La redazione di SuperNews ha avuto l’occasione di realizzare un’intervista con il direttore sportivo della Lube Volley Civitanova Giuseppe Cormio. I principali argomenti di discussione sono stati quelli relativi alla decisione da parte della F.I.P.A.V. della cancellazione del campionato e alle conseguenze di tale scelta. Inoltre, abbiamo fatto qualche domanda di carattere economico riguardante le perdite che la società ha registrato a causa della chiusura della stagione e a quello che si prospetterà in futuro per il mondo del volley.
In che stato di salute si trova la società e la squadra della Lube Volley?
Stiamo bene. Da qualche giorno, abbiamo ufficialmente dato delle direttive, quindi qualcuno è anche andato via da Civitanova rientrando presso il proprio domicilio. Sono state tre settimane complicate, soprattutto per ciò che riguarda la gestione dei rapporti interpersonali. Con il nostro preparatore fisico abbiamo formulato un programma di attività da poter svolgere presso le proprie abitazioni e consegnato delle attrezzature casa per casa. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva. Inoltre, siamo stati tra gli ultimi ad abbandonare il Palasport che, essendo di nostra gestione, avevamo sanificato. Quindi, la situazione è un po’ quella di tutti, triste e complicata, aggiungerei.
La decisione della F.I.P.A.V. della cancellazione della stagione come è stata accolta dalla Lube, che si trovava prima in classifica al momento della chiusura?
Il fatto di essere primi in classifica in SuperLega e quello, ancora più importante, di essere già qualificati nella semifinale di Champions League non è la cosa più importante per noi. Abbiamo sempre detto che i playoff sono “un campionato nel campionato”, perciò non è quello che ci infastidisce. Se l’avessero proposto, non avremmo mai voluto l’assegnazione dello scudetto, perché non sarebbe stato, a nostro avviso, un principio sportivo sancirlo. Quello che più ci dispiace è stata la mancanza di rispetto da parte della FIPAV nei confronti dei club. Esiste una convenzione secondo la quale i campionati e la loro gestione sono affidati alla Lega, mentre alla FIPAV rimane la gestione delle promozioni e delle retrocessioni, oltre che la gestione degli arbitri. Nell’ottica di questa convenzione, avremmo voluto essere presenti e rappresentati nel consiglio di amministrazione, e soprattutto che fossero recepite le indicazioni del consiglio di amministrazione della Lega, ovvero chiudere il campionato con la regular season lasciando aperto uno spiraglio, qualora si potessero riprendere gli allenamenti nel mese di maggio e si potesse giocare nei mesi di giugno o luglio. Questa era la nostra indicazione, che non era un’indicazione di carattere sportivo, quanto di carattere umano: lo sport è soprattutto di chi lo guarda e lo attende come momento di evasione.
Quindi, se c’era la speranza di regalare da parte degli sportivi, con un importante appoggio mediatico e televisivo, ancora emozione e divertimento, sia pure davanti ad uno schermo, noi avevamo l’obbligo di attenderla. Quello che sta cercando di fare il calcio, a mio avviso, è la scelta più corretta, e non si tratta di interessi. In questa logica, ripagare gli abbonati e gli sponsor almeno con lo spettacolo televisivo sarebbe stato un completamento di quel segnale di vita di cui parlavo prima. Questo è il nostro rammarico e questa è stata la mancanza di rispetto della Federazione nei confronti dei presidenti delle due Leghe nel non invitarli neanche come uditori alla determinante riunione del consiglio. Questa è stata una cosa a mio avviso molto grave e credo che la rassegnazione delle dimissioni dei presidenti di Lega sia stato un gesto clamoroso e corretto, perché è un segnale dato all’esterno di un rapporto che non funziona e che mi auguro torni a funzionare.
La F.I.P.A.V. ha dichiarato che non ci saranno né promozioni né retrocessioni. Come credete verrà gestita questa delicata situazione?
Per ciò che ho visto, credo che ci sarà l’immobilismo totale. In alcune situazioni, questa decisione è vista come una beffa, come per la squadra femminile di Trento, che in A2 stava vincendo incontrastata il campionato o come per la Imoco Conegliano, che quest’anno poteva non avere rivali, in quanto davvero una super squadra. Non è tuttavia il nostro caso, dal momento che la Lube, il Perugia, il Trento e la stessa Modena sono squadre sullo stesso livello, quindi per vincere il campionato avevamo bisogno dei miracoli che negli ultimi anni ci sono riusciti. Non c’è la stessa tranquillità di conquistare il tricolore nel nostro campionato. Infine, credo una decisione pesante quella di non ricorrere alla retrocessione, dal momento che nella stessa SuperLega una squadra è stata ed è ferma in classifica a 5 punti. Mi auguro che su questo si ragioni.
A quanto ammontano le perdite economiche del club, ora che la stagione è cancellata?
Noi abbiamo presentato delle note abbastanza precise a riguardo. Sicuramente, la parte più importante della stagione è quella legata al finale. Mentre per alcune società, che erano quasi retrocesse o fuori dai playoff, mancavano due o tre partite, per noi potevano essercene ancora in ballo venti. La società ha stimato, tenendo in considerazione la mancanza di incasso al botteghino delle partite di playoff e di quelle di Champions League, la perdita dei premi della Champions League, che lo scorso anno furono per noi di seicentomila euro, un conto pari a un milione e seicentomila euro, senza contare l’invenduto in magazzino e la mancanza di introiti per il settore giovanile. Credo che la nostra cifra sia abbastanza simile a quella di Perugia e Modena, club che hanno un bilancio di circa 6 milioni all’anno, quindi parliamo di più o meno un 20% del bilancio di un’intera stagione.
