Si discuterà a lungo, per anni, immaginiamo, della Grande Rottura, della prima grande decisione della carriera di John Elkann nel nuovo ruolo di erede dell’Avvocato alla guida del Gruppo di famiglia, ora denominato FCA, dopo gli anni a fianco di Sergio Marchionne. Ritirare, nella burrascosa notte di ieri, la proposta di fusione avanzata il 27 maggio scorso con la lettera al CdA di Renault a causa dei tentennamenti, dell’ultima richiesta di rinvio da parte del Governo francese, è segnale di carattere e personalità. Che non risolve i problemi dell’azienda, ma non ne resta nemmeno ostaggio.
Cosa avrebbe fatto Marchionne
I maligni avevano già iniziato a sussurrare: “Marchionne non si sarebbe mai esposto così, senza avere garanzie, come fece con Obama ai tempi della fusione con Chrysler”. Invece no, Elkann le garanzie le aveva. Ed erano tutte in quella lettera di fine maggio, nella proposta di fusione partitetica con Renault. Un documento ufficiale inviato al massimo organo decisionale di Renault e proprio per questo non un semplice foglio di carta messo in vetrina. Quel documento era già stato figlio di una mediazione tra Elkann e Senard, il n.1 di Renault. C’erano margini per una trattativa, non per il gioco dell’asticella portato avanti dal governo francese. E per questo, solo per questo, Elkann ha sbattuto la porta andandosene insieme alla sua proposta di fusione. Ha capito che Macron, il suo emissario, il Ministro delle Finanze Le Maire giocavano sempre e solo ad alzare la posta. Che la politica aveva preso in mano il banco.
Condizioni dell’accordo
La sede della (non più) costituenda società ad Amsterdam? No, a Parigi. Il dividendo a FCA? No a Renault (anche se vale 6 miliardi in meno in Borsa… ma quando mai); un membro del Governo nel CdA, quello ci poteva stare e infatti era stato concesso, la governance a guida italiana? no francese. All’ultimo rilancio è finita a carte in faccia, inevitabilmente, con eleganza, come si addice al rango. E sarà anche vero che i due membri Nissan avevano manifestato la perplessità dell’azienda, in particolare sull’aspetto della governance (mai più guidati dai francesi, il motto) ed al riequilibrio delle azioni, ma al momento della votazione si erano astenuti. Non avevano votato contro.
La reazione dei mercati
Non a caso la Borsa ieri ha “salvato” FCA che ha chiuso in positivo a Milano e New York penalizzando invece pesantemente Renault, Nissan e Mitsubishi. Come se avesse capito quali erano i rapporti di forza e dove stavano le ragioni… Questo, mentre la stessa Renault manifestava in maniera discreta ma chiara il dissenso nei confronti del veto del suo Governo, definendo la trattativa saltata “una buona opportunità al momento giusto” senza nascondere “la sua delusione per non poter approfondire la proposta di FCA”.
E a chi continua ad additare Nissan come l’ago negativo della bilancia, ecco le parole del CEO del brand giapponese Hiroto Saikawa: “È difficile dire se il fatto che la proposta di FCA a Renault sia saltata sia una cosa buona o cattiva per Nissan, ma ci stavamo approcciando positivamente”.
Dichiarazioni del ministro
Ancora più beffarde suonano le dichiarazioni sempre del Ministro francese Le Maire: “La politica non c’entra, avevamo chiesto solo tempo, altri cinque giorni ma FCA non ha voluto aspettare. Nessuna critica, solo un timing diverso tra un’azienda che andava di fretta e uno stato azionista che voleva creare basi solide. La nostra priorità era l’Alleanza con Nissan e non potevamo metterla a rischio”.
La lettera di Elkann
La replica di John Elkann è arrivata tramite una lettera quasi “sentimentale”, di orgoglio aziendale, inviata ai dipendenti di tutto il gruppo. Una lettera anche politica, dalla quale emerge chiaramente quanto fosse definita la trattativa e come il Governo francese abbia fatto saltare il banco. “FCA, sotto la leadership di Mike Manley, è una società straordinaria, piena di persone eccezionali con una chiara strategia per un futuro forte e indipendente. Continueremo a essere aperti a opportunità di ogni tipo che offrano la possibilità di rafforzare e accelerare la realizzazione di questa strategia e la creazione di valore. Ora però, so che siete d’accordo con me, è tempo di concentrarci sugli obiettivi che ci siamo posti per quest’anno. Gli scorsi giorni e le scorse settimane sono stati più impegnativi del solito, avendo lavorato per presentare e poi definire la nostra proposta per una fusione trasformativa con Groupe Renault. L’impegno, la forza e la creatività di tutte le persone direttamente coinvolte sono stati davvero ammirevoli. Ci vuole coraggio per iniziare un dialogo come abbiamo fatto noi. Quando però diventa chiaro che le conversazioni sono state portate fino al punto oltre il quale diventa irragionevole spingersi, è necessario essere altrettanto coraggiosi per interromperle e ritornare immediatamente all’importante lavoro che abbiamo da fare. La decisione di iniziare queste conversazioni con Groupe Renault è stata corretta, una decisione che abbiamo preso dopo esserci preparati su tutti i fronti. L’ampio consenso che ha ricevuto è stato un chiaro segnale che il nostro tempismo, così come l’equilibrio di ciò che abbiamo proposto, erano corretti. La scelta di interrompere il dialogo non è stata presa con leggerezza ma con un obiettivo in mente: la protezione degli interessi della nostra Società e di coloro che lavorano qui, tenendo chiaramente in considerazione tutti i nostri stakeholder. Persino la miglior proposta, come lo era questa ha poche possibilità di raggiungere il successo finale se le sue fondamenta si rivelano alla prova dei fatti instabili”.
Già, anche per porre fine ad una brevissima storia d’amore (?), durata appena 10 giorni, ci vuole coraggio, soprattutto nella consapevolezza di quanto sia delicato il momento che sta vivendo tutta l’industria automobilistica.
Difficile dire se ci possano essere i margini per una riapertura del tavolo. Ma porta sbattuta e carte in faccia, sembrano escluderlo.
Anche se di fronte a certi interessi di solito si impone un nuovo amore!