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Foro Italico: una piazza corretta e aperta

Seduti nelle gradinate del Grand Stand, sui marmi del Pietrangeli o nelle tribune del Centrale, sia sotto il sole, sia all’imbrunire, sia a tarda sera, ci si sente veramente bene e carichi di energia, anche se il tennista più apprezzato sta perdendo.

È una sensazione di grande benessere, che possono provare coloro che si recano al Foro Italico per assistere agli Internazionali di tennis e abbracciare virtualmente i tennisti preferiti. Al Foro, la “piazza” del Tennis, seguire certi allenamenti a volte è più bello che assistere a certe partite: è un’esperienza indimenticabile vedere Nadal sul Centrale, per due ore sotto il sole di mezzogiorno, a pochi metri di distanza, allenarsi con singolare determinazione insieme a Seyboth Wild; seguire l’allenamento di un concentratissimo Taylor Fritz con il ‘giocoliere’ della racchetta Tommy Paul prima del loro doppio; incoraggiare da vicino la cordialissima e talentuosa famiglia Darderi; emozionarsi di fronte ai movimenti poetici del mitico Richard Gasquet; applaudire ai ‘coups de théâtre’ dell’altro moschettiere, Gaël Monfils, impegnato con il giovane ‘figlio’ Fils; apprezzare De Minaur che si allena con l’instancabile Medvedev o con Ruud.
Gli studenti, con la propria classe, almeno per un giorno possono entrare al ground al prezzo simbolico di 1 euro, così come gli allievi delle scuole di tennis.
Peccato che, una volta entrati, tanti giovani, costretti a fare interminabili file sotto il sole solo per accedere agli allenamenti nei campi 2, 4 o 6 e bloccati fuori dal Pietrangeli, e quindi dai campi 7 e 8, sentano via via sfumare l’entusiasmo e l’iniziale curiosità e finiscano per stendersi sull’erba di un prato, perdendo di vista lo scopo che li ha condotti nel tempio italiano del tennis. Le gradinate del campo 7 restano sempre scandalosamente vuote, il passaggio che porta ad esse è riservato a chi ha un badge e i paganti che alla fine, scremati e stremati, riescono ad accostarsi ed affacciati alla ringhiera, vedono sul lato destro una terrazza-bar riservata e sul lato sinistro le gradinate vuote, anch’esse interdette: proibito entrare! Terreno esclusivo e pertanto riservatissimo: molti volontari sono costretti a bloccare per tutta la giornata gli ingressi, e certamente non sempre per questioni di sicurezza. Ogni anno aumentano le zone off-limits. Gli appassionati, che aspettano questo appuntamento per tutto un anno non possono, tutti, permetterselo, visti i prezzi lievitati anche del Ground, e i presenti hanno male accolto la recente, sconsiderata e reiterata chiusura ai cancelli del Pietrangeli: tale misura tradisce l’idea architettonica originale che aveva concepito la passeggiata lungo il viale principale delle Olimpiadi con l’affaccio sul Pietrangeli (che una volta era il campo principale) e sugli altri campi storici del complesso sportivo destinato alla collettività. Un’appassionata si lamentava ad alta voce che i prezzi a Roma sono più alti rispetto a Montecarlo (dove, con esclusione del Campo dei Principi, puoi entrare col biglietto del Ranieri III in tutti i campi), e rispetto a Parigi, dove più facilmente e ordinatamente, con meno ressa, il visitatore può passare da un campo a un altro e trovarsi a contatto coi giocatori. Forse il nostro Nicola nazionale potrebbe esprimere la propria “volontà testamentaria”vietando di rendere, in futuro, il popolarissimo campo omonimo il terzo campo a pagamento! Non sono pochi coloro che, considerata la tendenza, lo temono come un’offesa alla storia, oltre che alle tasche degli appassionati. Il Foro, incoronato dai pini e dal verde delle pendici di Monte Mario, rappresenta un monumento alla collettività e quindi un diritto acquisito da questa negli anni.

Qui le famiglie portano i bambini a calpestare quei marmi che, se potessero parlare, racconterebbero decenni di sfide sportive, di sudore, di emozioni, di sogni. La loro voce, tuttavia, oggi risuonerebbe un po’ “rotta”, essendo molti di questi marmi malridotti e rovinati per mancata o inadeguata manutenzione. Il continuo transito di mezzi e materiali pesanti hanno infatti gravemente danneggiato la pavimentazione marmorea che a tratti, soprattutto nei pressi del Grand Stand Arena, risulta pericolosa per chi cammina, e anche l’asfalto presente è usurato, oltre ad essere inadatto.