Quanti investimenti ha fatto la squadra ad inizio anno per competere in questa stagione?
Gli investimenti non sono variati rispetto a quelli della scorsa stagione. La squadra è rimasta pressoché identica a quella della stagione prima, se non per l’arrivo di alcuni giocatori: Sokolov, uno dei nostri giocatori più costosi, è andato via e al suo posto è arrivato un giovane lussemburghese, Rychlicki, con un contratto molto diverso da quello di Sokolov. Abbiamo, poi, inserito al centro Anzani e Bieniek, due star internazionali, quindi dal punto di vista complessivo entrate e uscite risultano agli stessi livelli del bilancio dell’anno precedente.
Ci sono stati dei tagli dal punto di vista economico per fronteggiare questa difficile situazione?
Non ancora. Nella pallavolo non esiste una vera e propria associazione di categoria come quella dell’A.I.C. nel calcio. Esiste, piuttosto, un gruppo di agenti che rappresentano tutti i giocatori, e ci sono i capitani che si sono già incontrati con una delegazione che ha avuto un mandato dalla Lega di trattare, composta da un amministratore delegato e da due avvocati. Venerdì scorso c’è stato il loro primo incontro e oggi dovrebbe esserci il secondo, per trattare sulla base di tagli che inevitabilmente ci saranno. Saranno tagli indicativi, non sarà la regola per tutti. Quello che mi auguro è che ci sia la comprensione del momento da entrambe le parti. Si parla di tagli intorno al 30%, mi sembra che i giocatori siano arrivati a concepire un taglio del 20%, quindi sulla base di questo gap si tratterà e medierà. Tuttavia, al di là di quella che sarà la conclusione di questa trattativa, credo sia più importante che i giocatori prendano coscienza della gravità del momento e soprattutto di quella che sarà la prossima stagione. Il dramma che stiamo vivendo adesso è soprattutto umano, oltre che economico, ma quello del domani sarà principalmente economico, augurandoci che si trovi un antidoto per la salute di tutti noi. Non si potrà pensare di ritrovare società in salute e sponsor generosi in maniera automatica, come se nulla fosse cambiato. Servirà del tempo, ci saranno tagli e ridimensionamenti economici obbligatori per tutti, con l’augurio che non sparisca nessuna società. Ci potranno essere delle forme per aiutare e sostenere lo sport, come quella della detassazione delle sponsorizzazioni per i club: ciò permetterebbe di rendere la sponsorizzazione totalmente detraibile dalla denuncia dei redditi delle aziende che, portando in detrazione questi importi, potrebbero essere invogliate a dare una mano allo sport di vertice nazionale. Io mi auguro che ci sia questa sensibilità da parte del Governo, perché credo sia l’unica strada che potrebbe salvarci, altrimenti provi a immaginare un’azienda come la Lube che perde qualche milione al giorno, che è chiusa da un mese e che qualora dovesse aprire nel mese di aprile comunque produrrà per negozi che rimarranno ancora chiusi, rischiando di fare solo magazzino. Noi dobbiamo capire il dramma di quest’azienda, che giustamente penserà prima a salvare la coesione di circa 700 dipendenti, che significano 700 famiglie, e solo dopo potrà dedicarsi all’investimento nello sport.
Quale sarà il futuro della Lube Volley e della pallavolo in generale?
Il futuro della Lube ora non lo conosco, perché affrontarlo in questo momento con la proprietà significherebbe uscirne con le ossa abbastanza rotte. Spero e mi auguro che il tempo mi dia la possibilità di ridisegnarlo con la società e di ricondizionarlo alle nuove esigenze. Qualcosa cambierà. Per esempio, ci sarà l’esigenza di rivedere dei contratti appena chiusi o appena rinnovati, oppure di modificare qualcosa di contratti e accordi che erano appena stati raggiunti. Questo è un problema che colpirà noi, ma anche tutte le altre società. Alcuni club hanno intenzione di dimezzare i contratti della prossima stagione, una battaglia con gli atleti ancora più complessa. Un rischio più generale che il nostro campionato corre è che alcune delle star che hanno contribuito a renderlo il più importante del mondo possano emigrare in paesi con meno problemi economici dell’Italia. Preferirei, però, questo tipo di rischio, piuttosto che quello di perdere squadre in campionato, poiché significherebbe rompere il grande equilibrio del nostro torneo. Infine, vorrei spendere una parola per gli staff delle squadre. Sotto i riflettori e le telecamere ci sono i giocatori, che sono anche quelli che guadagnano di più. Tuttavia, dietro di loro c’è un mondo di gente che lavora con stipendi umili, che magari ha famiglia e altri impegni. Il mio sogno è che si possa difendere il posto di lavoro di queste persone, che non vengano sacrificate sull’altare dello show business e dello spettacolo. E’ una cosa alla quale tengo molto, mi sono anche battuto in seno alla Lega perché i tagli partano da una certa cifra in poi, salvaguardando gli stipendi più bassi degli staff e anche di molti giocatori, che guadagnano cifre assolutamente modeste.