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Diario di bordo da Parma: solido Bortolotti, Lorenzi si allena con Quinzi. Il caldo è protagonista

Scegliere cosa fare tra lo studio per l’esame di maturità e la prima giornata di gare al Challenger di Parma non è affatto complicato: ad avere la meglio è, ovviamente, la seconda soluzione. Due treni ed un autobus per raggiungere il Tennis Club President, dove fino a domenica si disputeranno gli Internazionali dell’Emilia Romagna: salgo puntuale sul primo treno, che arriva in ritardo alla stazione successiva, dunque balzo sul secondo treno, in perfetto orario, arrivando però nuovamente in ritardo a destinazione (Trenitalia, si sa, regala sempre gioie…). Giunto a Parma, arrivo alla fermata della linea 12: autobus che sarebbe dovuto passare alle 9.09 ma che, invece, arriva alle 9.20. Il tutto, dunque, mi consentirà sì di giungere al circolo, ma non all’orario desiderato in partenza.

Arrivo al TC President, reso perfetto dall’organizzazione, e mi reco immediatamente a ritirare l’accredito stampa, dopodiché mi sposto sulla Dunlop Arena per seguire il match di Marco Bortolotti, che non ero mai riuscito a seguire dal vivo. Il ventottenne di Guastalla affronta l’olandese Sem Verbeek al turno decisivo delle qualificazioni: l’inizio è scoppiettante, il primo gioco dura ben 13 minuti e tutto fa presagire ad un incontro lottatissimo. Il verdetto, però, è diverso: Bortolotti prende fin da subito le misure dell’avversario ed in un’ora e 5 minuti (poco più di cinquanta minuti se escludiamo il rocambolesco game d’apertura) archivia la pratica, giocando un buon tennis, fatto di accelerazioni e diverse belle giocate.

Heyman-Grills non mi convince, Satral-Cuevas nemmeno e allora rimango sulla Dunlop Arena per il derby azzurro tra Brancaccio e Ornago, buttando comunque spesso un occhio sul campo adiacente per i colpi potentissimi sprigionati dalla racchetta di Martin Cuevas, dal quale mi sarei aspettato di tutto a parte questo tipo di gioco così aggressivo (viste le sue origini sudamericane, ma non solo). La sfida tutta azzurra non è un granché dal punto di vista dello spettacolo, ma si dimostra equilibrata al punto tale da attirare sugli spalti un buon numero di spettatori. Il campano, che vive e si allena in Spagna, non può non continuare ad incitarsi con il “vamos“, suo marchio di fabbrica. Avendolo già osservato in occasione delle NextGen ATP Finals, decido di spostarmi a match in corso (durante il secondo parziale) sui campi 5 e 6, quelli dedicati agli allenamenti.

Federico Gaio e Tommy Robredo palleggiano a ritmi elevatissimi sul Campo 6, con lo spagnolo che ha allenato in particolare il dritto anomalo e l’azzurro che ha dimostrato ottime capacità nei pressi della rete, in un seppur breve palleggio fondo-rete con l’amico. Sul Campo 5, invece, mi incuriosisce la coppia Gianluigi Quinzi-Paolo Lorenzi, con il primo seguito da un Fabrizio Fanucci con raggiante maglietta della Rome Tennis Academy. Grigelis e Peliwo si allenano per circa un’ora sullo stesso campo degli azzurri, per poi allontanarsi attorno alle 13, lasciando quindi “strada libera” agli italiani per la disputa di un set: Quinzi parte bene, strappando il servizio a Lorenzi, ma dimostra diversi limiti dal punto di vista tattico e subisce il rientro del senese. Fanucci rimprovera “GQ” in diverse occasioni, spingendolo a giocare non troppo lontano dalla linea di fondo e ricordandogli che è inutile provare a spingere se ci si trova 2-3 metri oltre la riga: Quinzi, allora, prova un serve&volley che gli riesce a metà, la volée termina in corridoio e tra i due inizia un dibattito che riesco a cogliere integralmente. “Hai sbagliato questo colpo perché non lo provi mai, se inizi a provare questo schema più frequentemente poi riuscirai a trovare il campo“, gli dice Fanucci. Gianluigi, poco dopo, gli risponde insinuando che “in questo sport serve la testa“. “Eh sì, la testa è fondamentale nel tennis“, aggiungo io. Lascio il Campo 5 per la pausa pranzo, poi vi ritorno e scambio qualche battuta con Paolo Lorenzi, che ha dimostrato un’umanità fuori dal comune ed una disponibilità davvero eccellente: molti dovrebbero prendere esempio da lui, non solo per quanto concerne le sue gesta in campo.

