazzo di talento dal sorriso gentile.

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    Ciclismo
    Tour de France 2024, il percorso e le tappe. FOTO

    Da Firenze a Nizza, passando per Bologna, Torino, il Galibier, il Massiccio Centrale, i Pirenei, Monte-Carlo e Cime de la Bonnette. È il percorso del Tour de France 2024, giunto alla 111esima edizione, che partirà sabato dall’Italia. Di seguito tutte le tappe e le altimetrie fino alla crono decisiva da Monte-Carlo e Nizza. Il Tour in diretta su Eurosport, canali 210 e 211 della piattaforma Sky
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    1^ TAPPA – SABATO 29 GIUGNO

    FIRENZE >RIMINI (206 km)

    2^TAPPA – DOMENICA 30 GIUGNO

    CESENATICO >BOLOGNA (200 km)

    3^TAPPA – LUNEDI’ 1 LUGLIO

    PIACENZA >TORINO (229 km)

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    Tour de France, Pogacar vince la 15^ tappa e rafforza la maglia gialla

    1) POGACAR Tadej UAE Emirates Team 61h56:24
    2) VINGEGAARD Jonas (Team Visma | Lease a bike) +3’09
    3) EVENEPOEL Remco (Soudal Quick Step) +5’19”
    4) ALMEIDA João UAE Emirates Team +10:54
    5) LANDA Mikel Soudal Quick Step +11:21
    6) RODRÍGUEZ Carlos Ineos Grandiers +11:27
    7) YATES Adam UAE Emirates Team +13:38
    8) CICCONE Giulio Lidl – TreK +15:48
    9) GEE Derek Israel – Premier Tech +16:12
    10) BUITRAGO Santiago Team Bahrain Victorious +16:32 LEGGI TUTTO

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    3) EVENEPOEL Remco (Soudal Quick Step) +5’19”
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    5) LANDA Mikel Soudal Quick Step +11:21
    6) RODRÍGUEZ Carlos Ineos Grandiers +11:27
    7) YATES Adam UAE Emirates Team +13:38
    8) CICCONE Giulio Lidl – TreK +15:48
    9) GEE Derek Israel – Premier Tech +16:12
    10) BUITRAGO Santiago Team Bahrain Victorious +16:32 LEGGI TUTTO

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    Tour de France, Pogacar trionfa anche oggi a Plateau de Beille e riscrive la storia

    Caldo, freddo, pioggia, vento. Non fa differenza. Al Tour comanda sempre lui: Tadej Pogacar. Nel giorno della presa della Bastiglia, nella tappa più calda di questa edizione, lo sloveno mette una bella ipoteca sulla corsa gialla. Conquistando nel giorno della festa Nazionale francese, il 14 luglio, la sua 14^ vittoria alla Grande Boucle. Una prova di forza, di dominio assoluto da parte del vincitore dell’ultimo Giro d’Italia. Onore e merito a Jonas Vingegaard. Ci ha provato in tutti i modi, facendo tirare i suoi fino all’ultima delle 5 salite: quella di Plateau de Beille. Con Jorgenson a fare il lavoro duro fino ai-10 dall’arrivo, quando il danese in maglia a pois ha provato ad attaccare la maglia gialla. Che lo ha marcato stretto fino a 5.4 km dall’arrivo. Quando ha deciso di far partire il suo ennesimo show. Una cavalcata da brividi fino al traguardo. Polverizzato il tempo di ascesa di Marco Pantani. Con distacchi da ciclismo d’altri tempi. Con Vingegaard secondo a 1.08 ed Evenepoel a quasi 3 minuti. Lo stesso vantaggio che ora ha Pogacar in classifica generale sul danese. Il principe Tadej si conferma il re dei Pirenei. Tra lui e il trono del Tour manca ora solo una settimana. LEGGI TUTTO

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