È sempre un piacere chiacchierare con Simone Pianigiani uno dei coach più vincenti del nostro basket, mente analitica assai, anche ex ct della Nazionale. Che ora vive una nova parentesi anche da commentatore tecnico per Dazn su campionato italiano ed Eurolega. Un coach che peraltro non ama troppo l’esposizione. Parla poco e mai a sproposito. L’occasione è il derby europeo alle porte
Pianigiani, come si trova nei panni del commentatore a Dazn?
«Innanzitutto mi piace Dazn che permettere di avere una visione completa del basket europeo tra Serie A, Eurolega, Eurocup, la Champions Fiba. E ho trovato un gruppo di lavoro giovane, appassionato, competente, con un’idea interessante di fare tv, cercando innovazione: per esempio penso alla ref cam che ti dà la visione dell’arbitro. Da parte mia, visto che ormai si gioca ogni 2-3 giorni e le squadre non hanno granché tempo di allenarsi, cerco di trovare un modo piacevole di raccontare mettendomi dentro la partita, certe scelte tecniche, spiegando le letture senza cadere nel troppo tecnico. E per le coppe, racconto cosa fanno gli allenatore. Personalmente è anche un modo di prepararmi e aggiornarmi».
Capitolo Eurolega: quest’anno le squadre di vertice hanno speso parecchio, sono tornati anche 11 europei dalla Nba. Che ne pensa?
«C’è un alto livello di competitività. Se si spende è perché i giocatori capaci di fare la differenza non sono tantissimi. Anche in questo senso si legge il ritorno di giocatori che possano essere subito produttivi perché conoscono già la situazione e la competizione. Tempo per sviluppare talenti, insomma, ce n’è pochissimo. Il ritmo delle partite è snervante e la competizione è ancora più serrata dopo l’introduzione del play in».
Alle 20.30 telecamere accese sul derby italiano: Olimpia Milano contro Virtus Bologna. È un periodo di pochi risultati, ma davvero in questi casi conta esserci, nella massima competizione.
«Sì, questo è un evento grane, un aspetto da sottolineare perché è bello che ci siano due squadre italiane e competitive. Al di là dei risultati se la giocano ogni volta. Un evento da vivere, per cui emozionarsi e prova orgoglio. Una partita sentita anche dalle squadre, credo, per quanto sarà tutto diversissimo quanto conterà, nei playoff. Però ci si annusa, ci si studia sul campo, sapendo che molto probabilmente dovranno ritrovarsi».
Come la vede?
«Le squadre hanno cambiato tanto. Il cambiamento di Milano è stato radicale nel settore playmaker, serve tempo per adattarsi a questa dimensione. Così come Bologna ha messo più fisicità con gli esterni, per esempio con Clyburn, dove lo erano meno. Io vedo due squadre allenate bene, con problemi di infortuni che ricorrono spesso giocando al ritmo dell’Eurolega. Ma possono variare durante la partita, schierando quelli che chiamavamo quintetti atipici. E in più Milano ha un lungo speciale come Mirotic, la Virtus ha ancora la carta Belinelli, che può ancora determinare o girare una partita. Direi che Milano punta sulla difesa e può andare più dai lunghi per creare situazioni di vantaggio».
Impressioni sull’Eurolega?
«L’Eurolega è sempre il top. Le squadre che hanno la possibilità di arrivare in fondo sono più o meno le solite, le due spagnole, le greche, le turche. Ma in questo inizio ho visto grande equilibrio. E non possiamo non sottolineare quando fatto dallo Zalgiris di Trinchieri, due vittorie in trasferta nella settimana del doppio impegno sono pesanti. Poi però alla fine emerge chi ha i giocatori per vincere e l’abbiamo visto con il real Madrid, il Panathinaikos. Ci aspettiamo il canestro di Llull o di Sloukas. E prima sarà importante verificare come ogni squadra reagirà al momento di difficoltà. Che arriva, sempre. Essenziale mantenere l’equilibrio, all’interno e all’esterno. Perché in se hai un calo di dieci giorni puoi perdere 3-4 partite. Ma non è crisi».
Volgiamo lo sguardo al campionato italiano.
«Tante partite emozionanti, ci sono squadre che hanno trovato subito la quadratura. Le neopromosse Trapani e Trieste hanno un livello alto. E l’Impegno di Eurolega per le due big è importante. Ci sono squadre costruite molto bene come Tortona, Brescia, le già citate Trieste e Trapani. Venezia risalirà appena avrà risolto i problemi di infortuni. Bisognerà vedere nel corso della stagione se ci sarà una spaccatura del campionato in due».
Con le squadre che cambiano sempre così tanto la componente fortuna nel mettere assieme i tasselli (giocatori e personalità) è notevole.
«Dipende dalla chimica che si trova e dalla strategia che si usa. A Brescia hanno mantenuto un nucleo forte. A Trieste hanno preso giocatori che erano stati assieme a Varese. Trapani ovviamente ha speso tanto, cambiando. Ma alla fine nel rendimento di una squadra pesa ciò che sta intorno, l’ambiente, dunque la società, la struttura. I giocatori annusano l’aria».
Lei ha detto che con questi ritmi non c’è tempo per lavorare. Come si assembla allora e come si migliora? Lei a Siena passava le notti a lavorare
«Ci sono settimane in cui giochi venerdì, domenica, martedì, giovedì e domenica. Contano tanti fattori, la protezione dei giocatori, puoi avere 24enni e trentenni, giocatori che giocano 28 minuti e altri dieci, giocatori che hanno minutaggio diverso tra coppe e campionato, dunque il lavoro fatto dallo staff (quello conta davvero molto) sui singoli, per la preparazione e il progresso individuale. Allenamenti cinque contro cinque dove si sente il rumore delle ossa ormai possono essere pochissimi. E per la preparazione della partita hai pochissimo tempo per cui se hai un nucleo solido lo porti avanti fino alla fine proprio per avere quegli automatismi e quella conoscenza consolidata».
Ma secondo lei il basket europeo sa dove sta andando? Perché l’iperprofessionismo americano incombe, con Nba, G-League, i college che con il NIL possono rendere praticamente professionisti i ragazzi di diciotto anni.
«A Livello europeo vediamo palasport pieni, colmi anche di passione, ma dobbiamo preoccuparci infatti della produzione dei giocatori. Perché le scelte individuali dei ragazzi potranno cambiare. Ora sono gli agenti a costruire la storia dei giocatori. E ci sono leghe internazionali che stanno crescendo, come l’Australia. Ulteriore concorrenza. A mio avviso bisognerebbe mettersi tutti più insieme per trovare una soluzione comune».
In Italia la produzione giocatori poi è un problema che si trascina.
«Il numero non è altissimo, poi c’è la questione della fisicità. Oltre a una visione comune, servirebbe più pazienza, ma da parte di tutti: società, anche tifosi».