Mi ritaglio una quindicina di minuti per la trascrizione dell’intervista, prima di rituffarmi a pieno ritmo sui campi. Sul Grand Stand è in corso Dalla Valle-Zeppieri, partita sicuramente interessante: vedo qualche sprazzo del primo set, concluso sul 6-4 per il più giovane. Zeppieri ha richiesto il MTO per un problema alla schiena, probabilmente un affaticamento. Poche prime di servizio in campo e tante palle break concesse (ben sette da Dalla Valle, che ne salva quattro). Al termine della prima frazione, Dalla Valle chiede di poter andare in bagno: il permesso gli viene accordato, il 21enne ravennate si assenta dal campo più del previsto ed inizia a spargersi la voce di un suo malessere. “Pare abbia vomitato“, si vocifera. Trascorrono circa 7-8 minuti, Dalla Valle rientra sul rettangolo di gioco e, sebbene esortato dal proprio angolo a ritirarsi, decide di continuare: nel secondo set, però, il n.444 ATP resiste per appena due punti, vedendosi costretto ad alzare bandiera bianca. Zeppieri, molto sportivamente, accorre ad abbracciare il rivale ed aiuta poi il dottore del torneo e i militi della Pubblica Assistenza che, nel frattempo, erano stati chiamati sul Grand Stand: Dalla Valle non sta affatto bene, viene portato fuori “a braccia” dai soccorritori del 118 e si accomoda all’ombra, dove riceve le cure del caso.

Nel frattempo, però, c’è un’altra emergenza: sul Centrale, infatti, ci sono problemi fisici (giramenti di testa) per Dimitar Kuzmanov, che chiama il MTO dopo aver perso il secondo set contro Avidzba. Lo staff sanitario è dunque costretto a “sdoppiarsi”, ma per fortuna la situazione del bulgaro è migliore e il giocatore riesce a proseguire la sua partita, che poi vincerà per 6-2 al terzo in 2 ore e 36 minuti. Il caldo, specialmente nella parte centrale della giornata, ha fatto il suo: un lunedì tipicamente estivo in quel di Parma, con temperature ben al di sopra dei trenta gradi, tanta umidità e nessuna raffica di vento a rendere meno insopportabile il clima torrido.

Conclusa la sfida tra Kuzmanov e Avidzba, sale l’attesa per Virgili-Vavassori, partita alla quale assisto dal primo all’ultimo punto. Adelchi, si sa, è uno dei giocatori italiani più talentuosi, ma non si è mai confermato ad alti livelli: il risultato finale premia Vavassori, che si impone in due tiebreak, conclusi rispettivamente 9-7 e 7-5. Virgili viaggia su alti e bassi, offre ottimi punti e poi clamorose ingenuità: tante decisioni rivedibili nel tennis del toscano, che fin dall’inizio si è mostrato piuttosto nervoso. Nel suo “mirino” prima le condizioni del campo, a detta sua “cemento indoor” oppure “ghiaccio“, e poi le incordature delle sue racchette, “a Foggia (dove ha giocato il torneo che metteva in palio una wild card, ndr) tutto ok, qui non va bene niente. Ma come faccio a giocare?“. Un limite caratteriale, quello appena evidenziato, che penalizza Virgili nelle fasi cruciali della partita: Vavassori approfitta al meglio delle fragilità del suo avversario e, mostrando per gran parte della gara ottime doti nel gioco di volo (ormai è risaputo, visti gli ottimi risultati che raggiunge settimanalmente in doppio), approda al secondo turno, dove affronterà il numero uno del seeding, il boliviano Hugo Dellien.

Poco dopo le 19, entrano in campo Jacopo Berrettini e Lorenzo Musetti. Impossibilitato a vedere la partita, causa la mancanza di mezzi per rientrare a casa, sono costretto ad abbandonare il TC President dopo dieci ore trascorse al fianco di ottimi giocatori. E’ stata una giornata pesante ma altrettanto soddisfacente, culminata per me con l’intervista a Paolo Lorenzi. Ora concedetemi tre giorni di studio per la maturità, da venerdì ritornerò sui campi per assistere ai quarti di finale: in serata, ovviamente, arriverà il diario di bordo!

Da Parma, l’inviato Lorenzo Carini


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