Marco Belinelli vede avvicinare il giorno in cui comincerà la free agency, che arriva dopo una seconda parte della stagione 2017-18 vissuta in maniera esaltante con la maglia di Philadelphia.
Dove sarà alle 6 del mattino del primo luglio? «A casa, a San Giovanni. Oppure in palestra ad allenarmi, ho già ripreso da tre settimane».
Niente ansia da free agency? «No, non molta. E’ normale che ci sia un pochino di agitazione e la curiosità di capire la tua nuova destinazione. Ma sono sempre stato abbastanza tranquillo in questo periodo».
Non vive col telefonino sempre a portata di mano? «Quello sì, tengo sempre acceso sia quello italiano che quello americano, anche di notte. Ricordo l’anno scorso, quando Charlotte mi mandò ad Atlanta in cambio di Dwight Howard il giorno prima del draft. Ero in Italia, erano le 3 del mattino e ricordo ancora quanto fu strano cambiare squadra di notte, saperlo mentre ero a letto. In quella circostanza non avevo voce in capitolo, essendo sotto contratto. Stavolta sarà diverso perché posso dire la mia».
Dove vorrebbe giocare? «Non ho mai nascosto che a Philadelphia mi sono trovato molto bene. Ma non voglio fare proclami e dire che tornerò sicuramente lì: so benissimo che può succedere di tutto durante la free agency. Spero di trovare un contratto importante in una squadra con tante ambizioni».
Quando pensa di trovare un contratto? «So di avere davanti una lista abbastanza lunga, che prima che possa sistemarmi io deve piazzarsi gente come LeBron, Kevin Durant e Chris Paul. Penso comunque di avere un contratto entro le prime due settimane di luglio. Massimo le prime tre».
Come deciderà dove andare? «Le squadre contattano Sam, il mio agente. Lui e mio fratello Umberto, che lavora con lui a Los Angeles, di solito mi chiamano col vivavoce e ci confrontiamo: quale team mi ha cercato, che offerta ha fatto, che tipo di squadra si è fatta avanti, quello che potrebbe essere il mio ruolo, cosa hanno detto il general manager o il coach durante la chiacchierata col mio agente. Poi ci riflettiamo su e aspettiamo, consapevoli di quanto sia importante non prendere decisioni affrettate».
Rifarebbe una scelta come quella di tre anni fa, quando andò in una squadra di secondo piano come Sacramento che però metteva sul piatto un’offerta economica importante? «Devo ammetterlo: non lo rifarei. In quelle situazioni però non è facile gestire le tante cose che ti succedono. E se arriva un’offerta economica importante, per un giocatore della mia età diventa un fattore da tenere in considerazione».