L’altoatesino deve arrendersi 3-6, 7-6, 7-6, 5-7, 6-3 allo spagnolo al termine di un match leggendario, durato oltre 5 ore (nessuno aveva mai giocato oltre le 2.30 di notte allo US Open) e non riesce a conquistare la sua prima semifinale in un Slam. Impresa che riesce invece ad Alcaraz che nel penultimo atto di Flushing Meadows affronterà l’americano Tiafoe, vittorioso ai quarti contro Rublev
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“C’è qualcosa nell’aria di New York che rende il sonno inutile”, diceva Simone De Beauvoir. In effetti… erano quasi le 4 in Italia (le 22 in America) quando Jannik Sinner e Carlos Alcaraz si sono presentati all’Arthur Ashe Stadium sognando la prima semifinale Slam della loro carriera e chi c’era dall’inizio davanti alla tivù (ma vale anche per i ‘ritardatari’) ha avuto il premio che si meritava, anche se l’altoatesino alla fine si è dovuto arrendere 3-6, 7-6, 7-6, 5-7, 6-3 allo spagnolo, sempre più lanciato alla vetta del ranking. Perché è stato un match epico, spaziale, una finale più che un quarto, tra due fenomeni assoluti, due eroi, protagonisti di un duello lungo oltre 5 ore a un orario da pazzi, se è vero che mai nessuno aveva giocato oltre le 2.30 di notte allo US Open. Il 5° e più entusiamente capitolo della saga dopo i due successi del 19enne di Murcia al challenger di Alicante (2019, primo turno) e al Master 1000 Parigi-Bercy (2° turno), ‘controbreakkato’ dalla doppietta di Sinner a luglio, inaugurato dall’affermazione agli ottavi di Wimbledon e chiuso con la finale del ‘250’ di Umago, valsa il sesto titolo in carriera per il tennista di Sesto Pusteria. Domani sera l’appuntamento per il 19enne di Murcia sarà ancora al Centrale con l’americano Frances Tiafoe, che ai quarti ha sconfitto il russo Rublev in 3 set riportando gli Stati Uniti alla semifinale di New York dopo 16 anni, dall’impresa di Andy Roddick (campione in quel 2003 ai danni di Juan Carlos Ferrero, oggi allenatore dello stesso Alcaraz). Venerdì anche l’altra semifinale tra Karen Khacanov e Casper Ruud, in ballottaggio con Carlitos e Rafa Nadal per sedersi sul trono della classifica mondiale.
Il racconto del match
Se il primo punto si vede dal mattino… il set d’avvio non può che essere segnato: Sinner inizia la sua partita con un ‘liscio’, perde subito il servizio e soffre da matti il ritmo forsennato imposto da Alcaraz. Quando il backhand in lungolinea comincia a girare, Jannik la ribalta sul 3-2, ma è falloso come non mai e le sue seconde sono troppo tenere per reggere l’urto delle ‘manate’ di diritto dell’iberico, avanti 6-3 in meno di un’ora. Ci vuole un lampo, in questa tempesta di colpi in arrivo dalle parti di Murcia: è l’illuminazione del passante in cross che regala all’azzurro il break del 2-1, e quel rovescio sopra al paletto sembra indirizzare il secondo parziale verso la parità, ma è proprio la sua giocata prediletta a tradire il bolzanino, affacciato su un burrone. Eppure capace di cancellare 4 set point e ingoiare la magia del torneo di Carlitos (shot da dietro la schiena e schiaffo in spaccata) aggiudicandosi 9-7 un tiebreak della serie “meglio di così non si può giocare”, roba di uno di quei Federer-Nadal (uno a scelta) dei tempi belli. E a forza di scagliare fulmini, la pioggia (una pioggerellina, per la verità) cade davvero sul Centrale, ma ritarda di poco l’avvio del terzo set. Che, per quanto possa apparire impossibile, rimane al livello se non addirittura superiore all’intensità del precedente: sotto 4-2, Sinner ‘sciorina ‘volèe, smash da collezione e all’occorrenza serve and volley che lo spediscono al tiebreak, dominato: 7-0!
Sinner: quanti rimpianti per quel match point
L’italiano, ora, è inarrestabile: il dritto funziona che è una bellezza e il break del 2-0 suona come una sentenza. Carlos ha ancora le energie per il break del 3-3, ma il rimpianto più grande resta il match point del 6-4 sprecato da Jannik, destinato al punto di non ritorno della sua (e nostra) lunghissima notte newyorkese. Ma non sarebbe Sinner: che nel 5° set rialza subito la testa e piazza il break del 3-2. Finita? Nemmeno per sogno! Perché anche lo spagnolo non muore mai e dopo quelli di Báez, Coria, Brooksby e Cilic si prende lo scalpo dell’amico Sinner, a un passo dal diventare a 21 anni e 23 giorni il più giovane semifinalista in uno Slam nella storia del tennis azzurro e a un soffio da eguagliare Corrado Barazzutti e Matteo Berrettini, gli unici capaci di approdare al penultimo atto degli US Open. Tempo al tempo.