La tradizione vuole che Bergamo sia un trampolino di lancio per futuri fenomeni. L’indiziato sembra essere Mark Lajal, 20 anni, numero 217 ATP. Batte Herbert ed eguaglia il connazionale Zopp, tre volte semifinalista. “Ma io voglio fare ancora meglio. Alcaraz e Rune? Ognuno ha i suoi tempi”
L’Estonia ha un conto in sospeso con il torneo di Bergamo. Il miglior giocatore mai espresso dal Paese baltico, Jurgen Zopp (n.71 ATP nel 2012), è giunto per tre volte in semifinale (2011, 2015, 2018) al Trofeo FAIP-Perrel presented by Intesa Sanpaolo. Gli è sempre mancato qualcosa, ma adesso il vuoto potrebbe essere colmato da un ragazzo di cui si parla un gran bene: Mark Lajal, 20enne di Tallinn che da qualche anno è entrato nell’orbita di Patrick Mouratoglou, attuale numero 217 ATP. “Sapevo che Zopp ha raggiunto per tre volte la semifinale! – esordisce il simpatico Mark – quando sono stato ripescato come lucky loser, alcuni media estoni hanno rimarcato il fatto che avevo l’opportunità di fare meglio di lui”. Intanto l’ha già eguagliato, poiché si è imposto 6-7 6-4 6-4 contro Pierre-Hugues Herbert nel replay di un match giocato quattro giorni prima, sullo stesso campo, nelle qualificazioni. Lunedì si era imposto il francese, mentre stavolta la freschezza di Lajal ha fatto la differenza. “Partita molto dura, qualche giorno fa avevo perso contro lo stesso giocatore – racconta – è stato un match speciale, sono stato più bravo in risposta e nei punti importanti rispetto a lunedì. Cosa ho imparato da allora? Beh, ho parlato con il mio coach (Thomas le Boulch, ndr), abbiamo analizzato la partita e abbiamo individuato quello che potevo fare meglio e provare a correggermi. Ma avevo tanta fiducia perché avevo giocato bene nei turni precedenti, pur sapendo che sarebbe stata dura perché lui serve alla grande. Ero pronto a sistemare i miei errori e credo di averlo fatto bene”. Soprattutto nel terzo set, quando un break al quinto gioco gli è stato sufficiente per poi raggiungere la terza semifinale stagionale dopo Cuernavaca e Little Rock (negli States aveva poi vinto il titolo).
OBIETTIVO SINNER E RUNE
Nato pochi giorni dopo Holger Rune e Carlos Alcaraz, è inevitabile essere travolto dai paragoni. “Credo che ciascuno abbia il suo tempo di crescita. In tanti mi dicono che Holger e Carlos hanno la mia stessa età e sono al top, ma non ci faccio troppo caso – racconta – anzi, sono esattamente dove avrei voluto trovarmi alla mia età. Ovviamente si vuole fare sempre meglio e sto lavorando per questo, ma sono soddisfatto del mio percorso”. Di sicuro è destinato a diventare il giocatore più forte del suo giovane Paese, superando il già citato Zopp. “Che conosco molto bene, ci siamo allenati diverse volte in Coppa Davis e attualmente allena uno dei miei migliori amici. Quando vado in Estonia ci vediamo sempre, è un’ottima persona, è stato un bel giocatore e a volte mi dà qualche consiglio. In Estonia il tennis è molto popolare, non dico che sia lo sport più seguito, però abbiamo tanti club molto belli. Il problema è che forse ci sono meno giocatori di qualche anno fa, ma in tanti lo seguono e lo osservano in TV”. E magari potranno affezionarsi a questo ragazzo biondo coi capelli rasta (li porta così da quando era un bambino: iniziò per imitare la sorella) e un passato da aspirante motociclista: papà Mart è stato un campione di motocross e sin da piccolo lo aveva messo in sella, al punto che fu intervistato quando era un bambino di 4 anni e disse che avrebbe fatto “senza ombra di dubbio” il pilota. Ma mamma Merilyn non era entusiasta, così lo portò su un campo da tennis. Momento cruciale, visto che a nove anni di età ha scelto di dedicarsi esclusivamente alla racchetta. E lo fa con grandi ambizioni: quando gli chiediamo se lo motiva di più la possibilità di migliorare il risultato bergamasco di Zopp, oppure se vuole affiancare il suo nome a quelli di Sinner e Rune nell’albo d’oro, non ha dubbi: “Vorrei vincere il torneo come Jannik e Holger. Anche Jurgen ha fatto molto bene, ma io voglio fare meglio. È quello per cui sto lavorando, ed è quello che mi motiva più di ogni altra cosa”.
