Quasi ci si era dimenticati di Nikola Ivanovic, talento completo da Podgorica. Apprezzato a Capo d’Orlando nel 2017, poi di ritorno al Buducnost. Due stagioni alla Stella Rossa, la seconda senza giocare l’Eurolega. E infine il Runa Mosca, Russia lontanissima ormai per i noti motivi. L’ha pescato Brescia, grazie alla conoscenza di uno che il ruolo di playmaker lo conosce bene. E Nikola gioca da potenziale Mvp di Serie A: 15,9 punti, 3,7 assist, un clamoroso 66,7% da due e un pazzesco 51,1% da tre su oltre 5 tentativi. Protagonista anche nella vittoria sulla Virtus Bologna che ha portato la Germani al 2° posto.
Ivanovic, ci dica, si aspettava tutto questo al suo arrivo? E perché Brescia?
“No. Chiariamoci, io non mi pongo mai grandi aspettative, né ambizioni. Penso alla giornata. Non sapevo nemmeno cosa aspettarmi, visto che non seguivo troppo Lba. Ho firmato molto presto per Brescia perché non volevo restare con il dubbio a lungo. Ho parlato una giornata intera con Peppe Poeta che mi ha detto come mi aveva visto e spiegato cosa avrebbe voluto. E ci siamo subito trovati allineati su idee simili. Devo dire che l’estate scorso mi aveva già chiamato Amedeo Della Valle, con cui avevo giocato un anno al Buducnost, chiedendomi se fossi disponibile, ma avevo già l’accordo con la Russia”.
Avere un allenatore ex playmaker aiuta nell’ambientamento?
“Ci capiamo subito. E a volte quando non leggo bene la situazione, mi aiuta. Soprattutto è un ex giocatore, ma fresco, non di anni fa. Conosce come si gioca oggi, ha affrontato quasi tutti i nostri avversari, è aggiornato perché è stato assistente di Milano. È brillante”.
Cosa ricorda della prima volta in Italia?
“In primo luogo il cibo, squisito. E tutto aveva il pistacchio (sorride). Poi rcordo una buona pallacanestro in un’atmosfera sempre bella, carica di passione. La gente molto disponibile. Capo d’Orlando era un club estremamente professionale, piccolo ma che faceva di tutto per metterci a nostro agio2.
È qui con la famiglia?
“Sì, questo aiuta. Eppoi non giocando le coppe posso stare più tempo in famiglia, con mio figlio Bogdan, tre anni. Con mia moglie presto avremo una bambina. Sarà entusiasmante”.
Come si definisce come giocatore e uomo?
“Come giocatore vado alla partita sapendo che potrò essere efficace, ma potrebbe anche andare male. Come persona sono un’impaziente, sto cercando di fare di tutto per essere una persona migliore. In campo sono il contrario, per nulla impaziente. Ed essere diverso tra campo e fuori secondo me è sempre positivo”.
Ha scelto subito il basket?
“Sì, lo considero un dono, mi piaceva il gioco ed è diventato la mia vita. Il gioco più bello, più dinamico, più soggetto a cambiamenti”.
Ha detto che adora Brescia e la squadra. Pensa di mettere radici? Lei è essenziale.
“Prima di tutto non penso di essere essenziale, la squadra è essenziale. Però nel professionismo adesso tutto può cambiare in due settimane e due partite. Vivo alla giornata ma vorrei davvero restare”.
Più forte avversario mai incontrato? E gli idoli?
“Spanoulis, un genio, è un nato vincente. È nella sua natura, vedrete anche da allenatore. Per i miei riferimenti ho iniziato a seguire la Nba a inizio millennio: Alen Iverson, Chauncey Billups, Manu Ginobili, Hamilton”.
Obiettivi di Brescia.
“Ripeto, dobbiamo vivere la giornata, goderci il momento. Siamo piuttosto vicini a qualificarci alla Coppa Italia. Playoff? Tutto è possibile. Ma le cose, ripeto, cambiano in fretta”.
Lei ha detto che Miro Bilan al suo arrivo pensava fosse pigro, perché montenegrino.
“È vero, nei Balcani noi passiamo per essere pigri. E non è una diceria, è vero. Miro ha ragione. Io stesso ogni giorno cerco duramente di spingere me stesso oltre i limiti del mio Dna”.