Un Daniil Medvedev deluso dalla sconfitta all’esordio a Parigi Bercy (contro Popyrin) ha parlato in modo franco alla stampa, ammettendo che le cose non stanno andando come sperato e di come senta di esser costretto ad affrontare una battaglia fin dai primi turni, quelli che in passato in tornei del genere passava senza particolari problemi. Rincara la dose della sua difficoltà con le palle da gioco, concetto già esternato in passato e che reputa centrale. Effettivamente il moscovita quest’anno non ha vinto un torneo e più volte è stato costretto a soffrire lunghe schermaglie contro rivali che solo pochi mesi fa superava di slancio. Questi i passaggi salienti del suo pensiero, riportato dal nostro inviato Enrico Milani.
“È stata una partita dura. Avrei potuto fare molto meglio” afferma Medvedev. “Ma allo stesso tempo, ho avuto le mie possibilità e non le ho sfruttate. Fondamentalmente è così. Non so se lui ha giocato bene, ma ha vinto la partita, quindi è fantastico per lui. Ha la possibilità di andare più avanti, di giocare bene e così via, e io non ho questa possibilità”.
Sulla velocità delle condizioni di gioco e sui suoi problemi: “Mi piace il campo, ma per me non è una questione di velocità o lentezza. È solo che a volte è troppo lento. Quando parlo di campi, è successo un Indian Wells, ho parlato più di lì. Quindi è diventata una grande storia, e ora me lo chiedete sempre. Ma ho parlato solo lì della questione… Quindi il campo penso fosse… buono. Sì, forse, quando dico un po’ troppo veloce, quando è il più veloce del tour, lo puoi sentire, lo possono sentire tutti, siamo un po’ sorpresi. Abbiamo bisogno di tempo per adattarci. Ma ho un problema più grande sul tour. I primi turni sono sempre molto duri per me, perché ora le partite che vincevo prima in due set, non ce la faccio più. Ogni partita che gioco devo combattere. Devo vincere 7-6 al terzo. E a volte perdo. Sì, questa è la realtà. Sono le mie più uscite al primo turno dal 2018, direi, o forse anche di più, sui campi in cemento. E c’è una ragione per questo”.
Daniil continua sul punto di come la palla influisce negativamente sul suo tennis: “Da un lato non voglio essere quello che si lamenta quando perde al primo turno, ma ho fatto le semifinali a Pechino e i quarti a Shanghai. Ho perso solo contro Alcaraz e Sinner. Mi lamentavo anche lì, anche vincendo le partite. Come ho detto, ad alcuni giocatori piacerà questa palla, quindi capisco. Mi lamento perché mi svantaggia. Ma se prendi sei palle nuove dalla scatola, guardi attentamente e le fai rimbalzare, ci saranno sei palle diverse. Non credo che sia così che dovrebbe essere“.
“Più importante condizione atletica o mentale? Tutto. Anche il tennis è importante. Fiducia… arriverà, non ho fiducia, ma cerco di costruirla, allenarmi, il tempo di allenamento che ho. Tutto è super importante. Quindi non so cosa sia più importante, perché sì, giochi contro giocatori duri. Se mentalmente sei come oggi, perdi 7-6 al terzo, forse fisicamente… beh, fisicamente non mi sentivo troppo male, ma fisicamente devi essere bravo perché giocherai contro giocatori che sono pronti fisicamente. E il tennis deve comunque essere in forma. Devi fare una risposta vincente quando serve, ecc. Quindi tutto è importante”.
Ultima sua nota sul coaching, nuova regola dal prossimo anno: “Non lo so. Non penso che possa fare una grande differenza. Può fare qualche differenza, e a me va bene. Tipo, se un allenatore dice al mio avversario, servi di più sul suo diritto ora, è una partita di tennis. Va bene. Avrebbe potuto pensarci da solo. Se è il suo allenatore a dirglielo, non mi interessa. Per me, non è un problema. Non ho niente contro o a favore. Se non ci fosse, sarei felice. C’è, sono felice lo stesso”.
Marco Mazzoni