Il “caso Clostebol” che vede coinvolto Jannik Sinner resta una vicenda complessa ed intricata per i suoi aspetti tecnici e legali, quelli che saranno decisivi nell’appello al TAS richiesto dalla WADA, previsto nei prossimi mesi. Per questo è interessante il parere di Alberto Salomone, professore di chimica analitica e tossicologia all’Università di Torino, consulente in un caso analogo che vide coinvolto il calciatore brasiliano Palomino, assolto lo scorso anno. Intervistato da La Gazzetta dello Sport, Salomone è convinto dell’innocenza di Sinner, che il suo non sia stato in nessun modo doping e che nemmeno da parte del n.1 ci sia stata negligenza (quello che ha portato la WADA a presentare appello al TAS). Inoltre l’esperto ritiene che relativamente al Clostebol sarebbe necessaria una revisione dei protocolli anti-doping. Riportiamo i passaggi più salienti del suo pensiero, contributo interessante vista la sua competenza in materia e per l’aver preso parte ad un procedimento analogo.
“(Nel caso Sinner) Dal punto di vista tecnico, quello di Sinner è un caso come ne ho visti tanti da una decina di anni” racconta Salomone. “Ci troviamo di fronte a un campione di urina positivo per una concentrazione estremamente bassa del prodotto, e in più è stata identificata l’origine della contaminazione. È stato escluso anche dall’International Tennis Integrity Agency che l’uso di Clostebol avesse una finalità anabolizzante. La ricostruzione della contaminazione da Trofodermin (nome commerciale del prodotto) non è in discussione, è la stessa di altri casi: è dimostrato scientificamente che anche una stretta di mano può produrre un risultato positivo in urina, perché il metabolita del farmaco viene rilevato anche a bassissime quantità. La difesa di Sinner è stata chiara. È stato il fisioterapista ferito al dito ad aver trasmesso la sostanza. Neanche la WADA ha fatto obiezioni. Non ci sono dubbi“.
“L’arbitrato al TAS dovrà discutere sul concetto di negligenza e stabilire fino a che punto un atleta è tenuto a controllare e a sapere tutto ciò che avviene intorno. Mentre per alcune sostanze proibite una situazione di rischio può essere più riconoscibile, come ad esempio l’utilizzo di una siringa, nel caso del Trofodermin e del relativo rischio di contaminazione credo che ci sia più spazio di discussione. Non so fino a che punto un atleta possa essere consapevole di certi elementi, come ad esempio nel caso Clostebol, che esista un elevato assorbimento transdermico. È un problema soprattutto italiano, ma il caso di Palomino e della canoista polacca Borowska possono essere precedenti favorevoli per Sinner”.
Ecco la richiesta del professore relativamente alla sostanza incriminata: “Sarebbe ora che sul Clostebol si facesse chiarezza una volta per tutte, anche perché il Trofodermin esiste praticamente solo in Italia. Perché la tolleranza zero va bene per certe molecole, ma essere positivo al Clostebol ha un significato diverso che esserlo al Nandrolone. È noto da anni che il Trofodermin causa queste situazioni, al punto che circa il 50% dei casi a livello mondiale di positività al Clostebol riguarda italiani o che si allenano in Italia. In decine di situazioni si riproduce lo stesso scenario. Sarebbe ora che venisse introdotta un’interpretazione diversa, ovvero che, quando le percentuali di sostanza sono così basse non scatti più automaticamente la sospensione, ma vengano eseguiti ulteriori accertamenti, in un sistema codificato e che, quando si dimostri la contaminazione, non si arrivi alla squalifica. Esistono ulteriori strumenti investigativi come il test sul capello, capace di verificare che non ci sia stato un uso continuativo della sostanza e che invece ci sia stata un’esposizione occasionale a piccole quantità”.
“Il concetto di negligenza è soggetto a libera interpretazione. Ci sono situazioni, come il contatto con altre persone, che non sono sempre controllabili dagli atleti. Il massaggiatore ne è un esempio.C’è da fidarsi degli arbitri, giuristi di spessore. Chi ha il pallino è il presidente che verrà scelto dal TAS: è molto importante perché dipende da come indirizzerà l’udienza, da come interpreterà il codice e come quindi influenzerà l’imparzialità del collegio arbitrale”.
“In un sistema controverso ed estremamente punitivo, se si squalifica Sinner il doping resta uguale ma per lo sport è una sconfitta. Ciò che conta nell’antidoping è l’equità della competizione e la salute degli atleti. Una cosa sono gli antinfiammatori e antidolorifici, un’altra è il Clostebol che di solito non viene utilizzato come steroide anabolizzante, ma esiste sul mercato come pomata cicatrizzante. Questa sostanza andrebbe eliminata dalla lista delle sostanze proibite, magari inserendola nei programmi di monitoraggio già previsti dalla WADA. Se vogliamo che resti nella lista dei farmaci proibiti, ci siano allora dei criteri di valutazione diversi legati alla concentrazione che viene determinata in urina”.
Un parere autorevole quello di Salomone, che in conclusione dice “mi auguro che Sinner venga assolto e che si cominci a discutere di nuovi approcci”.
Marco Mazzoni