GOFFIN PIÙ FORTE DELL’INFORTUNIO
Per fare il passetto in più dovrà battere David Goffin: il belga, ex numero 7 del mondo, ha vinto un match che soltanto lo scorso anno era stato la finale di un torneo ATP, a Marrakech. Stavolta contro Alex Molcan gli sono bastati due set per approdare alla Final Four bergamasca. Un 7-5 6-2 con un momento di difficoltà sul finire del primo set, quando ha chiesto l’intervento del fisioterapista per un problema ai muscoli addominali. “Ero un po’ preoccupato, non mi sono sentito di servire al 100% e ho scelto di alzare la percentuale di prime palle. Però stavo giocando bene da fondocampo, quindi ho scelto di andare avanti. Tra l’altro, da allora non ho più perso il servizio. Sono molto contento di come sto sentendo la palla”. Sia pur aiutato da un Molcan troppo falloso, ha ampiamente meritato il successo ed è atteso da uno scontro generazionale, visto che Lajal ha tredici anni meno di lui. “Fino a 2-3 settimane fa non lo conoscevo, poi l’ho visto in azione al mio torneo di casa, ad Anversa, in cui ha giocato alla pari contro Fils. Inoltre ho dato un’occhiata al suo match contro il mio amico Pierre-Hugues Herbert ed è stato molto solido. Si muove bene, colpisce bene, sarà dura come sempre”. Da parte sua, Goffin ribadisce che il suo obiettivo principale è tornare tra i top-100 entro fine anno, in modo da poter giocare l’Australian Open (ci riuscirebbe già lunedì, a patto di vincere il torneo), dopodiché “Tornare a giocare con continuità i tornei ATP 250 e 500, senza guardare troppo la classifica. Se mantengo il livello espresso in questi giorni direi che ci sono ottime speranze di farcela”. La sua speranza immediata, così come del pubblico di Bergamo, è che il dolorino all’addome non sia niente di grave e possa offrire un gran match contro Lajal. Le premesse ci sono tutte.
NIENTE DA FARE PER FOGNINI: PASSA NAKASHIMA
Non ci saranno italiani in semifinale. Le ultime speranze erano affidate a Fabio Fognini, beniamino indiscusso del pubblico durante tutta la settimana, ma l’ostacolo rappresentato da Brandon Nakashima si è rivelato troppo ostico. Un po’ la qualità dell’avversario (il cui valore non rappresenta in alcun modo la classifica attuale), un po’ una condizione fisica deficitaria (qualche linea di febbre e la stanchezza dopo la maratona di ieri) hanno sancito il 6-1 7-5 che spinge l’americano in semifinale. C’era grande attesa, ma sin dall’inizio Nakashima è parso più in palla. I suoi colpi erano più pesanti e, soprattutto, più profondi di quelli di Fognini, che in alcuni frangenti si è fatto prendere dal nervosismo. Dopo un primo set a senso unico, Fabio ha avuto una palla break per portarsi 2-0 nel secondo set. Persa l’occasione, è stato a sua volta brekkato e il match sembrava destinato alla più banale delle conclusioni. Sul 5-4 Nakashima, a sorpresa, Fognini giocava il miglior game della sua partita e dava al pubblico un’ultima speranza. Nel game successivo, però, perdeva nuovamente il servizio. Uno spettacolare pallonetto dello statunitense a suggellava il game. Non c’era più margine per rimonte o miracoli, dunque Nakashima prolungava la sua permanenza a Bergamo mentre Fognini torna a casa senza particolari rimpianti: in fondo, ha vinto i match che doveva. Simpatica scena dopo il matchpoint, con Davide Sanguinetti (coach di Nakashima) che è andato a salutare Flavia Pennetta. La moglie di Fognini ha finto di essere arrabbiata, poi tra i due c’è stato un sincero abbraccio. Per ritrovare un vincitore italiano a Bergamo, dunque, bisognerà aspettare almeno un altro anno. L’ultimo a sollevare il trofeo è stato Jannik Sinner nel 2019.