Quest’anno il nome di Sinner è presente ovunque, è nell’aria. Molti, che da tempo hanno acquistato il biglietto con la speranza di vedere l’atleta, in sua assenza si sono dovuti accontentare del suo autografo sul quaderno col suo logo e i suoi consigli e della sua pubblicità…Sinner tuttavia non è l’unico ad ispirare i giovanissimi: durante il match tra la Gauff e la Badosa ho sentito un ragazzino siciliano chiedere al papà se la Gauff fosse la Williams e, alla risposta negativa del padre, rammaricarsi di non poter avere il suo autografo. A fronte di tennisti in erba sbocciati per ‘effetto Sinner’ e di un bambino cresciuto col mito di Serena, la presenza di “tifosi”, avvicinatisi recentemente a questo sport, non rappresenta un fattore altrettanto positivo. Sempre più frequentemente, nello sporco delle gradinate, incappi in una lattina e puoi perfino scivolare in una buccia di banana lasciata sui marmi lunensi. I giudici di sedia intercettano e richiamano spesso, per i loro febbrili e incessanti movimenti, spettatori poco ligi alle regole e venditori di bibite, gelati e patatine. Nello stadio tra i più belli del mondo coloro che evidentemente -e solo tanti e spesso in gruppo – al tennis sono approdati da poco con lo spirito calcistico, fanno un tifo sempre più legato alla scommessa di 10 euro o poco più. La tendenza a muoversi troppo sugli spalti, disturbando gli atleti, è stata anche denunciata dalla molto attenta e critica Vika Azarenka. Tale comportamento ricorda quello delle tifoserie calcistiche, con cori del tipo “Se pò fa’” conditi da eccessi etilici che rischiano di oscurare il bel senso di sportività, tipico di questo sport.

Le abbiamo sentite e declinate tutte, man mano che la fitta e bella schiera degli atleti si riduceva: dagli entusiastici Vamos a Nadal e agli argentini, all’Idemo a Nole, ai genetici Let’s go, agli Allez, fino agli Auf geht’s bavaresi rivolti al meritevole Struff. Tuttavia non tutte le espressioni d’incitamento sono così contenute: basta poco ad accendere i tifosi poco sportivi e farli esplodere in eccessi, a volte basta solo un bicchiere o una scommessa. Viene quasi in mente la brutalità della folla negli spettacoli dei gladiatori descritti da Seneca: occide, verbera, ure! (Ep. 7, 1-6) trasformati qui in “Spaccalo, straccialo, distruggilo!”. È un tifo contro, un tifo a favore non del migliore giocatore ma della quota migliore. Anche alcuni atleti purtroppo a volte diventano strumento di esplosione di energia aggressiva, aizzando la folla con gesti, come Rune fa spesso, talvolta perfino Arnaldi.
Siamo al Grand Stand Arena e sperimentiamo gli umori della folla e come gli animi accesi non si placano facilmente…Mentre il sole tramonta dietro i pini di Roma che fanno da sfondo al Grand Stand Arena, nella pausa cambia il giudice di sedia. Al solo pronunciar il nome di Mohamed Lahyani lo stadio dimostra calore e simpatia con applausi più fragorosi rispetto a quelli destinati ai giocatori, e lui se li gode tutto sorridente, prendendosi la scena: stimato e amatissimo per la grande professionionalità che ha conquistato la fiducia del pubblico e per il tatto con cui dialoga coi giocatori, riuscendo a risolvere momenti problematici.
Passano pochi minuti e quelli che erano i tifosi italiani del tenace Napolitano si trasformano in danesi, con tanto di bandiera con croce bianca in campo rosso, inneggiando “Daje, Rune!”. Forse sono gli stessi che giorni prima si dividevano tra tifoseria pro Moutet e tifoseria pro Safullin. Potere delle scommesse in curva sud! Non stupisce che un pubblico così accalorato e accalcato possa far cadere una borraccia dallo zaino sulla testa del numero uno del mondo, provocando un trauma che ha necessitato di punti di sutura. Un atto grave, risolto probabilmente con frettolosa sufficienza dai mezzi di comunicazione che per un giocatore come Nole, che cura in modo maniacale la forma fisica, non dev’essere stato molto apprezzato.
Le partite proseguono, ed è bello ballare nelle pause, pensando che nello stesso momento, a casa, i telespettatori si sciroppano l’ennesima pubblicità.
Finalmente dopo le 22:00 comincia l’ultimo match della giornata, presenti pochissime persone ma appassionate e senza fanatismi. Possiamo riconciliarci col mondo e gustarci gli amati silenzi di questo gioco. Il match è combattutissimo, tra Victoria Azarenka, che in questo torneo ha disputato straordinarie partite, e Maria Sakkari: la palla risuona e si sentono i passi felpati dei raccattapalle. Quasi disturbano, gli scatti dei fotografi. Ci sovviene il motivo per cui abbiamo subito amato questo sport: il silenzio rispettoso e concentrato del circolo, lo stesso che ritroviamo nel match serale, dove risuonano i sospiri delle atlete per lo sforzo. L’ Azarenka, già protagonista dinanzi all’egiziana Mayar Sherif, infine vince: peccato che a vedere il finale di una così bella partita siamo rimasti in 200 circa.

Man mano che nel torneo la schiera dei tennisti favoriti si assottiglia, facendo emergere nuovi e vecchi vincitori, non si assottigliano le speranze nutrite dai visitatori appassionati sul futuro di questo torneo. In televisione abbiamo visto come sia stato brillantemente rinnovato il tunnel che collega al Centrale, con le pareti tappezzate di foto storiche dei vari campioni. Sopra questo tunnel “segreto” e fuori degli altri spazi chiusi, il gran pubblico coltiva un progetto futuro ancora più ambizioso: che questa struttura unica sia il più possibile “aperta” e destinata alla collettività, dando ad essa valore e dignità e possa inoltre, più di ogni altra in Italia, fungere da stimolo per i giovani, indicando chiaramente a tutti quale sia il giusto approccio e il fair play distintivo del bel tennis.

Gisella Bellantone


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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