TORINO – La chiamata all’adunata fatta da Pecco Bagnaia domenica a Sepang («ora venite tutti a Valencia») ha avuto subito la risposta più importante. Il 6 novembre a fare il tifo per il torinese al Circuito Ricardo Tormo ci sarà anche Valentino Rossi, che chiusa la sua prima stagione a quattro ruote con l’Audi e fatta la prima conoscenza della Bmw che guiderà il prossimo anno sempre nel GT World Challenge Europe per il Team WRT, si rituffa nel suo grande amore. E lavoro. Da boss del Team VR46 e dei ragazzi della VR46 Riders Academy.
Rossi, le prove, il Ranch
Per Valentino, che sabato s’è tolto lo sfizio di una giornata di prove private a Misano con la Yamaha R1 e che prima della partenza per la seconda parte della trasferta orientale (Australia-Malesia) aveva radunato (e sfidato) i suoi ragazzi al Ranch di Tavullia, sarà la terza apparizione nel paddock dopo l’addio alla MotoGP. A fine aprile era stato a Portimao, in Portogallo, per dare la scossa e consigli preziosi ai ragazzi del suo team approdato in top class con Ducati: il fratello Luca Marini e Marco Bezzecchi. Due delle rivelazioni della stagione, col romagnolo già Rookie of the Year in Australia e domenica protagonista nel tentativo (poi fallito) di regalare il titolo all’amico Bagnaia superando Fabio Quartararo nella corsa per il podio. A fine maggio invece Rossi aveva fatto un blitz al Mugello, ma solo per la cerimonia di ritiro del suo mitico numero 46.
Rossi per chiudere il cerchio
Fra due weekend andrà a Valencia. Per chiudere il cerchio. Con sé stesso e la sua storia nel Motomondiale. Perché proprio nel sud della Spagna ha vissuto la prima cocentissima delusione della carriera: il Mondiale (sarebbe stato il sesto consecutivo in top class) perso all’ultima gara dopo che alla penultima aveva completato una grande rimonta (stile Bagnaia con Quartararo) nei confronti della Honda di Nicky Hayden nonostante un inizio di stagione con troppi errori e problemi. Ma a Valencia il Dottore scivolò subito, e pur rialzandosi, arrivò 13°, con Hayden campione grazie al terzo posto e a quei 5 punti persi dal Dottore all’ultimo giro della gara prima (Estoril) contro la Honda targata Gresini di Toni Elias. Corsi e ricorsi. Anche perché Valencia 2006 segnò una clamorosa doppietta Ducati con Troy Bayliss, fresco iridato di Superbike in GP-premio, a battere Loris Capirossi. Anticipo del 2007 record di Casey Stoner (11 successi e Tripla Corona) che la Ducati targata Bagnaia&C sta per far rivivere. E battere.
Il lungo percorso all’Academy
La chiusura del cerchio anche e soprattutto perché coronamento di un lungo percorso iniziato nel 2013 con l’apertura dell’Academy. Primo pilota Franco Morbidelli, poi primo campione del mondo (Moto2 nel 2017). Poi Bagnaia, a sua volta iridato Moto2 (2018) e per le prima volta con il team (VR46 Sky) del Dottore. E ora, dopo aver portato 4 suoi pupilli in top class, 2 con il suo team, e dopo la storica doppietta del 26 giugno ad Assen (Bagnaia-Bezzecchi: «Oggi godiamo, siamo sul tetto del mondo» twittò Valentino), può celebrare il primo titolo della MotoGP. Di un suo pilota. Di un italiano 13 anni dopo l’ultimo. Lui. Dove (Ducati) nel 2011-2012 fallì.